Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 19719 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 19719 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME NOMECOGNOME nato a Villaricca il 07/02/1972
NOMECOGNOME nato a Cercola il 30/04/1965
avverso l’ordinanza emessa il 24/10/2024 dal Tribunale di Napoli;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME che ha conclus chiedendo per COGNOME l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata limitatamente alla esigenze cautelari il rigetto del ricorso proposto da COGNOME udito l’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso; udito l’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
(
Il Tribunale di Napoli, in sede di riesame, ha confermato l’ordinanza con cui è stata disposta la misura degli arresti domiciliari nei riguardi di NOME e COGNOME NOME.
COGNOME NOME, in qualità di dirigente presso l’ufficio per le politiche sociali, cultura e s del Comune di Giugliano in Campania, e NOME Paolo, consigliere dello stesso Comune, in concorso con COGNOME NOME avrebbero – con minacce reiterate dirette a COGNOME NOME, titolare del RAGIONE_SOCIALE, consistite nel prospettare allo stesso la possibilità di revoca della concessione della gestione del centro sportivo ovvero controlli da parte della polizia municipale – costretto questi a corrispondere la somma di 15.000 euro, dopo averne richiesto inizialmente 30.000.
In particolare, COGNOME, dopo un controllo della Polizia Municipale, sarebbe stato in più occasioni avvicinato dai ricorrenti, e successivamente da COGNOME, quest’ultimo parente di COGNOME, cheSli avrebbero richiesto la somma di denaro indicata al fine di risolvere eventuali irregolarità nella gestione del centro; in data 4 settembre 2024, presso lo studio dell’avv. COGNOME, COGNOME avrebbe consegnato a questi la somma di 15.000 euro (così l’imputazione).
Ha proposto ricorso NOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di gravità indiziaria.
Si rivisita l’assunto accusatorio secondo cui pretestuosamente COGNOME, dirigente comunale, e comandante ad interim della polizia municipale, di concerto con il consigliere comunale NOME COGNOME, avrebbe ordito un piano contro la società RAGIONE_SOCIALE, riconducibile a Laudiero, finalizzato alla revoca della concessione e che ciò avrebbe fatto al fine di poter trarre vantaggio; si contesta, in particola l’affermazione per cui strumentale a tale programma criminoso sarebbe stato l’accertamento dei vigili urbani del 9.5.2022, rispetto al quale, peraltro, il persona della Polizia municipale avrebbe relazionato solo il 30.5.2022.
Il Tribunale, si sostiene, avrebbe errato nel non considerare le spiegazioni fornite in sede di interrogatorio dallo stesso COGNOME volte a comprovare come la Polizia municipale e lo stesso COGNOME avessero posto in essere iniziative senza “secondi fini” ma per doveri istituzionali.
Il Comune infatti aveva rilevato nel marzo del 2022- dopo quattro anni dal rilascio della concessione – che la società RAGIONE_SOCIALE aveva accumulato un rilevante debito nei confronti dell’ente per i canoni annuali non pagati e ciò comportava la risoluzione del rapporto.
Per tali ragioni COGNOME NOME avrebbe proceduto a notificare alla società l’avvio del procedimento per il mancato pagamento del canone concessorio; il concessionario avrebbe a sua volta invitato l’ente a riesaminare la procedura amministrativa e a valutare una possibile compensazione fra i canoni non pagati e i lavori effettuati e non dovuti per rendere agibile la struttura concessa.
In questo contesto si collocherebbe l’accertamento dei vigili urbani del 9.5.2022 in cui furono rilevate una serie di violazioni (indicate in ricorso) poste in essere dalla soci concessionaria che, si assume, avrebbero concretato inadempienze contrattuali non sanabili (al riguardo sono dedicate numerose pagine del ricorso in cui si spiega perché sarebbero state quelle violazioni non sanabili, in quanto il concessionario aveva “stravolto” l’impianto sportivo).
Il Tribunale avrebbe invece erroneamente ritenuto, da una parte, che quelle violazioni fossero state in realtà sanate e regolarizzate e, dall’altra, che l’iniziativa dei Vigili Comune fosse solo un pretesto per perseguire finalità illecite, cioè per estorcere denaro.
