Condotta Arbitraria e Oltraggio a Pubblico Ufficiale: Quando la Reazione Non è Giustificata
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 35902/2024, è tornata a pronunciarsi su un tema delicato: i confini tra il reato di oltraggio a pubblico ufficiale e la reazione del cittadino di fronte a una presunta condotta arbitraria da parte delle forze dell’ordine. La decisione sottolinea un importante principio processuale: per contestare una condanna, non basta ripetere le proprie ragioni, ma è necessario confrontarsi punto per punto con la motivazione del giudice precedente.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dalla condanna di un uomo per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. L’imputato, ritenendo di aver subito un’azione ingiusta da parte degli agenti, aveva presentato ricorso in appello, invocando l’applicazione dell’articolo 393-bis del codice penale. Questa norma prevede una causa di non punibilità per chi commette reati come violenza, minaccia o oltraggio in reazione a un atto arbitrario del pubblico ufficiale.
La Corte d’Appello di Bologna, tuttavia, aveva respinto questa tesi, confermando la condanna. Secondo i giudici di secondo grado, dall’analisi delle prove emerse in giudizio (il cosiddetto compendio probatorio), la condotta tenuta dagli agenti non era stata affatto arbitraria né persecutoria. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione.
La Questione Giuridica: Condotta Arbitraria e Onere della Prova
Il cuore della questione legale risiede nell’interpretazione dell’art. 393-bis c.p. La norma mira a bilanciare la tutela del prestigio della pubblica amministrazione con il diritto del cittadino a non subire abusi. Affinché la reazione del privato sia giustificata, però, è necessario che l’atto del pubblico ufficiale sia oggettivamente “arbitrario”, ovvero compiuto al di fuori o in violazione dei propri doveri.
Nel caso specifico, la difesa puntava a dimostrare che le azioni degli agenti rientrassero in questa categoria, legittimando così la reazione dell’imputato. Tuttavia, l’onere di dimostrare la fondatezza delle proprie argomentazioni in sede di impugnazione è un passaggio cruciale e non scontato.
La Decisione della Corte sulla Presunta Condotta Arbitraria
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non entra nel merito della vicenda, ovvero non stabilisce se la condotta arbitraria vi sia stata o meno. Piuttosto, si concentra su un vizio procedurale del ricorso stesso. I giudici di legittimità hanno osservato che l’imputato, con il suo ricorso, si è limitato a riproporre lo stesso argomento già presentato e respinto in appello, senza però contestare in modo specifico e puntuale le ragioni esposte dalla Corte territoriale.
In altre parole, non è sufficiente affermare di aver subito un’ingiustizia; è necessario spiegare perché la valutazione fatta dal giudice precedente, che ha escluso tale ingiustizia, sarebbe sbagliata.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione “congrua” e logica sul punto. I giudici di secondo grado avevano esaminato le prove e concluso che “la condotta tenuta dagli agenti non era stata affatto arbitraria o persecutoria”. Di fronte a questa chiara presa di posizione, il ricorrente avrebbe dovuto smontare quel ragionamento, indicando, ad esempio, perché la valutazione delle prove fosse stata errata o illogica. Limitandosi a ripetere la propria versione dei fatti, il ricorso si è rivelato generico e, di conseguenza, inammissibile.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: nei processi di impugnazione, la forma è sostanza. Un ricorso, specialmente in Cassazione, non può essere una semplice riedizione delle difese precedenti. È indispensabile un confronto critico e analitico con la sentenza impugnata, evidenziandone le specifiche carenze logiche o giuridiche. La mancata contestazione delle motivazioni del giudice precedente equivale a un’arma spuntata, che porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il ricorrente si è limitato a riproporre lo stesso argomento già dedotto in appello, senza confrontarsi criticamente con le puntuali risposte e motivazioni fornite dalla Corte territoriale.
Qual era l’argomento principale del ricorrente?
L’argomento principale era la richiesta di applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 393-bis del codice penale, sostenendo che la sua reazione (configurata come oltraggio) fosse stata provocata da una condotta arbitraria dei pubblici ufficiali.
Cosa aveva stabilito la Corte d’Appello riguardo la condotta degli agenti?
La Corte d’Appello, sulla base del compendio probatorio, aveva motivato che la condotta tenuta dagli agenti non era stata in alcun modo arbitraria o persecutoria, facendo così venir meno il presupposto per l’applicazione dell’art. 393-bis c.p.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35902 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35902 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/07/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il motivo di ricorso, avente ad oggetto la mancata applicazio dell’art. 393bis cod. pen. in relazione al reato di oltraggio a pubblico ufficia per il quale è intervenuta condanna.
Il ricorrente ripropone, con l’unico motivo di ricorso, il medesimo argomento dedotto in appello senza confrontarsi con le puntuali risposte fornite dalla C territoriale.
Osservato, in particolare, che la Corte d’appello motiva congruamente sul punt evidenziando che dal compendio probatorio era emerso che la condotta tenuta dagli agenti non era stato affatto arbitraria o persecutoria.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso il 22 aprile 2024
Il Presiq , énte