Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30951 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30951 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA ad Ischia; nel procedimento a carico dei medesimi; avverso la ordinanza del 09/02/2023 del tribunale di Napoli sez. dist. Ischia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta del AVV_NOTAIO ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni del difensore di COGNOME NOME che ha insistito l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATI -0
Con la ordinanza indicata in epigrafe, il tribunale di Napoli, quale gi dell’esecuzione, rigettava la istanza di COGNOME NOME avanzata per sospensione e revoca dell’ingiunzione a demolire opere abusive collocate in zon sottoposta a vincolo paesaggistico, di cui alla sentenza n. 146 del 2000 eme dal giudice monocratico della sezione distaccata di Ischia, il 2.2.2000, e dive irrevocabile in data 8 marzo 2000.
COGNOME Avverso la predetta ordinanza COGNOME NOME, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per RAGIONE_SOCIALEzione deducendo un unic motivo di impugnazione.
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3. COGNOME Deduce il vizio ex art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. con riguardo alle opere oggetto dell’ingiunzione a demolire sopra citata. Vi sarebbe travisamento del fatto e della prova, osservando che le opere interess dall’ordine di demolizione non riguarderebbero anche opere preesistenti alle ste e in particolare l’intero manufatto. Si osserva che rispetto alla concessione ed che si assume violata non sarebbe stato realizzato soltanto l’intero e previsto p seminterrato. Né le opere ulteriori citate nella predetta sentenza avrebb stravolto la struttura originaria del manufatto, rimasta inalterata, esse limitate solo ad un ampliamento di 23 mq., assentito con la originaria licenza 10 del 1991. Operate queste precisazioni, si critica la decisione impugna osservando che la domanda di condono avrebbe rispettato il requisito temporale della relativa disciplina atteso che le opere da condonare sarebbero state realiz sin dal 1992, e le opere successive, di completamento, sarebbero state effettu sulle predette strutture del 1992 / 93 mediante tamponature, tramezzature finiture. Riguardo a tale quadro materiale e temporale, dovrebbe quindi trova applicazione, quanto alle predette opere di completamento, l’art. 43 del DP 380/01, a fronte di provvedimenti amministrativi inibitori e di seques intervenuti sulle opere originarie realizzate, e le stesse sarebbero state regolarizzate con sanzione pecuniaria. L’ampliamento di 23 mq. risulterebbe invece oggetto della licenza citata, n. 10 del 1991. Su queste ultime complessi osservazioni il tribunale avrebbe omesso ogni motivazione.
Quanto alla legittimazione del ricorrente a presentare istanza di condono, n sarebbero ostative le ordinanze di demolizione emesse in precedenza a tal domanda e non ottemperate con correlata acquisizione RAGIONE_SOCIALE opere abusive al patrimonio comunale, sia perché la prima ordinanza di demolizione n. 82 del 1993 sarebbe stata emessa ai sensi dell’art. 12 della L. 47/85, con riferimento ad o eseguite in parziale difformità, per le quali in caso di inottemperanza non è prev la acquisizione al patrimonio, sia perché tutte le ordinanze amministrative demolizione sarebbero state superate dalla presentazione della istanza di condono
Quanto alla ritenuta non operatività del silenzio assenso ex art. 17 bis d legge 241 del 1990, si richiamano indirizzi della giurisprudenza amministrativa p sostenere l’applicabilità, quanto al nulla osta necessario per la pratica di co in questione, della disciplina di cui all’art. 146 del Dlgs. 42/04, soste conclusivamente che a fronte del provvedimento positivo della commissione paesaggistica, comunicato alla Soprintendenza, sarebbe decorso il termini di legg configurante in proposito il silenzio cd. devolutivo, con successiva finale adozio da parte del comune, della autorizzazione paesaggistica trasmessa senza esiti al Soprintendenza, per la formazione finale del silenzio devolutivo. In tale quadr
sarebbe erronea la tesi del tribunale per cui si sarebbe invece formato nel concreto il silenzio rifiuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Riguardo al dedotto travisamento del fatto, occorre ribadire che anche a seguito della modifica apportata all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. dalla legge n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittim travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazion sovrapporre la propria valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali a quella compiu nei precedenti gradi di merito (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018 Rv. 273217 – 0 Ferri). Quanto al dedotto travisamento della prova, si evidenzia che in virtù d previsione di cui all’art. 606, comma primo, lett. e) cod. proc. pen., nove dall’art. 8 della L. n. 46 del 2006, costituisce vizio denunciabile in cassazi contraddittorietà della motivazione risultante dal testo del provvedimen impugnato, ovvero da altri atti del processo indicati nei motivi di gravame nonc l’errore cosiddetto revocatorio che cadendo sul significante e non sul signifi della prova si traduce nell’utilizzo di una prova inesistente per effetto di una percezione di quanto riportato dall’atto istruttorio (cosiddetto travisamento d prova) (cfr. Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011 Ud. (dep. 11/05/2011 ) Rv. 250168 – 01 Carone). In altri termini, il vizio di travisamento della prova deducibi cassazione, ai sensi dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., può essere desun solo dal testo del provvedimento impugnato ma anche da altri atti del process specificamente indicati ed è configurabile quando si introduce nella motivazion una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette l valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia (Sez. 2, n. 47035 03/10/2013 Ud. (dep. 26/11/2013) Rv. 257499 – 01 COGNOME). Ciò significa che l’esame del vizio in parola in sede di legittimità deve avere riguardo a specific del giudizio e non al fatto nella sua interezza (cfr. Sez. 3, n. 38431 del 31/01 Rv. 273911 – 01 COGNOME). Va aggiunto che il ricorso per cassazione con cui s contesti il travisamento di specifici atti del processo deve, a pena d inammissibilità, non solo indicare le ragioni per cui il dato travisato inficia e compromette la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione ma anche individuare, in modo inequivoco, e rappresentare in modo specifico, gli at processuali su cui fa leva il motivo (cfr. Sez. 6, n. 9923 del 05/12/2011 ( 14/03/2012) Rv. 252349 S). Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
3.Consegue che, nel caso concreto, inammissibile ogni deduzione in termini di travisamento del fatto, il travisamento della prova appare anche esso n validamente dedotto, in assenza di ogni specificazione degli atti o dichiarazion riferimento e di ogni allegazione, integrale, dei medesimi. Con correlata manca indicazione, altresì, della tipologia di vizio motivazionale (contradditto illogicità, carenza, tutti necessariamente manifesti), che deriverebbe d specifico travisamento di volta in volta evidenziato.
3.1. In tale quadro, la tesi per cui le opere interessate dall’ord demolizione non riguarderebbero anche opere preesistenti alle stesse e particolare l’intero manufatto, da una parte non può inquadrarsi in un travisamento del fatto, indeducibile in questa sede, dall’altra, non rient travisamento della prova, in assenza anche di ogni specifica allegazione, e a fro RAGIONE_SOCIALE congrua, coerente e lineare motivazione di cui all’ordinanza in esame, dopo avere richiamato la contestazione di cui alla sentenza di condanna, relati alla realizzazione, in assenza di concessione edilizia e di nulla osta paesaggis anche a seguito di plurime violazioni di sigilli, di un manufatto composto di due livelli fuori terra comprensivo di ulteriore ampliamento di 23 mq., fino a settembre 1996, ha correttamente rilevato la esecuzione cli opere in tot difformità dalla concessione n. 10/91 che afferiva, invece, alla demolizion ricostruzione di un manufatto di dimensioni ben più piccole di quelle realizzat composto di un piano seminterrato destinato a cisterna e garage piuttosto che a abitazione, come avvenuto per entrambi i due livelli realizzati. Ricostruzi corretta quanto alla tipologia del reato di cui all’art. 20 lett. e) della rectius 44 lett. c) del DPR 380/01 attualmente vigente, in quanto a fronte de prevista, con concessione edilizia, demolizione e ricostruzione nei termini sop sintetizzati, la creazione di un manufatto completamente diverso, quale quel pure precedentemente descritto, dà luogo ad un’opera definibile come realizzata in totale assenza di titolo edilizio, oltre che di nulla osta paesaggistico – at in materia di edilizia, si ha difformità totale della concessione quando la diversità concerna l’intera opera e sia accompagnata da trasformazioni tipologiche e planovolumetriche di tale entità da costituire uno stravolgimento complessivo dell’originario progetto, non più riferibile all’immobile realizzato (Sez. 4, n. 25159 del 30/10/2002 (dep. 11/06/2003) Rv. 225719 – 01) -. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
A fronte di tale corretta ricostruzione, che vede, lo si ripete, in luogo manufatto preesistente, un immobile completamente diverso, i tentativi volti sostenere che parti del nuovo immobile non sarebbero coinvolte nella demolizione, sia trascurano, inspiegabilmente, posta la notorietà dei principi da applicars criterio sopra citato, sia cercano di obliterare concetti giuridici minimali in ma edilizia e paesaggistica, laddove, a fronte di un titolo edilizio n. 10/91
completamente violato e quindi improduttivo di effetti per la completa assenza de suo conforme oggetto, lo si richiama come ancora vigente rispetto a 23 metr quadri dell’immobile abusivo che, in applicazione di altro notorio principio per si occupa della materia in esame, deve necessariamente essere contemplato in maniera unitaria.