Si fa riferimento a quanto dichiarato dall’avv. COGNOME COGNOME, legale di Laudiero, che, sentito, avrebbe riferito che questi, conscio delle irregolarità esistenti, si era rivolt solo al Sindaco ma anche ad altri soggetti per regolarizzare la propria posizione, rendendosi disponibile anche “a pagare soldi”.
Il Tribunale avrebbe inoltre errato nel ritenere pretestuoso l’avvio della pratica per revoca della concessione, in realtà scaturita dopo mesi di contatti anche con i difensori di Laudiero che lamentavano di non comprendere quali fossero le violazione’ contestate.
L’ordinanza sarebbe viziatcLanche in relazione al ruolo attribuito a COGNOME, che non avrebbe mai avuto un contatto diretto con COGNOME (avrebbe assistito a due incontri tra COGNOME e COGNOME); in mancanza di prova di un accordo tra COGNOME, COGNOME e il personale di polizia municipale, che solo giustificherebbe la pretestuosità dell’intervento di questa, volto, in realtà, a costringere COGNOME a consegnare denaro nell’ambito del procedimento volto alla revoca della concessione, non sarebbe chiaro perché sarebbe inattendibile la versione fornita dallo stesso COGNOME il quale aveva riferito di esser interessato alla vicenda, in qualità di presidente della commissione consigliare competente, in ragione della macroscopiche violazioni della società concessionaria e che sulle stesse dovesse relazionare; ciò spiegherebbe perché COGNOME dovesse richiedere gli atti per esaminarli.
NOME non avrebbe mai interloquito con COGNOME sulla vicenda e non avrebbe mai incontrato COGNOME.
L’assunto del Tribunale, secondo cui COGNOME, attraverso suo cugino COGNOME, avrebbe veicolato a Laudiero la richiesta di denaro sarebbe viziato anche alla luce degli esiti delle conversazioni intercettate, da cui emergerebbe, invece, il contrario, e cio che COGNOME, il cui aiuto era stato chiesto dall’avv. COGNOME, legale di Laudiero, si sarebb limitato a consigliare di produrre la documentazione richiesta per impedire il provvedimento dirigenziale di revoca.
Proprio la circostanza che il Tribunale avrebbe escluso la gravità indiziaria per COGNOME costituirebbe un ulteriore elemento distonico rispetto alla ricostruzione accusatoria.
COGNOME avrebbe riferito che COGNOME si era recato a casa sua per dirgli della richiesta, veicolata tramite COGNOME, di denaro da parte di NOME e COGNOME, ma detta ricostruzione sarebbe smentita dallo stesso COGNOME che avrebbe riferito – nella immediatezza del ritrovamento delle somme di denaro e dell’arresto di COGNOME – di non essere mai andato a casa di COGNOME e che, al contrario, sarebbe stato questi a dirgli di avere ricevuto una richiesta di denaro.
COGNOME sarebbe stato consapevole delle violazioni compiute, avrebbe interloquito con più soggetti perchè fosse aiutato anche “pagando”; quando COGNOME si sarebbe reso conto che COGNOME e COGNOME stavano procedendo alla revoca, avrebbe deciso di farli arrestare mettendosi a disposizione della polizia giudiziaria e agendo secondo le direttive di questa.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alle esigenze cautelari.
NOME si sarebbe dimesso dalla carica di consigliere comunale, ma il Tribunale avrebbe ritenuto insufficiente ciò in ragione della caratura politica del ricorrente, de rete di relazioni sociali acquisita negli anni anche con gli altri consiglieri e dirig della perdurante militanza politica: ciò secondo il Tribunale, non escluderebbe la possibilità di riproduzione “di analoghi schemi operativi illeciti”.
Sostiene l’indagato che la motivazione sarebbe viziata in quanto assertiva nella parte in cui il Tribunale ha avanzato dubbi sulla effettività delle dimissioni e del l perfezionamento.
NOME, si aggiunge, non avrebbe la caratura politica attribuitagli.
Ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME articolando tre motivi.
3.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di gravità indiziaria.
