Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 11406 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 11406 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a Caccamo; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la ordinanza del 02/11/2023 del tribunale di Termini Imerese; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta del AVV_NOTAIO che ha chiesto l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza indicata in epigrafe, il tribunale di Termini Imerese, adito nell’interesse di NOME NOME per la revoca dell’ordine di demolizione disposto con sentenza n. 951/1993 e divenuta irrevocabile il 3.1.1994, rigettava l’istanza.
GLYPH Avverso la predetta sentenza NOME NOME, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per RAGIONE_SOCIALEzione deducendo due motivi di impugnazione.
3.Rappresenta, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge, evidenziandosi l’intervenuto condono, rilasciato con nulla osta paesaggistico condizionato a prescrizioni che sarebbero state realizzate, come da Scia del 4 marzo 2019. Non sarebbe stato conferente, sul punto della analisi della regolarità dell’intervenuto condono ex L. 724/1994, il riferimento, da parte del giudice dell’esecuzione, all’art. 36 del DPR 380/01, afferente ad altra distinta fattispecie.
In particolare, nella procedura di condono il nulla osta paesaggistico potrebbe essere condizionato, come avvenuto, in quanto il predetto istituto ex art. 39 della L. 724/94 non prevede che l’opera abusiva sia conforme agli strumenti urbanistici come invece richiesto dalla sanatoria ex art. 36 del DPR 380/01.
Si aggiunge che il giudice non avrebbe tenuto conto degli atti amministrativi intervenuti e risultanti incompatibili con l’ordine di esecuzione emesso.
4.Con il secondo motivo, deduce vizi di mancanza e contraddittorietà della motivazione, avendo il giudice richiamato, a sostegno della sua decisione, una norma, quale l’art. 36 cit., non conferente con il caso di specie. Avrebbe anche omesso di valutare la portata probatoria della documentazione allegata e avrebbe dovuto chiedere alle pubbliche amministrazioni competenti se fosse stato rimosso l’abuso non oggetto di condono e se fossero state realizzate le prescrizioni stabilite dalla Soprintendenza. La decisione, quindi, si sarebbe basata su di una situazione non conforme con l’attuale stato dei luoghi, siccome mutato anche rispetto a precedenti decisioni giudiziarie anche di legittimità: con riferimento, in particolare, alla avvenuta eliminazione di una tettoia abusiva non oggetto di condono e all’avvenuta attuazione RAGIONE_SOCIALE prescrizioni imposte dalla Soprintendenza.
5.11 ricorso, i cui due motivi devono essere congiuntamente considerati siccome omogenei, laddove esaminano la rilevanza della citazione dell’istituto della sanatoria ex art. 36 DPR 380/01 da parte del giudice, e della rilevanza RAGIONE_SOCIALE prescrizioni disposte dalla Soprintendenza con il rilasciato nulla osta paesaggistico, è manifestamente infondato.
E’ corretto il rilievo difensivo per cui il giudice ha citato erroneamente l’art. 36 del DPR 380/01, che non attiene al condono di cui si discute, a sostegno del rigetto della istanza di revoca della demolizione. Tuttavia, è comunque corretta la ragione giuridica valorizzata dal giudice a supporto della esclusione della efficacia del condono, atteso che l’irrilevanza del rilascio sopravvenuto di un nulla osta paesaggistico condizionato opera tanto con riferimento alla cd. “sanatoria” urbanistica ex art. 36 citato, che con riferimento all’istituto del condono. E tale principio quindi, nella misura in cui trova spazio anche nell’ambito della decisione qui contestata, non pregiudica la regolarità della stessa solo perché accomunato, nel caso concreto, ad un istituto che non trova specifica applicazione. Ciò perché viene in rilievo una questione di portata eminentemente giuridica, rispetto alla quale questa Suprema Corte ha più volte evidenziato che le argomentazioni giuridiche RAGIONE_SOCIALE parti o sono fondate – circostanza non ricorrente nel caso in parola – e allora il fatto che il giudice le abbia disattese (motivatamente o meno) dà luogo al motivo di censura costituito dalla violazione di legge, o sono infondate, come si illustrerà di seguito, e allora, che il giudice le abbia disattese non può dar luogo
ad alcun vizio di legittimità della pronuncia giudiziale, avuto anche riguardo al disposto di cui all’art. 619 comma 1 cod. proc. pen. che consente di correggere, ove necessario, la motivazione, quando la decisione in diritto sia comunque corretta (cfr. in tal senso Sez. 1, n. 49237 del 22/09/2016 Rv. 271451 – 01 NOME).
