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Condono edilizio: no a lavori per sanare l’abuso

La Corte di Cassazione ha stabilito l’inammissibilità di un ricorso contro un ordine di demolizione. Il ricorrente sosteneva di aver ottenuto un condono edilizio, ma la Corte ha chiarito che non è possibile sanare un’opera abusiva eseguendo modifiche dopo la data limite fissata dalla legge. Un nulla osta paesaggistico condizionato a tali lavori postumi è quindi inefficace ai fini del condono edilizio.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Condono Edilizio e Modifiche Postume: La Cassazione Mette un Punto Fermo

Il tema del condono edilizio rappresenta da sempre un argomento di grande interesse e complessità, al confine tra la necessità di sanare situazioni precarie e il dovere di tutelare il territorio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 11406/2024) ha fornito un chiarimento cruciale su un aspetto fondamentale: è possibile eseguire lavori dopo la scadenza dei termini per rendere un immobile condonabile? La risposta della Suprema Corte è stata un netto no, tracciando una linea invalicabile per chi spera in una sanatoria “a tappe”.

Il Caso: Una Demolizione e un Condono Condizionato

La vicenda trae origine da un ordine di demolizione emesso nel lontano 1993 e divenuto definitivo nel 1994. Il proprietario dell’immobile abusivo ha tentato di bloccarne l’esecuzione presentando un’istanza di revoca, sostenendo di aver ottenuto il condono edilizio ai sensi della L. 724/1994. A supporto della sua tesi, ha prodotto un nulla osta paesaggistico che, tuttavia, era stato rilasciato a condizione che venissero eseguite determinate opere di modifica sull’immobile. Il proprietario affermava di aver adempiuto a tali prescrizioni, come attestato da una successiva comunicazione formale nel 2019. Il tribunale dell’esecuzione, però, ha respinto la richiesta, spingendo il cittadino a presentare ricorso in Cassazione.

I Principi sul Condono Edilizio Ribaditi dalla Cassazione

Il ricorrente lamentava principalmente due vizi. In primo luogo, una violazione di legge, poiché il giudice dell’esecuzione aveva erroneamente citato l’art. 36 del DPR 380/01 (relativo alla “sanatoria” ordinaria) anziché la normativa specifica sul condono. In secondo luogo, un vizio di motivazione, dato che il giudice non avrebbe adeguatamente valutato la documentazione che provava l’avvenuta realizzazione delle opere prescritte dall’autorità paesaggistica.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione, pur riconoscendo l’errato riferimento normativo del giudice precedente come un errore formale emendabile, ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile. Il cuore della decisione si basa su un principio giuridico fondamentale e non derogabile: la fotografia dell’immobile ai fini del condono edilizio è quella scattata alla data ultima prevista dalla legge (in questo caso, il 31 dicembre 1993).

La legge sul condono, spiega la Corte, consente di sanare esclusivamente le opere abusive che, a quella data, possedevano già tutti i requisiti richiesti. Non è ammesso alcun intervento successivo per modificare il manufatto e renderlo conforme alla disciplina. Ammettere la possibilità di eseguire lavori postumi, anche se prescritti da un’autorità, equivarrebbe a spostare arbitrariamente in avanti il termine finale fissato dal legislatore, legittimando di fatto ulteriori interventi abusivi finalizzati a ottenere la sanatoria.

Di conseguenza, un nulla osta paesaggistico che subordina la sua validità all’esecuzione di future modifiche è giuridicamente irrilevante ai fini del condono. L’autorità preposta alla tutela del paesaggio, così come il Comune, ha il solo compito di verificare la compatibilità dell’opera così come realizzata entro il termine di legge. Non può imporre modifiche per condizionarne l’autorizzazione. Qualsiasi intervento che alteri lo stato dei luoghi esistente alla data di scadenza del condono rappresenta un ostacolo insormontabile al completamento della procedura.

Conclusioni

La sentenza riafferma con forza un principio cardine in materia di abusi edilizi: il condono è una misura eccezionale che cristallizza una situazione di fatto a una data precisa. Non può essere interpretato come un percorso “aperto” in cui l’abuso viene progressivamente adeguato alle norme. Chi ha realizzato un’opera non conforme entro i termini non può sperare di renderla sanabile con interventi successivi. La decisione della Cassazione serve da monito, chiarendo che la procedura di condono edilizio non ammette “seconde opportunità” basate su modifiche postume, e che l’ordine di demolizione, in questi casi, resta pienamente valido ed efficace.

È possibile ottenere un condono edilizio realizzando lavori per rendere l’immobile conforme dopo la scadenza prevista dalla legge?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la sanatoria è applicabile solo alle opere che possedevano tutti i requisiti necessari alla data ultima fissata dalla legge sul condono (in questo caso, il 31 dicembre 1993). Non sono ammessi interventi successivi per modificare l’immobile al fine di renderlo condonabile.

Un nulla osta paesaggistico “condizionato” a future modifiche è valido ai fini del condono edilizio?
No. Secondo la sentenza, un nulla osta paesaggistico che impone l’esecuzione di lavori per adeguare l’immobile è inefficace. L’autorità deve limitarsi a verificare la compatibilità dell’opera così come esisteva alla data di scadenza del condono, senza poter imporre modifiche.

Cosa succede se il giudice dell’esecuzione cita una norma sbagliata nella sua decisione?
Se la decisione finale è comunque giuridicamente corretta nel suo esito, l’errore nel citare una norma può essere considerato un vizio formale che non invalida la pronuncia. La Corte di Cassazione può correggere la motivazione senza annullare la decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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