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Condono edilizio: no a modifiche postume abusive

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una proprietaria che, per ottenere un condono edilizio, aveva parzialmente demolito il proprio immobile abusivo anni dopo la scadenza dei termini legali. La sentenza chiarisce che i requisiti per la sanatoria devono esistere alla data prevista dalla legge, e non possono essere creati ‘a posteriori’ per aggirare la normativa e bloccare un ordine di demolizione.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Condono Edilizio: Impossibile Sanare un Abuso con Modifiche Tardive

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di condono edilizio: i requisiti per ottenere la sanatoria devono esistere al momento della scadenza fissata dalla legge e non possono essere ‘creati’ in un secondo momento attraverso lavori di adeguamento. Questa decisione chiarisce che tentare di modificare un immobile abusivo anni dopo, per farlo rientrare nei limiti volumetrici previsti, costituisce un aggiramento della legge che non può fermare un ordine di demolizione già emesso.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria inizia con una sentenza di condanna del 1998, divenuta irrevocabile, per un abuso edilizio. La condanna includeva l’ordine di demolizione del manufatto. La proprietaria dell’immobile, anni dopo, ha avviato un incidente di esecuzione per chiedere la revoca o la sospensione di tale ordine, sostenendo di aver intrapreso un percorso per ottenere il condono edilizio.

Inizialmente, l’immobile superava il limite volumetrico di 750 metri cubi previsto dalla legge sul condono (L. 724/1994). Successivamente, tra il 2010 e il 2013, erano state realizzate ulteriori opere abusive. Solo nel 2023, la proprietaria ha eseguito lavori di parziale demolizione (preceduti da una CILA) per ridurre la volumetria e rientrare nei limiti, chiedendo poi al Comune di riaprire la pratica di condono.

La Corte di Appello di Napoli ha respinto l’istanza, e la proprietaria ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Disciplina del Condono Edilizio non Ammette ‘Correzioni’ Postume

Il cuore della questione ruota attorno a un punto cruciale: è possibile intervenire su un immobile abusivo, dopo la scadenza dei termini per il condono edilizio, per renderlo conforme ai requisiti di legge? La risposta della Cassazione è un netto no.

La legge sul condono (art. 39 della L. 724/1994) è chiara: la sanatoria è consentita solo per le opere ultimate che possedevano i requisiti richiesti entro la data del 31 dicembre 1993. Non è permesso intervenire successivamente per ‘sistemare’ l’abuso. Gli unici interventi ammessi dopo tale data sono quelli di rifinitura o quelli strettamente necessari a rendere funzionali gli edifici, ma non quelli che ne alterano la struttura o la volumetria per renderli sanabili.

L’Aggiramento della Legge

La Corte ha qualificato l’operato della ricorrente come un “indebito aggiramento della disciplina legale”. Permettere lavori di demolizione parziale per rientrare nei limiti, anni dopo la scadenza, significherebbe spostare arbitrariamente in avanti il termine finale previsto dalla legge, legittimando di fatto ulteriori interventi, seppure demolitori, sull’abuso originario.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, basando la sua decisione su argomenti solidi. In primo luogo, ha ribadito che i requisiti per accedere al condono edilizio devono essere cristallizzati alla data di scadenza prevista dalla normativa, ovvero il 31/12/1993. Nel caso specifico, non solo l’immobile è stato completato abusivamente dopo tale data, ma è stato ulteriormente ampliato, per poi essere parzialmente demolito nel 2023 nel tentativo di rientrare nei limiti.

Questo intervento tardivo, sebbene assistito da una CILA, è stato giudicato irrilevante. La CILA è un atto amministrativo che non ha il potere di incidere sull’esecuzione di un ordine di demolizione penale. La Corte ha sottolineato che ammettere tali lavori significherebbe consentire una modifica sostanziale del manufatto abusivo per renderlo sanabile, cosa che la legge non permette.

Inoltre, è stato respinto anche l’argomento basato sulla presunta violazione del principio di proporzionalità. Secondo i giudici, sia l’ordine di demolizione che la domanda di condono riguardano il medesimo bene. Il fatto che i lavori demolitori interessino solo una parte dell’immobile non cambia la sostanza: l’intero manufatto, a causa delle modifiche postume, non è suscettibile di condono.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito: il condono edilizio è una misura eccezionale con requisiti temporali e sostanziali rigidi. Non è possibile ‘aggiustare’ a posteriori un abuso edilizio per farlo rientrare nella sanatoria. Qualsiasi modifica strutturale o volumetrica effettuata dopo la scadenza dei termini è giuridicamente inefficace ai fini del condono e non può impedire l’esecuzione di un ordine di demolizione disposto da un giudice penale. La decisione del Comune di riaprire una pratica amministrativa non ha alcun effetto vincolante sull’autorità giudiziaria, che deve garantire il ripristino della legalità violata.

È possibile modificare un immobile abusivo dopo la scadenza dei termini per farlo rientrare in un condono edilizio?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che i requisiti per la sanatoria devono sussistere alla data prevista dalla legge (in questo caso 31/12/1993). Consentire modifiche successive, anche se demolitorie, per adeguare l’immobile ai limiti di legge costituirebbe un indebito aggiramento della disciplina legale.

La presentazione di una CILA al Comune per i lavori di parziale demolizione ha qualche effetto sull’ordine di demolizione del giudice?
No. Secondo la sentenza, il fatto che i lavori di demolizione parziale siano stati assistiti da una CILA è irrilevante nell’ottica dell’esecuzione penale. Un tale intervento non è consentito per rendere sanabile un immobile dopo la scadenza dei termini del condono.

Perché la Corte ha respinto l’argomento basato sul principio di proporzionalità?
La Corte ha ritenuto l’argomento non congruo perché l’ordine di demolizione e la domanda di condono riguardano lo stesso bene. Anche se le opere di demolizione interessano solo una parte dell’immobile, l’intero manufatto resta non suscettibile di condono a causa della sua ultimazione oltre i termini di legge e delle successive modifiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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