Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 15209 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 15209 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da
SALVATORE DOVERE
Presidente –
Sent. n. sez. 321/2025
NOME COGNOME
Relatore –
UP – 20/03/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 40419/2024
NOME COGNOME
NOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
dalla parte civile COGNOME NOME classe ’89 nato a NAPOLI il 31/12/1989 dalla parte civile COGNOME NOME junior nato a NAPOLI il 05/12/1988 nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a NOCERA INFERIORE il 27/09/1971
inoltre:
RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza del 28/06/2024 della Corte d’appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Procuratore generale, in persona della dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
udito il difensore Avv. NOME COGNOME in difesa delle parti civili, il quale ha concluso per l’annullamento con rinvio al giudice civile;
udito il difensore Avv. NOME COGNOME in sostituzione ex art.102 c.p.p. dell’Avv. NOME COGNOME in difesa del responsabile civile Unipol Ass.ni s.p.a., che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso e la condanna al pagamento delle spese; udito il difensore Avv. NOME COGNOME in sostituzione ex art.102 c.p.p. dell’ Avv. NOME COGNOME in difesa di COGNOME NOMECOGNOME il quale ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli, con la sentenza indicata in epigrafe, adita con atto di appello delle sole parti civili COGNOME NOME e COGNOME NOME junior, ha confermato la pronuncia con la quale il 21 settembre 2021 il Tribunale di Napoli ha assolto COGNOME NOME dal reato di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen. commesso, secondo l’ipotesi accusatoria, in Napoli il 4 febbraio 2014.
NOME COGNOME era accusato di aver contribuito a provocare il decesso di COGNOME NOME in quanto, alla guida dell’autocarro Renault, mentre percorreva la A/56 Tangenziale di Napoli in corrispondenza della barriera al INDIRIZZO e precisamente la corsia n. 55 destinata al pedaggio tramite telepass , per colpa consistita in imprudenza, negligenza, imperizia e, in particolare, nel costituire pericolo e intralcio per la circolazione in violazione dell’art. 140 d. lgs. 30 aprile 1992, n.285 nonché nell’omettere di regolare la velocità dell’autocarro (di dimensioni di m. 11,62 di lunghezza e m. 2,55 di larghezza) in relazione alle caratteristiche alle condizioni della strada e del traffico, immettendosi in una zona con intenso traffico veicolare senza prestare la dovuta attenzione agli altri veicoli in marcia e, in particolare, a quelli provenienti dalla sua destra, in violazione dell’art. 141 cod. strada, veniva in collisione a circa m. 2,60 dall’inizio dell’accesso alla corsia telepass tra la parte ant eriore destra dell’autocarro e la parte laterale sinistra del motociclo Kymco condotto da NOME COGNOME che percorreva la medesima strada dirigendosi verso la medesima corsia telepass , cagionando a quest’ultimo plurime lesioni degli organi toraco-addominali da cui era derivata la morte.
La ricostruzione della dinamica del sinistro è fondata sui seguenti dati: l’incidente è avvenuto alle ore 11:00 del 4 febbraio 2014 in prossimità della barriera di pagamento della tangenziale di Napoli in direzione INDIRIZZO il tratto stradale teatro del sinistro è dotato di segnaletica orizzontale e verticale tale che la direzione verso le corsie di pagamento, incluse quelle destinate ai veicoli dotati di dispositivo telepass , è ben delimitata e i parchi di pedaggio sono connotati dalla presenza di cuspidi e cordoli laterali in cemento che consentono il corretto incanalamento dei veicoli; sulla rampa di accesso è segnalato il divieto di sorpasso nel piazzale del casello e il limite di velocità in corrispondenza dei varchi di pedaggio è pari a km/h 30 mentre sulla rampa di decelerazione è pari a km/h 40; all’atto del sinistro le condizioni meteorologiche erano buone, il manto stradale asciutto e il traffico scorrevole; il punto d’urto è stato individuato a m. 2,60 dalla cuspide di cemento che segna il v arco al casello, all’interno della corsia telepass n. 55; la prima collisione si è verificata tra la parte anteriore laterale destra dell’autocarro e la parte laterale sinistra del motociclo e la posizione statica dei due mezzi, dopo un trascinamento del motociclo di circa 14 metri, era quella del motociclo accostato
allo spigolo anteriore destro dell’autocarro con la ruota aderente all’autocarro ma più avanzata rispetto a esso; il motociclo, oltre a essere sprovvisto di revisione aggiornata e di copertura assicurativa, non era associato ad alcun dispositivo telepass ; le ruote dell’autocarro erano dritte, equidistanti e ben allineate all’asse della corsia di pedaggio con uno spazio tra le ruote e le superfici laterali del varco pari a cm. 40 sia a destra che a sinistra.
Sulla base di tali dati, i giudici dei due gradi di merito hanno accertato la seguente dinamica: il motociclo, condotto da NOME COGNOME con a bordo il figlio, si era immesso da destra nella corsia automatizzata n. 55 mentre l’autocarro, munito del dispositivo telepass , era in procinto di inserirsi regolarmente nel varco del casello della medesima corsia; il motociclo, tentando il sorpasso a destra, verosimilmente allo scopo di passare senza effettuare il pagamento autostradale, era entrato in contatto con l’autocarro a causa dello spazio ridotto tra quest’ultimo e la barriera laterale di delimitazione della corsia, rimanendo poi incastrato in corrispondenza della sua parte laterale sinistra; a seguito dell’impatto, il motociclo aveva proseguito la marc ia affiancato al mezzo pesante, lasciando impressa sul manto stradale una traccia di scarrocciamento obliqua con andatura da sinistra verso destra urtando, poi, con la fiancata destra, contro il cordolo in cemento di delimitazione della corsia; in tale fase si era determinato il distacco del bauletto posteriore del motociclo, cosicché il passeggero era caduto all’indietro, mentre il corpo del conducente aveva urtato contro una colonna metallica ubicata a destra della corsia venendo disarcionato e riportando le lesioni mortali.
I giudici di merito sono pervenuti alla sentenza assolutoria ritenendo la condotta del motociclista imprevedibile e tale, dunque, da escludere la colpa dell’imputato.
