Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 6285 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6285 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CACCAMO il 04/11/1958
avverso la sentenza del 28/02/2024 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sentite le conclusioni del P.G., in persona del sostituto NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
sentito l’avv. NOME COGNOME del Foro di Roma, in difesa di NOME COGNOME il quale ha insistito nei motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza n. 11504 del 28 febbraio 2024 la Terza Sezione penale di questa Corte di legittimità ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del Tribunale di Termini Imerese, in funzione di giudice dell’esecuzione, del 2 novembre 2023, con la quale era stata rigettata la richiesta di revoca dell’ordine di demolizione disposto con sentenza n. 951/1993, divenuta irrevocabile il 3 gennaio 1994.
Il P.G. in persona del sostituto NOME COGNOME ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
All’udienza svoltasi in forma orale su tempestiva richiesta del difensore del Puma, il P.G. si è riportato alle conclusioni scritte. L’avv. NOME COGNOME in difesa del Puma ha insistito nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Appare necessario premettere che, con riferimento ai presupposti che legittimano il rimedio straordinario di cui all’art. 625 bis cod. proc. pen. quest Corte ha più volte precisato che l’errore di fatto verificatosi nel giudizio legittimità deve consistere in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di Cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni a giudizio stesso e connotato dalla influenza esercitata sul processo formativo della volontà, sicché senza di esso la decisione assunta sarebbe stata diversa (Sez. 5, n. 26271 del 26/05/2023, Rv. 284697 – 01 che richiama Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221280; Sez. 5 n. 19396 del 04/03/2021; Sez. 2, n. 53657 del 17/11/2016, Macrì, Rv. 268982).
E’ del pari noto che qualora la causa dell’errore non sia identificabile in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto bensì di giudizio e, come tale, escluso dal perimetro deducibile con il rimedio previsto dall’art. 625 bis cod. proc. pen. (Sez. U., n. 37505 del 14/07/2011, COGNOME, Rv. 250527 nonché Sez. 6, ordinanza n. 6 del 23/06/2022, Rv. 283667 – 01 secondo cui è inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto quando l’errore in cui si assume che la Corte sia incorsa abbia natura valutativa e si innesti su un sostrato fattuale correttamente percepito).
Dalla superiore premessa discende evidente la inammissibilità del ricorso proposto con il quale si lamenta che la Terza Sezione non avrebbe “percepito” che i lavori eseguiti dal Puma non erano strutturali, dato che la costruzione risultava ultimata alla data del 31 dicembre 1993, trattandosi solo di rifiniture volte ad armonizzare la costruzione con l’ambiente circostante, come era stato prescritto dalla Soprintendenza nel parere favorevole ma condizionato che era stato espresso. Secondo la difesa la sentenza afferma erroneamente il principio per cui
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la sanatoria è ammessa per le sole opere ultimate che possedessero alla data sopra indicata i requisiti previsti dalla norma, non essendo consentito intervenire successivamente sugli immobili abusivi per renderli conformi alla disciplina.
Nel caso in esame non viì alcun errore percettivo ma una valutazione ampiamente argomentata, sia pure non condivisa dal ricorrente, che si fonda sull’esame delle norme che erano state richiamate nel ricorso proposto avverso il provvedimento emesso dal giudice dell’esecuzione che aveva rigettato la richiesta di revoca del provvedimento di demolizione e che non può farsi rientrare nella sfera di ammissibilità del ricorso straordinario ex art. 625 bis cod. proc. pen.
La Terza Sezione penale di questa Corte, all’esito della disamina del provvedimento impugnato e degli argomenti spesi dalla difesa nel ricorso proposto al giudice dell’esecuzione, volto a rimuovere il provvedimento di demolizione emesso, ha desunto il principio in virtù del quale «ammettere lavori, di qualsivoglia tipo, che modifichino il manufatto abusivo, al fine di rendere sanabile, dopo la scadenza del termine finale stabilito dalla legge per la condonabilità delle opere, ciò che certamente in quel tempo non lo sarebbe stato, costituisce indebito aggiramento della disciplina legale, poiché sposta arbitrariamente in avanti nel tempo il termine finale previsto dalla legge per ottenere il condono edilizio, addirittura legittimando ulteriori interventi abusivi».
A scanso di equivoci, nel procedere alla disamina dell’art. 36 d.P.R. 380/2001 che fa riferimento al criterio della doppia conformità e dell’art. 39 della L. 724/1994 oggetto della procedura promossa ed eseguita dal Puma, la Terza Sezione ha precisato, altresì, che il principio sopra espresso «affermato nell’ambito del condono sul piano edilizio, con riferimento al caso di lavori volti a fare rientrare l’opera da condonare entro limiti volumetrici di cui alla legge (Sez. 3, n. 43933 del 14/10/2021 Rv. 282163 – 01), vale, più in generale, per ogni tipo di intervento che tenda a mutare lo stato dei luoghi alla data ultima del 31.12.1993, prevista per legge, al fine di fare rientrare nell’ambito dell’ammissibile ciò che ammissibile a quella data non appare ai fini del condono. Così che interventi di ogni tipo, sull’opera abusiva da condonare, ancorché imposti a fini paesaggistici con il nulla osta che dovrebbe completare la procedura di condono, incontrano comunque l’ostacolo per cui l’autorità deputata al relativo rilascio non può imporre alcuna modifica cui condizionare la propria autorizzazione. Dovendosi limitare, così come del resto richiesto anche all’ente comunale chiamato al rilascio del provvedimento formale di condono, a verificare la sussistenza, alla data ultima imposta per legge, dei requisiti che consentono il rilascio dell’atto di competenza. Ciò significa, per l’autorità preposta alla tutela del paesaggio, verificare la compatibilità con i vincolo paesaggistico dell’opera così come realizzata alla data ultima di condono.
Tanto si impone non solo alla luce della lettera della disciplina, come sopra
evidenziato, ma anche considerando la natura e quindi la ratio dell’istituto del condono».
In altri termini dalla lettura della motivazione posta dalla Terza Sezione si ricava che la questione posta con riferimento alla circostanza che le opere non fossero strutturali ma solo “estetiche”, lungi dal non essere stato. “percepita” è stata affrontata e diffusamente risolta ritenendo che il giudice dell’esecuzione, a prescindere dal richiamo all’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, aveva correttamente escluso l’efficacia del condono. E ciò, come si legge in motivazione, alla luce delle irrilevanza del rilascio sopravvenuto di un nulla osta paesaggistico condizionato che «opera tanto con riferimento alla c.d. sanatoria urbanistica ex art. 36 citato che con riferimento all’istituto del condono».
Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue per legge la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende che – avuto riguardo al dictum della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000 e ai coefficienti di colpa sottesi alle rilevate cause di inammissibilità del ricorso si reputa conforme a giustizia fissare in misura pari a euro tremila in favore della Cassa delle ammende. –
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 7 novembre 2024