Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5832 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5832 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/09/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG PASQUALE SERRAO d’AQUINO, che ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Torino respingeva il reclamo-impugnazione presentato nell’interesse di NOME COGNOME avverso il provvedimento del 29 luglio 2021, con il quale il Magistrato di sorveglianza di Novara aveva rigettato il reclamo-istanza attinente ai rimedi risarcitori ex art. 35-ter Ord. pen.
A ragione della decisione, osservava che, rispetto alle doglianze formulate dal detenuto, sottoposto al regime differenziato di cui all’art. 41-bis Ord. pen. (limitazione a un’ora giornaliera della fruizione dello spazio all’aria aperta; protratto malfunzionamento dell’impianto di riscaldamento in cella), la Direzione del carcere di Novara aveva assunto iniziative atte ad assecondare, nei limiti del possibile e praticabile, le esigenze del reclamante (permettendogli di trascorrere due ore all’aria aperta a giorni alterni; approntando fornitura di stufetta elettrica e di una coperta aggiuntiva per alzare la temperatura interna della cella da 15 a 20 gradi), sicché, tenuto conto, in una valutazione complessiva, dei plurimi fattori compensativi descritti in atti, non potevano reputarsi integrati, nella specie, gli estremi RAGIONE_SOCIALE condizioni inRAGIONE_SOCIALE e degradanti con violazione dell’art. 3 CEDU.
Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, per il tramite del difensore AVV_NOTAIO, denunciando, con un unico motivo, violazione dell’art. 3 CEDU e dell’art. 27 Cost., nonché vizio di motivazione.
Il Tribunale di sorveglianza sarebbe incorso in contraddizione, poiché, pur avendo dato atto della sostanziale fondatezza del reclamo, lo aveva, poi, rigettato.
Insiste la difesa del ricorrente nel ricondurre a condizioni inRAGIONE_SOCIALE e degradanti della detenzione il malfunzionamento dell’impianto di riscaldamento, tanto più in considerazione del clima freddo e umido dell’inverno novarese, e nello stigmatizzare l’illegittimità della disposizione attinente alla possibilità d fruizione, da parte dei detenuti sottoposti a regime differenziato, di una sola ora d’aria.
Il Procuratore generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va rigettato, perché, nel complesso, infondato.
Giova premettere, su un piano generale, che, in tema di rimedi risarcitori ex art. 35-ter Ord. pen., non costituisce trattamento inumano o
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degradante, rilevante ai sensi dell’art. 3 della CEDU, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU, la situazione di “mero disagio” collegata a contesti di vita intramuraria poco confortevoli o alla necessità di subire, per periodi non prolungati, disagi non previsti, né prevedibili, la cui rimozione richiede tempi di intervento non sempre programmabili (Sez. 1, n. 14258 del 23/1/2020, COGNOME, Rv. 278898).
3. Con riguardo all’ipotesi di mancata fruizione, da parte del detenuto in regime di cui all’art. 41-bis Ord. pen., di due ore effettive all’aria aperta, va rammentato che il comma 2-quater, lett. f), dell’articolo citato, così come introdotto dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, prescrive che i detenuti soggetti al regime differenziato siano sottoposti a RAGIONE_SOCIALE limitazioni della «permanenza all’aperto» non previste per gli altri ristretti; permanenza che non può svolgersi in gruppi superiori a quattro persone e che deve avere una durata non superiore a due ore al giorno.
In merito a tale disciplina, questa Corte ha precisato che la nozione di “permanenza all’aperto” non può consistere in una mera permanenza al di fuori della cella (nella specie nelle sale di biblioteca, palestra ecc.), dovendo essa svolgersi, secondo la previsione dell’art. 16 Reg. esec. Ord. pen., all’aria aperta (Sez. 1, n. 44609 del 27/06/2018, C., Rv. 274026).
In particolare, detta nozione non può essere confusa con la fruizione della cd. socialità, prevista dagli artt. 5 e 12 della legge n. 354 del 1975, che viene svolta nelle stanze detentive, all’ora dei pasti (riunendosi in piccoli gruppi), oppure nelle apposite “salette” (Sez. 1, n. 17580 del 28/2/2019, C.C. Sassari, RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. e Min. Giust. in proc. Nizza, Rv. 275333).
Va, inoltre, rilevato che l’art. 41-bis Ord. pen. rinvia ad un limite quantitativo che attualmente non può scendere sotto le due ore, conformemente alla previsione contenuta nell’art. 14-ter, comma 4, Ord. pen., che fa espresso riferimento – mutuando l’espressione utilizzata dall’art. 10 Ord. pen., come modificato dal d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 123 (“Riforma dell’ordinamento penitenziario, in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 82, 83 e 85, lettere a), d), i), I), m), o), r), t) e u), della legge 23 giugno 2017, n. 103”) – a «permanenza all’aperto per almeno due ore al giorno», con ciò chiarendo che il limite minimo è costituito da due ore all’aria aperta.
Di conseguenza, le dedotte limitazioni orarie di accesso all’aria aperta per il detenuto sottoposto a regime differenziato antecedentemente alla sopra menzionata novella legislativa non integrano alcuna violazione di legge: in base all’allora vigente art. 10, comma 2, Ord. pen., richiamato dall’art. 41-bis, comma 2-quater, lettera f), Ord. pen., il limite minimo era infatti costituito da un’ora di permanenza all’aria aperta.
