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Condizioni detentive degradanti: il WC in cella

La Corte di Cassazione ha stabilito che la presenza di un servizio igienico non completamente separato in una cella singola di 9 metri quadri, normalmente areata e con possibilità per il detenuto di svolgere attività all’esterno, non costituisce automaticamente condizioni detentive degradanti. La Corte ha ritenuto che, in questo specifico contesto, la situazione si configuri come un “mero disagio” e non superi la soglia minima di gravità richiesta per violare l’art. 3 della Convenzione EDU, respingendo così il ricorso del detenuto per il risarcimento.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

WC in Cella: Quando si Configurano Condizioni Detentive Degradanti?

La vita in carcere comporta inevitabilmente restrizioni e disagi, ma esiste un limite invalicabile che separa il rigore della pena da un trattamento contrario alla dignità umana. La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 26163 del 2024, affronta proprio questo delicato confine, analizzando se la presenza di un servizio igienico non completamente isolato all’interno della cella possa configurare condizioni detentive degradanti. Questo articolo esamina la decisione della Suprema Corte, chiarendo i criteri utilizzati per distinguere un ‘mero disagio’ da una violazione dei diritti fondamentali.

I Fatti del Caso

Un detenuto aveva presentato un reclamo, lamentando di aver subito per un lungo periodo di tempo condizioni di detenzione degradanti. Il motivo principale era la conformazione della sua cella: il servizio igienico era separato dal resto dell’ambiente, dove dormiva e mangiava, solo da un muretto basso (alto 1 metro e lungo 1,5 metri) e da una tenda. Tale sistemazione, a suo dire, non garantiva la privacy né impediva la diffusione di odori sgradevoli, violando così l’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

In un primo momento, il Magistrato di sorveglianza aveva accolto la sua richiesta, condannando l’Amministrazione penitenziaria a un cospicuo risarcimento. Tuttavia, il Tribunale di sorveglianza, a seguito di un rinvio della Cassazione, ha ribaltato la decisione, portando il detenuto a ricorrere nuovamente dinanzi alla Suprema Corte.

L’Analisi delle Condizioni Detentive Degradanti secondo la Legge

Il concetto di trattamento ‘inumano’ o ‘degradante’ ai sensi dell’art. 3 CEDU non è assoluto, ma dipende da una valutazione complessiva delle circostanze. La giurisprudenza, sia nazionale che europea, ha stabilito che, per integrare una violazione, il trattamento deve superare una ‘soglia minima di gravità’. Ciò significa che la sofferenza e l’umiliazione inflitte devono andare oltre quelle inevitabilmente connesse a una forma di punizione legittima.

La valutazione non può basarsi su un singolo elemento, come la mancanza di spazio o la conformazione dei servizi igienici, ma deve essere ‘multifattoriale’. I giudici devono considerare l’effetto cumulativo di tutte le condizioni di detenzione, tra cui:
* Lo spazio personale a disposizione del detenuto.
* La luminosità e l’aerazione della cella.
* Le condizioni igienico-sanitarie generali.
* La possibilità di accedere ad aria aperta e ad attività trattamentali.
* La durata della detenzione in tali condizioni.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del detenuto, confermando la decisione del Tribunale di sorveglianza. La motivazione della Corte si basa su un’attenta applicazione del principio della valutazione multifattoriale, spostando l’attenzione dal singolo elemento critico (il WC semi-separato) al contesto generale della detenzione.

I giudici hanno evidenziato diversi fattori cruciali che, nel loro insieme, ridimensionavano la gravità della situazione:
1. Cella Singola: Il detenuto occupava la cella da solo. Questo elemento è stato ritenuto fondamentale, poiché escludeva in radice qualsiasi problema di violazione della privacy nei confronti di altri reclusi. La questione della riservatezza, centrale in casi di celle condivise, qui non si poneva.
2. Spazio Adeguato: La cella misurava 9 metri quadri, uno spazio considerato ‘certamente ampio’ e ben superiore agli standard minimi indicati dalla giurisprudenza europea.
3. Condizioni Generali Positive: La cella era descritta come ‘normalmente areata’ e il detenuto aveva la possibilità di partecipare ad attività trattamentali che ‘limitavano sensibilmente la sua permanenza’ all’interno della stessa.

In presenza di queste condizioni positive, la Corte ha concluso che le criticità legate alla separazione del bagno e alla possibile diffusione di odori sgradevoli non erano di gravità tale da superare la soglia minima richiesta. La situazione è stata qualificata come un ‘mero disagio’, una condizione spiacevole ma non tanto grave da configurare un trattamento inumano o degradante. La Corte ha inoltre precisato che i precedenti giurisprudenziali citati dal ricorrente non erano pertinenti, in quanto si riferivano a situazioni diverse, come celle sovraffollate dove più persone condividevano servizi igienici precari.

Le Conclusioni

La sentenza n. 26163/2024 della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la valutazione delle condizioni detentive deve essere olistica e contestualizzata. Un singolo aspetto negativo, anche se oggettivamente spiacevole come un servizio igienico non perfettamente isolato, non è sufficiente a determinare automaticamente una violazione dell’art. 3 della CEDU. È l’effetto cumulativo delle condizioni, positive e negative, a determinare se la dignità della persona sia stata compromessa. La decisione sottolinea che, in assenza di altri fattori aggravanti come il sovraffollamento o la mancanza di aerazione, un disagio può rimanere tale senza assurgere al livello di trattamento degradante meritevole di risarcimento.

Avere il WC in cella non completamente separato costituisce sempre un trattamento degradante?
No. Secondo questa sentenza, non costituisce automaticamente un trattamento degradante. È necessario valutare il contesto complessivo: se il detenuto è solo in una cella spaziosa, ben aerata e ha la possibilità di passare tempo fuori, il problema può essere considerato un ‘mero disagio’ e non una violazione dei diritti fondamentali.

Quali fattori considera la Corte per valutare le condizioni detentive?
La Corte adotta una ‘valutazione multifattoriale’, considerando l’effetto cumulativo di diverse circostanze, tra cui lo spazio personale a disposizione (in questo caso 9 metri quadri), l’occupazione singola o multipla della cella, l’aerazione, la possibilità di partecipare ad attività esterne e la durata complessiva della detenzione in tali condizioni.

Che differenza c’è tra ‘mero disagio’ e ‘trattamento degradante’?
Il ‘mero disagio’ è una condizione spiacevole o poco confortevole che rientra nelle difficoltà della vita carceraria ma non supera la ‘soglia minima di gravità’. Il ‘trattamento degradante’, invece, è una condizione che supera tale soglia, causando umiliazione e sofferenza tali da violare la dignità umana. In questo caso, la situazione del servizio igienico è stata classificata come mero disagio a causa delle altre condizioni positive della detenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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