LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Condotta riparatoria: quando il risarcimento non basta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 43299/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva l’applicazione della causa di estinzione del reato per condotta riparatoria (art. 162-ter c.p.). La Corte ha ribadito che il ricorso non può limitarsi a ripetere le argomentazioni già respinte in appello e ha sottolineato che, per la condotta riparatoria, il giudice deve valutare la congruità del risarcimento considerando il danno nella sua interezza, sia patrimoniale che morale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Condotta riparatoria: non basta pagare per estinguere il reato

L’istituto della condotta riparatoria, introdotto dall’articolo 162-ter del codice penale, rappresenta un’importante opportunità per l’imputato di ottenere l’estinzione del proprio reato attraverso il risarcimento del danno. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 43299/2024) chiarisce i confini e i presupposti di questa norma, sottolineando che non ogni offerta economica è sufficiente a estinguere il procedimento. Vediamo nel dettaglio cosa ha stabilito la Suprema Corte.

I fatti del caso e le decisioni dei giudici di merito

Il caso nasce dal ricorso di un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro. L’imputato si era visto negare l’applicazione della causa di estinzione del reato per condotta riparatoria. A suo avviso, aveva adempiuto ai requisiti di legge, ma i giudici di merito avevano ritenuto la sua offerta risarcitoria non congrua a coprire l’intero danno derivante dal reato.

La difesa dell’imputato ha quindi deciso di presentare ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di legge e di motivazione nella decisione della Corte territoriale.

L’inammissibilità del ricorso e la valutazione della condotta riparatoria

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni fondamentali.

In primo luogo, ha evidenziato come i motivi del ricorso fossero una mera reiterazione di quanto già discusso e respinto in appello. Un ricorso in Cassazione, per essere valido, deve contenere una critica specifica e argomentata della sentenza impugnata, e non limitarsi a riproporre le stesse tesi. Questa mancanza di specificità rende il ricorso solo ‘apparente’ e, quindi, inammissibile.

In secondo luogo, e qui sta il cuore della decisione, la Corte ha confermato la correttezza del ragionamento seguito dai giudici di merito sulla condotta riparatoria.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che l’articolo 162-ter del codice penale affida al giudice un potere di valutazione discrezionale sulla ‘congruità’ della somma offerta a titolo risarcitorio. Questa valutazione non può essere superficiale o limitata al solo danno patrimoniale, ovvero alla perdita economica diretta subita dalla vittima.

Citando un proprio precedente (sentenza n. 21922 del 2018), la Corte ha ribadito un principio fondamentale: la condotta riparatoria del reo deve essere valutata tenendo conto del danno nella sua interezza. Ciò significa che il risarcimento deve coprire adeguatamente:

1. Il profilo patrimoniale: il danno economico diretto e le perdite subite.
2. Il profilo morale: la sofferenza interiore, il turbamento e il pregiudizio alla dignità della persona offesa.

La Corte d’Appello, secondo i giudici di legittimità, aveva correttamente applicato questo principio, motivando in modo esauriente le ragioni per cui riteneva insussistenti i presupposti per la condotta riparatoria nel caso di specie.

Le conclusioni

La decisione in commento offre importanti spunti pratici. L’estinzione del reato per condotta riparatoria non è un automatismo legato a un semplice pagamento. È necessario che l’imputato compia uno sforzo reale e completo per elidere tutte le conseguenze negative della sua azione illecita. Il risarcimento deve essere ‘congruo’, ovvero proporzionato alla totalità del pregiudizio, includendo anche la sofferenza morale, spesso difficile da quantificare ma non per questo meno rilevante. Per la difesa, ciò significa che la semplice offerta di una somma di denaro potrebbe non essere sufficiente se non accompagnata da una valutazione attenta di tutti gli aspetti del danno causato.

È sufficiente offrire un qualsiasi risarcimento economico per ottenere l’estinzione del reato tramite condotta riparatoria?
No. Secondo la Cassazione, il giudice deve valutare la ‘congruità’ della somma offerta, ovvero la sua adeguatezza a coprire l’intero danno causato dal reato, sia sotto il profilo patrimoniale (economico) che sotto quello morale (la sofferenza della vittima).

Un ricorso in Cassazione può limitarsi a ripetere le argomentazioni già presentate in appello?
No. La Corte ha chiarito che un ricorso che si limita a reiterare i motivi già discussi e respinti nel grado precedente, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata, è inammissibile per mancanza di specificità.

Qual è il ruolo del giudice nella valutazione della condotta riparatoria?
Il giudice ha un ruolo centrale e discrezionale. Deve apprezzare se l’offerta di risarcimento sia effettivamente sufficiente a riparare tutto il pregiudizio causato, considerando il danno derivante dal reato nella sua interezza e non solo per l’aspetto puramente economico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati