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Concussione in concorso: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di un ufficiale pubblico e di un suo complice, condannati per concussione in concorso. La sentenza chiarisce i limiti del ricorso in Cassazione, che non può riesaminare i fatti, e conferma la responsabilità dell’extraneus che agisce in accordo con il pubblico ufficiale per costringere un imprenditore a eseguire lavori non retribuiti. La Corte ha ritenuto le doglianze generiche e manifestamente infondate.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concussione in concorso: quando il privato risponde con il pubblico ufficiale

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 37870/2025, ha affrontato un interessante caso di concussione in concorso, fornendo chiarimenti cruciali sul ruolo del complice privo di qualifica pubblica (l’extraneus) e sui limiti del ricorso per legittimità. La decisione conferma la condanna di un alto ufficiale e di un civile per aver costretto un imprenditore a eseguire lavori edili senza compenso, ribadendo principi fondamentali del nostro ordinamento penale e processuale.

I fatti del caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla denuncia di un imprenditore edile, costretto da un alto ufficiale delle forze armate a effettuare importanti lavori di ristrutturazione in un appartamento a sua disposizione a Roma. L’ufficiale, abusando della sua posizione e del timore che incuteva, ha ottenuto gratuitamente le prestazioni professionali. A mediare e a esercitare pressioni sull’imprenditore è stato un secondo soggetto, un civile, che ha agito in piena sintonia con il pubblico ufficiale. Quest’ultimo, definito extraneus, è stato fondamentale nel convincere la vittima ad assecondare le richieste illecite, rappresentandole le conseguenze negative di un eventuale rifiuto. Dopo un complesso iter processuale, che ha visto un annullamento con rinvio di una precedente assoluzione in appello, la Corte d’Appello ha infine condannato entrambi gli imputati per il reato di concussione consumata in concorso.

La decisione della Corte di Cassazione

I due imputati hanno presentato ricorso in Cassazione, lamentando vizi di motivazione e travisamento della prova. La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, ritenendoli manifestamente infondati e generici. I giudici di legittimità hanno sottolineato come i ricorsi non mirassero a evidenziare reali vizi logico-giuridici della sentenza impugnata, ma si risolvessero in un tentativo, non consentito in sede di Cassazione, di ottenere una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma di controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla coerenza logica della motivazione.

Le motivazioni della condanna per concussione in concorso

La sentenza si sofferma su due aspetti centrali. Il primo riguarda la responsabilità dell’extraneus nella concussione. La Cassazione conferma il consolidato orientamento secondo cui anche un privato cittadino può essere condannato per concussione in concorso, a condizione che la sua condotta contribuisca a creare lo stato di costrizione o soggezione psicologica nella vittima. È necessario che agisca in accordo con il pubblico ufficiale e che la vittima sia consapevole che la richiesta proviene da quest’ultimo. Nel caso specifico, il complice civile si era fatto “zelante portavoce” delle richieste illecite, insistendo con la vittima e sfruttando il rapporto di soggezione già instaurato dall’ufficiale.

Il secondo aspetto riguarda i limiti del ricorso per Cassazione. La Corte ha chiarito che, di fronte a una “doppia conforme” (condanna sia in primo grado sia in appello), le motivazioni delle due sentenze si integrano, formando un unico corpo argomentativo. Le censure degli imputati sono state ritenute generiche perché non si confrontavano efficacemente con la solida ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, ma si limitavano a proporre una lettura alternativa delle prove, in particolare della credibilità della persona offesa, già ampiamente e logicamente vagliata nelle sedi opportune.

Conclusioni

La pronuncia in esame è di notevole importanza pratica. In primo luogo, ribadisce che la lotta contro i reati dei pubblici ufficiali si estende anche a coloro che, pur essendo privati cittadini, si prestano a fungere da intermediari o da “braccio operativo” nell’azione illecita. In secondo luogo, essa serve da monito sui requisiti di ammissibilità del ricorso in Cassazione: non è sufficiente dissentire dalla valutazione delle prove fatta dai giudici di merito, ma è necessario individuare specifiche e manifeste illogicità o violazioni di legge nel percorso motivazionale della sentenza impugnata. Un ricorso che si limita a una rilettura dei fatti è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Come può un privato cittadino rispondere del reato di concussione in concorso?
Un privato cittadino (extraneus) risponde di concussione in concorso quando, pur non avendo la qualifica di pubblico ufficiale, agisce in accordo con quest’ultimo e la sua condotta contribuisce a creare nella vittima uno stato di costrizione o soggezione, funzionale a ottenere un’indebita dazione o promessa. È essenziale che la vittima sia consapevole che la richiesta proviene dal pubblico ufficiale.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso in Cassazione è dichiarato inammissibile quando i motivi sono generici, manifestamente infondati o non consentiti dalla legge. In particolare, è inammissibile un ricorso che, pur lamentando formalmente vizi di motivazione, mira in realtà a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (primo e secondo grado) e non alla Corte di Cassazione.

Cosa si intende per sentenza a “doppia conforme” e quali sono le sue implicazioni?
Si ha una sentenza a “doppia conforme” quando la Corte d’Appello conferma la decisione di condanna emessa dal Tribunale in primo grado. In questo caso, le motivazioni delle due sentenze si fondono in un unico corpo decisionale, rendendo più difficile per l’imputato contestare la ricostruzione dei fatti in Cassazione, a meno che non emergano vizi logici macroscopici o palesi violazioni di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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