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Condono edilizio: no se l’opera viola i sigilli

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino contro il rigetto della richiesta di sospensione di un ordine di demolizione. Il caso riguarda un immobile abusivo, costruito in totale difformità dal permesso e i cui lavori sono proseguiti fino al 1996, ben oltre il termine ultimo del 1993 previsto per il condono edilizio e in violazione di provvedimenti di sequestro. La Corte ha stabilito che la violazione dei sigilli e il mancato completamento dell’opera ‘al rustico’ entro i termini di legge escludono categoricamente la possibilità di accedere alla sanatoria.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Condono Edilizio: Quando la Violazione dei Sigilli Annulla la Sanatoria

Il tema del condono edilizio rappresenta da sempre un argomento delicato, in bilico tra la necessità di regolarizzare situazioni pregresse e il dovere di tutelare il territorio e la legalità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale (Sent. n. 30951/2024) ha ribadito con fermezza alcuni paletti invalicabili per accedere a questa misura straordinaria, chiarendo che il rispetto dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria è un requisito non negoziabile.

I fatti del caso: costruzione abusiva e violazione dei sigilli

La vicenda giudiziaria ha origine dalla costruzione di un manufatto in una zona soggetta a vincolo paesaggistico. Il progetto iniziale, autorizzato con una concessione edilizia, prevedeva la demolizione e ricostruzione di una piccola struttura da adibire a cisterna e garage. Invece, veniva realizzato un immobile completamente diverso, composto da due livelli fuori terra ad uso abitativo, in totale difformità dal titolo edilizio.

Non solo l’opera era abusiva sin dall’origine, ma la sua costruzione è proseguita nonostante i plurimi provvedimenti di sequestro e le ordinanze di sospensione dei lavori. Le attività edilizie, iniziate nel 1992, sono andate avanti fino al 1996, in palese violazione dei sigilli apposti dall’autorità giudiziaria. Di fronte all’ordine di demolizione divenuto definitivo, il responsabile dell’abuso ha presentato istanza di condono, chiedendo la revoca della demolizione.

La richiesta di condono edilizio e il rigetto nei gradi di merito

Il Tribunale, in qualità di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza, ritenendo l’opera non condonabile. La difesa del ricorrente ha quindi proposto ricorso per Cassazione, sostenendo diversi vizi, tra cui un’errata valutazione dei fatti e delle prove. Secondo il ricorrente, l’opera sarebbe stata completata ‘al rustico’ entro la data limite del 31 dicembre 1993, fissata dalla legge sul condono, e i lavori successivi sarebbero state mere opere di completamento, legittimate dalla normativa speciale per le opere sotto sequestro.

Le motivazioni della Cassazione: perché il condono edilizio è inapplicabile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale con argomentazioni nette e precise che tracciano un confine chiaro sull’applicabilità del condono edilizio.

Il requisito temporale: opera non ultimata ‘al rustico’

Il primo punto cruciale riguarda il mancato rispetto del limite temporale. La normativa sul secondo condono (D.Lgs. 724/1994) richiedeva che le opere fossero state ultimate ‘al rustico’ entro il 31 dicembre 1993. Dai verbali di sopralluogo emergeva chiaramente che a quella data l’immobile era composto solo da pilastri e solai, e che i lavori di tamponatura, tramezzatura e ampliamento erano proseguiti fino al 1996. Pertanto, il requisito temporale non era stato rispettato.

La violazione dei provvedimenti giudiziari

La Corte ha sottolineato un principio fondamentale: la normativa (art. 43 della L. 47/85) che permette di sanare opere non ultimate a causa di provvedimenti amministrativi o giudiziari è una norma di favore, riservata a chi rispetta tali provvedimenti. Nel caso di specie, il costruttore ha fatto l’esatto contrario: ha deliberatamente violato i sigilli e proseguito i lavori abusivi. Questo comportamento osta categoricamente all’applicazione di qualsiasi beneficio, poiché la ‘ratio’ della legge è premiare la lealtà verso l’ordinamento, non la sua palese violazione.

Mancanza di legittimazione e acquisizione al patrimonio comunale

Un altro aspetto decisivo è la perdita di legittimazione a chiedere il condono. La legge prevede che, in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione, l’immobile abusivo e l’area relativa siano acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del Comune. Al momento della presentazione della domanda di sanatoria, il ricorrente non era più il legittimo proprietario del bene e, di conseguenza, non aveva titolo per chiederne la regolarizzazione.

Il silenzio-rifiuto della Soprintendenza

Infine, la Corte ha respinto la tesi difensiva secondo cui il silenzio della Soprintendenza sulla richiesta di parere paesaggistico dovesse intendersi come assenso. In materia di condono edilizio in aree vincolate, la disciplina è speciale e più rigorosa: il decorso del termine di 180 giorni senza una risposta esplicita da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo non genera un silenzio-assenso, ma un silenzio-rifiuto, che preclude il rilascio del titolo in sanatoria.

Le conclusioni: i principi ribaditi dalla Corte

Questa sentenza riafferma principi cardine in materia di abusivismo edilizio. Il condono edilizio non è un diritto incondizionato, ma un beneficio soggetto a requisiti stringenti, primo fra tutti il rispetto della legge e dei provvedimenti dell’autorità. Proseguire la costruzione di un’opera abusiva violando un sequestro giudiziario non solo costituisce un reato autonomo, ma preclude definitivamente la via della sanatoria. La decisione della Cassazione serve da monito: non può esserci clemenza per chi agisce in spregio delle regole, trasformando un illecito in una sfida aperta all’ordinamento giuridico.

È possibile ottenere il condono edilizio per un’opera proseguita dopo la data limite e in violazione di un sequestro?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la prosecuzione dei lavori oltre il termine di legge (in questo caso, il 31 dicembre 1993 per il completamento ‘al rustico’) e, soprattutto, in violazione di un provvedimento di sequestro, esclude categoricamente la possibilità di accedere alla sanatoria. La normativa di favore per opere non ultimate si applica solo a chi ha rispettato gli ordini dell’autorità.

Cosa succede se la Soprintendenza non risponde alla richiesta di parere per un condono in zona vincolata?
In materia di condono edilizio, la normativa speciale prevede che il silenzio della Soprintendenza, protratto oltre i 180 giorni, non costituisce un assenso (silenzio-assenso), bensì un rifiuto (silenzio-rifiuto). Tale silenzio-rifiuto preclude il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria, data la maggiore rigorosità richiesta per la tutela delle aree vincolate.

Si può chiedere il condono per un immobile che è già stato acquisito dal Comune per inottemperanza all’ordine di demolizione?
No. La legittimazione a presentare l’istanza di condono spetta, tra gli altri, al proprietario dell’immobile. Se, a causa della mancata esecuzione dell’ordine di demolizione, l’immobile è già stato acquisito di diritto al patrimonio comunale, il precedente proprietario perde il titolo per richiederne la sanatoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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