3.2. Quanto al ritenuto rispetto del limite temporale, fissato con disciplina inerente il condono, di cui al Dlgs. 724 del 1994, anche in tal emergono, da una parte, prospettazioni difensive palesemente contrarie al detta normativo, dall’altra, una motivazione del giudice corretta e coerente sul punto giudice, al riguardo, ha evidenziato come nel 1992 le opere fossero state realizz non al rustico, come richiesto dalla normativa citata sul condono, siccome limita originariamente alla creazione di un livello fuori terra composto di soli pilastr due solai, come ancora risultante in data 15.6.1993. Per vero, attraverso citazione del contenuto dei vari verbali di sopralluogo e sequestro, emer dall’ordinanza che nel gennaio del 1996 il primo livello risultava nepp completamente tamponato, atteso che ” presentava un lato aperto a quel momento utilizzato come autorimessa” e che all’atto del successivo sopralluogo sequestro del 24.9.96, al primo piano erano ripresi i lavori, con tamponat esterna, tramezzi interni, e ampliamento di 23 mq. con realizzazione di vano scal Dunque, nei limiti del materiale disponibile per questa Corte, non si rinviene completamento al rustico anche del piano soprastante il primo che, come noto e come già rilevato in via generale, va considerato unitariamente con quest’ultim Ma si tratta, in ogni caso, di dato che è assorbito dalle plurime ragioni escludono la legittimità del condono.
E invero, per rimanere nell’ambito del perimetro RAGIONE_SOCIALE considerazioni del giudi da una parte, per cui le opere prima del 31.12.1993 – data ultima prevista pe condono – non erano state ultimate al rustico e, piuttosto, erano proseguite al 1996, e della difesa dall’altra, secondo la quale a fronte di provvedim amministrativi inibitori e dei sequestri operati dalla autorità giudiziaria, l’im abusivo sarebbe da ritenersi completato negli anni successivi ai primi accertamen ai sensi dell’art. 43 del DPR 380/01, e quindi dovrebbe ritenersi ultimato termini di cui alla disciplina citata in materia di cd. secondo condono, non si che sottolineare la correttezza giuridica della prima impostazione, del giud dell’esecuzione, sopra indicata.
3.3. Invero è corretta, e sul punto incontestata dalla difesa, la ricostru del giudice per cui il completamento “al rustico” richiesto ai fini del condon ebbe solo nel 1996, ossia ben oltre il 31.12.1993 ( e ciò a prescindere d notazione sopra riportata per cui, alla luce dei dati riportati in ordinanza risulta che alla stessa data era stato tamponato anche il secondo liv dell’immobile, da intendersi unitariamente).
Nel contempo, non è corretta la tesi difensiva della applicazione, agli interv realizzati dopo il dicembre del 1993 per completare “al rustico” l’immobile, dell’ 43 della L. 47/85.
Tale disposizione prevede che “….possono ottenere la sanatoria le opere non ultimate per effetto di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali limitatamente alle strutture realizzate e ai lavori che siano strettamente necessari alla loro funzionalità. Il tempo di commissione dell’abuso e di riferimento per la determinazione dell’oblazione sarà individuato nella data del primo provvedimento amministrativo o giurisdizionale…”.
