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Condono edilizio e frazionamento: il no della Corte

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un ordine di demolizione, confermando che il frazionamento fittizio di un immobile per ottenere il condono edilizio è una pratica illecita. La Corte ha chiarito che l’edificio deve essere considerato unitariamente ai fini della sanatoria e che una decisione del giudice amministrativo non vincola il giudice penale se non accerta in via definitiva la legittimità dell’opera.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Condono Edilizio e Frazionamento Fittizio: la Cassazione Conferma il No

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale in materia di abusi edilizi: la possibilità di ottenere il condono edilizio attraverso il frazionamento fittizio di un immobile. La decisione ribadisce un principio fondamentale: non è possibile suddividere artificiosamente un’unica costruzione in più unità per aggirare i limiti di volumetria imposti dalla legge sulla sanatoria. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti sui poteri del giudice penale e sulla sorte degli immobili abusivi, anche quando vengono venduti a terzi in buona fede.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una sentenza di condanna per abuso edilizio del 1996, divenuta definitiva nel 1999, a carico della proprietaria originaria di un immobile. La sentenza includeva un ordine di demolizione delle opere abusive. Anni dopo, nel 2012, due nuovi proprietari acquistavano l’immobile e, di fronte all’ingiunzione di demolizione notificata nel 2014, presentavano istanza al Giudice dell’esecuzione per la revoca o la sospensione dell’ordine. La loro difesa si basava su due argomenti principali: la legittimità delle concessioni in sanatoria ottenute in passato e una sentenza favorevole del TAR Campania.

I Motivi del Ricorso

I ricorrenti sostenevano che l’immobile, composto da due livelli, era stato oggetto di due separate istanze di condono, una per ciascun appartamento. Sulla base di queste, il Comune aveva rilasciato due distinte concessioni in sanatoria. A loro avviso, ciò rendeva inapplicabile il divieto di frazionamento, poiché le proprietà erano catastalmente autonome.
In secondo luogo, invocavano una sentenza del TAR del 2016 che aveva annullato il provvedimento con cui il Comune, in autotutela, aveva a sua volta annullato le concessioni in sanatoria precedentemente rilasciate.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, respingendo entrambe le argomentazioni dei ricorrenti con motivazioni precise e rigorose.

Il Condono Edilizio e il Divieto di Frazionamento Fraudolento

Sul primo punto, la Corte ha smontato la tesi della legittimità delle due sanatorie. È stato accertato che l’intero immobile era riconducibile a un unico centro di interesse (l’originaria proprietaria). La presentazione di due distinte domande di condono, una a nome della proprietaria e l’altra a nome di un suo parente, è stata qualificata come un “espediente fittizio” finalizzato unicamente ad aggirare i limiti volumetrici previsti dalla legge per accedere al condono edilizio.
La giurisprudenza consolidata, sia penale che amministrativa, è chiara: un edificio deve essere considerato come un complesso unitario. Le istanze di sanatoria relative alle singole unità che lo compongono devono essere riferite a un’unica concessione che riguarda l’immobile nella sua totalità. Frazionare le richieste è una pratica elusiva dei limiti legali e, pertanto, illecita. Di conseguenza, i permessi rilasciati dal Comune sulla base di tali richieste frazionate erano illegittimi.

L’Autonomia del Giudice Penale rispetto a quello Amministrativo

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha sottolineato che la sentenza del TAR invocata dai ricorrenti non era risolutiva. L’annullamento del provvedimento comunale era avvenuto per motivi formali (carenza di istruttoria), senza entrare nel merito della legittimità sostanziale delle opere abusive. Una decisione di questo tipo non vincola il giudice penale.
Il giudice dell’esecuzione, investito di una richiesta di revoca della demolizione, ha sempre il potere e il dovere di verificare la legittimità e l’efficacia del titolo abilitativo (la sanatoria). Questo potere di sindacato si estende anche alle decisioni della giustizia amministrativa. L’ordine di demolizione può essere fermato solo da un accertamento definitivo e inequivocabile della piena conformità delle opere alla legge, oppure dall’esistenza di un atto amministrativo valido ed efficace con esso incompatibile. Una sentenza basata su vizi procedurali non possiede tale forza.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma due principi cardine in materia di abusi edilizi:
1. L’ordine di demolizione è una sanzione reale: Esso non colpisce la persona del reo, ma l’immobile abusivo. Pertanto, conserva la sua efficacia anche nei confronti di chi acquista il bene successivamente, come eredi o acquirenti, indipendentemente dalla loro buona fede. L’acquirente potrà, eventualmente, rivalersi sul venditore.
2. Il frazionamento fittizio è illecito: La strategia di dividere un unico immobile in più unità per rientrare nei limiti del condono edilizio è considerata fraudolenta e non può legittimare l’abuso. Le domande di sanatoria devono riflettere la realtà sostanziale dell’edificio, considerato come un unicum.
In definitiva, la Corte di Cassazione chiude la porta a tentativi elusivi delle normative urbanistiche, rafforzando i poteri del giudice penale nell’esecuzione delle sanzioni e confermando che la lotta all’abusivismo edilizio prevale anche sulle posizioni di acquirenti terzi.

È possibile frazionare un immobile per ottenere il condono edilizio su singole parti?
No, la Cassazione ribadisce che si tratta di un espediente illecito finalizzato ad aggirare i limiti di volumetria consentiti dalla legge. L’edificio deve essere considerato in modo unitario ai fini della richiesta di sanatoria.

Una sentenza del TAR che annulla un diniego di sanatoria blocca l’ordine di demolizione del giudice penale?
No, non automaticamente. Se la sentenza amministrativa si basa su vizi formali o procedurali e non accerta in via definitiva la piena legittimità dell’opera, il giudice penale mantiene un autonomo potere di valutazione e può procedere con l’esecuzione dell’ordine di demolizione.

Chi acquista in buona fede un immobile abusivo è protetto dall’ordine di demolizione?
No. L’ordine di demolizione è una sanzione di carattere “reale”, cioè legata all’immobile e non alla persona. Pertanto, l’ordine rimane efficace e si applica anche ai successivi proprietari, indipendentemente dalla loro buona fede al momento dell’acquisto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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