Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30419 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30419 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
TERZA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 273/2025
CC – 12/02/2025
R.G.N. 33525/2024
NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
1.Con ordinanza in data 10 settembre 2024 il Giudice dell’esecuzione di Napoli ha rigettato l’istanza di NOME e NOME COGNOME volta a ottenere la revoca e/o la sospensione dell’ordine di demolizione delle opere indicate nella sentenza di condanna della Pretura circondariale di Napoli, sezione distaccata di Marano, in data 2 dicembre 1996, irrevocabile il 28 novembre 1999, a carico della dante causa, NOME COGNOME oggetto di ingiunzione con ordinanza n. 231/00 RE.SA del 9 maggio 2014.
I ricorrenti lamentano con il primo motivo la violazione dell’art. 39 legge n. 724 del 1994 in ordine ai limiti oggettivi di condonabilità, avuto riguardo alla volumetria e al frazionamento dell’immobile. Rappresentano che il fabbricato era di due livelli e che erano state presentate due separate istanze di condono, una per appartamento, per cui il Comune di Marano di Napoli aveva rilasciato due separate concessioni in sanatoria. Ritengono quindi che vada disapplicata la regola del divieto di frazionamento perchØ, anche catastalmente, le proprietà erano autonome. Con il secondo motivo invocano l’applicazione della sentenza del TAR Campania del 29 luglio 2016 che aveva annullato il provvedimento del Comune che, a
sua volta, aveva annullato in autotutela il permesso a costruire in sanatoria e la DIA del 2012 e denunciano la violazione dei criteri elaborati dalla giurisprudenza in ordine all’autonomia dell’accertamento penale rispetto a quello amministrativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. I ricorsi sono manifestamente infondati.
I ricorrenti, che assumono di aver acquistato in buona fede i cespiti nel lontano 2012, insistono, innanzi al Giudice di legittimità, sulla legittimità dei permessi in sanatoria, come consacrata dalla decisione del TAR.
3.1. Il primo motivo di ricorso Ł inconsistente perchØ non si confronta con l’accertamento di fatto compiuto dal Giudice dell’esecuzione che ha verificato che il terreno era di proprietà solo di NOME COGNOME la quale aveva chiesto la sanatoria per un deposito a piano terra e un appartamento al primo piano, mentre il fratello NOME, in qualità di richiedente, (e sempre lei in qualità di proprietaria) aveva chiesto la sanatoria per l’appartamento a piano terra. Così frazionate le richieste di condono, il Comune aveva rilasciato i permessi, salvo annullarli allorchØ si era avveduto del frazionamento fraudolento.
La decisione dell’Ente locale Ł rispettosa del consolidato orientamento della giurisprudenza penale e amministrativa, secondo cui non Ł ammissibile il GLYPHcondono edilizio di una costruzione quando la richiesta di sanatoria sia stata presentata frazionando l’unità immobiliare in plurimi interventi edilizi. E’, infatti, illecito l’espediente di denunciare fittiziamente la realizzazione di plurime opere non collegate tra loro, quando invece le stesse risultano finalizzate alla realizzazione di un unico manufatto e sono a esso funzionali, sì da costituire una costruzione unica (si vedano tra le piø recenti Sez. 3, n. 2840 del 18/11/2021, dep. 2022, Vicale, Rv. 282887-01, relativa al condono edilizio disciplinato dal d.l. n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, in legge n. 326 del 2003, ove si affermano principi validi anche nel caso in esame; Sez. 4, n. 10017 del 03/03/2021, PG, Rv. 280700-01; Sez. 3, n. 20420 del 08/04/2015, COGNOME, Rv. 263639 – 01; e si vedano anche tra le piø risalenti, Sez. 3, n. 12353 del 02/10/2014, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259292 – 01; Sez. 3, n. 20161 del 19/05/2005, COGNOME, Rv. 231643 – 01; Sez. 3, n. 8584 del 26/04/1999, COGNOME, Rv. 214280 – 01; Sez. 3, n. 1454 del 25/11/1998, dep. 1999, COGNOME, Rv. 212382 – 01). Sebbene il legislatore non ponga alcun divieto al frazionamento ovvero all’accorpamento di unità immobiliari, tali operazioni possono integrare ipotesi elusive dei limiti legali di consistenza degli immobili, perchØ ogni edificio deve intendersi come un complesso unitario facente capo a un unico soggetto legittimato e le relative istanze di oblazione eventualmente presentate in relazione alle singole unità che compongono tale edificio devono essere riferite a una unica concessione in sanatoria, la quale dovrà riguardare lo stesso nella sua totalità. La regola Ł, pertanto, rappresentata dalla unicità della concessione edilizia per tutte le opere riguardanti un edificio o un complesso unitario, escludendosi la possibilità per lo stesso soggetto legittimato di servirsi di separate domande di sanatoria per aggirare il limite legale volumetrico, con la sola eccezione della consentita presentazione di una serie di istanze da parte di quanti sono i proprietari o i soggetti aventi titolo al momento della domanda, che abbia a oggetto le sole porzioni di appartenenza, anche se comprese in una unica costruzione unitaria (Sez. 3, n. 39602 del 03/10/2024, Romano, Rv. 287019 – 01, amplius in motivazione, par. 3.7-5.8; Sez. 3, n. 27977 del 04/04/2019, COGNOME, Rv. 276084 – 01; Sez. 3, n. 44596 del 20/05/2016, Boccia, Rv. 269280). Analogamente si esprime la giurisprudenza amministrativa secondo la quale deve ritenersi illegittimo l’inoltro di diverse domande tutte
imputabili ad un unico centro sostanziale di interesse, in quanto tale espediente rappresenta un evidente tentativo di aggirare i limiti consentiti per il condono relativamente al calcolo della volumetria consentita (tra le piø recenti, Cons. Stato, Sez. VII, n. 9473 del 2 novembre 2023)
Nel caso in esame, i ricorrenti hanno insistito sull’autonomia, anche catastale, dei cespiti intestati ai due danti causa, NOME e NOME COGNOME. Tuttavia, il Giudice dell’esecuzione ha accertato che NOME COGNOME era solo ‘richiedente’ nell’istanza di permesso in sanatoria, nØ nel ricorso Ł stata specificata una diversa qualità nØ Ł stato contestato nel merito il provvedimento di annullamento in autotutela del Comune, limitandosi a invocare la sentenza del TAR. Il motivo, pertanto, oltre che fattuale, Ł anche generico. Il Giudice dell’esecuzione ha, per giunta, accertato un ulteriore profilo di illegittimità, e cioŁ che per un’unita abitativa si rilevava una superficie maggiore di quella autorizzabile, circostanza non specificamente confutata in ricorso.