COGNOME:
non sarebbe coinvolto nei rapporti tra COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME e sarebbe totalmente estraneo alla consegna del denaro da COGNOME a COGNOME che lo depositò presso lo studio di COGNOME, dove fu immediatamente sequestrato;
non avrebbe mai incontrato nessuno al di fuori del suo ufficio, al Comune;
nessuno avrebbe riferito di richieste di denaro da parte di COGNOME e lo stesso COGNOME avrebbe dichiarato che COGNOME ebbe a contattarlo per dirgli che COGNOME gli aveva riferito che per sanare la situazione avrebbe dovuto dare un obolo al dirigente COGNOME e al consigliere COGNOME;
le intercettazioni comproverebbero l’assenza di contatti tra COGNOME e gli altri protagonisti della vicenda.
In tale contesto, si aggiunge, era stata dedotta la nullità dell’ordinanza genetica che si era limitata ad affermare come le spiegazioni degli indagati non avessero scalfito il
quadro indiziario, senza, tuttavia, rispondere graficamente alle deduzioni difensive poste in sede di interrogatorio preventivo; lo stesso Tribunale avrebbe errato nel ritenere non fondata l’eccezione, affermando come proprio il contenuto dell’interrogatorio di NOME avesse rafforzato l’ipotesi accusatoria, atteso che, da una parte, la richiesta di quest di accesso agli atti avrebbe dovuto essere interpretata come un ulteriore mezzo di pressione sulla persona offesa – in quanto entrambi gli indagati avevano affermato che la revoca della concessione non era di competenza del consiglio comunale – e, dall’altra, che, a distanza di due anni dal sopralluogo della polizia municipale, la pratica non era stata chiusa.
Si tratterebbe di una integrazione della motivazione viziata,tenuto conto che la difesa aveva lamentato l’assenza di motivazione sull’effettivo coinvolgimento del ricorrente nella vicenda.
Sul tema il Tribunale, al fine di comprovare il coinvolgimento del ricorrente, avrebbe ritenuto pretestuosi i provvedimenti da questi adottati, senza considerare che le violazioni registrate non sarebbero state “inventate” da COGNOME.
Si ripercorrono le violazioni accertate dalla Polizia Municipale nel corso del controllo compiuto il 9.5.2022 e i successivi sviluppi; in tale contesto si inserirebbe la richiesta denaro, il mancato coinvolgimento di COGNOME nei rapporti tra COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME e la mancata specificazione del ruolo di COGNOME.
Né sarebbe attribuibile all’indagato la decisione degli inquirenti di interveni immediatamente presso lo studio di Smarrazzo senza aspettare di verificare a chi quel denaro avrebbe dovuto essere destinato.
3.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di gravità indiziaria; il tema attiene alla assunzione, in violazione dell’art comma 2, cod. proc. pen., delle dichiarazioni di Russo del 4.9.2024, dopo cioè l’arresto di COGNOME.
La questione sarebbe stata totalmente ignorata dal Giudice per le indagini preliminari ed era stata devoluta al Tribunale che l’avrebbe erroneamente respinta senza considerare che COGNOME sarebbe l’esecutore materiale del reato, avrebbe materialmente richiesto e ricevuto la tangente alla persona offesa, consegnando il denaro a COGNOME.
Il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto infondata l’eccezione sulla base delle convinzioni di COGNOME che aveva indicato COGNOME e COGNOME come soggetti intermediari estranei alle pressioni che sta a ricevendo
3.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al /1 giudizio di responsabilità.
L’assunto è che proprio le dichiarazioni di COGNOME dimostrerebbero che COGNOME, chesecondo COGNOME– era disposto a dare denaro per aggiustare la situazione, non sarebbe stato una vittima di concussione ma un correo ai sensi dell’art. 319 quater cod. pen
Sono stati presentati motivi nuovi nell’interesse di COGNOME NOME con i quali si riprendono e si sviluppano ulteriormente gli argomenti posti a fondamento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondati nei limiti di cui si dirà.
Quanto al ricorso proposto da NOME il primo motivo è fondato limitatamente alla qualificazione giuridica dei fatti.
