Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23042 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23042 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECUI 05ZY9TL) nato il 04/09/1997
avverso la sentenza del 06/05/2024 della CORTE APPELLO di MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza impugnata, limitatamente all’applicabilità dell’art. 162-ter cod. pen.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata pronunziata il 6 maggio 2024 dalla Corte di appello di Milano, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano che aveva condannato NOME per due reati di furto tentato, entrambi aggravati dalla circostanza di avere commesso il fatto su cosa esposta a pubblica fede.
Secondo i giudici di merito, l’imputato, il 21 e poi il 28 giugno 2020, avrebbe tentato di impossessarsi illegittimamente di alcuni prodotti esposti per la vendita sugli scaffali del “RAGIONE_SOCIALE“, sito in Milano, alla INDIRIZZO
Avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con un primo motivo, deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 162-ter cod. pen.
Rappresenta che: la difesa, a seguito dell’intervenuta condotta riparatoria, aveva chiesto di dichiarare estinti i reati, ai sensi dell’art. 162-ter cod. pen. giudici di merito hanno rigettato l’istanza, in quanto la pubblica accusa si era opposta alla richiesta.
Tanto premesso, il ricorrente sostiene che la decisione dei giudici di merito sarebbe errata, atteso che l’art. 162-ter cod. pen. non subordinerebbe l’estinzione del reato all’acquisizione del consenso del pubblico ministero.
2.2. Con secondo primo motivo, deduce il vizio di motivazione, in relazione all’art. 625, comnna 1, n. 7, cod. pen.
Contesta la sussistenza dell’aggravante dell’aver commesso il fatto su cosa esposta a pubblica fede, sostenendo che la configurabilità dell’aggravante sarebbe esclusa dalla sorveglianza sulle cose oggetto del reato, esercitata in maniera costante ed efficace dal servizio di guardiania del supermercato.
2.3. Con terzo primo motivo, deduce il vizio di motivazione, in relazione agli artt. 62-bis e 62, n.2, cod. pen.
Contesta il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, sostenendo che la Corte di appello avrebbe dato rilievo esclusivamente ai precedenti penali dell’imputato, senza tener conto del risarcimento del danno da lui effettuato.
2.4. Con un quarto motivo, deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 545-bis cod. pen.
Contesta la mancata sostituzione della pena detentiva con la sanzione del lavoro di pubblica utilità, sostenendo che la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto infondata la relativa richiesta dell’imputato, per la mancanza della «documentazione necessaria».
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di annullare la sentenza impugnata, limitatamente all’applicabilità dell’art. 162-ter cod. pen., con rinvio per nuovo esame.
L’avv. NOME COGNOME per l’imputato, ha presentato conclusioni scritte con le quali ha chiesto di accogliere il ricorso e di annullare la sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere accolto.
1.1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
La Corte territoriale non ha applicato la causa estintiva prevista dall’art. 162ter cod. pen., uniformandosi a una pronuncia della Seconda sezione di questa Corte (Sez. 2, n. 39252 del 22/06/2021, COGNOME, Rv. 282133), secondo cui, in tema di estinzione del reato per condotte riparatorie, la procedura diretta alla valutazione di congruità della condotta è quella prevista dall’art. 469, cod. proc. pen., che è condizionata, a pena di nullità, alla mancata opposizione del pubblico ministero e dell’imputato.
Un più recente e condivisibile orientamento ha invece sostenuto che, in tema di estinzione del reato per condotte riparatorie, la valutazione di congruità della condotta intervenuta prima dell’apertura del dibattimento ai sensi dell’art. 162ter, comma 1, cod. pen., non è condizionata dall’opposizione delle parti e della persona offesa, dovendosi escludere che, in questa ipotesi, si applichi la sequenza procedurale prevista dall’art. 469 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 41899 del 25/09/2024, COGNOME, Rv. 287171).
Questo Collegio aderisce al secondo orientamento, ritenendo pienamente condivisibili gli argomenti, di natura testuale e sistematica, posti a suo fondamento. In primo luogo, il dato letterale, perché l’art. 162- ter, comma 1, cod. pen. «impone al giudice di sentire le parti e la persona offesa, prima di pronunciare sentenza dichiarativa dell’estinzione del reato per effetto di condotta riparatoria, ma – a differenza di quanto espressamente previsto dall’art. 469 cod. proc. pen. – non fa dipendere la legittimità della decisione dal mancato dissenso delle parti». L’orientamento in questione «si allinea, del resto, all’indirizzo ermeneutico della giurisprudenza di legittimità che si è occupata dell’applicabilità dell’analogo, sia pur non sovrapponibile, istituto di cui all’art. 35 del d.lgs. n. 274 del 2000, in tema di estinzione dei reati di competenza del giudice di pace, in conseguenza dell’intervenuta riparazione del danno cagionato dall’illecito» (cfr. Sez. U, n. 33864 del 23/04/2015, Sbaiz, Rv. 264240). Significativo, infine, appare anche il rilievo «che, mentre il legislatore si è risolto ad introdurre, nel contenuto dell’art. 469 cod. proc. pen. – con la novella del d. Igs. n. 28 del 2015 – il comma 1-bis, che ha esplicitamente esteso i criteri della regolamentazione della sentenza predibattimentale di non luogo a procedere alle ipotesi di non punibilità per particolare tenuità del fatto, contemplate dall’art. 131 bis cod. pen., tanto non ha
ritenuto di fare con l’inserimento del nuovo istituto dell’art. 162-ter cod. pen. ad opera della legge n. 103 del 2017».
Gli argomenti esposti inducono a ritenere che la pronuncia di estinzione del reato per condotta riparatoria non sia condizionata alla mancata opposizione delle
parti.
1.2. I restanti motivi risultano assorbiti.
2. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata, con rinvio per altro giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
Così deciso, il 14 marzo 2025.