Condizioni di detenzione: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile?
L’analisi delle condizioni di detenzione è un tema centrale nel diritto penitenziario, volto a garantire che la pena non si traduca mai in un trattamento inumano o degradante. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre spunti fondamentali su come deve essere strutturato un ricorso per essere esaminato, evidenziando la differenza tra una legittima contestazione e una mera ripetizione di lamentele. Il caso in esame riguarda un detenuto in regime speciale che si era lamentato delle condizioni sofferte in diverse case circondariali, ma il cui ricorso è stato giudicato inammissibile. Vediamo perché.
I Fatti del Caso
Un detenuto, sottoposto al regime carcerario speciale previsto dall’art. 41-bis Ord. Pen., aveva presentato un reclamo al Tribunale di Sorveglianza contro le condizioni di detenzione patite in vari istituti penitenziari. Le sue lamentele includevano la presunta carenza di acqua calda, l’assenza di interruttori per la luce in cella e una non adeguata separazione tra la camera e il bagno.
Il Tribunale di Sorveglianza aveva respinto il reclamo, basandosi sulle relazioni fornite dagli istituti di pena. Da queste emergeva un quadro ben diverso: il detenuto occupava da solo una cella di 10 mq, quindi con uno spazio ben superiore al minimo di 3 mq, dotata di un bagno annesso con porta, lavabo, wc, doccia e acqua corrente calda e fredda. La cella disponeva inoltre di una finestra ampia per luce e areazione, pulsanti per l’illuminazione e un’adeguata assistenza sanitaria. Sulla base di questi elementi, il Tribunale aveva ritenuto le condizioni conformi alla normativa.
La Decisione della Corte e le cattive condizioni di detenzione
Il detenuto ha proposto ricorso in Cassazione contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione non risiede nel merito delle lamentele, ma nel modo in cui l’impugnazione è stata formulata.
Il punto cruciale è che il ricorso si limitava a riproporre le stesse identiche doglianze già esaminate e respinte dal giudice precedente, senza confrontarsi con l’articolato percorso logico-giuridico seguito dal Tribunale. In pratica, l’atto era assertivo e meramente reiterativo, trasformandosi in una richiesta di rivalutazione dei fatti, attività preclusa alla Corte di Cassazione in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte ha chiarito un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti. Il suo compito è verificare che i giudici dei gradi inferiori abbiano applicato correttamente la legge. Di conseguenza, un ricorso è inammissibile quando non contesta specificamente gli errori di diritto presenti nella motivazione del provvedimento impugnato, ma si limita a ripetere le proprie ragioni.
Nel caso specifico, il Tribunale di Sorveglianza aveva motivato la sua decisione punto per punto, analizzando lo spazio vitale, la presenza di servizi igienici adeguati, l’illuminazione e l’assistenza sanitaria. Il ricorrente avrebbe dovuto spiegare perché quella motivazione era giuridicamente errata o viziata, non semplicemente ripetere che le condizioni di detenzione erano inadeguate. Non avendolo fatto, l’impugnazione è stata correttamente dichiarata inammissibile.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un’importante lezione pratica per la redazione degli atti giudiziari. Per avere una possibilità di successo in Cassazione, non è sufficiente lamentare un’ingiustizia. È indispensabile costruire un’argomentazione tecnica che demolisca, sul piano del diritto, le fondamenta della decisione che si intende impugnare. Un ricorso che ignora le motivazioni del giudice precedente e si limita a riaffermare la propria posizione è destinato a scontrarsi con una declaratoria di inammissibilità, lasciando la questione di merito irrisolta.
Perché il ricorso del detenuto è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a ripetere le stesse lamentele già presentate al Tribunale di Sorveglianza, senza contestare in modo specifico le argomentazioni giuridiche contenute nella decisione impugnata. In pratica, chiedeva un riesame dei fatti, cosa non consentita in sede di Cassazione.
Qual è il ruolo della Corte di Cassazione in casi sulle condizioni di detenzione?