Il Tribunale ha innanzitutto fatto riferimento alle dichiarazioni di COGNOME che avev riferito delle irregolarità riscontrate, ai contatti con COGNOME, alla presenza nella sta di questi di COGNOME in occasione degli iitcontri avuti con il primo, alle informaz ricevute dal suo legale, Avv. COGNOME che aveva appreso da COGNOME, parente di COGNOME, che, per sanare la situazione, occorreva versare un “obolo” agli stessi COGNOME e COGNOME, alle reiterate richieste, alla trattativa intercorsa sul quantum di denaro corrispondere, alla organizzazione dell’incontro in cui il denaro avrebbe dovuto essere consegnato, alla dazione della somma.
Le dichiarazioni di COGNOME, rispetto alle quali, nessun reale interesse inquinante è stato dedotto, sono state poste dal Tribunale in connessione con le risultanze delle conversazioni – riportate nella ordinanza – relative ai contatti: a) tra COGNOME e COGNOME per la consegna del denaro; b) a quelli tra COGNOME e COGNOME e, in particolare, a quello del 10.8.2024 in cui- si è evidenziato- fu proprio COGNOME a collegare la dazione “dei documenti” (cioè del denaro) al procedimento che riguardava la gestione del centro Anthares; c) tra COGNOME e COGNOME e, in particolare, le risultanze della conversazione del 28 agosto 2024 – progressivo n. 4701 – in cui COGNOME ribadì che avrebbe dovuto essere COGNOME ad organizzare l’incontro, raccomandandosi che i “documenti” che avrebbero dovuto essere consegnati in quella occasione, dovessero andare “nella mani” di COGNOME e COGNOME;: d) alle fasi che portarono alla consegna del denaro.
Il Tribunale ha inoltre puntualmente descritto: a) le fasi che portarono alla consegna del denaro in occasione dell’appuntamento concordato; b) l’arresto in flagranza di COGNOME; c) il contenuto delle dichiarazioni rese da COGNOME dopo l’arresto di COGNOME.
Si tratta di un quadro indiziario obiettivamente molto grave e preciso, rispetto al quale tutte le argomentazioni volte a contestare il coinvolgimento del ricorrente nei fatt per cui si procede rivelano la loro strutturale inconsistenza.
I “documenti” oggetto delle conversazioni, alla luce di ciò che accadde, non erano affatto, diversamente dagli assunti difensivi, relativi alla pratica di revoca d concessione, ma il denaro oggetto della tangente.
Quel denaro avrebbe dovuto essere consegnato a NOME e COGNOME; nulla è stato spiegato sul senso di quelle conversazioni, sul perché, secondo il ricorrente – al di l delle questioni di qualificazione giuridica dei fatti, di cui si dirà- COGNOME avrebbe dov consegnare denaro, perché avrebbe dovuto accusare ingiustamente NOME, quale fosse l’interesse di NOME a contattare COGNOME per parlare della dazione del denaro, perché, al di là delle inconsistenti giustificazioni, NOME fosse presente in silenzi occasione degli incontri tra COGNOME e COGNOME.
Il motivo di ricorso, per come strutturato, esula dal percorso di una ragionata censura del complessivo percorso motivazionale del provvedimento impugnato, con il quale obiettivamente non si confronta, e si risolve in una indistinta critica difettiv frammentazione del ragionamento sotteso al ricorso, la moltiplicazione di rivoli argomentativi neutri o, comunque, non decisivi, la scomposizione indistinta di fatti e di piani di indagine non ancorata al ragionamento probatorio complessivo della ordinanza impugnata, la valorizzazione di singoli elementi il cui significato viene scisso e esaminato atomisticamente rispetto all’intero contesto, violano il necessario onere di specificazione delle critiche mosse al provvedimento (sul tema, Sez. 6, n. 10539 del 10/02/2017, COGNOME, Rv. 269379).
Ne consegue l’inammissibilità del motivo di ricorso limitatamente alla ricostruzione degli accadimenti e al chiaro coinvolgimento del ricorrente.
L’ordinanza deve tuttavia essere annullata quanto al profilo della qualificazione giuridica dei fatti.
È noto come con l’introduzione dell’art. 319 -quater cod. pen., si sia cercato di riordinare una delle aree più controverse della disciplina in materia di delitti contro pubblica amministrazione, quale quella che si colloca al confine tra concussione e corruzione.
