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Condono edilizio: no al silenzio assenso in zone con vincolo

La Cassazione ha respinto il ricorso di un cittadino contro un ordine di demolizione. La Corte ha stabilito che per il condono edilizio in aree vincolate è necessario un parere paesaggistico esplicito e favorevole, escludendo l’applicabilità del silenzio assenso. Inoltre, le opere non risultavano ultimate entro i termini di legge.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Condono Edilizio: la Cassazione esclude il Silenzio Assenso in Aree Vincolate

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 10243 del 2024, ha ribadito principi fondamentali in materia di condono edilizio, con particolare riferimento alle opere realizzate in aree soggette a vincolo paesaggistico. La decisione chiarisce in modo inequivocabile i limiti temporali per l’accesso alla sanatoria e l’inapplicabilità del meccanismo del silenzio assenso per l’ottenimento del parere paesaggistico, confermando la necessità di un’autorizzazione esplicita. Questo pronunciamento offre spunti cruciali per comprendere la rigorosa tutela del paesaggio nel nostro ordinamento.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato dal proprietario di due immobili abusivi situati nel comune di Ischia, contro un’ordinanza del tribunale locale che aveva respinto la sua richiesta di revoca o annullamento dell’ordine di demolizione. Il ricorrente sosteneva che le opere fossero sanabili in base alla legge sul condono edilizio, avanzando tre principali motivi di doglianza:
1. L’erronea valutazione del tribunale circa l’epoca di realizzazione degli immobili, che a suo dire erano stati completati “al rustico” entro il termine ultimo del 31 dicembre 1993.
2. La presunta violazione di legge per la mancata applicazione del principio del silenzio assenso al parere della Soprintendenza.
3. La mancata considerazione di successivi permessi di costruire ottenuti, che avrebbero dovuto, secondo la difesa, legittimare le opere e portare alla revoca della demolizione.

La Questione del Condono Edilizio e l’Ultimazione delle Opere

Il primo motivo di ricorso si è scontrato con una valutazione di inammissibilità da parte della Suprema Corte. La difesa del ricorrente si limitava a contestare l’accertamento dei fatti compiuto dal giudice dell’esecuzione, secondo cui le opere non erano state ultimate entro la data limite del 31.12.1993, requisito indispensabile per accedere al condono. La Cassazione ha ricordato che la nozione di “opera ultimata al rustico” presuppone il completamento della copertura e dei muri perimetrali. Nel caso di specie, era emerso che ancora nel 2002 la copertura di uno dei manufatti era precaria (costituita da pannelli di lamiera), a dimostrazione che l’immobile non poteva considerarsi ultimato entro i termini previsti dalla legge sul condono edilizio.

Silenzio Assenso e Vincolo Paesaggistico: il Punto della Corte

Il cuore della sentenza risiede nell’analisi del secondo motivo di ricorso. La Corte ha rigettato con forza la tesi difensiva secondo cui il parere della Soprintendenza potesse formarsi tramite silenzio assenso. I giudici hanno affermato un principio consolidato: nei procedimenti di sanatoria edilizia per opere eseguite in zone vincolate, la disciplina è speciale e di maggior rigore. La legge sul condono edilizio (in particolare l’art. 32 della L. 47/1985, richiamato dalle normative successive) subordina il rilascio del titolo in sanatoria a un “parere favorevole” delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo.

L’assenza di una pronuncia entro il termine previsto (180 giorni) non genera un’autorizzazione tacita, bensì un “silenzio-rifiuto”, che il richiedente può impugnare davanti al giudice amministrativo. Questa disciplina più severa si giustifica con la necessità di garantire un effettivo vaglio di compatibilità paesaggistica dell’opera abusiva, proteggendo interessi di rango costituzionale.

La Valutazione dei Nuovi Titoli Abilitativi

Anche il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile. I permessi di costruire ottenuti successivamente sono stati ritenuti dalla Corte irrilevanti e strumentali. Tali titoli erano già stati oggetto di valutazione in un precedente provvedimento del 2021, che ne aveva dichiarato l’illegittimità proprio perché rilasciati in assenza del necessario e preventivo parere paesaggistico favorevole. Non si trattava, quindi, di “nuovi elementi” idonei a rimettere in discussione la legittimità dell’ordine di demolizione, ma di atti basati su presupposti errati, come l’erronea applicazione del silenzio assenso da parte degli uffici comunali.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha motivato il rigetto del ricorso sulla base di principi giuridici consolidati. In primo luogo, ha ribadito che la valutazione sullo stato di completamento di un’opera è una questione di fatto, non sindacabile in sede di legittimità se non per vizi logici manifesti, assenti nel caso di specie. In secondo luogo, ha riaffermato la specialità della normativa sul condono edilizio in aree vincolate, che deroga alla regola generale del silenzio assenso (prevista dall’art. 17-bis della L. 241/1990) in favore del più rigoroso meccanismo del silenzio-rifiuto. Tale scelta legislativa è finalizzata a non vanificare la tutela del paesaggio, un valore costituzionalmente protetto, di fronte a un illecito già commesso. Infine, ha chiarito che i titoli abilitativi rilasciati in violazione di tali principi sono illegittimi e non possono sanare l’abuso né paralizzare l’esecuzione di un ordine di demolizione definitivo.

Conclusioni

La sentenza in commento rappresenta un’importante conferma del rigore con cui l’ordinamento giuridico affronta gli abusi edilizi in aree di pregio paesaggistico. Vengono stabiliti due punti fermi: l’onere per chi chiede il condono di dimostrare in modo inequivocabile il rispetto del requisito temporale dell’ultimazione dei lavori e l’impossibilità di invocare il silenzio assenso per superare la mancanza del parere favorevole della Soprintendenza. La decisione sottolinea come la sanatoria di un illecito edilizio sia un’eccezione che richiede un procedimento aggravato, soprattutto quando sono in gioco interessi collettivi primari come la tutela del paesaggio.

Quando un’opera edilizia abusiva può considerarsi ‘ultimata’ ai fini del condono?
Secondo la sentenza, un’opera è considerata ‘ultimata al rustico’ quando sono stati completati la copertura e il tamponamento dei muri perimetrali. La presenza di una copertura precaria, come pannelli di lamiera, anni dopo il termine di legge, esclude il requisito dell’ultimazione.

Nei procedimenti di condono edilizio in area soggetta a vincolo paesaggistico, si applica il silenzio assenso?
No. La sentenza chiarisce che la normativa speciale sul condono edilizio in zone vincolate richiede un parere esplicito e favorevole dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo. La mancata risposta entro i termini non costituisce assenso, ma un silenzio-rifiuto, che può essere impugnato in sede amministrativa.

La presentazione di nuovi permessi di costruire dopo la condanna può bloccare un ordine di demolizione?
No, se tali permessi sono illegittimi. La Corte ha stabilito che i titoli abilitativi rilasciati senza il corretto presupposto (in questo caso, il parere paesaggistico favorevole) sono illegittimi e non costituiscono elementi nuovi idonei a rinnovare la valutazione giuridica dei fatti e a paralizzare un ordine di demolizione già emesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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