In proposito, costituisce principio che questo collegio vuole ribadire, quello pe in tema di condono edilizio, le opere sottoposte a sequestro possono essere sana in virtù del disposto del quarto comma dell’art. 43 della legge n. 47 del 1985 “rado” della previsione consiste nel riservare un trattamento di favore a colui che abbia rispettato il provvedimento dell’Autorità giudiziaria. Diversamente verrebbe ammesso alla sanatoria soltanto quel soggetto che ha violato i sigilli, ultimand fabbricato. Nè detta statuizione può essere limitata ai provvedimenti degli org e della giurisdizione amministrativa, poiché siffatta soluzione sarebbe contrasta con l’art. 3 della Costituzione. Nè tale interpretazione legittima surrettizia gli abusi che la legge ha voluto definitivamente reprimere, concedendo una sanatoria esclusivamente per le violazioni anteriori ad una certa data. Al rigu vanno tenuti presenti i seguenti elementi: la differente nozione di ultimazione d costruzione di cui all’art. 31 della legge n. 47 del 1985; la possibilità di comp l’opera sotto la propria responsabilità secondo le modalità stabilite dal co quattordicesimo dell’art. 35 della legge citata; la volontà del legislat predisporre una disciplina più rigorosa per l’avvenire e di estendere, entro il l temporale individuato, la sanatoria a tutte le costruzioni ultimate ed a quelle completate per “factum principis”, nei limiti della possibilità di rendere funzionali le strutture realizzate. (Sez. 3, n. 4444 del 10/04/1997 Ud. (dep. 13/05/19 Rv. 208032 – 01). Nel medesimo senso e sempre con riguardo all’art. 43 citato stato precisato che in tema di reati edilizi, la condonabilità dell’opera ab conforme agli strumenti urbanistici non è impedita dalla mancata ultimazione dell stessa per effetto di sequestro, entro la data del 31 marzo 2003 (cd. t condono, ndr). (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rin l’ordinanza di demolizione dell’opera condonata rimasta priva di tamponatura) (Sez. 3, n. 39774 del 28/09/2010 Rv. 248558 – 01). In linea con tale principio è precisato (cfr. in motivazione, Sez. 3, ordinanza n. 3530 del 08/11/2000 R 218001 – 01), per il caso di opere che non erano ultimate alla data finale indi nel provvedimento di condono, e esaminando le due diverse ipotesi in cui si abbi la prosecuzione dell’opera con conseguente violazione dei sigilli ovvero la s ultimazione dopo la restituzione dell’immobile sequestrato prima del termin Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
ultimo di realizzazione ai fini del condono, che nella prima ipotesi è esatto il di della sanatoria mediante condono, perché il condannato non si è adeguato ad un provvedimento dell’autorità giudiziaria teso a porre un vincolo di indisponibilit un bene, il quale avrebbe giustificato l’applicazione della norma speci contemplata all’art. 43 I. n. 47 del 1985, mentre, nella seconda, sarebbe solt configurabile un nuovo reato (dopo l’interruzione per avvenuto sequestro de precedente reato) , poiché la fattispecie ha natura permanente e la cessazione essa si verifica con il completamento RAGIONE_SOCIALE rifiniture anche interne, onde pure in questo caso non sarebbe invocabile il condono a fronte di una ultimazione effettuata dopo i termini di legge. Quindi:
– la costruzione abusiva oggetto di sequestro, prima del 31 dicembre 1993, è soggetta a condono edilizio, giacché trova applicazione l’art. 43 I. n. 47 del il quale consente la sanatoria RAGIONE_SOCIALE strutture realizzate e l’esecuzione dei strettamente necessari alla loro funzionalità, purché l’opera non sia stata Proseguita con violazione di sigilli oltre il termine fissato dalla discipl condono edilizio – come nel caso in esame – , in quanto, in tal caso, non può applicarsi la norma di favore su richiamata, tesa a fornire la possibilità di utilizzare detto procedimento a chi si è uniformato ad un provvedimento amministrativo o aiurisdizionale con cui è stata sospesa l’opera, secondo quanto rende evidente il tenore dell’art.43 citato;
– la costruzione, oggetto di condono, dopo la restituzione dell’immobile legittimo proprietario in seguito a dissequestro, Può essere proseguita soltanto seguendo la rigorosa Procedura stabilita dal comma quindicesimo dell’art. 35 I. n. 47 del 1985, che prevede, decorsi 120 giorni dal versamento della seconda rata la notifica al Comune dell’intendimento di proseguire i lavori, con allegazione una perizia giurata o di una documentazione equipollente sullo stato dei lavo abusivi, i quali potranno essere nuovamente ripresi dopo 30 giorni dalla data de notificazione, giacché, altrimenti, si configura un nuovo ed autonomo reat urbanistico in considerazione della natura permanente e della cessazione dell stessa con l’ultimazione dei lavori ivi comprese le rifiniture interne.