In particolare, con la legge n. 190 del 2012 la “vecchia” fattispecie di concussione, di cui all’art. 317 cod. pen. – fattispecie mista alternativa che ruotava sulle due condott del “costringere” e dell’indurre” – è stata sdoppiata, cosicché la concussione ruota oggi esclusivamente sulla condotta di costrizione, mentre la condotta di induzione, espunta dall’art. 317, ricade nella fattispecie del ‘nuovo reato’ di cui all’art. 319-quater.
In tale contesto, il concusso continua ad essere una vittima – non punibile – della concussione costrittiva, mentre, invece, è considerato espressamente corresponsabile della nuova fattispecie di cui all’art. 319 – quater, sia pur con pena inferiore rispett quella prevista per il pubblico agente induttore.
Lo scopo dell’intervento legislativo del 2012 è tradizionalmente individuato nella esigenza di porre ordine e distinguere i contorni delle interazioni collusive tra pubblic e privato, i confini tra costrizione e convenienza, tra vittima e approfittatore.
Il riferimento è ai casi, assai frequenti, in cui il rapporto tra pubblico agente e pri è tale che, da un lato, non si può certamente dire che i due siano in una situazione di parità (poiché è comunque il primo a tenere le fila della scambio, facendo valere, più o meno esplicitamente, il peso della propria posizione), ma, dall’altro lato, non si può neanche dire che il privato vi partecipi nel ruolo della mera vittima sopraffatta.
Il riferimento è alle situazioni di frontiera nelle quali, mentre le condotte di entra i soggetti appaiono meritevoli di pena, poiché entrambi traggono dalla vicenda benefici che non avrebbero diritto di trarre, delle due, nondimeno, è quella del pubblico agente ad essere comparativamente più grave, poiché questi non si limita ad ottenere l’indebito beneficio ma induce il privato a darglielo o a prometterglielo, e lo fa abusando dei propri poteri (così, in dottrina).
In questo contesto si collocano i principi affermati dalle Sezioni unite con la sentenza “Maldera”.
Nell’occasione si è chiarito che:
la condotta di costrizione “evoca una condotta di violenza e di minaccia e che la minaccia, quale modalità dell’abuso costrittivo, presuppone sempre un autore e una vittima, il che spiega il ruolo di vittima che assume il concusso”;
il delitto di induzione indebita ex art. 319-quater è invece connotato negativamente, dall’assenza di violenza-minaccia da parte dell’intraneus e, in positivo, dalla esistenza di un vantaggio indebito in capo all’extraneus;
al termine di “induzione” deve attribuirsi il preciso significato di alterazione processo volitivo altrui, che, pur condizionato da un rapporto comunicativo non paritario, conserva, rispetto alla costrizione, più ampi margini decisionali, che l’ordinamento impone di attivare per resistere alle indebite pressioni del pubblico agente e per non concorrere con costui nella conseguente lesione di interessi di importanza primaria, quali l’imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione;
le modalità della condotta induttiva, pertanto, si concretizzano nella persuasione, nella suggestione, nell’allusione, nel silenzio, nell’inganno anche variamente e opportunamente collegati e combinati tra di loro, purché tali atteggiamenti non si risolvano nella minaccia, anche implicita, da parte del pubblico agente, di un danno antigiuridico, senza alcun vantaggio indebito per l’extraneus;
nella induzione il soggetto privato cede alla richiesta del pubblico agente non perché coartato e vittima del metus nella sua espressione più forte, ma nell’ottica di trarre u indebito vantaggio; – quanto alla differenza tra la condotta di induzione e quella di sollecitazione di cui all’art. 322, commi terzo e quarto, cod. pen., il concetto “induzione” presuppone un quid pluris rispetto al concetto di “sollecitazione” e deve essere colto nel carattere perentorio ed ultimativo della richiesta e nella natura reiterat ed insistente della medesima;
l’induzione indebita è un reato plurisoggettivo proprio o normativamente plurisoggettivo in cui la prevista punibilità dell’indotto non investe direttamente struttura tipica del reato, ma interviene, per così dire, solo “al suo esterno” (così Se U., n. 12228, del 24/10/2013, Maldera).
