Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18043 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18043 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a MARSALA il 13/01/1970
avverso l’ordinanza del 17/12/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Rilevato che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME relative al
vizio di motivazione e alla violazione degli artt.
35-ter
I. 26 luglio 1975, n. 354
(Ord. pen.) e 3 Cedu ad opera del provvedimento del Tribunale di sorveglianza di
Palermo, col quale è stato rigettato il reclamo avverso l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Trapani, che parzialmente rigettava l’istanza di riduzione di pena
a titolo di risarcimento del danno ai sensi dei suddetti articoli, non sono consentite in sede di legittimità, risolvendosi in doglianze generiche e aspecifiche.
Invero, quanto alla determinazione dello spazio vivibile, il Tribunale condivide i criteri utilizzati dal primo Giudice – che a sua volta ha ripreso i calcoli effett
dall’amministrazione penitenziaria – il quale ha detratto dalla superficie lorda della cella la superficie del bagno e degli arredi fissi, nello specifico quello dei letti, de
stipetto ed armadietto sovrapposti e del frigo, verificando che lo spazio vitale di cui ha potuto fruire NOME è risultato sempre superiore a 3 mq. Osserva,
inoltre, che in assenza di particolari condizioni psicofisiche o personali che aggravino quelle del reclamante, per rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 3, la condizione detentiva non può risolversi in situazioni “scomode” ma deve concretarsi in modalità di esecuzione “patologiche” che siano lesive della dignità della persona. Pur riconoscendo che vi siano disagi e disservizi a causa del sovraffollamento carcerario (come l’assenza di riscaldamento funzionante nel reparto Ionio, la fruizione limitata dei passeggi e la non adeguata areazione delle celle), il Tribunale ritiene che tali carenze non appaiano di gravità tale da indurre a ravvisare l’integrazione di condizioni detentive qualificabili come “inumane e degradanti”.
Osservato, pertanto, che il ricorso – nel quale si insiste genericamente sulla sussistenza di condizioni detentive inumane – deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.