Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 11413 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 11413 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nata a Monte di Procida (Na) il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 7/11/2023 della Corte di appello di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso; lette le conclusioni del difensore della ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso, anche con memoria
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7/11/2023, la Corte di appello di Napoli rigettava l’incidente di esecuzione proposto da NOME COGNOME, teso ad ottenere la revoca o la sospensione dell’ordine di demolizione ingiunto in forza della sentenza di condanna emessa dalla stessa Corte il 24/2/1998, irrevocabile il 18/4/1998.
Propone ricorso per cassazione l’istante, deducendo i seguenti motivi:
violazione dell’art. 12 preleggi, 39, I. 23 dicembre 1994, n. 724. La Corte di appello avrebbe erroneamente applicato la disciplina in tema di condono, non considerando che: a) la domanda originariamente proposta al riguardo avrebbe interessato un immobile entrante nel limite volumetrico di 750 m 3 ; b) la rimozione delle opere – eseguita dalla ricorrente a distanza di anni – sarebbe stata preceduta dalla presentazione di una regolare CILA, non valutata dall’ordinanza; c) in forza di ciò, il Comune di Monte di Procida avrebbe riaperto l’istruttoria sulla domanda di condono, evidentemente compiendo una delibazione di ricevibilità della stessa. Ancora, la Corte si sarebbe concentrata su un profilo (la funzionalità dell’intervento rispetto all’immobile oggetto di condono) estraneo all’istanza, invero volta a sottolineare che la demolizione, concernendo un’area pertinenziale, non avrebbe modificato il manufatto abusivo, la cui struttura edilizia – peraltro con accesso autonomo – non avrebbe subito alcuna significativa alterazione; ebbene, l’assenza di un’indagine sul punto vizierebbe il provvedimento. Analogamente, questo dovrebbe essere annullato per violazione del principio di proporzionalità, affermato dalla giurisprudenza amministrativa e convenzionale;
violazione degli artt. 111 Cost., 125 cod. proc. pen. L’ordinanza non si sarebbe pronunciata sulla richiesta di sospendere l’incidente di esecuzione in attesa della definizione della procedura amministrativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta manifestamente infondato.
La Corte di appello – non contestata sul punto – ha innanzitutto ricostruito la vicenda nei suoi passaggi giudiziari ed amministrativi, così evidenziando che: a) successivamente alla pronuncia di condanna (1998) e alla notifica dell’ingiunzione a demolire (2013), la ricorrente COGNOME presentato un primo incidente di esecuzione volto ad ottenere la revoca dell’ordine di demolizione, ottenendo un provvedimento di diniego in ragione della volumetria dell’immobile, superiore al limite di 750 metri cubi, di cui alla I. n. 724 del 1994; b) di seguito, la stessa COGNOME depositato presso il Comune di Monte di Procida una CILA con oggetto la demolizione della parte eccedente la volumetria citata, oltre ad un’istanza di rideterminazione della domanda di condono; c) il 28/9/2023, il Comune COGNOME riaperto l’istruttoria della pratica.
Tanto premesso, la Corte di appello ha sottolineato che la ricorrente, nell’ottica dell’incidente di esecuzione, COGNOME realizzato lavori di mera demolizione di tramezzi interni e di parte delle tompagnature esterne, lasciando invariata la pavimentazione degli impianti e di una cucina in muratura; interventi, dunque, non strettamente necessari a rendere funzionale l’opera. Ebbene, tale
accertamento in fatto risulta determinante, in ragione della costa giurisprudenza di legittimità (tra le altre, Sez. 3, n. 43933 del 14/10/2 Medusa, non massimata) secondo cui il chiaro tenore dell’art. 39, I. 23 dicembre 1994, n. 724, consente la sanatoria delle sole opere ‘ultimate che possedesser alla data indicata del 31/12/1993, i requisiti da essa previsti, non ess ovviamente consentito intervenire successivamente sugli immobili abusivi per renderli conformi alla disciplina in parola. Le uniche possibilità di succes intervento sugli stessi, non incompatibili con la sanatoria, sono quelle prev dall’art. 35, comma 14, I. 28 febbraio 1985, n. 47 (che disciplina modesti lavori rifinitura delle opere abusive) e dall’art. 43, quinto comma, della stessa legge, consente le opere strettamente necessarie a rendere gli edifici funzionali qualor manufatti non siano stati completati per effetto di provvedimenti amministrativi giurisdizionali (per analoghi rilievi cfr., nella giurisprudenza amministrativa, C St., sent. n. 665 del 01/02/2018).
5.1. Ebbene, il Giudice dell’esecuzione – con argomento in fatto non censurabile – ha rilevato che nessuna di queste ipotesi ricorreva nel caso di spe ed il ricorso non contesta tale conclusione.
Di seguito, l’ordinanza ha negato rilievo al fatto che, al momento del presentazione della prima domanda di condono, l’immobile rientrasse nei limiti di cubatura sopra citati, in quanto – “come risulta dalla stessa perizia di prodotta dalla difesa” – subito dopo la presentazione della domanda la ricorren COGNOME realizzato ulteriori opere (chiusura di due lati liberi dell’immobile nel p seminterrato), così portando la volumetria complessiva ad una misura eccedente il limite di legge. In sintesi, dunque, la COGNOME COGNOME COGNOME l’immob abusivo in una data successiva a quella prevista dalla I. n. 724 del 1994, ossia periodo dal 2010 al 2013, per poi, nel 2023, eliminare queste opere per f rientrare l’immobile nella volumetria richiesta.
6.1. Un tale intervento, tuttavia, non è consentito nell’ottica del cond edilizio, e dunque non rileva che sia stato assistito da CILA, come invece afferm la ricorrente. Deve esser qui ribadito, infatti, che ammettere lavori – sia p demolizione – che modifichino il manufatto abusivo, alterandone significativamente la struttura e riducendone la volumetria, al fine di ren sanabile, dopo la scadenza del termine finale stabilito dalla legge pe condonabilità delle opere, ciò che certamente allora non lo sarebbe stat costituisce un indebito aggiramento della disciplina legale, poiché spos arbitrariamente in avanti nel tempo il termine finale previsto dalla legge ottenere il condono edilizio, addirittura legittimando ulteriori interventi abusi
6.2. Analogamente, non appare congruo il richiamo al principio di proporzionalità, in quanto l’ordine di demolizione e la domanda di condono
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riguardano il medesimo bene, ancorché le opere demolitorie lo interessino solo in parte.
Alla luce di queste considerazioni, l’ordinanza ha quindi concluso che l’immobile non è suscettibile di condono (per ultimazione oltre il 31/12/1993) così, implicitamente, respingendo l’istanza di sospensione dell’incidente esecuzione in attesa della definizione della procedura amministrativa, oggetto d secondo motivo di ricorso.
L’impugnazione, pertanto, deve essere dichiarata inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato c nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia propo il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonch quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
gliere estensore
Così deciso in Roma, il 29 febbraio 2024
Il Presidente