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Condizioni di detenzione: inammissibile il ricorso

Un detenuto in regime speciale ha presentato ricorso lamentando inumane condizioni di detenzione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile poiché le lamentele erano una mera ripetizione di quelle già presentate, senza contestare specificamente le motivazioni del tribunale precedente. La decisione sottolinea che il ricorso in sede di legittimità non può essere una richiesta di riesame dei fatti.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Condizioni di detenzione: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile?

L’analisi delle condizioni di detenzione è un tema centrale nel diritto penitenziario, volto a garantire che la pena non si traduca mai in un trattamento inumano o degradante. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre spunti fondamentali su come deve essere strutturato un ricorso per essere esaminato, evidenziando la differenza tra una legittima contestazione e una mera ripetizione di lamentele. Il caso in esame riguarda un detenuto in regime speciale che si era lamentato delle condizioni sofferte in diverse case circondariali, ma il cui ricorso è stato giudicato inammissibile. Vediamo perché.

I Fatti del Caso

Un detenuto, sottoposto al regime carcerario speciale previsto dall’art. 41-bis Ord. Pen., aveva presentato un reclamo al Tribunale di Sorveglianza contro le condizioni di detenzione patite in vari istituti penitenziari. Le sue lamentele includevano la presunta carenza di acqua calda, l’assenza di interruttori per la luce in cella e una non adeguata separazione tra la camera e il bagno.

Il Tribunale di Sorveglianza aveva respinto il reclamo, basandosi sulle relazioni fornite dagli istituti di pena. Da queste emergeva un quadro ben diverso: il detenuto occupava da solo una cella di 10 mq, quindi con uno spazio ben superiore al minimo di 3 mq, dotata di un bagno annesso con porta, lavabo, wc, doccia e acqua corrente calda e fredda. La cella disponeva inoltre di una finestra ampia per luce e areazione, pulsanti per l’illuminazione e un’adeguata assistenza sanitaria. Sulla base di questi elementi, il Tribunale aveva ritenuto le condizioni conformi alla normativa.

La Decisione della Corte e le cattive condizioni di detenzione

Il detenuto ha proposto ricorso in Cassazione contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione non risiede nel merito delle lamentele, ma nel modo in cui l’impugnazione è stata formulata.

Il punto cruciale è che il ricorso si limitava a riproporre le stesse identiche doglianze già esaminate e respinte dal giudice precedente, senza confrontarsi con l’articolato percorso logico-giuridico seguito dal Tribunale. In pratica, l’atto era assertivo e meramente reiterativo, trasformandosi in una richiesta di rivalutazione dei fatti, attività preclusa alla Corte di Cassazione in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha chiarito un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti. Il suo compito è verificare che i giudici dei gradi inferiori abbiano applicato correttamente la legge. Di conseguenza, un ricorso è inammissibile quando non contesta specificamente gli errori di diritto presenti nella motivazione del provvedimento impugnato, ma si limita a ripetere le proprie ragioni.

Nel caso specifico, il Tribunale di Sorveglianza aveva motivato la sua decisione punto per punto, analizzando lo spazio vitale, la presenza di servizi igienici adeguati, l’illuminazione e l’assistenza sanitaria. Il ricorrente avrebbe dovuto spiegare perché quella motivazione era giuridicamente errata o viziata, non semplicemente ripetere che le condizioni di detenzione erano inadeguate. Non avendolo fatto, l’impugnazione è stata correttamente dichiarata inammissibile.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un’importante lezione pratica per la redazione degli atti giudiziari. Per avere una possibilità di successo in Cassazione, non è sufficiente lamentare un’ingiustizia. È indispensabile costruire un’argomentazione tecnica che demolisca, sul piano del diritto, le fondamenta della decisione che si intende impugnare. Un ricorso che ignora le motivazioni del giudice precedente e si limita a riaffermare la propria posizione è destinato a scontrarsi con una declaratoria di inammissibilità, lasciando la questione di merito irrisolta.

Perché il ricorso del detenuto è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a ripetere le stesse lamentele già presentate al Tribunale di Sorveglianza, senza contestare in modo specifico le argomentazioni giuridiche contenute nella decisione impugnata. In pratica, chiedeva un riesame dei fatti, cosa non consentita in sede di Cassazione.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione in casi sulle condizioni di detenzione?
La Corte di Cassazione non valuta nel merito se le condizioni di detenzione fossero effettivamente inumane (il cosiddetto ‘giudizio di fatto’), ma controlla se il Tribunale di Sorveglianza abbia applicato correttamente le norme di legge e abbia motivato la sua decisione in modo logico e coerente (il ‘giudizio di legittimità’).

Quali elementi ha considerato il Tribunale di Sorveglianza per escludere il trattamento inumano?
Il Tribunale ha considerato diversi fattori concreti basati sulle relazioni degli istituti penitenziari, tra cui: lo spazio a disposizione del detenuto in cella (superiore al minimo legale di 3 mq), la presenza di un bagno separato e completo, la disponibilità di acqua calda, una finestra per luce e aria, e la garanzia di assistenza sanitaria e ore d’aria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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