In altri termini, l’articolo 43 in parola evocarsi solo per assicurare, comunque, il condono di opere che per provvedimenti impeditivi, amministrativi o giurisdizionali, non siano state ultimate secondo i requisiti della relativa disc di riferimento, ossia Per auelle rispetto alle quali i predetti provvedimenti impeditivi siano stati rispettati non proseguendo gli interventi per portarli a ultimazione nei termini e secondo i requisiti previsti per legge, ai fini della pr forma di sanatoria.
Del resto, come già sopra accennato, il legislatore ha espressamente previs l’unico caso in cui sia possibile proseguire opere abusive oggetto di istanz
condono, con l’art. 35 della I. 47/85 sopra già citato, che presuppone l’assenz vincoli giudiziari o amministrativi e una procedura di previo avviso dell’Autor amministrativa: esso infatti dispone che “…Decorsi centoventi giorni dalla presentazione della domanda e, comunque dopo il versamento della seconda rata dell’oblazione, il presentatore dell’istanza di concessione o autorizzazione in sanatoria può completare sotto la propria responsabilità le opere di cui all’articolo 31 non comprese tra quelle indicate dall’articolo 33. A tal fine l’interessato notifica al comune il proprio intendimento, allegando perizia giurata ovvero documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi, ed inizia i lavori non prima di trenta giorni dalla data della notificazione”
Consegue che la tesi difensiva appare errata in nuce, a fronte del fatto che i sigilli apposti e l’ordinanza di sospensione lavori furono deliberatamente violati proseguire sino al 1996 le opere abusive, così da farle quindi fuoriuscire perimetro dei requisiti di cui alla legge n. 724 del 1994.
In tale quadro, la evidenziazione, da parte del giudice, della illecita prosecu RAGIONE_SOCIALE opere oltre il termine del 31.12.1993 non può che costituire anche sostanziale rigetto di ogni ipotesi di applicazione dell’art. 43 citato In pro deve allora anche richiamarsi il principio per cui, con specifico riferimento ai di mancanza, l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione, si de considerare disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché sia spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (cfr., Sez. un., n. 24 del 24 novembre 1999, Rv. n. 214794; Sez. un. 12 del 31 maggio 2000, Rv. n. 216260; Sez. un., n. 47289 del 24 settembre 2003, Rv. n. 226074).
Inoltre, non può trascurarsi anche il dato per cui la questione qui sollevata, all’art. 43, ha carattere giuridico, per cui trova altresì applic:azione, concreto, il consolidato indirizzo di legittimità secondo il quale, il vi motivazione non è configurabile riguardo ad argomentazioni giuridiche RAGIONE_SOCIALE parti Queste ultime infatti, come ha più volte sottolineato la Suprema Corte, o so fondate – diversamente dal caso di specie – e allora il fatto che il giudice le disattese (motivatamente o meno) dà luogo al diverso motivo di censura costituit dalla violazione di legge; o sono infondate, e allora che il giudice ie abbia disa non può dar luogo ad alcun vizio di legittimità della pronuncia giudiziale, av anche riguardo al disposto di cui all’art. 619 comma 1 cod. proc. pen. che consen di correggere, ove necessario, e come deve ritenersi con le presenti osservazio di questo collegio, la motivazione, quando la decisione in diritto sia comunq corretta (cfr. in tal senso Sez. 1, n. 49237 del 22/09/2016 Rv. 271451 NOME).