4. NOME COGNOME e NOME junior COGNOME ricorrono censurando la sentenza, con il primo motivo, per inosservanza degli artt. 125, comma 3, e 576 cod. proc. pen., 2043, 2054 e 2059 cod. civ., nonché per vizio di motivazione. I ricorrenti ritengono che il giudice dell’impugnazione penale, nel decidere sulla domanda proposta ai soli effetti civili, si sarebbe dovuto attenere alla regola di giudizio del ‘più probabile che non ‘, mentre la Corte di appello ha fatto ricorso alla regola penale dell’ ‘oltre ogni ragionevole dubbio’ affermando espressamente che le risultanze probatorie non sono idonee a sostenere, oltre ogni dubbio ragionevole, la penale responsabilità dell’imputato, occorrendo per la riforma di una sentenza assolutoria un giudizio dotato di una forza persuasiva superiore tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio.
Con il secondo motivo, deducono contraddittorietà della motivazione in quanto il punto di impatto è stato indicato a circa m. 2,60 dalla cuspide di delimitazione del varco di pedaggio e tuttavia si è, poi, affermato che la vittima ha tentato di usufruire del dispositivo dell’autocarro tentando di superarlo in prossimità dell’apertura della sbarra, in contrasto con la distanza di oltre 16 metri indicata a pag.4.
Con il terzo motivo, deducono contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nonché carenza di motivazione su specifico motivo di appello. La sentenza sarebbe illogica laddove ha affermato che la vittima si è insinuata nel ridotto spazio esistente tra il veicolo e il bordo del varco mentre in un altro passaggio si dà atto della distanza del punto d’urto di m. 2,60 dalla cuspide di delimitazione del varco di pedaggio. La sentenza ha omesso di confrontarsi con il relativo motivo di appello.
Con il quarto motivo, deducono motivazione illogica e contraddittoria nonché assente sui motivi di appello II.3 e II.16. Con l’appello i ricorrenti avevano allegato che la polizia stradale aveva desunto dall’andamento obliquo dell’incisione sull’asfalto la direzione del trascinamento, da cui poteva desumersi che il mezzo pesante al momento dell’urto convergeva da sinistra verso destra, come affermato dal consulente tecnico della parte civile, ma tale motivo non è stato valutato. I ricorrenti contestano il punto della sentenza in cui si afferma che non sono state rilevate tracce imponenti sul manto stradale del varco di pedaggio dimostrative del trascinamento, lamentando che tale censura non è stata valutata.
Con il quinto motivo deducono motivazione illogica e contraddittoria nel richiamare la sentenza di primo grado, quanto alle tracce sul manto stradale. Nella sentenza di primo grado è stato affermato che non sono state rilevate tracce importanti sul manto stradale del varco di pedaggio dimostrative del trascinamento, mentre nella sentenza di appello si afferma che il motociclo è stato trascinato per circa 14 metri.
Con il sesto motivo deducono motivazione illogica e contraddittoria nel richiamare la sentenza di primo grado quanto agli esiti della consulenza del pubblico ministero. I ricorrenti evidenziano che, secondo i giudici di appello, la sentenza di primo grado sarebbe avvalorata dalle concordi valutazioni degli agenti di polizia giudiziaria e dei consulenti del pm e del responsabile civile senza considerare che, nella sentenza di primo grado, si legge che il consulente del pubblico ministero è pervenuto alla conclusione del concorso di colpa.
Con il settimo motivo deducono motivazione assente o illogica quanto alla presunta condotta della vittima. Si è valorizzato il fatto che la vittima fosse priva del dispositivo telepass , trascurando che la mancanza di abbonamento nulla ha a che vedere con i profili di colpa nel sinistro, in quanto la norma che impone il pedaggio in autostrada non ha lo scopo di impedire i sinistri. È contraddittorio affermare che il dispositivo telepass è necessario per far alzare la sbarra e al tempo stesso che vi sia una sbarra corta aperta verso destra che consente ai motocicli di oltrepassare la barriera lateralmente. La Corte di appello ha enunciato un giudizio di probabilità senza riscontri mentre, per massime di esperienza, è totalmente inverosimile che un uomo maturo ponga in essere una manovra pericolosa per sé e per suo figlio per risparmiare il pedaggio di un euro. La motivazione è illogica in quanto ricostruisce il fatto in termini mai prospettati dall’imputato, rimasto sempre assente, trascurando che il camion marciava in direzione leggermente obliqua da
sinistra con rotta convergente, che il motociclo era già ben inserito nella corsia telepass al momento dell’impatto e che il camion si stava immettendo in una corsia telepass moto ben segnalata con particolare obbligo di attenzione, che inoltre il camion ha proseguito la marcia dopo l’impatto senza apprezzabili tracce di frenata.
Con l’ottavo motivo deducono motivazione contraddittoria e illogica nel punto in cui i giudici hanno ritenuto la dinamica del sinistro, come ricostruita, corroborata dalla tipologia e dalla localizzazione delle lesioni riportate dalla vittima, asserendo il logicamente che se fosse stato l’autocarro a sopraggiungere da tergo, ciò avrebbe comportato lesioni agli arti, in contrasto con il dato pacifico che le lesioni sono conseguite non all’impatto ma agli urti subiti dalla vittima all’interno dell’isola sparti traffico.
Con il nono motivo deducono motivazione contraddittoria ovvero assurda nel punto in cui si è affermato che la posizione dell’autocarro e il suo ingombro lasciassero poco spazio per il transito contemporaneo di un ulteriore veicolo, laddove è fisicamente impossibile per un motociclo insinuarsi in uno spazio di 40 centimetri, come indicato a pag.5 della sentenza, considerando anche l’assunto in contrasto con l’ipotesi che il motociclo sia stato agganciato e trascinato dalla parte spigolare anteriore destra del camion.
