Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 28350 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 28350 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
Presidente –
Sent. n. sez. 784/2025
Relatore –
CC – 15/05/2025
R.G.N. 3961/2025
sul ricorso proposto da:
Incarnato NOME nata a NAPOLI il 07/04/1953
avverso l’ordinanza del 18/12/2024 del TRIBUNALE di Napoli
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le richieste conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per la inammissibilitˆ del ricorso.
1.NOME COGNOME ricorre per lÕannullamento dellÕordinanza del 18 dicembre 2024 del Tribunale di Napoli che ha rigettato la richiesta di revoca del provvedimento del 25/11/2015 del Pubblico Ministero che, dando esecuzione allÕordine impartito con sentenza di condanna del 28 gennaio 1997 della Corte di appello di Napoli (irr. il 29/03/1997), le ha ingiunto la demolizione del manufatto da lei abusivamente realizzato.
1.1.Con unico motivo deduce la violazione di legge in relazione al mancato annullamento, in autotutela, dei due provvedimenti di condono rilasciati nel 2008 e nel 2011, autoannullamento solo preannunciato dal Comune di Napoli (lÕordinanza ne dˆ atto) ma mai posto in essere e comunque non attuabile.
2.Il ricorso è inammissibile perchŽ manifestamente infondato.
3.Con sentenza n. 26 del 12 gennaio 1996 il Pretore di Napoli, Sezione distaccata di Barra, aveva condannato lÕodierna ricorrente alla pena un anno di reclusione e 900.000 lire di multa per avere, tra lÕaltro, realizzato, in assenza di concessione edilizia, un manufatto in cemento armato composto da piano terra e primo piano, esteso circa 144 metri quadrati per piano, costruito in zona sismica senza il preventivo deposito del progetto presso lÕUfficio del competente Genio civile, in assenza, altres’, di progetto esecutivo e senza la direzione di un tecnico competente. La sentenza dˆ conto delle violazioni dei sigilli apposti allÕopera in costruzione (più volte sequestrata), completata e rifinita nel mese di giugno 1991, e della quale era stata ordinata la demolizione ove non altrimenti giˆ eseguita.
3.1.La Corte di appello di Napoli, con sentenza pronunciata il 28 gennaio 1997 (irr. il 29 marzo 1997), aveva diminuito la pena confermando nel resto la condanna e lÕordine di demolizione.
3.2.Con provvedimento del 25 novembre 2015, notificato alla ricorrente il 15 marzo 2024, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli aveva ingiunto la demolizione delle opere in esecuzione dellÕordine contenuto nella sentenza di condanna.
3.3.Nel rigettare la richiesta di revoca dellÕingiunzione, il Tribunale di Napoli ha osservato che:
3.4.con provvedimenti n. 27272 del 26 gennaio 2011 e n. 13360 del 31 ottobre 2008 il Comune di Napoli aveva condonato i due piani dellÕimmobile in questione in favore, rispettivamente, del figlio e del marito della ricorrente;
3.5.con nota del 12 agosto 2024 il Responsabile del Settore Condono Edilizio del Comune di Napoli aveva preannunciato lÕannullamento in autotutela dei due provvedimenti di condono sul rilievo che le due istanze, sebbene apparentemente riferite a due diverse unitˆ immobiliari, si riferivano in realtˆ ad un unico fabbricato facente capo all’unica proprietaria, odierna ricorrente, la cui volumetria complessiva supera il limite volumetrico di 750 m ³ stabilito dalla legge n. 724 del 1994, essendo pari a 1039 m ³ ;
3.6.lo stesso Comune aveva altres’ rappresentato, con la medesima nota, che, a seguito di sopralluogo del 15 marzo 2024, la Polizia Municipale aveva accertato la abusiva realizzazione, in aderenza al fabbricato da demolire, di un ulteriore manufatto esteso 9 m ² ;
3.7.la violazione dei limiti volumetrici stabiliti dalla legge n. 724 del 1994 osta alla condonabilitˆ dellÕopera e questo – annota il Tribunale – a prescindere dalle determinazioni che il Comune avrebbe adottato.
