Condotta Abituale e Tenuità del Fatto: Quando il Passato Blocca il Presente
La recente ordinanza della Corte di Cassazione penale offre un’importante lezione sul rapporto tra la particolare tenuità del fatto e la condotta abituale del reo. Il caso analizzato riguarda un’impugnazione per il reato di evasione dagli arresti domiciliari, dove la difesa sperava di ottenere la non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis c.p. La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso, sottolineando come la presenza di specifici precedenti penali renda la condotta dell’imputato ‘abituale’, precludendo di fatto l’accesso al beneficio.
I Fatti di Causa
Il ricorrente era stato condannato in appello per il reato di evasione, essendosi allontanato senza giustificazione dal luogo degli arresti domiciliari. Davanti alla Corte di Cassazione, la difesa ha tentato di far valere la particolare tenuità del fatto, sostenendo che l’allontanamento non si fosse protratto per un tempo significativo. La Corte d’Appello aveva già respinto questa tesi, basando la sua decisione non solo sulla durata e l’ingiustificatezza dell’assenza, ma soprattutto sui precedenti specifici dell’imputato: un’altra evasione nel 2020 e un favoreggiamento personale nel 2013.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici hanno evidenziato una lacuna cruciale nell’argomentazione difensiva: il ricorrente si era limitato a contestare la valutazione sulla durata dell’evasione, senza però confrontarsi con il vero fulcro della motivazione della Corte d’Appello, ovvero l’abitualità della condotta.
Le Motivazioni: la preclusione della condotta abituale
Il cuore della decisione risiede nel concetto di condotta abituale come elemento ostativo all’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La Corte ha ribadito un principio consolidato, citando una precedente sentenza (n. 14073/2024), secondo cui il presupposto della non punibilità per particolare tenuità del fatto è escluso quando l’autore del reato ha commesso almeno due altri reati della stessa indole.
Nel caso di specie, i precedenti per evasione e favoreggiamento personale sono stati considerati sufficienti a qualificare il comportamento dell’imputato come ‘abituale’. Di fronte a questa constatazione, ogni discussione sulla durata, più o meno breve, dell’allontanamento diventa irrilevante. La Corte di Cassazione ha quindi ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente applicato la legge, identificando un ostacolo insormontabile all’applicazione del beneficio richiesto. Il ricorso, non affrontando questo punto decisivo, è risultato privo di fondamento.
Le Conclusioni
Questa ordinanza consolida l’interpretazione restrittiva dell’istituto della particolare tenuità del fatto. La lezione pratica è duplice. In primo luogo, la condotta abituale, desunta da precedenti penali specifici e della stessa indole, è un fattore determinante che può annullare qualsiasi altra valutazione sulla lieve entità del danno o del pericolo. In secondo luogo, in sede di impugnazione, è fondamentale che la difesa affronti puntualmente tutti gli argomenti contenuti nella sentenza che si contesta. Ignorare la ratio decidendi principale, come avvenuto in questo caso, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende.
Quando un comportamento viene considerato ‘abituale’ ai fini della non punibilità per tenuità del fatto?
Secondo quanto affermato dalla Corte, un comportamento è considerato abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno altri due reati della stessa indole.
È possibile ottenere la non punibilità per particolare tenuità del fatto se si hanno precedenti penali?
Dipende dalla natura dei precedenti. Se questi, come nel caso esaminato (una precedente evasione e un favoreggiamento), configurano una ‘condotta abituale’, l’applicazione del beneficio della particolare tenuità del fatto è preclusa, a prescindere da altri elementi come la breve durata della condotta illecita.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché l’imputato ha contestato solo un aspetto secondario della decisione (la durata dell’evasione), senza confrontarsi con l’argomentazione principale e decisiva della Corte d’Appello, ovvero l’ostacolo rappresentato dalla sua condotta abituale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7552 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7552 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME NOME nato a ASTI il 27/02/1976
avverso la sentenza del 20/05/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
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visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOMECOGNOME
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso – con il quale si eccepisce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla conferma in appello della condanna per evasione dagli arresti domiciliari – deve essere dichiarato inammissibile in quanto il motivo dedotto è manifestamente infondato. Invero, la Corte di appello ha escluso la possibilità di ritenere sussistente la particolare tenuità del fatto in ragione sia dell circostanza che l’allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare era stato ingiustificato e di non breve durata, sia dei precedenti specifici a carico (una evasione del 2020 e un favoreggiamento personale del 2013) di tal che la condotta deve essere considerata “abituale”, e dunque ostativa all’applicabilità dell’art. 131 bis cod. pen.
Rilevato che il ricorrente si limita a contestare che la durata dell’evasione si sia “protratta per un significativo lasso di tempo”, ma non si confronta in alcun modo con la argomentazione del Giudice di appello, in merito alla abitualità della condotta, del tutto conforme al principio secondo cui in tema di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, il presupposto ostativo del comportamento abituale ricorre quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, abbia commesso almeno altri due reati della stessa indole (da ultimo, v. Sez. 4, n. 14073 del 05/03/2024, COGNOME, Rv. 286175 – 02).
Ritenuto dunque che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma giudicata congrua – di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/01/2025