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Condotta riparatoria: l’accordo non è necessario

La Corte di Cassazione ha stabilito che per l’estinzione del reato tramite condotta riparatoria, ai sensi dell’art. 162-ter c.p., non è necessario un accordo formale tra le parti. È sufficiente che l’imputato dimostri una concreta volontà di risarcire il danno, come nel caso di specie dove il versamento di una somma era stato preceduto dalla comunicazione dell’IBAN da parte del difensore della persona offesa. Tale comportamento è stato ritenuto concludente e idoneo a integrare i presupposti della norma, portando all’annullamento con rinvio dell’ordinanza che aveva confermato una misura cautelare.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Condotta Riparatoria: L’Accettazione della Vittima non è Sempre Necessaria

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sull’applicazione dell’istituto della condotta riparatoria, previsto dall’articolo 162-ter del codice penale. Questa norma, che consente l’estinzione del reato a seguito del risarcimento del danno, è spesso al centro di dibattiti interpretativi. La Corte ha precisato che, per la sua operatività, non è indispensabile un accordo formale tra l’imputato e la persona offesa, essendo sufficiente una valutazione del giudice sulla congruità dell’offerta risarcitoria.

I Fatti del Caso: Un Furto e un’Offerta di Risarcimento

Il caso trae origine da un’indagine per delitti di furto commessi ai danni di un supermercato e di un esercizio commerciale. All’indagata erano state applicate le misure cautelari dell’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria e del divieto di dimora in alcuni comuni.

In sede di riesame, il Tribunale annullava parzialmente il provvedimento, ritenendo estinto il reato relativo al furto nel supermercato grazie a una condotta riparatoria. Tuttavia, confermava la misura per il furto nell’altro negozio, sostenendo che non vi fosse prova dell’accettazione della proposta risarcitoria da parte del rappresentante legale di quest’ultimo. L’indagata, tramite il suo difensore, ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il versamento di 100 euro a titolo di risarcimento, preceduto dalla trasmissione dell’IBAN da parte del legale della persona offesa, costituisse un comportamento concludente e sufficiente per integrare la riparazione.

L’Applicazione della Condotta Riparatoria Secondo la Cassazione

La Corte Suprema ha accolto il ricorso, affermando un principio di diritto di notevole importanza pratica. I giudici hanno chiarito che l’articolo 162-ter del codice penale delinea una modalità di condotta riparatoria che non implica necessariamente un accordo formale tra le parti. La norma richiede, infatti, che il giudice valuti, nel contraddittorio, la congruità della somma versata o offerta, anche in assenza di un’intesa.

Il Valore del Comportamento Concludente

Nel caso specifico, la trasmissione dell’IBAN da parte del difensore della parte offesa per ricevere il bonifico, seguita dalla richiesta di invio della ricevuta, è stata considerata un “comportamento concludente”. Questo tipo di azione, secondo la Corte, manifesta in modo inequivocabile la volontà di accettare il risarcimento, rendendo superflua una dichiarazione formale. L’omesso riconoscimento di tale comportamento da parte del Tribunale del riesame ha costituito una violazione di legge.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando la finalità dell’art. 162-ter c.p., che è quella di favorire la risoluzione del conflitto derivante dal reato attraverso la riparazione del danno. Imporre la necessità di un accordo formale potrebbe ostacolare questo obiettivo, consentendo alla persona offesa di bloccare l’estinzione del reato anche di fronte a un’offerta congrua. Il ruolo del giudice è proprio quello di superare eventuali disaccordi, valutando oggettivamente se l’imputato abbia messo in atto una condotta di concreta disponibilità alla riparazione e se l’importo offerto sia adeguato a risarcire il danno patito.

Le Conclusioni

La sentenza annulla quindi l’ordinanza impugnata e rinvia il caso al Tribunale di Roma per un nuovo giudizio, che dovrà conformarsi ai principi enunciati. Questa decisione rafforza l’istituto della condotta riparatoria come strumento deflattivo del processo penale. Si chiarisce che il focus della valutazione deve essere sulla serietà e adeguatezza dell’impegno risarcitorio dell’imputato, piuttosto che su formalismi come l’accettazione esplicita della vittima. Ciò garantisce che l’accesso a questa causa di estinzione del reato dipenda da una valutazione oggettiva del giudice e non dalla mera volontà della persona offesa.

Per l’estinzione del reato tramite condotta riparatoria è necessario un accordo formale con la vittima?
No, la sentenza chiarisce che l’art. 162-ter del codice penale non implica necessariamente un accordo formale tra le parti. Il giudice può valutare la congruità dell’offerta risarcitoria anche in assenza di accordo.

Cosa si intende per “comportamento concludente” nell’accettazione di un risarcimento?
Si intende un’azione che, pur non essendo una dichiarazione esplicita, manifesta in modo inequivocabile la volontà di una persona. Nel caso di specie, la trasmissione dell’IBAN da parte del difensore della vittima per ricevere il bonifico è stata ritenuta un comportamento concludente di accettazione dell’offerta.

Qual è il ruolo del giudice se non c’è accordo tra imputato e vittima sulla condotta riparatoria?
Il giudice ha il compito di valutare, nel contraddittorio tra le parti, la congruità della somma versata o offerta dall’imputato. Deve verificare se vi sia stata una condotta di concreta disponibilità alla riparazione, indipendentemente dal raggiungimento di un accordo formale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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