3.8.La ricorrente se ne duole sostenendo che lÕannullamento dÕufficio del provvedimento amministrativo non pu˜ essere deciso una volta decorsi dodici mesi dalla adozione dellÕatto, termine che pu˜ essere prorogato nei soli casi, qui non ricorrenti, previsti dallÕart. 21legge n. 241 del 1990. Dunque, i provvedimenti di condono non possono più essere annullati dÕufficio da parte del Comune di Napoli con conseguente consolidamento degli effetti del condono e della piena legittimitˆ degli immobili, anche sotto il profilo delle loro dimensioni, profilo (e legittimitˆ) non più contestabili nemmeno in sede giurisdizionale; gli annullamenti, peraltro, sono stati solo preannunciati ma mai formalizzati con appositi provvedimenti, ci˜ che costituiva (e costituisce) ulteriore ostacolo al rigetto della domanda. Inoltre, prosegue, lÕart. 39 legge n. 724 del 1994 ˆncora il dato volumetrico del singolo immobile (750 m ³ ) alla singola richiesta del provvedimento in sanatoria e non allÕidentitˆ del soggetto che presenta la domanda. LÕinteresse al godimento dellÕimmobile è distinto da quello del proprietario del bene, come peraltro affermato anche dal Giudice delle leggi con la sentenza n. 302 del 1996. Nè la successiva realizzazione di un ulteriore manufatto in aderenza a quello da demolire legittima di per sŽ la revoca del precedente provvedimento di condono.
4.Il motivo è manifestamente infondato.
4.1.Il Tribunale di Napoli ha fatto buon governo dellÕinsegnamento costante della Corte di cassazione secondo il quale, ai fini della individuazione dei limiti stabiliti per la concedibilitˆ della sanatoria, ogni edificio va inteso quale complesso unitario che faccia capo ad unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che le eventuali singole istanze presentate in relazione alle separate unitˆ che compongono tale edificio devono riferirsi ad una unica concessione in sanatoria, onde evitare la elusione del limite di settecentocinquanta metri cubi attraverso la considerazione di ciascuna parte in luogo dell’intero complesso (Sez. 3, n. 44596 del 20/05/2016, COGNOME, Rv. 269280 – 01; Sez. 3, n. 12353 del 02/10/2014, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259292 – 01; Sez. 3, n. 20161 del 19/05/2005, COGNOME, Rv. 231643 – 01; Sez. 3, n. 8584 del 26/04/1999, COGNOME, Rv. 214280 – 01; si veda, altres’, Sez. 4, n. 10017 del 03/03/2021, PG, Rv. 280700 – 01, secondo cui, in tema di condono edilizio disciplinato dalla legge 24 novembre 1994, n. 724, nel caso di unico immobile, rispetto al quale non sia stata effettuata alcuna divisione nŽ siano stati costituiti diritti di proprietˆ o di godimento su singole porzioni, non sono legittimati a presentare distinte istanze di sanatoria coloro che abbiano la mera disponibilitˆ di
fatto di specifiche porzioni del bene, configurando ci˜ un artificioso frazionamento della domanda volto ad eludere il limite legale di volumetria dell’opera per la concedibilitˆ della sanatoria).
4.2.Nel caso di specie, oggetto materiale della condotta (e dellÕordine di demolizione impartito dal Giudice) è un immobile unico, di proprietˆ della odierna ricorrente e non delle persone che avevano presentato separate istanze di condono.
4.3.Legittimato a chiedere il permesso in sanatoria ai sensi degli artt. 39, legge n. 724 del 1994, e 31, commi primo e terzo, legge n. 47 del 1985, è il proprietario nonchŽ Çogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoriaÈ. In particolare, lÕart. 31, commi primo e terzo, legge n. 47 del 1985 attribuisce la legittimazione a presentare domanda di sanatoria al proprietario, a coloro che ai sensi dellÕodierno art. 11 d.P.R. n. 380 del 2001 hanno titolo per chiedere il permesso di costruire e a ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria.
4.4.Tale interesse deve essere giuridicamente qualificato e non di fatto (Sez. 3, n. 10017 del 2021, cit.).