Con il decimo motivo deducono motivazione illogica laddove si è ricondotta l’assenza di tracce di frenata all’imprevedibilità della manovra posta in essere dalla vittima. Ritengono trattarsi di mera illazione, potendo anche affermarsi che la mancata frenata sia stata dovuta al deficit di attenzione dell’autista. Secondo i ricorrenti, tale assunto atomizza la mancata frenata del mezzo pesante, da coordinare invece con le altre risultanze, indicative della disattenzione dell’autista, basandosi sulla mera illa zione della manovra repentina del motociclista e trascurando il deficit di attenzione anche successivo all’impatto quale causa della morte della vittima.
Con l’undicesimo motivo deducono motivazione contraddittoria laddove a pag.4 afferma, dapprima, che il motociclo è entrato in contatto con la parte centrale destra dell’autocarro e, successivamente, che la collisione è avvenuta con la parte anteriore destra dell’autocarro.
Con il dodicesimo motivo deducono motivazione illogica e contraddittoria in quanto si è inferita la posizione del mezzo al momento dell’impatto dalla posizione di quiete, in contrasto con la traccia di scarrocciamento impressa sul manto stradale con andatura obliqua da sinistra verso destra.
Con il tredicesimo motivo deducono erronea applicazione degli artt. 589, cod. pen., 141 cod. strada e 4041 cod. pen. Secondo i ricorrenti la condotta dell’imputato, che ha approcciato il varco di esazione senza prestare la dovuta attenzione ai veicoli circostanti, ha progressivamente impegnato la corsia da sinistra, segnalata come deputata al passaggio dei motoveicoli, non ha frenato prima né dopo l’impatto, non consentiva di spostare il peso della responsabilità in modo esclusivo sulla vittima.
Con il quattordicesimo motivo deducono inosservanza degli artt. 125 e 603 cod. proc. pen. e omessa motivazione sulla richiesta di disporre perizia in appello ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen. La richiesta è stata totalmente ignorata, pur in presenza di plurime tracce suscettibili di valutazioni tecniche e di plurime consulenze di parte, tra loro non concordanti. I giudici non hanno dato conto delle loro valutazioni, a fronte del contrasto tra le consulenze di parte.
Con il quindicesimo motivo deducono mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione e motivazione omessa su cinque motivi di appello, segnatamente il motivo inerente alla traccia lasciata dal corpo della vittima sul serbatoio del camion con andamento antero-posteriore, il motivo inerente alle dichiarazioni del trasportato, il motivo afferente ai danni al motociclo come prova dell’impatto da tergo, il motivo inerente alle errate valutazioni di merito tratte dalla disamina dei danni al motoveicolo, il motivo inerente al travisamento della deposizione del consulente della parte civile, che non ha affermato che il veicolo transitasse a 40 km/h, semplicemente ammettendone la possibilità.
Il difensore delle parti civili ha depositato motivi aggiunti integrativi delle censure svolte nell’atto di impugnazione, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
Il difensore del responsabile civile RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
All’odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt.23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n.137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, 16 d.l. 30 dicembre 2021, n.228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n.69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, d. lgs. 10 ottobre 2022, n.150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n.199 e 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato.
1.1. Va puntualizzato che la pronuncia di rigetto della domanda avanzata dalle parti civili nelle conformi sentenze di merito è sorretta dalla ritenuta insussistenza del profilo soggettivo della colpa, valutato all’esito di un percorso motivazionale fondato su dati che hanno escluso la prevedibilità, da parte dell’imputato, della condotta del motociclista deceduto.
Secondo i ricorrenti, il giudice dell’impugnazione penale, nel decidere sulla domanda proposta ai soli effetti civili, si sarebbe dovuto attenere alla regola di giudizio del «più probabile che non», mentre la Corte di appello ha fatto ricorso alla regola penale dell’ «oltre og ni ragionevole dubbio», non attenendosi all’enunciato di Corte Cost. n.182 del 2021.
Ritiene, dunque, la difesa che dalla pronuncia della Corte Cost. n.182 del 2021 sarebbe ricavabile il principio secondo il quale nel giudizio penale, una volta esaurita la vicenda penale e in presenza dell’impugnazione della sola parte civile, il giudice d i appello dovrebbe decidere applicando il criterio del «più probabile che non» in luogo del criterio dell’«oltre ogni ragionevole dubbio».
Tale assunto è disatteso dalla piana lettura della sentenza della Consulta che, al par.14.1, specifica che il giudice dell’impugnazione penale, una volta precluso l’accertamento della responsabilità penale, allorchè debba pronunciarsi sulle pretese risarcitorie e restitutorie della parte civile, «non accerta la causalità penalistica che lega la condotta (azione od omissione) all’evento in base alla regola dell”alto grado di probabilità logica’ (Corte di Cassazione, Sezioni Unite penali, sentenza 10 luglio-11 settembre 2002, n. 30328). Per l’illecito civile vale, invece, il criterio del “più probabile che non” o della “probabilità prevalente”». Il citato passo motivazionale della sentenza della Corte Costituzionale evidenzia, infatti, come il criterio del «piu probabile che non» sia da contrapporre al criterio dell’ «alto grado di probabilità logica», elaborato dalla giurisprudenza penale con specifico riguardo al giudizio sotteso all’accertamento del nesso causale.
La diade è puntualmente rinvenibile nella più recente giurisprudenza della Cassazione civile (Sez. 3, n. 21530 del 27/07/2021, Rv. 662197 – 01, che in tal senso chiarisce l’originaria impostazione di Sez. U, n. 576 del 11/01/2008, Rv. 600899 – 01); nelle sentenze civili viene sempre richiamato lo statuto del nesso di causa regolato dagli artt. 40-41 cod. pen., con elaborazione del tutto sovrapponibile alla giurisprudenza penale sia con riguardo al superamento del criterio statistico, in ossequio ai principi enunciati da Sez. U COGNOME (Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002, Rv. 222138 -01) e da Sez. 4 Cozzini (Sez. 4, n. 43786 del 17/09/2010, Rv. 248943 -01), richiamando testualmente la logica induttiva baconiana alla quale fa riferimento quest’ultima sentenza, sia con rigua rdo al tema del giudizio controfattuale alla luce delle evidenze disponibili intese quali corroborazione delle allegazioni dell’attore. Partendo dal presupposto comune secondo il quale, in tema di accertamento del nesso di causa, la ‘regola di struttura’ e la ‘regola di funzione’ si saldano nel cd. ragionamento probatorio, si àncora l’accertamento giudiziale al criterio del «più probabile che non» in contrapposizione a quello dell’«elevata credibilità razionale».