La Corte di Cassazione non valuta nel merito se le condizioni di detenzione fossero effettivamente inumane (il cosiddetto ‘giudizio di fatto’), ma controlla se il Tribunale di Sorveglianza abbia applicato correttamente le norme di legge e abbia motivato la sua decisione in modo logico e coerente (il ‘giudizio di legittimità’).
Quali elementi ha considerato il Tribunale di Sorveglianza per escludere il trattamento inumano?
Il Tribunale ha considerato diversi fattori concreti basati sulle relazioni degli istituti penitenziari, tra cui: lo spazio a disposizione del detenuto in cella (superiore al minimo legale di 3 mq), la presenza di un bagno separato e completo, la disponibilità di acqua calda, una finestra per luce e aria, e la garanzia di assistenza sanitaria e ore d’aria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 16869 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16869 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
LO COGNOME nato a CORLEONE il 09/04/1953
avverso l’ordinanza del 15/11/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Esaminato il ricorso avverso l’ordinanza del 15 novembre 2024 con la quale il Tribunale di sorveglianza di Milano ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME ai sensi dell’art. 35-ter Ord. Pen., avverso il provvedimento emesso in data 12 aprile 2024, con il quale il Magistrato di sorveglianza di Milano aveva dichiarato inammissibile il reclamo-istanza proposto in relazione al periodo di restrizione sofferto presso le Case circondariali di Palerm COGNOME, Tolmezzo e L’Aquila, e rigettato quello in relazione al periodo di restrizione soff presso la Casa circondariale di Milano Opera;
Rilevato che, a fondamento della decisione, il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato, in base alle relazioni provenienti dall’Istituto di pena: – che il detenuto aveva sempre occupat da solo, in quanto sottoposto al regime di cui all’art. 41 bis Ord. Pen., una camera di 10 mq e che, dunque, non aveva mai avuto a disposizione uno spazio inferiore ai 3 mq, al netto degli arredi fissi e del letto singolo; – che le camere di pernottamento hanno annesso un bagno che contiene lavabo, wc, doccia, acqua corrente calda e fredda; – che il bagno è separato da una porta dalla camera per garantire la privacy e buone condizioni igieniche; – che le camere di pernottamento sono munite di pulsanti per l’illuminazione artificiale sia interni che estern dispongono di una finestra con serramenti in legno sufficientemente ampia e che garantisce il giusto apporto di luce naturale e la giusta areazione; – che al detenuto è garantita un’adeguata assistenza sanitaria essendo disponibile un servizio di guardia medica sia durante il giorno che durante la notte; – che il detenuto fruisce, in quanto sottoposto al regime di cui all’art. 41 bis Ord. Pen., di due ore di permanenza all’aperto dove accede con gruppi di socialità non superiori ai quattro partecipanti;
Visto il ricorso, con il quale l’interessato deduce vizio di motivazione in relazione all’ 35-ter Ord. Pen., assumendo che il giudice avrebbe omesso di esaminare le specifiche doglianze difensive, quali la carenza di acqua calda in camera, la mancanza di interruttori per accendere e spegnere la luce all’interno della camera e la presenza dello spioncino nel bagno in relazione ai periodi di detenzione trascorsi in Palermo e Tolmezzo, e l’assenza di una effettiva separazione tra il locale bagno ed il resto della camera con riferimento al periodo detentivo trascorso presso L’Aquila, condizioni queste produttive di un trattamento inumano e degradante;
Considerato che la proposta impugnazione non si confronta con l’iter argomentativo seguito dal Tribunale di sorveglianza a proposito della corretta individuazione delle condizioni di vita del detenuto all’interno degli Istituti di pena, ma ripropone in maniera assertiv meramente reiterativa le proprie deduzioni, sostanzialmente richiedendo una rivalutazione del merito delle questioni preclusa in sede di legittimità;
Ritenuto, pertanto, che l’impugnazione debba essere dichiarata inammissibile, dal che conseguono di diritto le statuizioni di cui in dispositivo;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 06 marzo 2025
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Il Presidente