4.5.Si è cos’ ritenuto legittimato a presentare domanda di condono lÕautore dellÕabuso (Cons. St., Sez. 6, n. 3587 del 07/04/2023; Cons. St., Sez. VI, n. 7061 del 16/11/2020), il promissario acquirente dellÕimmobile in virtù di un contratto preliminare stipulato con il proprietario autore dellÕabuso (Cons. St., Sez. IV, n. 6545 del 27/10/2009, in fattispecie in cui, in virtù del contratto preliminare, il richiedente era stato immesso nel possesso dellÕimmobile da anni), ma non chi non ha alcuna relazione qualificata con il bene stesso.
4.6.La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il permesso di costruire pu˜ essere rilasciato non solo al proprietario dell’immobile, ma a chiunque abbia titolo per richiederlo (cos’ come previsto dall’art. 11, co. 1, D.P.R. n. 380/2001), e che tale ultima espressione va intesa nel senso più ampio di una legittima disponibilitˆ dell’area, in base ad una relazione qualificata con il bene, sia essa di natura reale, o anche solo obbligatoria, purchŽ, in questo caso, con il consenso del proprietario. Il Comune, pertanto, prima di rilasciare il titolo, ha l’onere di verificare la legittimazione del richiedente, accertando che questi sia il proprietario dell’immobile oggetto dell’intervento costruttivo o che, comunque, ne abbia un titolo di disponibilitˆ sufficiente per eseguire l’attivitˆ edificatoria (Cons. St., Sez. II, n. 7523 dellÕ11/09/2024; Cons. St., Sez. IV, n. 1827 del 15/03/2022; Cons. St., Sez. VI, n. 3048 del 22/05/2018; nel senso della necessitˆ di una relazione qualificata con il bene si è espressa anche Sez. U, civ., n. 23317 del 04/11/2009, Rv. 609701 – 01).
4.7.La Corte costituzionale ha affermato che Ça previsione massima di cubatura di “750 metri cubi” è un limite assoluto ed inderogabile, che si aggiunge
come norma di chiusura al limite di ampliamento che deve essere contenuto nel trenta per cento della volumetria originaria, ad evitare che fabbricati, inizialmente, di cubatura considerevole possano ampliarsi in modo ulteriormente notevoleÈ. Spiega il Giudice delle leggi che Çper le nuove costruzioni è prevista la possibilitˆ (derogatoria e, come tale, di stretta interpretazione) di calcolare la volumetria per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria, cioè presupponendo ipotesi di legittima ed ammissibile scissione della domanda di sanatoria per effetto della suddivisione della costruzione o limitazione quantitativa del titolo che abilita la presentazione della domanda di sanatoria. I casi possono essere molteplici: proprietˆ di parte della costruzione a seguito di alienazione o di singole opere da sanare (art. 31, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47) o titolaritˆ di diritto di usufrutto o di abitazione (ad es. limitata a singola porzione di immobile), titolaritˆ di diritto personale di godimento, quando la legge o il contratto abiliti a fare le opere (art. 31, terzo comma, della legge n. 47 del 1985, in relazione all’art. 4 della legge 28 gennaio 1977, n. 10) o ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria (art. 31, terzo comma, della legge n. 47 del 1985), come l’istituto di credito mutuario, con ipoteca su singola porzione di immobile, il locatario o altri aventi titolo a godere della porzione di immobile. Ciascuno dei soggetti, come sopra specificati, pu˜ presentare la domanda di sanatoria per le porzioni di immobile per le quali è legittimato, ed è questa l’unica possibilitˆ, cui logicamente pu˜ riferirsi la deroga, in quanto la concessione edilizia deve essere necessariamente unica per tutte le opere riguardanti un edificio o un complesso unitario, quando si riferisce a nuova costruzione, e solo eccezionalmente pu˜ operarsi una scissione quando esiste una norma che legittima in maniera differenziata soggetti diversi dal costruttore. Di conseguenza uno stesso soggetto legittimato non pu˜ utilizzare separate domande di sanatoria per aggirare il limite di volumetria previsto dall’art. 39, primo comma, della legge n. 724 del 1994, dovendosi, in tal caso, necessariamente unificare le richieste quando si tratti della medesima nuova costruzione da considerarsi in senso unitario. Potranno, invece, (ed è questa la previsione mirata dal legislatore) aversi una serie di istanze quanti sono i proprietari o i soggetti aventi titolo al momento della domanda, relative per ciascun richiedente alle porzioni di appartenenza anche se comprese in una unica costruzione unitaria: la volumetria dovrˆ essere calcolata rispetto a ciascuna separata domanda di sanatoria, riunificando, tuttavia, le porzioni dello stesso titolareÈ (Corte cost., sent. n. 302 del 1996, nota anche dalla ricorrente che pur la cita a sostegno delle proprie ragioni).