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In ogni caso, la violazione di legge derivante dalla mancata fruizione da parte del detenuto in regime differenziato RAGIONE_SOCIALE effettive ore all’aria aperta, ove riscontrata, non integra automaticamente un trattamento contrario all’art. 3 CEDU, tale da giustificare il riconoscimento del rimedio risarcitorio speciale di cui all’art. 35-ter Ord. pen., secondo la richiesta del ricorrente.
Invero, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, una situazione non conforme all’art. 3 CEDU, che legittima il ricorso ai rimedi di cui all’art. 35-ter Ord. pen, deve concretizzarsi in un “fatto” che denoti un livello di gravità tale da poterlo recuperare ad una afflittività assolutamente non giustificata e che risulta non tollerabile nel comune sentire e in una condizione “civile” di vita del detenuto (così, in motivazione, Sez. U, n. 6551 del 24/9/2020, dep. 2021, Commisso; tra le altre, Sez. 1, n. 20985 del 23/6/2020, COGNOME, Rv. 279220; Sez. 1, n. 14258 del 23/1/2020, COGNOME, Rv. 278898).
Per rientrare nel raggio d’azione dell’art. 3 CEDU, pertanto, la valutazione della soglia anzidetta è per sua essenza relativa, in quanto dipende dall’insieme RAGIONE_SOCIALE circostanze della fattispecie e, in particolare, dalla durata del trattamento, dai suoi effetti fisici e psichici, oltre che, a volte, dal sesso, dall’età, dallo stat salute RAGIONE_SOCIALE vittime.
L’apprezzamento di un determinato comportamento e della sua portata lesivo-afflittiva verso i diritti del detenuto e verso i divieti di trattamenti inuma e degradanti si apprezza, quindi, attraverso una valutazione concreta della complessiva condizione di detenzione.
3.1. Il Tribunale, quanto alla fruizione RAGIONE_SOCIALE due ore d’aria, ha dato atto RAGIONE_SOCIALE condizioni strutturali del carcere di Novara e del limitato numero di cortili (cinque) rispetto all’elevato numero di gruppi di socialità, osservando che, comunque, la Direzione dell’istituto era riuscita a garantire la fruizione di due ore d’aria, quanto meno a giorni alterni, a ciascun detenuto, in aggiunta all’ora di socialità nelle salette, e di un’ora sola d’aria negli altri giorni.
Ha, poi, convenientemente valorizzato, nell’ottica di una valutazione complessiva finalizzata ad escludere la violazione dell’art. 3 CEDU, l’esistenza di opportunità trattamentali offerte al COGNOME, iscrittosi al primo anno del liceo RAGIONE_SOCIALE, con possibilità di studio, di accesso alla palestra, alla sala pittura, alla biblioteca, di fruizione di TV e radio con ampia gamma di canali, di abbonamento a quotidiani e riviste e di assistenza sanitaria per 24 ore.
Si tratta di una motivazione adeguata, sul piano logico, nonché conforme all’orientamento di questa Corte, secondo il quale, in tema di rimedi nei confronti di soggetti detenuti o internati, previsti dall’art. 35-ter Ord. pen, non costituisce trattamento inumano o degradante, rilevante ai sensi dell’art. 3 della CEDU, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU, la mancata fruizione, da
parte di un detenuto in regime detentivo differenziato, di due ore effettive d’aria per tutto l’arco della detenzione (nella specie, si trattava della fruizione di un’ora all’aria aperta e di un’ora di socialità), atteso che non ogni lesione astrattamente tutelabile con l’azione inibitoria di cui all’art. 35-bis Ord. pen., può costituire la base giuridica per il riconoscimento dello speciale rimedio compensativo, ma solo quelle che sono idonee a provocare all’interessato uno sconforto e un’afflizione di intensità tale da eccedere l’inevitabile sofferenza legata alla detenzione (Sez. 1, n. 11602 del 27/1/2021, Vitale, Rv. 280681).
Il ricorrente, al riguardo, non sviluppa censure pertinenti al corretto costrutto argomentativo che sostiene l’ordinanza impugnata, limitandosi a insistere nella doglianza prospettata davanti al Tribunale di sorveglianza.
Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in riferimento al protratto malfunzionamento dell’impianto di riscaldamento nella cella dove era stato allocato il detenuto.
Anche in tal caso il giudice di merito ha, con motivazione scevra da vizi logici e giuridici, escluso gli estremi della violazione dell’art. 3 CEDU, mettendo in rilievo che, per quanto risultava dalla nota inviata in data 22 settembre 2022 dalla Casa circondariale di Novara, durante il periodo di malfunzionamento era stata assegnata ad ogni singola camera una stufetta elettrica ed era stata data la possibilità a ciascun detenuto di richiedere un’ulteriore coperta in aggiunta a quelle previste: grazie all’azione RAGIONE_SOCIALE stufette, la temperatura interna alla cella era stata portata da 15 a 20 gradi.
Si era trattato, perciò, di una temporanea situazione di disagio, “tamponata” con le soluzioni indicate, che, valutata unitamente alle già descritte opportunità trattamentali offerte al detenuto, non poteva comportare una condizione restrittiva inumana e degradante per il reclamante.
La logicità della risposta fornita dal giudice a quo permette di ritenere infondato il vizio di motivazione denunciato sul punto.
Dal rigetto del ricorso consegue la condanna ex lege del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
P.Q.M.
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Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese -N”,1 ” GLYPH ro ce s s u a I i .
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Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2023