4. Il Tribunale non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati.
L’intera ricostruzione accusatoria è fondata sull’assunto per cui, nel caso di specie, sarebbe configurabile il reato di concussione perché il rischio di revoca della concessione sarebbe stato ventilato pur in assenza dei suoi presupposti legittimanti; si sostiene, cioè, che la prospettazione di revoca della concessione avrebbe costituito lo strumento ingiusto, in quanto pretestuoso, per coartare la volontà di COGNOME.
Secondo il Tribunale, cioè, rispetto al reato di concussione, la minaccia sarebbe consistita proprio nel ventilare a Laudiero la possibilità di revocare la concessione i ragione di violazioni in realtà non sussistenti o, comunque, blande ovvero, sanate.
E tuttavia, quello che non è chiaro è: a) se davvero, come dedotto dal ricorrente, la società di RAGIONE_SOCIALE avesse rilevanti morosità per canoni con pagati; b) perché, ove esistenti, dette morosità non avrebbero giustificato la revoca della concessione; c) per quali ragioni, rispetto alla possibilità di revoca, non avessero rilievo le irregola riscontrate dalla polizia municipale e, soprattutto, perché quelle irregolarità fosser pretestuose e incerte (cfr. pag. 18 ordinanza impugnata); d) per quale motivo la Polizia Municipale – salvo a non voler ipotizzare una collusione con i ricorrenti, di cui, tuttav nella ordinanza impugnata non vi è traccia – avrebbe dovuto documentare violazioni insussistenti; e) perché la richiesta di denaro non potrebbe essere stata funzionale a gestire il procedimento da parte degli odierni ricorrenti e dello stesso COGNOME, in modo tale che, a fronte della dazione della tangente, COGNOME potesse conseguire un vantaggio che non avrebbe avuto diritto di conseguire, cioè la mancata revoca della concessione pur in presenza delle violazioni che l’avrebbero giustificata.
Si tratta di profili dirimenti ai fini della corretta qualificazione dei fatti, della p degli stessi dichiaranti, della valenza della prova dichiarativa.
Ne consegue che, ferma la ricostruzione della valenza illecita dei fatti, sul punto l’ordinanza deve essere annullata; il Tribunale, applicherà i principi indicati e valuter da una parte, se i fatti in esame debbano essere ricondotti al reato di concussione o al reato previsto dall’art. 319 quater cod. pen., e, per l’effetto, se e in che limiti utilizzabili le dichiarazioni assunte, anche alla luce di ciò che si dirà per le dichiaraz assunte da Russo.
È fondato il secondo motivo di ricorso.
5.1. La Corte di cassazione ha chiarito in molteplici occasioni come in tema di reati contro la Pubblica Amministrazione, l’attualità del pericolo di reiterazione di reati del
stessa specie ex art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., può ritenersi sussistente anche nel caso in cui il pubblico agente risulti sospeso o dimesso dal servizio, purché il giudice fornisca adeguata e logica motivazione in merito alla mancata rilevanza della sopravvenuta sospensione o cessazione del rapporto, con riferimento alle circostanze di fatto che concorrono a evidenziare la probabile rinnovazione di analoghe condotte criminose da parte dell’imputato nella mutata veste di soggetto estraneo all’amministrazione.
Il giudizio di prognosi sfavorevole sulla pericolosità sociale dell’incolpato non è di p sé impedito dalla circostanza che l’indagato abbia dismesso la carica o esaurito l’ufficio nell’esercizio del quale aveva realizzato la condotta addebitata e tuttavia, la validità tale principio deve essere rapportata al caso concreto, là dove il rischio di ulteri condotte illecite del tipo di quella contestata deve essere reso probabile da una permanente posizione soggettiva dell’agente che gli consenta di continuare a mantenere, pur nell’ambito di funzioni o incarichi pubblici diversi, condotte antigiuridich aventi lo stesso rilievo ed offensive della stessa categoria di beni e valori di appartenenza del reato commesso.
5.2. Nel caso di specie, non è in contestazione che il ricorrente abbia presentato le dimissioni il 14.10.2024.
Il Tribunale, tuttavia, ha ritenuto sostanzialmente irrilevanti dette dimissio ritenendo sussistente il pericolo di recidiva in ragione delle relazioni che l’indaga avrebbe con gli altri consiglieri e con i dirigenti, della perdurante militanza politi della sua influenza personale; detti elementi non potrebbero escludere, secondo il Tribunale, la “riproduzione di analoghi schemi operativi illeciti”.