Da ultimo, e sempre alla luce degli atti qui disponibili e della ordinanza impugn è utile osservare come peraltro il condono risulti rilasciato con esclusione, ad o degli uffici comunali, di parte RAGIONE_SOCIALE opere e quindi secondo un’operazio illegittima oltre che suscettibile di essere foriera di illeciti a carico di ques stante il principio per cui non è ammissibile il condono né condizionato tantonneno parziale. Infatti, questa corte ha già precisato che non è ammissibi ai fini dell’applicazione del cosiddetto condono edilizio, in caso di costruz unitaria, la frazionabilità della stessa nelle sue componenti struttural conseguente possibilità di sanatoria parziale dell’opera. (Se2:. 3, n. 9182 22/06/1988 Ud. (dep. 13/09/1988) Rv. 179149 – 01).
3.4. Quanto al tema della legittimazione del ricorrente a presentare istanza condono senza che siano ostative le ordinanze di demolizione emesse in precedenza a tale domanda e non ottemperate, con correlata acquisizione RAGIONE_SOCIALE opere abusive al patrimonio comunale, da una parte preliminarmente deve osservarsi come le rilevazioni sinora espresse rendono a rigore inutile ogni a disquisizione, essendo sufficienti ad escludere ogni condonabilità dell’opera.
Dall’altra, per completezza, è possibile osservare come emerga anche in tal cas un motivo del tutto infondato.
Quanto innanzitutto alla tesi per cui non vi sarebbe stata acquisizione al patrimo con la prima ordinanza di demolizione n. 82 del 1993, siccome sarebbe stata emessa ai sensi dell’art. 12 della L. 47/85 con riferimento ad opere eseguit parziale difformità, per le quali in caso di inottemperanza non è previst acquisizione al patrimonio, essa è insostenibile, innanzitutto per la manc allegazione dell’atto di riferimento da cui desumere quanto sostenuto.
In ogni caso corretta è la conclusione del giudice, come sopra già osservat secondo il quale sin dall’inizio si sono accertate opere realizzate in difformità: con la conseguenza per cui, quand’anche nella ordinanza si fosse fat riferimento ad una qualifica di parziale difformità, non può prevalere come noto rispetto ad un atto amministrativo, il mero nomen iuris di una fattispecie a fronte della rilevanza piuttosto – nel caso concreto – della sua concreta manifestazi che si riconduca ad altra più corretta qualificazione di totale difformità conseguente operatività del regime dell’acquisizione al pal:rimonio. E c conseguente ulteriore causa ostativa al condono, atteso che in tal caso momento della presentazione della domanda di condono il ricorrente era ormai da tempo privo di titolo di proprietà e quindi non legittimato.
Laddove la invocata possibilità di superare ordinanze di demolizione mediante l’accoglimento della domanda di condono presuppone pur sempre che, al momento di presentazione della stessa, non fosse venuto meno, per intervenuta operativi dell’acquisizione al patrimonio, il diritto di proprietà sull’opera abusiva, da del soggetto interessato alla stessa e alla sanatoria. Ciò perché questa Supr
Corte ha sempre evidenziato la sussistenza della necessaria legittimazione presentare istanza di condono, sub specie della titolarità di adeguati tit proprietà o di possesso o detenzione. Infatti, in tema di condono edilizio, in degli artt. 6 e 38, comma quinto, della legge 28 febbraio 1985, n.47 – richiam dall’art.39, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n.724 – legittimati a presentazione dell’istanza di concessione in sanatoria sono il proprietario d costruzione abusiva, il titolare della concessione edilizia, il committente opere, il costruttore ed il direttore dei lavori (Sez. 3, n. 30059 del 16/05 Cc. (dep. 04/07/2018 ) Rv. 273760 – 01). E solo quindi a condizione che a momento della domanda l’istante fosse alla stessa legittimato, la giurispruden ha stabilito che l’esecutività del provvedimento giudiziale applicativo d sanzione amministrativa della demolizione, adottato ex art. 7, ultimo comma, legge 28 febbraio 1985 n. 47 (attualmente 31 DPR 380/01), e la vincolatività de relativo comando per il soggetto destinatario vengono meno, una volta definita l procedura di sanatoria, sempre che il giudice riscontri la regolarità dell amministrativo sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per la emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge (cfr. S n. 11051 del 30/01/2003 Rv. 224346 – 01 COGNOME NOME; Se2:. 3, n. 3196 de 27/11/1998 (dep. 01/03/1999) Rv. 213010 – 01 COGNOME I).