4.8.EÕ stato precisato che, in sede di procedimento per rilascio di titolo edilizio in sanatoria, deve formare oggetto di valutazione, da parte del Comune, la sussistenza di tutti i presupposti cui la legge condiziona il suddetto rilascio e, fra essi, anche la circostanza che l’istanza di sanatoria provenga da un soggetto
qualificabile come proprietario dell’edificio oggetto degli interventi della cui sanatoria giuridica si tratti e che abbia l’intera proprietˆ del bene, e non solo una parte o quota di esso. Non pu˜ invece riconoscersi la legittimazione al semplice proprietario pro-quota ovvero al comproprietario di un immobile, atteso che il contegno tenuto da quest’ultimo potrebbe pregiudicare i diritti e gli interessi qualificati dei soggetti con cui condivida la propria posizione giuridica sul bene oggetto di provvedimento; di conseguenza, in caso di pluralitˆ di proprietari del medesimo immobile, la domanda di rilascio di titolo edilizio, sia esso o non titolo in sanatoria di interventi giˆ realizzati, deve necessariamente provenire congiuntamente da tutti i soggetti con un diritto di proprietˆ sull’immobile, potendosi ritenere legittimato alla presentazione della domanda il singolo comproprietario solo ed esclusivamente nel caso in cui la situazione di fatto esistente sul bene consenta di supporre l’esistenza di una sorta di cd. pactum fiduciae intercorrente tra i vari comproprietari (Cons. St., Sez. 2, n. 1766 del 12/03/2020; Cons. St., Sez. 6, n. 1563 del 16/02/2024).
4.9.Hanno inoltre titolo a richiedere il permesso di costruire in sanatoria tutti coloro che dimostrino di trovarsi con il bene in una relazione qualificata, non necessariamente connessa ad un diritto reale ma derivante anche da rapporto giuridico ad effetti obbligatori. Secondo un’elencazione indicativa e non esaustiva, possono richiedere il rilascio del titolo, oltre al proprietario, i soggetti titolari rispetto al bene di rapporti di natura reale o meramente obbligatoria: l’usufruttuario; il titolare di un diritto di comodato; il titolare di un contratto di leasing (Cons. St., Sez. 6 n. 1563 del 2024, cit.; Cons. St., Sez. 6, n. 527 del 16/01/2024; Cons. St., Sez. IV, n. 4287 del 30/07/2012).
4.10.Nel caso di specie, le istanze di rilascio di permesso in sanatoria sono state presentate (e i relativi condoni ottenuti) da persone (il marito e il figlio della ricorrente) che non risultano avere alcun rapporto qualificato con lÕimmobile, occupato in assenza di un diritto reale o anche solo obbligatorio. TantÕè che il ricorso è stato presentato dalla Incarnato che nulla deduce sulle ragioni per le quali il condono è stato chiesto e ottenuto da persone diverse da lei.
4.11.Non viene in rilievo nemmeno il diritto di uso (art. 1021 cod. civ.) o il diritto di abitazione (art. 1022 cod. civ.) che devono oltretutto essere attribuiti con contratto avente necessariamente forma scritta, richiesta dallÕart.
1350 n. 4 cod. civ., nŽ un diritto di locazione, nessuno di questi nemmeno dedotti.
4.12.Nessuno dei soggetti che avevano chiesto e ottenuto il condono era proprietario della porzione di immobile oggetto di domanda (nŽ aveva con esso una relazione qualificata) sicchŽ essi non erano legittimati a presentare distinte domande per la sanatoria di distinte porzioni del fabbricato, tantÕè che lo stesso Pretore aveva dato atto che lÕimmobile abusivamente realizzato era stato adibito dallÕodierna ricorrente a propria abitazione (questa la ragione della attenuazione
della pena in appello). E non è di secondario rilievo, quale elemento rivelatore della loro finalitˆ elusiva, che le due istanze di condono erano state separatamente presentate nel 1995 da persone diverse dallÕimputata in costanza di processo penale pendente nei confronti di questÕultima e senza che nulla fosse stato rappresentato ai Giudici di merito.
