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Condanna spese querelante: legittima difesa e formula

La Corte di Cassazione ha annullato la condanna di un querelante alla rifusione delle spese legali e al risarcimento danni in favore dell’imputato, assolto per legittima difesa. La sentenza chiarisce che la condanna spese querelante è illegittima quando l’assoluzione deriva da una causa di giustificazione, la cui formula corretta è ‘perché il fatto non costituisce reato’, e non ‘perché il fatto non sussiste’, presupposto richiesto dalla legge per tale condanna.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Condanna Spese Querelante: La Formula Assolutoria è Decisiva in Caso di Legittima Difesa

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 18819 del 2024, offre un chiarimento fondamentale su un tema delicato: la condanna spese querelante. In particolare, la Corte stabilisce che chi sporge una querela non può essere condannato a pagare le spese legali dell’imputato se quest’ultimo viene assolto per legittima difesa. La chiave di volta risiede nella corretta formula assolutoria che il giudice deve utilizzare, una distinzione tecnica ma dalle conseguenze economiche molto concrete.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una querela per lesioni personali. Al termine del processo di primo grado, il Giudice di Pace aveva assolto l’imputato, riconoscendo che avesse agito in stato di legittima difesa. Tuttavia, aveva condannato la persona che aveva sporto la querela (costituita parte civile) a rifondere le spese processuali e a versare una somma a titolo di risarcimento del danno all’imputato, ravvisando una colpa grave nella promozione della querela.

La parte civile proponeva appello, non contestando l’assoluzione dell’imputato, ma unicamente la propria condanna al pagamento delle spese e del risarcimento. Il Tribunale, in funzione di giudice d’appello, confermava integralmente la sentenza di primo grado. A questo punto, la parte civile si rivolgeva alla Corte di Cassazione, lamentando un errore nell’applicazione della legge penale.

La Decisione della Cassazione sulla condanna spese querelante

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio la sentenza d’appello e quella di primo grado limitatamente alla parte in cui condannavano il querelante. Il motivo centrale del contendere, e della successiva decisione, risiede in un punto cruciale della procedura penale: la differenza tra le formule assolutorie e i loro effetti.

Il ricorrente sosteneva, correttamente secondo la Corte, che la legge permette di condannare il querelante alle spese solo in presenza di specifiche formule di assoluzione, tra cui non rientra quella applicabile alla legittima difesa.

Le Motivazioni: La Formula Assolutoria è Decisiva

Il cuore della motivazione della Cassazione si basa sulla distinzione tra l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” e quella “perché il fatto non costituisce reato”.

* “Perché il fatto non sussiste”: Questa formula si usa quando il fatto storico descritto nell’imputazione non è mai accaduto o non è stato commesso dall’imputato.
* “Perché il fatto non costituisce reato”: Questa formula si applica quando il fatto storico è avvenuto ed è stato commesso dall’imputato, ma non è considerato un reato dalla legge perché manca l’elemento soggettivo (dolo o colpa) o, come nel caso di specie, è presente una causa di giustificazione (es. la legittima difesa).

Gli articoli 542 e 427 del codice di procedura penale prevedono che la condanna spese querelante possa essere disposta solo quando l’imputato viene assolto con le formule “perché il fatto non sussiste” o “per non aver commesso il fatto”.

Nel caso analizzato, l’imputato era stato assolto perché aveva agito per legittima difesa. La Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato secondo cui, in presenza di una causa di giustificazione come la legittima difesa, la formula assolutoria corretta è “perché il fatto non costituisce reato”. Di conseguenza, i giudici di merito, pur riconoscendo la legittima difesa, hanno errato nel condannare il querelante alle spese, poiché mancava il presupposto normativo richiesto, ovvero una delle due specifiche formule assolutorie previste dalla legge.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche. Essa riafferma un principio di garanzia per chi decide di esercitare il proprio diritto di querela. Sebbene la legge preveda un meccanismo sanzionatorio per scoraggiare querele temerarie o presentate con colpa grave, tale meccanismo è strettamente legato a precise condizioni procedurali.

In sintesi, un cittadino che sporge una querela e vede l’imputato assolto per legittima difesa non dovrà temere una condanna automatica al pagamento delle spese legali. La decisione della Cassazione protegge il diritto di accesso alla giustizia, circoscrivendo la possibilità di sanzionare il querelante solo ai casi tassativamente previsti dalla legge, legati all’insussistenza stessa del fatto storico denunciato.

Chi viene assolto per legittima difesa può chiedere il risarcimento dei danni e delle spese al querelante?
No, secondo questa sentenza, la condanna del querelante alle spese e ai danni è prevista solo per specifiche formule assolutorie (“perché il fatto non sussiste” o “per non aver commesso il fatto”), che non includono quella corretta per la legittima difesa.

Qual è la formula assolutoria corretta in caso di legittima difesa?
La formula corretta è “perché il fatto non costituisce reato”, poiché il fatto materiale è avvenuto, ma è giustificato dalla legge e quindi non è considerato un illecito penale.

Perché la scelta della formula assolutoria da parte del giudice è così importante?
È fondamentale perché da essa dipendono precise conseguenze giuridiche. In questo caso, solo le formule “perché il fatto non sussiste” o “per non aver commesso il fatto” possono attivare il meccanismo di condanna del querelante alle spese e al risarcimento, come previsto dagli artt. 427 e 542 c.p.p.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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