Condotta Abituale e Tenuità del Fatto: Quando la Ripetizione del Reato Esclude il Beneficio
La recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, fornisce un importante chiarimento sui limiti di applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale. Il caso in esame riguarda un soggetto condannato per evasione dagli arresti domiciliari, il cui ricorso è stato respinto a causa della sua condotta abituale, ritenuta ostativa alla concessione del beneficio. Questa pronuncia ribadisce come la valutazione del giudice non possa limitarsi al singolo episodio, ma debba estendersi a un’analisi complessiva del comportamento dell’imputato.
I Fatti del Caso: Tre Evasioni e Altri Reati
L’imputato aveva presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello che negava il riconoscimento della particolare tenuità del fatto. La sua storia giudiziaria era segnata da tre distinti episodi di evasione dagli arresti domiciliari.
I primi due episodi, già oggetto di una precedente condanna irrevocabile e unificati dal vincolo della continuazione, non erano isolati. Erano infatti finalizzati alla commissione di altri reati: rispettivamente, la ricettazione di veicoli rubati e un danneggiamento aggravato. Il terzo episodio di evasione, avvenuto successivamente, era l’oggetto del giudizio in corso. La Corte d’Appello, confermando la decisione di primo grado, aveva evidenziato proprio questa sequenza di illeciti per negare il beneficio.
La Decisione della Cassazione sulla condotta abituale
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando manifestamente infondati i motivi presentati. Secondo gli Ermellini, la motivazione della Corte d’Appello è immune da vizi logici e giuridici. La valutazione negativa non si basa solo sul numero di evasioni, ma sul contesto più ampio in cui queste si inseriscono. La condotta abituale dell’imputato emerge chiaramente dalla reiterazione dei comportamenti e dalla loro connessione con altre attività criminali.
Le Motivazioni: L’abitualità come Causa Ostativa
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione del concetto di ‘abitualità’ come causa che preclude l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La Cassazione ha richiamato un importante principio stabilito dalle Sezioni Unite (sentenza n. 18891/2022), secondo cui la pluralità di reati unificati dalla continuazione non esclude di per sé la tenuità del fatto, ma impone una valutazione complessiva e approfondita.
Il giudice deve considerare una serie di indicatori per determinare se il comportamento possa essere qualificato come abituale e, quindi, se escludere il beneficio. Tali indicatori includono:
* La natura e la gravità degli illeciti.
* La tipologia dei beni giuridici protetti violati.
* Le modalità esecutive delle condotte e le loro motivazioni.
* Le conseguenze dei reati.
* Il periodo di tempo e il contesto delle violazioni.
* L’intensità del dolo.
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la valutazione della Corte d’Appello fosse corretta. Le evasioni non erano episodi sporadici, ma si inserivano in un contesto criminale più ampio, essendo finalizzate alla commissione di reati di diversa natura. Questa interconnessione ha dimostrato una persistenza nel delinquere che configura la condotta abituale e giustifica il diniego della non punibilità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. La particolare tenuità del fatto non è un beneficio accessibile a chiunque commetta reati di modesta entità, ma è riservato a casi di offensività minima e, soprattutto, di non abitualità del comportamento. La decisione sottolinea che il giudice ha il dovere di effettuare un’analisi onnicomprensiva della fattispecie concreta. Non basta guardare al singolo reato, ma è necessario valutare l’intera storia criminale del soggetto, le motivazioni e il contesto. Per la difesa, ciò significa che non è sufficiente invocare la lieve entità del singolo fatto, ma occorre dimostrare che esso rappresenta un episodio isolato e non l’espressione di una tendenza a delinquere.
Più reati uniti dalla continuazione possono essere considerati di ‘particolare tenuità’?
Sì, in teoria è possibile, ma la decisione dipende da una valutazione complessiva della fattispecie concreta. La pluralità di reati, anche se unificati, non è di per sé ostativa, ma impone al giudice un’analisi più approfondita di tutti gli indicatori del comportamento, come la gravità, le modalità e le finalità degli illeciti.
Cosa si intende per ‘condotta abituale’ ai fini dell’esclusione della particolare tenuità del fatto?
Per ‘condotta abituale’ si intende la ripetizione di comportamenti illeciti che dimostrano una tendenza a delinquere. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che tre evasioni dagli arresti domiciliari, di cui due finalizzate a commettere altri reati (ricettazione e danneggiamento), configurassero una condotta abituale, precludendo l’applicazione del beneficio.
Quali elementi valuta il giudice per decidere sulla particolare tenuità del fatto in caso di reati ripetuti?
Il giudice deve considerare una serie di fattori, tra cui: la natura e la gravità degli illeciti, i beni giuridici violati, le modalità esecutive, le motivazioni, le conseguenze, il periodo di tempo e il contesto delle violazioni, l’intensità del dolo e i comportamenti successivi ai fatti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6177 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6177 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a CATANIA il 26/07/2000
avverso la sentenza del 19/12/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di Chiarenza Lorenzo;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso – con il quale si eccepisce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione al mancato riconoscimento della sussistenza dei presupposti dell’art. 131 bis cod. pen., in relazione al delitto di evasione dagli arresti domiciliari – deve essere dichiarato inammissibile in quanto i motivi dedotti sono manifestamente infondati. Invero, la Corte di appello ha confermato la valutazione sul punto del primo Giudice evidenziando che l’imputato risulta gravato da tre episodi di evasione dagli arresti domiciliari, i primi due – per i quali è stata ritenuta la continuazione – oggetto di precedente condanna irrevocabile e il terzo oggetto del presente giudizio (commesso il 3 ottobre 2021). Al riguardo, la sentenza impugnata ha rilevato che in occasione dei primi due fatti Chiarenza si è reso altresì responsabile, rispettivamente, di ricettazione di vetture provento di furto e di un danneggiamento aggravato (in data 10 giugno e 17 maggio 2019). Pertanto, la sentenza impugnata evidenzia che “le due evasioni, sebbene unificate dalla continuazione, si inserivano in contesti più ampi, essendo finalizzate alla commissione di altri reati, di natura diversa” e che si tratta complessivamente di tre evasioni dagli arresti domiciliari, di tal che deve ritenersi sussistente la causa ostativa della abitualità della condotta. Trattasi di motivazione che non contrasta con il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte che nello statuire che la pluralità di reati unificati nel vincolo della continuazione non è di per sé ostativa alla configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, hanno però precisato che a tal fine deve essere effettuata una valutazione complessiva della fattispecie concreta, che – salve le condizioni ostative tassativamente previste dall’art. 131-bis cod. pen. per escludere la particolare tenuità dell’offesa o per qualificare il comportamento come abituale tenga conto di una serie di indicatori rappresentati, in particolare, dalla natura e dalla gravità degli illeciti in continuazione, dalla tipologia dei beni giuridici prote dall’entità delle disposizioni di legge violate, dalle finalità e dalle modalità esecutiv delle condotte, dalle loro motivazioni e dalle conseguenze che ne sono derivate, dal periodo di tempo e dal contesto in cui le diverse violazioni si collocano, dall’intensità del dolo e dalla rilevanza attribuibile ai comportamenti successivi ai fatti (Sez. U, n. 18891 del 27/01/2022, COGNOME, Rv. 283064 – 01). Valutazione negativa che, alla luce degli elementi sopra riportati, non risulta illogica e non è dunque sindacabile in questa sede. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
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Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma giudicata congrua – di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/01/2025