3.5. Riguardo infine alla censura proposta con riferimento alla ritenu intervenuta maturazione del silenzio – rifiuto, ribadito che la manif infondatezza dei primi aspetti esaminati rende a rigore pleonastico l’esame anc di quest’ultimo rilievo, per completezza è sufficiente osservare e ribadire questa Suprema Corte (cfr. Sez. 3, n. 36580 del 17/05/2023 Rv. 284987 – 01) ha già condivisibilmente rilevato che l’indirizzo sull’interpretazione dell’art. 146 42 del 2004, invocato in ricorso, non rileva nel caso di specie, in quanto la st disciplina normativa non trova applicazione (al pari, peraltro, dell’art. 17-bis 241 del 1990, citato dalla parte, che regola – in termini generali il silenzio ssenso tra amministrazioni pubbliche e tra queste e gestori di beni o servizi pubbli L’art. 146 d.lgs. 42 del 2004 – come è fatto palese dal suo chiaro contenu regola, infatti, il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica preventiva risp interventi sui beni oggetto della speciale protezione. Essa, certamente non vale toto laddove esista una disciplina speciale di maggior rigore, quale quella prev dalla legge sul condono edilizio nel caso di specie applicabile, ossia la L dicembre 1994, n. 724. In particolare, l’art. 32, L. n. 47 del 1985 – quale sost dall’art. 32, comma 43, d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, modificazioni. dalla I. 24 novembre 2003, n. 326 – rubricato “opere costruite aree sottoposte a vincolo” e richiamato dall’art. 39, Dlgs. 724 del 1994, al p comma prevede, per quanto qui interessa, che «il rilascio del titolo abilita edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincol
subordinato al parere favorevole RAGIONE_SOCIALE amministrazioni preposte alla tutela vincolo stesso. Qualora tale parere non venga formulato dalle suddett amministrazioni entro centottanta giorni dalla data di ricevimento della richie di parere, il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto». Il successivo q comma della disposizione specifica che, «ai fini dell’acquisizione del parere di al comma 1 si applica quanto previsto dall’articolo 20, comma 6, del decreto d Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. Il motivato dissenso espress da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoria ivi inclusa la soprintendenza competente, alla tutela del patrimonio storico arti o alla tutela della salute preclude il rilascio del titolo abilitativo e sa natoria ».
Nell’ambito del procedimento per il rilascio del provvedimento in sanatoria previs dalla legge sul condono edilizio, dunque, il legislatore, da un lato, ha riten concedere alla Soprintendenza uno spatium deliberandi più ampio (180 giorni, anziché 45), d’altro lato ha previsto che il decorso del termine valga quale sile rifiuto impugnabile in sede di giustizia amministrativa, specificando, se possibilità di deroghe, che il parere sfavorevole espresso dalla st soprintendenza preclude il rilascio del titolo in sanatoria. Tale disciplina diversa da quella delineata nell’art. 146 d.lgs. 42 del 2004, trova giustifica alla luce del differente contesto e dei beni che vengono in rilievo: se, infatt essere ragionevole consentire di superare l’inerzia della Soprintendenza laddo la stessa, non pronunciandosi nel termine, rischi di bloccare l’iniziativa del pr che abbia scrupolosamente seguito il preventivo iter previsto, sottoponendolo a un ingiusto aggravio procedimentale, ben si giustifica un più rigoroso regim laddove si tratti di sanare un illecito commesso, onerando il trasgressore che vog avvantaggiarsi degli effetti della sanatoria di un più gravoso procedimento, c consenta in ogni caso di pervenire ad un effettivo vaglio di compatibil paesaggistica dell’opera abusiva da parte dell’autorità preposta alla gestion vincolo. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Richiamandosi proprio questi principi, costantemente ribaditi (tra le altre, Se n. 10152 del 1°/2/2023, Calise; Sez. 3, n. 388 dell’8/11/2022, COGNOME, n massimate), deve concludersi che il silenzio serbato dalla Soprintendenza no poteva che assumere il valore di rifiuto, impugnabile in sede amministrativa.
4. Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto c il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le sp procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in da 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il rico sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE
Così deciso, il 13.03.2024.