Si tratta di una motivazione obiettivamente assertiva, perché, al di là del generico riferimento alla posizione dell’indagato, non viene indicato nessun elemento concreto fattuale, idoneo a far ipotizzare che, nonostante, le dimissioni, NOME possa influenzare l’azione amministrativa al punto da reiterare l’illecito; né sono st individuati i soggetti che manterrebbero con NOME rapporti tali da consentirgli di inquinare ancora l’azione amministrativa.
Ne consegue che anche sul punto la ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.
Quanto al ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME per il primo e il terzo motivo è sufficiente richiamare le considerazioni già compiute per il computato.
Escluso, per le ragioni correttamente indicate dal Tribunale, che nella specie sussista la nullità della ordinanza genetica per difetto di autonoma valutazione, il primo e terzo motivo sono infondati quanto al tema della gravità indiziaria relativa a coinvolgimento nei fatti del ricorrente, alla sua piena partecipazione concorsuale, mentre, invece, l’ordinanza deve essere annullata quanto alla qualificazione giuridica
dei fatti per le ragioni di cui si è già detto, tema, questo, in astratto idoneo ad inci sulla veste giuridica dei dichiaranti.
7. E’ fondato anche il secondo motivo di ricorso.
Il tema attiene alla utilizzabilità delle dichiarazioni assunte da COGNOME NOME il settembre 2024, dopo l’arresto di COGNOME.
Si tratta di dichiarazioni assunte da soggetto a cui non sono stati dati gli avvisi di c all’art. 63 cod. proc. pen. e che è stato sentito in qualità di persona informata sui fa
Sostiene il ricorrente, come già detto, che quelle dichiarazioni sarebbero inutilizzabil ai sensi dell’art. 63, comma 2, cod. proc. pen.
Il Tribunale, a cui la questione era stata devoluta, ha correttamente richiamato i principi affermati dalle Sezioni unite Mills con la sentenza n. 15208 del 25.2.2010, secondo cui, allorché venga in rilievo la veste che può assumere il dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, e quindi al di là del riscontro di formali, come l’eventuale già intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato, l’attribuibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento in cu dichiarazioni stesse vengano rese, e il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimità.
Sulla base di tali principi, il Tribunale ha ritenuto corretta la veste di pers informata sui fatti attribuita a NOME e ciò in ragione della circostanza che COGNOME avrebbe @sempre indicato NOME come un mero intermediario, estraneo alle pressioni.
Si tratta di un ragionamento viziato atteso che la verifica della posizione de dichiarante non avrebbe potuto essere compiuta sulla base delle sole dichiarazioni di COGNOME, quanto, piuttosto, in ragione dell’intero materiale indiziario esistente momento in cui quelle dichiarazioni furono rese.
Non è obiettivamente chiaro perché, rispetto al fatto per cui si procede – comunque lo si intenda qualificare – dovrebbe essere estraneo al reato un soggetto come Russo rispetto al quale, al momento in cui furono assunte le dichiarazioni, emergeva chiaramente come egli fosse colui che: a) aveva materialmente veicolato la richiesta illecita ; b) si era adoperato in tutta la fase preparatoria dell’incontro fissato pe consegna del denaro; c) conosceva il senso, la portata e il contenuto dell’incontro con Smarrazzo; d) materialmente consegnò la tangente.
Si tratta di temi decisivi rispetto alla esatta definizione della veste del dichiarant delle garanzie sottese alla assunzione della prova dichiarativa
Ne consegue che anche sul punto l’ordinanza impugnata deve essere annullata.
Il Tribunale procederà ad una nuova valutazione, tenendo conto delle circostanze indicate, e verificherà se e in che limiti le dette dichiarazioni siano utilizzabili e, ove lo siano, accerterà la decisività delle stesse rispetto al giudizio di gravità indizia tenuto conto del complesso quadro di riferimento, della qualificazione giuridica dei fatti,
della stessa veste giuridica di COGNOME derivante da una possibile riconduzione dei fatti al reato di cui all’art. 319 quater cod. pen.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di entrami ricorrenti e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 13 febbraio 2025
Il sigliere estensore
Il Presidente