4.13.Non è affatto pertinente, per le ragioni ampiamente illustrate, il richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 302 del 1996 della quale la ricorrente non coglie affatto la effettiva .
5.La ricorrente deduce, altres’, il consolidamento dei provvedimenti di condono che, sostiene, non sono più annullabili in sede amministrativa.
5.1.Tale ragionamento si muove sul piano del diritto amministrativo ma neglige il potere-dovere del giudice dellÕesecuzione (e più in generale del giudice penale) di verificare la legittimitˆ e l’efficacia del titolo abilitativo, sotto il profilo del rispetto dei presupposti e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio, la corrispondenza di quanto autorizzato alle opere destinate alla demolizione e, qualora trovino applicazione disposizioni introdotte da leggi regionali, la conformitˆ delle stesse ai principi generali fissati dalla legislazione nazionale (Sez. 3, n. 55028 del 09/11/2018, Rv. 274135 – 01; Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, COGNOME, Rv. 260972 – 01; Sez. 3, n. 42164 del 09/07/2013, COGNOME, Rv. 256679 – 01; Sez. 3, n. 25485 del 17/03/2009, Consolo, Rv. 243905 – 01; Sez. 3, n. 9963 del 22/09/1997, COGNOME, Rv. 209243 – 01).
5.2.Si tratta di potere che il giudice penale esercita autonomamente nellÕambito delle proprie prerogative giurisdizionali che si sottraggono alle norme che disciplinano, sul piano strettamente amministrativo, lÕadozione dei provvedimenti amministrativi, la loro revoca e il loro annullamento in autotutela. Il giudice penale non annulla alcunchŽ ma esercita un controllo sulla legalitˆ dellÕazione amministrativa onde verificare la sussistenza o meno delle condizioni che legittimano la paralisi della esecuzione delle sentenze penali (non dei provvedimenti amministrativi).
5.3.Quanto, infine, alle ulteriori opere realizzate successivamente ed accertate allÕesito di sopralluogo effettuato nel mese di marzo 2024, la questione non è se la loro realizzazione legittimi o meno la revoca del condono, quanto il fatto che, trattandosi di opere che accedono ad un immobile abusivo, ne ripetono la natura e devono essere demolite anchÕesse.
5.4.Ed invero, lÕordine di demolizione del manufatto abusivo, previsto dall’art. 31, comma nono, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, riguarda l’edificio nel suo complesso, comprensivo di eventuali aggiunte o modifiche successive all’esercizio dell’azione penale e/o alla condanna, atteso che l’obbligo di demolizione si
configura come un dovere di “restitutio in integrum” dello stato dei luoghi e, come tale, non pu˜ non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari nonchŽ le superfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo dell’originaria costruzione (Sez. 3, n. 6049 del 27/09/2016, dep, 2017, COGNOME, Rv. 268831 – 01; Sez. 3, n. 38947 del 09/07/2013, Amore, Rv. 256431 – 01; Sez. 3, n.21797 del 27/04/2011, COGNOME, Rv. 250389 – 01; Sez. 3, n. 2872 dellÕ11/12/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 242163 – 01; Sez. 3, n. 10248 del 18/01/2001, COGNOME, Rv. 218961 – 01; Sez. 3, n. 33648 del 08/07/2022, n.m.; Sez. 3, n. 41180 del 20/10/2021, n.m.; Sez. 3, n. 30298 del 02/07/2021, n.m.; Sez. 3, n. 19112 del 10/06/2020, n.m.).
6.Alla declaratoria di inammissibilitˆ del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., essendo essa ascrivibile a colpa della ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonchŽ del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente nella misura di 3.000,00. Il Collegio intende in tal modo esercitare la facoltˆ, introdotta dallÕart. 1, comma 64, legge n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista dallÕart. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilitˆ del ricorso considerate le ragioni della inammissibilitˆ stessa come sopra indicate.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Cos’ deciso in Roma, il 15/05/2025.
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME