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Condono edilizio: no a sanatorie con lavori postumi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un proprietario contro la revoca della sospensione di un ordine di demolizione. Il caso verteva sulla pretesa di rendere un immobile abusivo sanabile attraverso interventi successivi ai termini del condono edilizio. La Corte ha ribadito che i requisiti per il condono devono sussistere alla data di scadenza prevista dalla legge e non possono essere creati artificialmente in un secondo momento, definendo tali tentativi un aggiramento della disciplina legale.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Condono Edilizio: Impossibile Sanare gli Abusi con Lavori ‘Riparatori’ Postumi

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di abusi edilizi: i termini e le condizioni per accedere al condono edilizio sono perentori e non possono essere soddisfatti tramite interventi correttivi eseguiti dopo la scadenza. La decisione chiarisce che tentare di ‘aggiustare’ un immobile per farlo rientrare nei parametri di legge a posteriori costituisce un indebito aggiramento della disciplina legale. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato dalla proprietaria di un immobile contro un’ordinanza del Tribunale che aveva revocato la sospensione di un precedente ordine di demolizione. La difesa sosteneva che la richiesta di sospensione fosse ancora attuale, basandosi su una recente iniziativa di un funzionario comunale. Quest’ultimo aveva sollecitato l’amministrazione a valutare la possibilità di “ripristinare le condizioni di condonabilità” per alcuni immobili abusivi, inclusi quelli oggetto di demolizione giudiziaria.
Secondo la ricorrente, questa iniziativa conferiva una nuova concretezza alla possibilità di sanare l’immobile, rendendo meritevole di accoglimento la richiesta di sospendere la demolizione in attesa di una rivalutazione.

La Decisione della Corte sul Condono Edilizio

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile per genericità. I giudici hanno sottolineato come il ricorso non si sia confrontato adeguatamente con le motivazioni dell’ordinanza impugnata, limitandosi a citare una mera richiesta interna all’amministrazione comunale, priva di per sé di effetti giuridici concreti. La Corte ha colto l’occasione per ribadire con fermezza i limiti invalicabili della normativa sul condono edilizio.

Le Motivazioni della Sentenza

La sentenza si fonda su argomentazioni giuridiche solide e consolidate. I punti chiave sono i seguenti:

1. Impossibilità di Interventi Correttivi Postumi: Il principio cardine affermato è che i requisiti per accedere a un condono edilizio (come i limiti volumetrici e temporali) devono essere posseduti dall’immobile alla data ultima fissata dalla legge di riferimento (es. 31 dicembre 1993 per la L. 724/1994). Non è ammissibile eseguire lavori successivi, come demolizioni parziali, per ridurre la volumetria e far rientrare l’abuso nei limiti di legge. Tali interventi, oltre a essere essi stessi potenzialmente abusivi, rappresentano un tentativo di eludere la disciplina legale, spostando arbitrariamente in avanti un termine perentorio.

2. Distinzione tra Condono e Sanatoria: La Corte ha ribadito la netta differenza tra i due istituti. Il condono edilizio è una misura eccezionale che sana ex post opere che non erano conformi alla legge al momento della loro realizzazione. La sanatoria ordinaria (art. 36 DPR 380/01), invece, richiede il requisito della “doppia conformità”: l’opera deve essere conforme alle normative urbanistiche sia al momento della sua costruzione sia al momento della presentazione della domanda. Anche in questo caso, un intervento correttivo successivo non potrebbe mai soddisfare il requisito della conformità originaria.

3. Irrilevanza del Nulla Osta Paesaggistico Condizionato: La sentenza chiarisce che anche un eventuale nulla osta paesaggistico, se condizionato all’esecuzione di lavori per adeguare l’opera, non può sanare la situazione. L’autorità competente deve limitarsi a verificare la sussistenza dei requisiti alla data ultima prevista per il condono, senza poter imporre modifiche successive.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

La pronuncia della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Essa chiude la porta a qualsiasi tentativo di sanare vecchi abusi edilizi attraverso “escamotage” o interventi tardivi. I proprietari di immobili non conformi non possono sperare di regolarizzare la propria posizione effettuando lavori correttivi decenni dopo la scadenza dei termini del condono. La sentenza rafforza il principio di certezza del diritto e la natura eccezionale e temporalmente limitata delle leggi sul condono edilizio, sottolineando che la lotta all’abusivismo edilizio si fonda sul rispetto rigoroso delle regole e dei termini stabiliti dal legislatore.

È possibile rendere un immobile abusivo ‘condonabile’ eseguendo lavori di riduzione volumetrica dopo la scadenza dei termini del condono edilizio?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che i requisiti per accedere al condono edilizio devono sussistere alla data di scadenza fissata dalla legge. Qualsiasi intervento successivo volto a creare artificialmente tali requisiti, come una demolizione parziale, è considerato un tentativo di eludere la disciplina di legge e quindi non è ammissibile.

Una richiesta interna di un ufficio comunale per ottenere un parere sulla sanabilità di un immobile può riaprire i termini per un condono?
No. La sentenza chiarisce che una mera richiesta interna a un’amministrazione comunale, finalizzata a ottenere un parere pro veritate, è un atto che non ha la forza di modificare il quadro normativo vigente né di riaprire i termini perentori stabiliti dalle leggi sul condono.

Qual è la differenza tra condono e sanatoria secondo la sentenza?
Il condono è una misura straordinaria che permette di sanare abusi edilizi non conformi alla legge, purché realizzati entro una data specifica. La sanatoria ordinaria (o accertamento di conformità) è invece un procedimento standard che richiede la ‘doppia conformità’: l’opera deve rispettare le norme urbanistiche sia al momento della sua realizzazione sia al momento della richiesta di sanatoria, un requisito che non può essere soddisfatto tramite interventi correttivi postumi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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