Passando alla spiegazione RAGIONE_SOCIALE ragioni della inammissibilità, rispetto alla procedura di condono, del nulla osta paesaggistico condizionato alla esecuzione di prescrizioni, occorre premettere che l’art. 39 della L. 23 dicembre 1994, n. 724, per quanto qui interessa, prevede l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE disposizioni in materia di condono edilizio dettate dalla L.. 28 febbraio 1985, n. 47 e ss.mm.ii. «alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria, ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale o assentita, un ampliamento superiore a 750 metri cubi».
Il chiarissimo tenore della disposizione citata consente la sanatoria RAGIONE_SOCIALE sole opere ultimate che possedessero, alla data indicata del 31 dicembre 1993, i requisiti da essa previsti, non essendo ovviamente consentito intervenire successivamente sugli immobili abusivi, per renderli conformi alla disciplina in parola. Le uniche possibilità di successivo intervento sugli stessi, non incompatibili con il condono, sono quelle previste dall’art. 35, comma 14, L. n. 47 del 1985 (che disciplina modesti lavori di rifinitura RAGIONE_SOCIALE opere abusive) e dall’art. 43, quinto comma, della stessa legge, che consente le opere strettamente necessarie a rendere gli edifici funzionali qualora i manufatti non siano stati completati per effetto di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali (per analoghi rilievi cfr., nella giurisprudenza amministrativa, Cons. St., sent. n. 665 del 01/02/2018).
Ammettere lavori, di qualsivoglia tipo, che modifichino il manufatto abusivo, al fine di rendere sanabile, dopo la scadenza del termine finale stabilito dalla legge per la condonabilità RAGIONE_SOCIALE opere, ciò che certamente in quel tempo non lo sarebbe stato, costituisce indebito aggiramento della disciplina legale, poiché sposta arbitrariamente in avanti nel tempo il termine finale previsto dalla legge per ottenere il condono edilizio, addirittura legittimando ulteriori interventi abusivi.
Si tratta di un principio che, affermato nell’ambito del condono sul piano edilizio, con riferimento al caso di lavori volti a fare rientrare l’opera da condonare entro limiti volumetrici di cui alla legge (Sez. 3, n. 43933 del 14/10/2021 Rv. 282163 01), vale, più in generale, per ogni tipo di intervento che tenda a mutare lo stato dei luoghi alla data ultima del 31.12.1993, prevista per legge, al fine di fare rientrare nell’ambito dell’ammissibile ciò che ammissibile a quella data non appare ai fini del condono. Così che interventi di ogni tipo, sull’opera abusiva da condonare, ancorchè imposti a fini paesaggistici con il nulla osta che dovrebbe completare la procedura di condono, incontrano comunque l’ostacolo per cui
l’autorità deputata al relativo rilascio non può imporre alcuna modifica cui condizionare la propria autorizzazione. Dovendosi limitare, così come del resto richiesto anche all’ente comunale chiamato al rilascio del provvedimento formale di condono, a verificare la sussistenza, alla data ultima imposta per legge, dei requisiti che consentono il rilascio dell’atto di competenza. Ciò che significa, per l’autorità preposta alla tutela del paesaggio, verificare la compatibilità con il vincolo paesaggistico dell’opera così come realizzata alla data ultima di condono. Tanto si impone non solo alla luce della lettera della disciplina, come sopra evidenziato, ma anche considerando la natura e quindi la ratio dell’istituto del condono.
Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Così deciso, il 28.02.2024.