La censura sovrappone il criterio di accertamento del nesso di causalità, che si affida al criterio dell’evidenza del probabile, al criterio di accertamento della colpa, che si affida alla valutazione dell’attendibilità degli elementi probatori utilizzati ai fini della
ricostruzione del comportamento del danneggiante e ridonda eventualmente in vizio di motivazione, ove difetti di logicità (Sez. 3 civile, n. 26304 del 29/09/2021, Rv. 662534 -01).
1.2. Per quanto concerne la valutazione della prova , il criterio di giudizio dettato dall’art. 533 cod. proc. pen., secondo il quale «il giudice pronuncia sentenza di condanna se l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio», permea l’intero sistema penale. I l sistema delle prove nel processo penale (artt.187-192 cod. proc. pen.) è, infatti, strutturato in funzione aletica; è strumento di ricerca della verità per il giudice che, nel motivare la decisione, deve dare conto dei risultati acquisiti attraverso le prove e dei criteri con i quali si è passati dai risultati acquisiti al giudizio adottato; dalla prova al risultato si giunge attraverso un passaggio logico costituito dal criterio inferenziale d ettato dall’art.546, comma 1 lett. e) cod. proc. pen.; tale disposizione impone al giudice, oltre che di indicare le prove poste a base della decisione, di dare conto anche delle ragioni dell’inattendibilità delle falsificazioni. Il vizio della motivazione della sentenza deducibile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art.606, comma 1 lett.e), cod. proc. pen. va accertato controllando se il giudice di merito ha svolto il predetto ragionamento inferenziale. E’ per tale funzione aletica che il legislatore ha previsto che il processo penale sia regolato secondo il canone dell’ «oltre ogni ragionevole dubbio», il quale, per la sua immediata derivazione dal principio di presunzione di innocenza (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise, in motivazione), esplica i suoi effetti conformativi non solo sull’applicazione delle regole di giudizio, ma anche, e più in generale, sui metodi di accertamento del fatto (Sez. 5, n.25272 del 19/04/2021, COGNOME, Rv. 281468 -01).
In punto di valutazione della prova nel processo di appello instaurato dalla sola parte civile, l a questione di legittimità costituzionale dell’art.576 cod. proc. pen. è stata esaminata e giudicata infondata con sentenza della Corte Cost. n.176 del 3 aprile 2019, che ha ritenuto del tutto «coerente con l’impianto del codice di rito che, una volta esercitata l’azione civile nel processo penale, la pronuncia sulle pretese restitutorie o risarcitorie della parte civile avvenga in quella sede: pertanto, anche quando l’unica impugnazione proposta sia quella della parte civile, non è irragionevole che il giudice d’appello sia quello penale con la conseguenza che le regole di rito sono quelle del processo penale».
Sul punto, la sentenza Corte Cost. n.182 del 2021 si è espressa analogamente, sottolineando al par. 14.2 che «l’autonomia dell’accertamento dell’illecito civile non è revocata in dubbio dalla circostanza che esso si svolga dinanzi al giudice penale e sia condotto applicando le regole processuali e probatorie del processo penale (art. 573 cod. proc. pen.). L’applicazione dello statuto della prova penale è pieno e concerne sia i mezzi di prova (sarà così ammissibile e utilizzabile, ad esempio, la testimonianza della persona offesa che nel processo civile sarebbe interdetta dall’art. 246 cod. proc. civ.), sia le
modalità di assunzione della prova (le prove costituende saranno così assunte per cross examination ex art. 499 cod. proc. pen. e non per interrogatorio diretto del giudice), le quali ricalcheranno pedissequamente quelle da osservare nell’accertamento della responsabilità penale».
1.3. Ma, a ben vedere, con riferimento alla sentenza qui impugnata, risulta comunque inconferente qualsivoglia argomento difensivo che faccia leva sul criterio di giudizio enunciato dall’art. 533 cod. proc. pen. , giacchè, nel caso in esame, il giudice di appello ha confermato agli effetti civili la sentenza assolutoria di primo grado, rigettando la domanda risarcitoria.
I ricorrenti ritengono dunque erroneamente che, nel caso in esame, la Corte territoriale abbia rigettato la domanda civile applicando, illegittimamente secondo la prospettazione difensiva, il principio dell’obbligo di motivazione c.d. rafforzata richiesto per la riforma in appello di una sentenza assolutoria (cfr. la recente Sez. U, n. 11586 del 30/09/2021, dep.2022, D., Rv. 282808 -01), laddove il riferimento a tale principio, e al suo fondamento nella regola dell’«oltre ogni ragionevole dubbio», pur presente in un passo della motivazione, è mero argomento dialettico utilizzato per indicare lo standard che il giudice dell’impugnazione avrebbe dovuto rispettare qualora avesse riformato la pronuncia di primo grado e che, evidentemente, non ha trovato spazio nel caso concreto. Inoltre, nel caso in esame, non solo non si verte in un’ipotesi di riforma della sentenza assolutoria, ma neppure ci si trova in una situazione di riforma in senso assolutorio di una sentenza di condanna (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272430 -01, in cui si è affermato che « il giudice d’appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado deve offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata»).
Eventuali vizi inerenti al criterio di giudizio adottato o alle ragioni esplicative della decisione da sottoporre a questa Corte avrebbero, pertanto, potuto attingere esclusivamente le ragioni dell’adesione del giudice di appello alla sentenza di primo gra do o l’obbligo di specifica disamina dei motivi di appello.
Prima di esaminare gli ulteriori motivi, da considerare inammissibili, è bene evidenziare alcuni criteri generali di ammissibilità del ricorso per cassazione.