3.2. Il secondo motivo Ł del pari inconsistente perchØ il Giudice dell’esecuzione ha, da un lato, evidenziato che l’annullamento del TAR, che peraltro non risulta essere passato in giudicato, era dipeso da motivi formali non vincolanti per il giudice penale perchØ attinenti alla carenza di istruttoria nel rilascio dei permessi e, dall’altro, ha ribadito che il potere di sindacato del giudice penale permane anche di fronte alla decisioni del giudice amministrativo, arrestandosi solo in caso di accertamento definitivo della legittimità delle opere. Piø in generale, Ł stato osservato che il giudicato amministrativo Ł solo tendenzialmente vincolante per il giudice penale, trattandosi di un giudizio fra parti, soggetto al principio della domanda e agli oneri di allegazione e produzione propri di tale tipo di giudizio, per cui il giudice penale mantiene un autonomo potere di valutazione (Sez. 3, n. 31967 del 26/06/2024, COGNOME, non mass., in motivazione, par. 3, che richiama Sez. 3, n. 17855 del 19/03/2019, COGNOME, Rv. 275702, Sez. 3, n. 1628 del 28/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266328, e Sez. 5, n. 41796 del 17/06/2016, COGNOME, Rv. 268041). Sta di fatto che il giudice dell’esecuzione, investito dell’istanza di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione conseguente alla condanna per costruzione abusiva, ha sempre il poteredovere di verificare la legittimità e l’efficacia del titolo abilitativo, sotto il profilo del rispetto dei presupposti e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio, la corrispondenza di quanto autorizzato alle opere destinate alla demolizione e, qualora trovino applicazione disposizioni introdotte da leggi regionali, la conformità delle stesse ai principi generali fissati dalla legislazione nazionale (Sez. 3, n. 55028 del 09/11/2018, B., Rv. 274135 – 01). Tale potere si estende anche alle decisioni della giurisdizione amministrativa, giacchØ anche di queste il giudice dell’esecuzione, nell’esercizio di dette attribuzioni, deve accertare la portata, onde verificarne la incompatibilità o meno con l’esecuzione della demolizione, che non può rimanere preclusa dalla adozione di decisioni fondate su ragioni formali o di rito, ma solo dall’accertamento definitivo di situazioni che siano incompatibili con l’esecuzione della demolizione delle opere abusive, o, come ricordato, dall’adozione di validi ed efficaci atti amministrativi con essa incompatibili.
3.3. Risulta non piø riproposta l’eccezione formulata al Giudice dell’esecuzione relativa alla buona fede dei ricorrenti, ma vale la pena ribadire che l’ordine di demolizione dell’opera abusiva, avendo natura di sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio, conserva la sua efficacia anche nei confronti dell’erede o dante causa del condannato o di chiunque vanti su di esso un diritto reale o personale di godimento, potendo essere revocato solo nel caso in cui siano emanati, dall’ente pubblico cui Ł affidato il
governo del territorio, provvedimenti amministrativi con esso assolutamente incompatibili (Sez. 3, n. 39602 del 03/10/2024, Romano, cit. che richiama Sez. 3, n. 42699 del 07/07/2015, COGNOME, Rv. 265193 – 01; Sez. 3, n. 16035 del 26/02/2014, COGNOME, Rv. 259802 01; Sez. 3, n. 801 del 02/12/2010, dep. 2011, COGNOME, Rv. 249129 – 01; Sez. 3, n. 47281 del 21/10/2009, COGNOME, Rv. 245403 – 01; Sez. 3, n. 39322 del 13/07/2009, COGNOME, Rv. 244612 – 01). Infatti, l’operatività dell’ordine di demolizione non può essere esclusa dalla alienazione a terzi della proprietà dell’immobile per cui l’acquirente potrà rivalersi nei confronti del venditore a seguito dell’avvenuta demolizione (Sez. 3. n. 37120 del 11/05/2005, COGNOME, Rv. 232175 – 01) e non Ł esclusa dall’alienazione del manufatto a terzi, anche se intervenuta anteriormente all’ordine medesimo, atteso che l’esistenza del manufatto abusivo continua ad arrecare pregiudizio all’ambiente (Sez. 3, n. 45848 del 01/10/2019, Cannova, Rv. 277266 01; Sez. 3, n. 16035 del 26/02/2014, COGNOME Rv. 259802 – 01; Sez. 3, n. 22853 del 29/03/2007, COGNOME, Rv. 236880 – 01).
GLYPHSulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi Ł ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza ‘versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, si dispone che i ricorrenti versino la somma determinata, in ragione della consistenza della causa di inammissibilità dei ricorsi, in via equitativa, di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso, 12/02/2025
Il Presidente NOME COGNOME