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Condono Edilizio: Limiti e Frazionamento Abusivo

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di demolizione, stabilendo che il frazionamento artificioso di un unico immobile in più domande di condono edilizio per aggirare i limiti volumetrici è illegittimo. I permessi di condono, ottenuti da soggetti non proprietari e senza titolo, sono stati ritenuti inefficaci dal giudice penale, il quale ha confermato l’ordine di demolizione per l’edificio abusivo che superava ampiamente la cubatura massima consentita.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Condono Edilizio: Frazionamento Abusivo e Limiti di Legge

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito principi fondamentali in materia di condono edilizio, chiarendo i limiti invalicabili per la sua concessione e l’inefficacia di espedienti volti ad aggirare la normativa. La decisione analizza il caso di un immobile abusivo per il quale erano stati ottenuti due distinti provvedimenti di sanatoria, poi risultati illegittimi. Questa pronuncia offre spunti cruciali sul potere del giudice penale di valutare la validità dei titoli abilitativi e sull’impossibilità di sanare abusi edilizi che superano i limiti volumetrici imposti dalla legge.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condanna per abuso edilizio, divenuta definitiva nel 1997, che includeva un ordine di demolizione per un manufatto di due piani realizzato senza concessione edilizia. Anni dopo, nel 2015, il Pubblico Ministero emetteva un’ingiunzione di demolizione in esecuzione della sentenza. La proprietaria dell’immobile si opponeva, chiedendo la revoca dell’ordine sulla base di due provvedimenti di condono edilizio rilasciati dal Comune nel 2008 e nel 2011.

Tuttavia, emergevano due criticità fondamentali:
1. Le domande di condono non erano state presentate dalla proprietaria, ma da suoi familiari (il marito e il figlio), uno per ciascun piano dell’edificio.
2. La volumetria complessiva dell’immobile (1039 m³) superava il limite massimo di 750 m³ stabilito dalla legge per poter accedere alla sanatoria.

Il Tribunale rigettava la richiesta di revoca, e la proprietaria ricorreva in Cassazione, sostenendo la validità dei condoni e l’impossibilità per il Comune di annullarli d’ufficio dopo tanto tempo.

Condono Edilizio e Legittimazione alla Richiesta

La Corte di Cassazione ha smontato la tesi difensiva partendo da un presupposto essenziale: la legittimazione a presentare la domanda di sanatoria. La legge stabilisce che la richiesta può essere avanzata dal proprietario o da “ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria”. Questo interesse, però, non può essere generico o di mero fatto, ma deve fondarsi su una relazione giuridicamente qualificata con il bene.

Nel caso specifico, i richiedenti (marito e figlio della proprietaria) non avevano alcun titolo giuridico sull’immobile (proprietà, usufrutto, locazione, ecc.) che li autorizzasse a presentare domande separate. Questa strategia è stata interpretata come un tentativo elusivo di aggirare la legge.

Il Frazionamento Artificioso e il Limite Volumetrico del Condono Edilizio

Il punto centrale della decisione riguarda il limite volumetrico di 750 m³, definito dalla Corte Costituzionale come “assoluto ed inderogabile”. La Cassazione ha ribadito che, per un unico immobile appartenente a un unico proprietario, non è ammissibile presentare domande di condono separate per singole porzioni al fine di rimanere fittiziamente al di sotto di tale soglia. L’edificio deve essere considerato nella sua interezza.

Il frazionamento artificioso della domanda, intestando le istanze a soggetti diversi ma riconducibili allo stesso nucleo familiare, costituisce una violazione palese della normativa, rendendo i relativi provvedimenti di condono radicalmente illegittimi.

le motivazioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile sulla base di motivazioni nette e coerenti. In primo luogo, ha sottolineato l’illegittimità dei provvedimenti di condono sia per difetto di legittimazione dei richiedenti sia per il superamento del limite volumetrico. I giudici hanno chiarito che le due istanze, sebbene presentate da persone diverse, si riferivano a un unico fabbricato di proprietà esclusiva della ricorrente. La presentazione separata è stata ritenuta una manovra elusiva finalizzata unicamente ad aggirare la legge.

In secondo luogo, la Corte ha affrontato l’argomento relativo al potere del giudice penale. Ha affermato che il giudice dell’esecuzione ha il potere-dovere di verificare autonomamente la legittimità e l’efficacia del titolo abilitativo in sanatoria. Questo controllo giurisdizionale è indipendente dalle procedure amministrative e non è limitato dai termini di decadenza previsti per l’annullamento in autotutela da parte della Pubblica Amministrazione. Il giudice penale non annulla l’atto amministrativo, ma lo disapplica, ritenendolo inefficace a paralizzare l’esecuzione dell’ordine di demolizione contenuto in una sentenza penale passata in giudicato.

Infine, è stato chiarito che l’ordine di demolizione si estende all’edificio nel suo complesso, includendo anche eventuali opere abusive realizzate successivamente, come il piccolo manufatto di 9 m² scoperto durante un sopralluogo. L’ordine di demolizione, infatti, configura un obbligo di restitutio in integrum, cioè di ripristino totale dello stato dei luoghi preesistente all’abuso.

le conclusioni

Questa sentenza riafferma con forza alcuni principi cardine in materia di abusi edilizi. In primo luogo, il condono edilizio non è uno strumento per sanare qualsiasi tipo di illecito, ma una misura eccezionale soggetta a limiti rigorosi, tra cui quello volumetrico, che non può essere aggirato con artifici. In secondo luogo, la legittimazione a richiedere la sanatoria è un requisito sostanziale che deve basarsi su un rapporto giuridico qualificato con l’immobile. Infine, viene confermata l’ampia portata del potere del giudice penale, che può e deve verificare la validità dei condoni prima di sospendere un ordine di demolizione, garantendo così la piena esecuzione delle sentenze di condanna e il ripristino della legalità violata.

È possibile ottenere il condono edilizio frazionando un unico immobile in più domande per non superare i limiti di volume?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, in presenza di un unico immobile appartenente a un solo proprietario, il frazionamento artificioso delle domande di condono per rimanere sotto il limite volumetrico legale (750 m³) costituisce un’elusione della legge. L’immobile va considerato nel suo complesso.

Chi è legittimato a presentare la domanda di condono edilizio?
La domanda può essere presentata dal proprietario o da chiunque abbia un interesse giuridicamente qualificato al conseguimento della sanatoria. Tale interesse deve derivare da un rapporto giuridico con il bene (es. usufrutto, contratto preliminare con immissione nel possesso), non da una mera relazione di fatto o familiare. Persone senza alcun titolo sull’immobile non sono legittimate.

Un condono edilizio, anche se non più annullabile dal Comune, può fermare un ordine di demolizione penale?
No. Il giudice penale, in sede di esecuzione della sentenza, ha il potere e il dovere di verificare autonomamente la legittimità e l’efficacia del provvedimento di condono. Se lo ritiene illegittimo (ad esempio, perché rilasciato in violazione dei limiti di legge), può disapplicarlo e ordinare che la demolizione proceda, indipendentemente dai termini per l’annullamento in autotutela da parte dell’amministrazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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