La maggior parte dei motivi di ricorso esaminano singoli frammenti della motivazione desumendone l’omessa disamina di singole doglianze difensive. Ma i l difetto di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, non può essere ravvisato sulla base di una critica frammentaria dei singoli punti di essa, costituendo la pronuncia un tutto coerente e organico, per cui, ai fini del controllo critico sulla sussistenza di una valida motivazione, ogni punto di essa va posto in relazione agli altri, potendo la ragione di una determinata statuizione anche risultare da altri punti della sentenza ai quali sia stato fatto
richiamo, sia pure implicito (Sez. 4, n. 4491 del 17/10/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255096 -01).
Inoltre, esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una «rilettura» degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207945 – 01). Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito ( ex multis Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, Candita, Rv.244181 – 01).
E’, poi, ripetutamente affermato nella giurisprudenza della Corte di legittimità il principio secondo il quale nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non è tenuto a compiere un’esplicita analisi di tutte le deduzioni delle parti né a fo rnire espressa spiegazione in merito al valore probatorio di tutte le emergenze istruttorie, essendo necessario e sufficiente che spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dalle quali si dovranno ritenere implicitamente disattese le opposte deduzioni difensive ancorchè non apertamente confutate. In altre parole, non rappresenta vizio censurabile l’omesso esame critico di ogni questione sottoposta all’attenzione del giudice di merito qualora dal complessivo contesto argomentativo sia desumibile che alcune questioni siano state implicitamente rigettate o ritenute non decisive, essendo a tal fine sufficiente che la pronuncia enunci con adeguatezza e logicità gli argomenti che si sono ritenuti determinanti per la formazione del convincimento del giudice (Sez. 2, n.9242 del 8/02/2013, Reggio, Rv.254988 – 01; Sez. 6, n.49970 del 19/10/2012, COGNOME, Rv.254107 – 01; Sez. 4, n.34747 del 17/05/2012, COGNOME, Rv.253512 – 01; Sez. 4, n.45126 del 6/11/2008, COGNOME, Rv.241907 – 01).
E ancora, in tema di reati colposi inerenti alla circolazione veicolare, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia, con la valutazione della condotta dei singoli conducenti e l’accertamento della relativa responsabilità, con la determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente, è rimessa al giudice di merito e integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti, se sorretti da adeguata motivazione, al sindacato in sede di legittimità (Sez. 4, n. 54996 del 24/10/2017, COGNOME, Rv. 271679 – 01Sez. 4, n. 11077 del 08/06/1984, COGNOME, Rv. 167078 -01). In particolare, in sede di legittimità non è consentito prospettare surrettiziamente la critica alla scelta e alla valutazione delle prove eseguite dai giudici di merito, in relazione alla ricostruzione della dinamica di un sinistro stradale e alla condotta dei soggetti in esso coinvolti, adducendo artificiosamente i motivi del vizio di motivazione sotto il profilo duplice della mancanza e della contraddittorietà della stessa (Sez. 4, n. 13945 del 10/07/1990, COGNOME, Rv. 185541 -01).
Con riguardo, poi, al vizio di manifesta illogicità della motivazione, esso deve risultare di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi , dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 22607401; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 21479401).
Con riguardo, infine, al vizio di contraddittorietà della motivazione, esso deve essere interno al percorso giustificativo della decisione e ricorre quando non siano conciliabili tra loro le considerazioni logico-giuridiche in ordine a uno stesso fatto o a un complesso di fatti o vi sia disarmonia tra la parte motiva e la parte dispositiva del provvedimento, ovvero si manifestino dubbi che non consentano di determinare quale delle due o più ipotesi formulate dal giudice, conducenti ad esiti diversi, siano state poste a base del suo convincimento (Sez.5, n.19318 del 20/01/2021, Cappella, Rv. 281105); deve, dunque, escludersi che il vizio di contraddittorietà della motivazione possa avere come termini di raffronto il provvedimento e i dati istruttori sulla base della loro asserita erronea interpretazione.
Tanto premesso in linea di principio, va ribadito che i ricorrenti censurano la sentenza di appello, mediante una inammissibile critica frammentata di singoli passaggi della motivazione, per non aver preso in considerazione le valutazioni critiche espresse nell’atto di gravame. E’ necessario, a tale prop osito, ricordare che è pacificamente ammesso il richiamo per relationem alla motivazione della sentenza di primo grado qualora il giudice di appello si riferisca ai punti della decisione che hanno contenuto essenzialmente descrittivo o ricostruttivo della realtà oggetto di condivisione; nella sentenza impugnata, la Corte ha dichiarato che la ricostruzione alternativa proposta dal tecnico di parte è stata adeguatamente e approfonditamente vagliata dal primo giudice, condividendone il giudizio negativo. In particolare, attraverso il richiamo alla disamina delle emergenze istruttorie sviluppata dal primo giudice, la Corte territoriale ha di fatto replicato alla difesa.
3.1. La contestazione accusatoria prevedeva un contributo causale nella condotta di guida dell’imputato per non avere regolato la velocità dell’autocarro in relazione alle condizioni della strada e di traffico e per aver guidato senza prestare la dovuta attenzione ai veicoli in transito, pur tenendo conto della manovra di guida pericolosa e azzardata eseguita dal motociclista nel tentativo di immettersi nella corsia automatizzata già impegnata dall’autocarro. Decisivo per la ricostruzione della dinamica è s tato il raccordo tra le tracce rilevate sul manto stradale e sulle strutture architettoniche della barriera esattoriale e i danni riportati dai mezzi nonché la loro posizione statica, evincibili dai rilievi fotografici e
planimetrici eseguiti nell’immediatezza del fatto. I dati acquisiti hanno consentito di individuare il punto d’urto, corrispondente all’inizio di una traccia di scarrocciamento del motociclo con inizio 2,60 metri prima del varco di accesso al casello, e di constatare l’avvenuto trascinamento del motociclo a opera dell’autocarro lungo la pista telepass per circa 14 metri dal punto d’urto. Nello stato di quiete il motociclo era incastrato in corrispondenza dello scalino di accesso alla cabina lato destro dell ‘autocarro e della pedaliera passeggero sinistra del motociclo in uno spazio di 40 centimetri residuante nella pista considerato l’ingombro dell’autocarro, con la ruota del motociclo leggermente più avanti rispetto all’autocarro. I dati rilevati dalla poli zia stradale sono stati chiariti in fase dibattimentale, precisando che il punto di impatto tra i veicoli era all’interno della corsia automatizzata ma prima della cuspide con segnale catarifrangente, desumendosi dalla posizione della incisione sul manto stradale, rilevata in prossimità della cuspide, che il motociclo, al momento dell’impatto e del suo aggancio all’automezzo, si trovava all’interno della pista in transito, affiancando l’autocarro; tale segno di scalfittura è stato considerato indicativo del fatto che il motociclo fosse in procinto di effettuare un sorpasso a destra e che fosse da escludersi che in procinto di effettuare un sorpasso fosse il mezzo pesante. Un dato certo, desunto dalla posizione di quiete assunta all’interno della corsia dall’ autocarro subito dopo il sinistro, è la posizione perfettamente in asse del mezzo al momento di immettersi nella pista di pagamento automatico; la certezza del dato è stata desunta sia dal fatto che, al momento dell’impatto, l’autocarro si trovava a m. 16, 40 dalla sbarra di esazione sia considerando la lunghezza del mezzo pari a m. 11,62. Il consulente tecnico del pubblico Ministero, valutando anche la posizione statica finale della motocicletta, ha desunto che l’impatto, verificatosi a bassa velocità, sia avvenuto tra la parte laterale sinistra del motociclo e la parte laterale destra centrale dell’autocarro, in corrispondenza del serbatoio del carburante, prima dell’ingresso all’interno della corsia di preselezione, in un momento in cui la velocità di marcia del motociclo era superiore a quella dell’autocarro. Secondo il consulente tecnico del pubblico ministero, al momento dell’impatto l’autocarro era in posizione più avanzata rispetto al motociclo il quale, viaggiando a una velocità superiore, aveva tentato di inserirsi nella corsia automatizzata sulla destra.
3.2. Il giudice di primo grado ha preso in esame la valutazione del consulente tecnico di parte civile, secondo il quale l’autocarro avrebbe inizialmente debordato verso la prima corsia a sinistra per poi convergere più marcatamente a destra, così da lasciar pensare al motociclista che la seconda corsia fosse libera; inoltre le incisioni sul manto stradale, secondo il consulente di parte civile, attesterebbero la posizione dello scooter ben immessa in corsia e avanzata rispetto all’autocarro, che viaggiava a velocità superiore a quella del motociclista, concludendo che al momento dell’impatto lo scooter si trovava in posizione avanzata, ben inserito nella corsia occupata da entrambi, allorché era stato tamponato dall’autocarro.
3.3. Il consulente tecnico del responsabile civile ha, invece, valorizzato la presenza della traccia di un leggerissimo strisciamento sulla fiancata destra dell’autocarro, considerandola causata dal motociclo in quanto più veloce perché, se fosse stato più veloce l’autocarro, quest’ultimo, trascinando il mezzo leggero, lo avrebbe fatto scorrere sempre più verso la parte posteriore della fiancata e non certo in avanti. Il consulente ha spiegato che se il motociclo fosse stato investito dall’autocarro e trasc inato nella traiettoria di quest’ultimo prima dell’incanalamento nel varco del casello avrebbe subito delle rotazioni intorno al suo asse verticale e degli sbandamenti, mentre i danni riportati dal motociclo dimostrano che il sorpasso era praticamente riuscito e il motociclo aveva raggiunto la parte frontale dell’autocarro, riportando segni di sfregamento laterale di modesta entità, tanto più che il motociclo non è caduto al suolo e ha seguito la traiettoria dell’autocarro all’interno della pista riportando danni trascurabili; se, viceversa, fosse stato violentemente urtato dall’autocarro, il motociclo sarebbe caduto al suolo e non si sarebbe incanalato nella pista destinata al passaggio telepass in quanto sarebbe stato respinto verso destra dalla mole dell’autocarro. Ulteriore elemento di conforto a tale tesi è stato indicato nel fatto che, nel contatto strisciante con l’autocarro, la maggiore velocità del motociclo aveva determinato una reazione antero-posteriore da cui era derivato lo scardinamento del bau letto. La velocità di marcia dell’autocarro era minima, tanto che si era fermato in uno spazio brevissimo lasciando una traccia di frenata di 30 centimetri.
3.4. Il Tribunale, dando conto delle diverse prospettazioni degli esperti, ha ritenuto possibile pervenire a una ricostruzione inequivoca della dinamica del sinistro coerente con i dati emersi dall’attività investigativa. È stato ritenuto logicamente desum ibile dalla traccia di incisione sul manto stradale che il contatto tra i due veicoli sia avvenuto 2,60 metri prima della cuspide di cemento all’interno della corsia telepass e abbia interessato, sulla base dei danni riportati dai mezzi, la fiancata anteri ore destra dell’autocarro e la parte laterale sinistra del motociclo. Unica ricostruzione plausibile, senza alcuna valida ipotesi alternativa, è stata ritenuta quella secondo la quale il motociclo si è immesso sulla destra nella medesima corsia automatizzata tentando il sorpasso a destra, mentre l’autocarro era in procinto di inserirsi regolarmente nel varco del casello. La traccia obliqua di scarrocciamento impressa sul manto stradale è stata ritenuta indicativa del fatto che il motociclo avesse proseguito la marcia affiancato al mezzo pesante urtando, poi, con la fiancata destra contro il cordolo in cemento di delimitazione della corsia. Il Tribunale ha ritenuto che il punto d’urto, così come accertato, fosse la prova della manovra fulminea eseguita dal conducente del motociclo, corroborata dalla posizione di quiete dei veicoli, idonea a dimostrare sia che l’autocarro si fosse correttamente immesso nella corsia di competenza sia che il motociclo, rimasto con la ruota più avanzata rispetto al veicolo pesante, si fosse insinuato frettolosamente nel varco occupato dal mezzo pesante, affiancandolo. La ricostruzione della dinamica nei suddetti termini è stata, ulteriormente, corroborata dal fatto che il conducente del motociclo fosse sprovvisto di
dispositivo telepass e dalla natura, tipologia e localizzazione delle lesioni riportate dal deceduto agli organi toracici e addominali, senza interessamento degli arti o di altre parti del corpo.
