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Condono edilizio: no al frazionamento artificioso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un ordine di demolizione. Il tentativo di ottenere un condono edilizio tramite il frazionamento artificioso dell’immobile in più domande, presentate da diversi familiari per eludere i limiti di cubatura, è stato ritenuto un espediente illecito. La Corte ha ribadito che un edificio unitario, riconducibile a un unico proprietario, deve essere considerato nel suo complesso ai fini della sanatoria, la quale è stata negata per superamento del volume massimo consentito.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Condono Edilizio Negato: La Cassazione Contro il Frazionamento Artificioso degli Immobili

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 694/2024) ha ribadito un principio fondamentale in materia di condono edilizio: non è ammesso il frazionamento artificioso di un immobile per eludere i limiti volumetrici imposti dalla legge. Il caso in esame riguarda il tentativo di sanare un edificio abusivo presentando sei distinte domande di condono, una per ogni membro della famiglia, al fine di rientrare nei limiti di cubatura consentiti. La Suprema Corte ha respinto tale strategia, definendola un espediente illecito e confermando l’ordine di demolizione.

I Fatti del Caso: Un Ordine di Demolizione Venti Anni Dopo

La vicenda ha origine da una condanna per reato edilizio del 2000, divenuta irrevocabile nel 2001, a carico di una ricorrente per la costruzione di un corpo di fabbrica abusivo di tre piani fuori terra. La sentenza includeva un ordine di demolizione. Dopo molti anni, la condannata ha presentato un’istanza al giudice dell’esecuzione chiedendo la sospensione o la revoca di tale ordine, basandosi sulla possibilità di accedere al condono edilizio.

Il Condono Edilizio e il Tentativo di Frazionamento

La Tesi della Difesa

La difesa sosteneva che la domanda di condono potesse essere legittimamente presentata non solo dalla proprietaria dell’immobile (la madre della ricorrente), ma anche dagli altri familiari interessati (i figli), in quanto residenti e futuri donatari. Erano state infatti presentate sei domande separate, una per la proprietaria e una per ciascuno dei cinque figli, per singole frazioni dell’edificio, ciascuna rispettosa del limite di 750 metri cubi. Secondo la ricorrente, questa procedura era legittima e non costituiva un escamotage per aggirare il limite complessivo di 3.000 metri cubi per l’intero edificio.

La Posizione della Corte di Cassazione

La Corte ha rigettato completamente questa interpretazione. Ha chiarito che, ai fini del condono, un edificio deve essere considerato un complesso unitario, specialmente quando la sua realizzazione è ascrivibile a un unico soggetto. Il frazionamento delle domande è stato giudicato un illecito espediente per denunciare fittiziamente la realizzazione di opere non collegate tra loro, mentre in realtà erano tutte funzionali a un unico manufatto.

Il Principio di Unicità dell’Edificio nel Condono Edilizio

La sentenza riafferma un orientamento consolidato: la legge sul condono edilizio (in particolare il D.L. 269/2003) impone un duplice limite di cubatura: 750 mc per singola unità abitativa e 3.000 mc per l’intera costruzione. La ratio della norma è quella di sanare abusi modesti, non grandi complessi edilizi. Consentire il frazionamento delle domande significherebbe eludere questa finalità. Poiché l’intero edificio era di proprietà della madre della ricorrente e superava ampiamente i 3.000 mc, un’unica istanza di sanatoria sarebbe stata comunque respinta. Pertanto, le plurime domande presentate costituiscono un frazionamento artificioso e inammissibile.

Demolizione e Diritto all’Abitazione: Il Bilanciamento degli Interessi

La ricorrente aveva anche sollevato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), che tutela il diritto al domicilio e alla vita privata e familiare, sostenendo che nell’immobile vivessero persone vulnerabili. Anche questo motivo è stato respinto. La Corte ha ricordato che il diritto al domicilio non è assoluto e non può prevalere sull’interesse della collettività a ripristinare l’equilibrio urbanistico violato. L’ordine di demolizione di un immobile abusivo non viola di per sé l’art. 8 CEDU. Spetta al ricorrente dimostrare in modo puntuale la propria situazione di vulnerabilità e gli sforzi compiuti per trovare un’alternativa abitativa, cosa che in questo caso non è stata fatta, rendendo il motivo generico e apodittico.

Le Motivazioni della Decisione

Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici hanno stabilito che il Tribunale di Napoli aveva correttamente applicato i principi di diritto, riconoscendo l’illegittimità del frazionamento delle domande di condono. L’immobile, essendo un’unica costruzione riconducibile a un solo proprietario e superando i limiti volumetrici, non era suscettibile di sanatoria. Anche il richiamo a una circolare ministeriale è stato ritenuto irrilevante, poiché le circolari non hanno forza di legge e non possono vincolare il giudice. Infine, la generica affermazione sulla presenza di persone con disabilità non è stata ritenuta sufficiente a sospendere un ordine di demolizione esecutivo dal 2001, data l’inerzia della ricorrente nel trovare soluzioni alternative.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia consolida l’interpretazione rigorosa della normativa sul condono edilizio. Essa serve da monito: non è possibile aggirare i limiti quantitativi imposti dalla legge attraverso strategie elusive come la presentazione di domande multiple per lo stesso edificio. La Corte sottolinea l’importanza del principio di unicità della costruzione quando la proprietà o la realizzazione dell’abuso sono riconducibili a un’unica figura. La decisione conferma inoltre che il diritto all’abitazione, per quanto tutelato, non può diventare uno scudo per perpetuare situazioni di illegalità urbanistica, specialmente a fronte di un’inerzia pluriennale da parte dei responsabili dell’abuso.

È possibile presentare più domande di condono edilizio per singole parti di un unico edificio per non superare i limiti di volume?
No. Secondo la Corte, se l’edificio è riconducibile a un unico soggetto realizzatore, deve essere considerato come un complesso unitario. Presentare più istanze per singole unità costituisce un “frazionamento artificioso” illegittimo, finalizzato a eludere i limiti di cubatura (750 mc per unità e 3.000 mc totali) previsti dalla legge.

Chi può presentare la domanda di condono per un immobile abusivo?
Sebbene la legge non limiti la presentazione della domanda al solo proprietario, la sentenza chiarisce che, nel caso di un edificio unitario di proprietà di una sola persona, le domande devono essere riferite a un’unica concessione in sanatoria. L’esistenza di più soggetti legittimati (come i figli possessori) non permette di aggirare il principio dell’unicità della costruzione se questa è stata realizzata da un unico soggetto.

L’ordine di demolizione di una casa abitata da persone fragili viola il diritto al domicilio (Art. 8 CEDU)?
Non necessariamente. La Corte ha stabilito che il diritto al domicilio non è assoluto e non può sanare un abuso edilizio. L’ordine di demolizione tutela l’interesse della collettività al ripristino della legalità urbanistica. La presenza di persone fragili richiede una valutazione di proporzionalità, ma è onere di chi ricorre dimostrare in modo puntuale la situazione e gli sforzi fatti per trovare soluzioni abitative alternative, cosa che in questo caso non è avvenuta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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