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Condotte riparatorie: il consenso del PM non serve

Un uomo condannato per tentato furto aggravato in un supermercato ha visto il suo ricorso accolto dalla Corte di Cassazione. I giudici di merito avevano negato l’estinzione del reato per condotte riparatorie (art. 162-ter c.p.) a causa dell’opposizione del pubblico ministero. La Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che il dissenso del PM non è vincolante per il giudice, il quale deve valutare autonomamente la congruità della riparazione offerta dall’imputato. La sentenza chiarisce un importante principio sulle condotte riparatorie.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Condotte Riparatorie: la Cassazione Sottolinea l’Autonomia del Giudice

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale sull’applicazione dell’istituto delle condotte riparatorie, previsto dall’art. 162-ter del codice penale. Con la sentenza in esame, i giudici supremi hanno stabilito che l’opposizione del pubblico ministero non è sufficiente a impedire al giudice di dichiarare l’estinzione del reato, riaffermando così la centralità della valutazione autonoma del magistrato.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per due episodi di tentato furto aggravato, commessi da un individuo all’interno di un grande supermercato. Nello specifico, l’imputato aveva tentato di sottrarre dei prodotti esposti sugli scaffali, quindi considerati ‘esposti a pubblica fede’. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna emessa in primo grado. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando diversi vizi della sentenza, tra cui, in primis, la mancata applicazione della causa di estinzione del reato per avvenute condotte riparatorie.

I Motivi del Ricorso

Il principale motivo di doglianza riguardava l’interpretazione dell’art. 162-ter c.p. La difesa sosteneva di aver provveduto a un’integrale riparazione del danno prima dell’apertura del dibattimento e aveva chiesto che i reati fossero dichiarati estinti. I giudici di merito, tuttavia, avevano respinto la richiesta, aderendo alla posizione del pubblico ministero che si era opposto. Secondo il ricorrente, tale decisione era errata perché l’istituto delle condotte riparatorie non subordina l’estinzione del reato al consenso del PM.

Altri motivi di ricorso includevano:
* La contestazione dell’aggravante della pubblica fede, data la presenza di un servizio di sorveglianza nel supermercato.
* Il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, a fronte dell’avvenuto risarcimento del danno.
* La mancata sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, concentrando la propria analisi sul primo motivo, ritenuto fondato. I giudici hanno evidenziato l’esistenza di due diversi orientamenti giurisprudenziali sulla questione. Un primo orientamento, seguito dalla Corte d’Appello, riteneva che la procedura per l’estinzione del reato per condotte riparatorie fosse condizionata alla mancata opposizione delle parti, sulla scia di quanto previsto dall’art. 469 del codice di procedura penale.

Tuttavia, la Suprema Corte ha deciso di aderire a un orientamento più recente e condivisibile. Secondo questa interpretazione, l’art. 162-ter c.p. impone al giudice di ‘sentire le parti e la persona offesa’, ma, a differenza di altre norme, non subordina la sua decisione al loro ‘mancato dissenso’. Il ruolo del giudice è quello di valutare la congruità della riparazione offerta, e il parere delle parti, sebbene obbligatorio, non è vincolante.

La Corte ha rafforzato questa interpretazione attraverso un’analisi letterale e sistematica della norma, richiamando anche la giurisprudenza formatasi su istituti analoghi, come quello previsto per i reati di competenza del Giudice di Pace. Il legislatore, pur avendo modificato norme procedurali affini, non ha mai introdotto un requisito di consenso esplicito o tacito nell’art. 162-ter c.p.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza della Corte di Cassazione stabilisce un principio di diritto di notevole importanza pratica: per l’applicazione della causa estintiva delle condotte riparatorie, il giudice ha il dovere di sentire le parti, ma conserva la piena autonomia nel valutare se la riparazione del danno sia stata integrale e congrua. L’eventuale opposizione del pubblico ministero non preclude la possibilità di dichiarare estinto il reato. La decisione dei giudici di merito, che si erano fermati al solo dissenso del PM senza effettuare una valutazione autonoma, è stata quindi ritenuta illegittima. La sentenza è stata annullata con rinvio, affinché la Corte d’Appello proceda a un nuovo esame applicando il corretto principio di diritto.

Per estinguere un reato con le condotte riparatorie è necessario il consenso del pubblico ministero?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, ai sensi dell’art. 162-ter del codice penale, il giudice può dichiarare l’estinzione del reato anche se il pubblico ministero si oppone. L’obbligo del giudice è quello di sentire le parti, ma la loro opinione non è vincolante.

Cosa sono le ‘condotte riparatorie’ previste dall’art. 162-ter del codice penale?
Sono comportamenti, come il risarcimento integrale del danno e l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, che l’imputato deve compiere prima dell’apertura del dibattimento. Se il giudice le ritiene congrue, possono portare all’estinzione del reato.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza precedente in questo caso?
La Corte ha annullato la sentenza perché i giudici di merito avevano erroneamente ritenuto che l’opposizione del pubblico ministero fosse un ostacolo insuperabile all’applicazione della causa di estinzione del reato per condotte riparatorie, senza procedere a una valutazione autonoma e di merito sulla congruità della riparazione offerta dall’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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