3.5. La sentenza di primo grado contempla anche una specifica confutazione delle conclusioni alle quali è pervenuto il consulente tecnico della parte civile. Il giudice di primo grado ha ritenuto insostenibile che lo spostamento di un veicolo di grosse dimensioni sulla prima corsia libera a sinistra costituisca un comportamento naturale, automatico e sistematico degli utenti della strada guidatori di mezzi pesanti, essendo più naturale la tendenza a proseguire in direzione della corsia frontale che si presenta sul senso di marcia. Tale ipotesi del consulente di parte, si legge a pag. 64, è mera supposizione empirica non fondata su dati rigorosamente dimostrati in dibattimento. La posizione di quiete del motociclo, avanzato rispetto al mezzo pesante, ha trovato spiegazione scientifica nella maggiore velocità del mezzo leggero ed è stata corroborata dallo strisciamento presente sulla fiancata destra dell’autocarro; viceversa, se la velocità dell’autocarro fosse stata maggiore, il mezzo leggero sarebbe stato tra scinato scivolando verso la parte posteriore della fiancata destra dell’automezzo. Inoltre, se l’autocarro avesse da tergo tamponato il motociclo prima dell’incanalamento nel varco di pedaggio, il mezzo leggero avrebbe subito delle rotazioni intorno al suo asse verticale e sbandamenti tali da determinare danni imponenti al veicolo leggero, in contrasto con i danni accertati. Nessuna traccia del trascinamento del mezzo leggero da parte dell’autocarro da tergo è stata rilevata. Un dato che il Tribunale ha mes so in luce e che lo stesso consulente di parte civile non ha potuto negare è che il motociclista si fosse intenzionalmente introdotto nella corsia riservata agli utenti telepass . La testimonianza del figlio della vittima, oltreché difforme dalle dichiarazioni rese nell’immediatezza la polizia giudiziaria, è stata considerata non compatibile con i dati investigativi, avendo lo stesso riferito di essere caduto all’interno della cor sia viacard .
3.6. Il Tribunale, facendosi carico della valutazione del consulente del pubblico ministero, secondo il quale il conducente dell’autocarro avrebbe tenuto un comportamento concorrente colposo nella determinazione dell’evento lesivo per non aver regolato la velocità e non aver adottato le opportune manovre per impedire la collisione, ha ben distinto il giudizio inerente al concorso causale dal giudizio sulla colpa ritenendo che l’obbligo generale di porre in essere ogni manovra di guida idonea a evitare ostac oli e sinistri stradali, ancorchè determinati dall’altrui imprudenza, trovi il suo limite nell’imprevedibilità della condotta di guida altrui (Sez. 4, n. 25552 del 27/04/2017, NOME, Rv. 270176 -01; Sez. 4, n. 46741 del 08/10/2009, COGNOME, Rv. 245663 -01).
4. Si passa, quindi, per completezza, a esaminare in dettaglio i motivi. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La prossimità all’apertura della sbarra non contraddice la distanza di 16 metri indicata in altro punto della decisione. Una lettura
della sentenza impugnata non parcellizzata permette, infatti, di comprendere agevolmente che il riferimento alla ‘prossimità’ alla sbarra indica che il giudice ha fatto riferimento al movimento del motociclo, che ha tentato di insinuarsi tra l’autocarro e la corsia telepass nel momento in cui il passaggio dell’autocarro gli avrebbe consentito l’apertura della sbarra. La censura è, dunque, fondata su una non condivisibile lettura del significato del testo.
Esaminando il terzo motivo, si osserva in primo luogo che i ricorrenti ritengono manifestamente illogica un’affermazione non rinvenibile nella sentenza impugnata, ossia che lo spazio di m.2,60 tra l’autocarro e il bordo del varco fosse insufficiente per il transito di un motociclo. Inoltre, la motivazione della sentenza dimostra che la Corte ha implicitamente rigettato la censura svolta nel secondo motivo di appello, laddove ha dato atto della posizione reciproca dei veicoli al momento del primo impatto, tale da fermare la manovra di sorpasso a destra che il motociclista stava compiendo e da imprimere al motociclo una traiettoria forzata. Se ne deve desumere la manifesta infondatezza dell’assunto secondo il quale la Corte non avrebbe preso in esame la cen sura.
Nel quarto, nel quinto e nel dodicesimo motivo si dà per certo, sulla base di un’affermazione atecnica e generica, che la direzione del trascinamento debba corrispondere alla direzione del veicolo trainante, senza alcun confronto con tutti gli altri dati valorizzati nelle sentenze di merito a sostegno della regolare manovra compiuta dall’autocarro, segnatamente la posizione statica perfettamente in asse rispetto alla strada, i danni riportati dai veicoli, la posizione avanzata della ruota anteriore del motociclo rispetto a quella dell’ autocarro. A fronte di un dato quale quello della posizione in asse dell’autocarro allorché è stato effettuato il rilievo dopo l’urto, da considerare dato idoneo a fondare la piena prova che sin dal momento del primo impatto l’autocarro, della lunghezza di m.11,62, fosse correttamente incanalato nella pista n. 55, il motivo in esame, valorizzando l’andamento obliquo della traccia di scarrocciamento presente sull’asfalto tende, estrapolando tale dato dal contesto, a una rivalutazione del fatto e delle prove, non consentita in fase di legittimità. Anche nella parte in cui lamenta l’omessa valutazione del motivo di appello dedicato alle tracce lasciate sul manto stradale (seconda parte del quarto motivo e quinto motivo) il ricorso omette di confrontarsi con l’e satto significato del punto della sentenza indicato a pag. 65, in cui non si fa generico riferimento all’assenza di tracce di trascinamento ma ci si riferisce all’assenza di tracce di trascinamento del motociclo da parte dell’autocarro «da tergo», proprio a confutazione della diversa ricostruzione del sinistro proposta dal consulente della parte civile. Tali considerazioni evidenziano la manifesta infondatezza del quarto, del quinto e del dodicesimo motivo di ricorso.
Il sesto motivo è manifestamente infondato. Le valutazioni della polizia stradale e degli esperti alle quali può e deve fare riferimento il giudice sono inerenti ai dati tecnici dai quali si possa inferire la dinamica di un sinistro, mentre il giudizio sul concorso di colpa, in quanto non afferente all’oggettiva ricostruzione dell’eziologia dell’incidente ma piuttosto al rimprovero di un atteggiamento antidoveroso, è riservato al giudice. Laddove si è fatto riferimento alle concordi valutazioni effettuate dagli agenti di polizia giudiziaria e dai consulenti del pubblico ministero e del responsabile civile si è, dunque, evidentemente, constatata la conformità delle valutazioni tecniche utili a ricostruire la dinamica del sinistro.
Il settimo motivo è inammissibile. La circostanza che la vittima fosse priva di dispositivo telepass non è, nelle sentenze di merito, un elemento del giudizio causale tale da potersi porre in relazione al giudizio di causalità della colpa, che pone in correlazione la regola cautelare violata e il rischio concretizzatosi; trattasi, in realtà, di un dato dal quale i giudici hanno tratto la spiegazione logica della manovra eseguita dalla vittima, con deduzione non manifestamente illogica nè congetturale ma, piuttosto, fondata sul dato oggettivo della presenza di un motociclo privo di dispositivo telepass all’interno della pista n. 55 riservata ai possessori di tale dispositivo.
L’ottavo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Secondo quanto affermato dagli stessi ricorrenti, costituisce dato pacifico che le lesioni riportate dalla vittima non siano conseguite all’impatto. Le deduzioni tratte dai giudici di merito da tale dato non risultano intrinsecamente illogiche e lo stesso motivo di ricorso tende a fornirne una diversa lettura delle prove sollecitando un’attività non consentita in fase di legittimità.
Il nono motivo di ricorso è manifestamente infondato in quanto si fonda su una lettura della sentenza non corrispondente al senso della motivazione e sovrappone il concetto di spazio esistente tra il veicolo e il bordo del varco, evidentemente riferibile al punto iniziale di impatto, allo spazio esistente all’interno della corsia una volta superato il varco.
Il decimo motivo è inammissibile. Sotto l’egida della illogicità della motivazione si tende, in realtà a proporre una inammissibile lettura alternativa delle prove, senza confrontarsi con l’ampia e approfondita motivazione svolta nelle sentenze di meri to.
L’undicesimo motivo non supera il vaglio di ammissibilità in quanto estrapola particolari del discorso senza un confronto con il senso compiuto del ragionamento espresso nella sentenza a proposito del significato da attribuire ai segni presenti sulla f iancata laterale destra dell’autocarro che, secondo la ricostruzione della dinamica del
sinistro sposata nelle conformi sentenze di merito, indicano il punto iniziale della collisione, e con il rilievo attribuito ai danni rilevati sul veicolo all’esito del sinistro.
Il tredicesimo motivo è manifestamente infondato. I giudici hanno fatto corretta applicazione del principio secondo il quale, una volta accertato il concorso della condotta di due conducenti sotto il profilo strettamente causale, è tuttavia necessario svolgere un’ulteriore valutazione circa il profilo soggettivo della colpa per valutare se il sinistro sia non solo eziologicamente riconducibile alla condotta dell’utente della strada, ma anche a lui rimproverabile.
14. Il quattordicesimo motivo è manifestamente infondato. Con riguardo al diniego di rinnovazione istruttoria, è stato chiarito in precedenti pronunce della Corte di legittimità che «Il rigetto dell’istanza di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello si sottrae al sindacato di legittimità quando la struttura argomentativa della motivazione della decisione di secondo grado si fonda su elementi sufficienti per una compiuta valutazione in ordine alla responsabilità» (Sez. 6, n.2972 del 04/12/2020, dep. 2021, G., Rv. 280589 – 01; Sez. 6, n. 30774 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257741 – 01); tale provvedimento può essere motivato anche implicitamente in presenza di un quadro probatorio definito, certo e non abbisognevole di approfondimenti indispensabili (Sez. 4, n. 47095 del 02/12/2009, Sergio, Rv. 245996 – 01). Il giudice di appello ha, infatti, l’obbligo di disporre la rinnovazione del dibattimento nel caso in cui la richiesta di parte è riconducibile alla violazione del diritto alla prova, che non sia stato esercitato per forza maggiore o per la sopravvenienza della stessa dopo il giudizio, o perché la ammissione della prova, ritualmente richiesta nel giudizio di primo grado, sia stata irragionevolmente negata da quel giudice (Sez. 3, n. 13076 del 14/02/2024 Xiumei Rv. 286075 -01). In tema di prova scientifica, inoltre, il vizio di motivazione deducibile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. sussiste solo qualora risulti che le conclusioni del consulente di una delle parti siano tali da dimostrare la fallacia di quelle espresse da altro consulente e recepite dal giudice. Tali ipotesi non ricorrono nel caso in esame. Il percorso causale che ha condotto al sinistro è stato accertato sulla base di dati certi, la ricostruzione offerta dal consulente tecnico del pubblico ministero e da quello del responsabile civile è stata ritenuta, con argomenti logici, compatibile con i rilievi eseguiti dalla polizia giudiziaria; ampia motivazione è stata espressa in merito alla valutazione della prova scientifica. Nè risultano ignorate le falsificazioni della ricostruzione ritenuta più plausibile proposte dalla difesa delle parti civili, adeguatamente esaminate e con logica ineccepibile ritenute prive di riscontro fattuale ancor prima che tecnico.
15. Il quindicesimo motivo non supera il vaglio di ammissibilità in quanto, come già detto, con esso i ricorrenti si dolgono dell’omessa valutazione di argomenti difensivi già ampiamente sviluppati dalla sentenza di primo grado e implicitamente disattesi dalla conforme sentenza di appello.
16. Conclusivamente, i ricorsi devono essere rigettati. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. La novità della questione sollevata con il primo motivo di ricorso giustifica l’integrale compensazione delle spese di assistenza tra le parti private.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 20 marzo 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME