Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37365 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37365 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 07/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato a Santa Marina il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/04/2025 del Tribunale di Potenza
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udita la requisitoria del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di rigettare il ricorso; uditi l’AVV_NOTAIO e l’AVV_NOTAIO, difensori del ricorrente, che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15 aprile 2025 il Tribunale di Potenza, in accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico ministero presso il Tribunale di Lagonegro avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Lagonegro il 10 febbraio 2025, ha disposto l’applicazione della misura
cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 317 cod. pen.
A NOME COGNOME, quale Sindaco di Santa Marina, è stato contestato il delitto di concussione, per avere costretto NOME COGNOME, proprietario di un complesso immobiliare, venduto nel 2019, a versargli la somma di euro 10.000, avendogli prospettato che, se non avesse aderito alle sue richieste indebite, “la vendita sarebbe saltata” e, comunque, in seguito, non avrebbe ottenuto dal Comune i titoli edilizi necessari per condurre la sua attività commerciale.
Avverso l’ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, attraverso il suo difensore, deducendo i motivi di seguito indicati.
3.1. Violazione di legge e vizi della motivazione, per avere il Tribunale errato nel ritenere che la richiesta indebita fosse precedente alla vendita del complesso immobiliare da parte di NOME COGNOME agli imprenditori NOME COGNOME e NOME COGNOME, verificatasi il 25 maggio 2019, mentre sarebbe successiva, così che la definizione di tale vendita non avrebbe potuto costituire circostanza idonea ad azzerare l’autonomia decisionale della persona offesa. Inoltre, dai documenti, depositati all’udienza del 27 gennaio 2025, risulterebbe che l’attività economica riconducibile a NOME COGNOME ed insistente sul terreno già venduto a COGNOME e COGNOME è cessata dal 15 settembre 2019, ovvero dopo la stipula del contratto di vendita mediante scrittura privata del 25 maggio 2019 e ben prima della stipula dell’atto pubblico di dicembre 2019. Cadrebbe anche la prospettazione del RAGIONE_SOCIALE secondo cui il pubblico ufficiale avrebbe minacciato di bloccare l’attività economica, cessata, invece, ben prima della stipula dell’atto pubblico, avvenuta a dicembre 2019.
3.2. Violazione di legge e vizi della motivazione, per avere il Tribunale fatto ricorso alla categoria del notorio per spiegare la sistematicità dell’ingerenza dell’indagato nelle dinamiche locali o nella gestione dell’U.T.C., ma il notorio è costituito da quelle conoscenze per le quali non vi è la necessità della dimostrazione del probandum, in quanto o corrispondenti a comuni cognizioni storiche o riguardanti forme elementari di manifestazione delle forze della natura e delle relative leggi a tutti familiari. Le sporadiche ingerenze dell’indagato non costituiscono, però, cognizioni storiche che non necessitano di dimostrazioni del probandum, in quanto l’indagato è incensurato e i fatti riferiti a suo carico sarebbero estemporanei. La documentazione prodotta, svilita dal Tribunale, escluderebbe una situazione di monopolio nel settore dell’edilizia da parte del sindaco COGNOME e dei tecnici a
lui vicini. Assumere che nella presente vicenda si sarebbe replicato un medesimo modus operandi del NOME, già constatato in vicende analoghe, integrerebbe motivazione di tipo congetturale o apparente, non basata su dati concreti.
3.3. Violazione di legge e vizi della motivazione, per avere il Tribunale errato nel ritenere che l’indagato si fosse autoimposto nella trattativa. Dalle deposizioni di COGNOME e COGNOME sarebbe risultato che egli era stato coinvolto sia da COGNOME, il quale anche in presenza degli acquirenti gli aveva chiesto di redigere le scritture private, sia da NOME COGNOME, per il quale l’ing. COGNOME è stato sempre il suo tecnico di fiducia, come per NOME COGNOME.
3.4. Violazione di legge e vizi della motivazione, per avere il Tribunale dato per accertata la dazione di C 10.000, affidandosi esclusivamente alle dichiarazioni di NOME COGNOME e sorvolando sulle molteplici contraddittorietà intrinseche del racconto del medesimo, come indicate alle pagine 19 e 20 del ricorso. Secondo il Tribunale, NOME COGNOME aveva versato la somma sotto costrizione del pubblico ufficiale, il quale, diversamente, oltre a fargli saltare la vendita, avrebbe potuto compromettere la stessa continuità dell’attività economica, bloccando il rilascio di titoli concessori a cui la stessa attività era ancora sottoposta, servendosi di un controllo pieno e incondizionato degli uffici comunali. Dalla lettura degli atti investigativi emergerebbe, invece, che, nel momento in cui l’ing. COGNOME venne coinvolto da NOME COGNOME e NOME COGNOME nelle trattative, di fatto la vendita era già avvenuta, così che cadrebbe la prospettazione accusatoria nella parte in cui rappresenta l’indagato come quel pubblico ufficiale con il potere di far saltare una vendita, già ampiamente perfezionata.
3.5. Violazione di legge e vizi della motivazione, per avere il Tribunale ritenuto la persona offesa attendibile, trascurando il notevole lasso di tempo intercorso tra la data nella quale la persona offesa avrebbe subito la concussione (dicembre 2019) e quella della denuncia (circa quattro anni più tardi). Tale elemento sarebbe sintomatico di una totale inattendibilità del racconto del COGNOME, atteso che sarebbe illogico che una persona concussa continui a mantenere rapporti personali e professionali con l’autore del metus publicae potestatis. La persona offesa ha dichiarato l’inesistenza di rapporti professionali con l’ing. COGNOME, mentre gli stessi risultavano ampiamente documentati dai documenti depositati dalla difesa.
Il 22 e il 29 settembre 2025 sono pervenute memorie nell’interesse del ricorrente, con cui si è insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
1.1. Il Tribunale di Potenza ha evidenziato che NOME COGNOME, proprietario di un immobile venduto a NOME COGNOME e NOME COGNOME nel 2019, aveva dichiarato che era stato costretto a versare la somma di euro 10.000 a NOME COGNOME, Sindaco di Santa Marina, il quale gli aveva detto che, se non avesse aderito alle sue richieste indebite, “la vendita sarebbe saltata” e non avrebbe ottenuto i titoli amministrativi necessari per l’esercizio dell’attività nello stabile.
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dopo avere sottolineato che dalle dichiarazioni dei cittadini escussi dalla polizia giudiziaria era emersa l’ingerenza dell’indagato negli affari locali e, in particolare, dell’ufficio tecnico comunale, ha rilevato che, «dato lo scenario previamente delineato, o la persona offesa cedeva alla minaccia del NOME o non poteva compravendere il proprio bene; né lo stesso sarebbe stato appetibile, in quanto senza il placet del NOME non avrebbe avuto la possibilità di trasformazione edilizia, che lo rendeva interessante agli occhi degli acquirenti». Inoltre, quando la persona offesa non intendeva ulteriormente vendere il bene, essendo emersa una seconda scrittura privata, redatta dal COGNOME a un prezzo inferiore rispetto a quello previamente pattuito, la stessa persona offesa era stata indotta a concludere l’affare a fronte della coercizione in tal senso del NOME che la induceva a firmare e tacere.
Secondo il Tribunale, le dichiarazioni in tal senso della persona offesa erano state confermate da uno dei due acquirenti, che aveva detto che la persona offesa si era trattenuta da sola con l’indagato nel corso di una riunione avuta nello studio di quest’ultimo. Inoltre, gli acquirenti dell’immobile avevano dichiarato che, presso il ristorante “Da Alfonso”, la persona offesa aveva loro negato uno sconto proprio a causa della dazione effettuata in favore dell’indagato.
Il Tribunale ha precisato che il versamento del denaro non trovava spiegazione né nei rapporti professionali intercorsi tra la persona offesa e l’indagato né nel ruolo svolto dal Sindaco nella compravendita, in quanto, come emerso dalle dichiarazioni acquisite, non vi era stata la richiesta delle parti di mediare per la conclusione dell’affare, ma il Sindaco aveva imposto la sua intromissione alle parti per lucrare sull’affare, tanto che NOME COGNOME, inizialmente interessato all’acquisto, si era dovuto tirare indietro, non essendo gradito al Sindaco. D’altra parte, non si comprenderebbe il senso del lasciare i dispositivi cellulari al di fuori dello studio del NOME, in occasione degli
incontri delle parti della compravendita del bene della persona offesa, come riferito anche da COGNOME, se non in un’ottica di evitamento delle prove in caso di indagini, nella consapevolezza dell’attività illecita svolta dal Sindaco.
Dalle intercettazioni emergeva, poi, che COGNOME e COGNOME erano stati avvicinati dall’indagato, dal figlio e dal collaboratore COGNOME e avevano lamentato pressioni da parte degli stessi per tenere la medesima linea difensiva sui fatti scrutinati, escludendone la rilevanza penale.
1.2. Siffatta motivazione si appalesa viziata.
Accertato, come sottolineato da entrambi i Giudici della cautela, che la somma di euro 10.000 era stata versata da NOME COGNOME all’indagato, va precisato che i profili critici della vicenda, su cui si registrano epiloghi diversi nei provvedimenti di merito, concernono la causale di tale versamento.
Secondo il Giudice per le indagini preliminari, il tenore delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, il dato temporale in cui era stata avanzata la richiesta da parte dell’indagato (quando l’intesa era già raggiunta e la persona offesa disponeva in ogni caso di un titolo contrattuale suscettibile di esecuzione ex art. 2932 cod. civ.) e le tempistiche del pagamento della seconda rata (dopo la redazione dell’atto pubblico di vendita) rendevano plausibile anche l’ipotesi alternativa formulata dall’indagato, non potendosi escludere che il Sindaco, a fronte dei pregressi rapporti professionali, espletati sino a pochi mesi prima nell’interesse di NOME COGNOME, avesse colto l’occasione della sopravvenuta disponibilità di liquidità da parte di quest’ultimo per monetizzare l’attività professionale espletata in suo favore.
Il Tribunale ha ritenuto, invece, che la causale della dazione di denaro fosse illecita e, nel pervenire a tale conclusione, ha valorizzato essenzialmente le dichiarazioni rese dalla persona offesa nel corso delle indagini e presso il ristorante “RAGIONE_SOCIALE Alfonso”; episodio, quest’ultimo, del quale hanno riferito COGNOME e COGNOME, ma riportando, comunque, dichiarazioni della stessa persona offesa.
La valutazione di tali dichiarazioni, compiuta dal Tribunale, non appare effettuata con il dovuto approfondimento.
Al riguardo, va rilevato, infatti, per un verso, che il RAGIONE_SOCIALE non ha data risposta ai rilievi difensivi secondo cui dal narrato della stessa persona offesa e dalla documentazione acquisita emergeva che la richiesta dell’indagato è avvenuta quando ormai la vendita era conclusa, pur se sulla base di una scrittura privata, avente comunque efficacia. Dato, questo, che, come evidenziato nel ricorso, mal si concilia con la rappresentazione dell’indagato, effettuata dalla persona offesa, come quel pubblico ufficiale con il potere di far saltare una vendita.
Per di più, il Giudice per le indagini preliminari aveva posto in rilievo che la stessa persona offesa, quando si era presentata spontaneamente alla Guardia di finanza, aveva parlato della minaccia del Sindaco di far saltare la vendita, mentre, successivamente, ai pubblici ministeri aveva narrato che il Sindaco le aveva detto che “se non fosse stato per lui, tu non vendevi l’immobile”, così che, con queste seconde dichiarazioni, aveva sottolineato che il Sindaco aveva avuto un ruolo nella vendita.
Né il Tribunale ha dato risposta ai, rilievi difensivi secondo cui dalle deposizioni di COGNOME e COGNOME era risultato che l’indagato non si era ingerito autonomamente nei rapporti dei contraenti, ma era stato coinvolto sia da COGNOME, il quale anche in presenza degli acquirenti gli aveva chiesto di redigere le scritture private, sia da COGNOME, per il quale l’ing. COGNOME è stato sempre il suo tecnico di fiducia, come per NOME COGNOME.
Anche il Giudice per le indagini preliminari aveva sottolineato sul punto che la documentazione veicolata dalla difesa, oltre a smentire COGNOME sul fatto che in tempi recenti NOME non era stato suo tecnico ed aveva curato per suo conto solo la pratica di condono, aveva permesso di ricostruire l’esistenza di plurime attività professionali, svolte dall’indagato in favore della persona offesa anche successivamente ai fatti in disamina ed anche in relazione alle negoziazione per la vendita in questione.
Per altro verso, va rilevato che le circostanze richiamate dal Tribunale a conforto delle dichiarazioni della persona offesa, quali, ad es., il lascare i telefoni prima di entrare nella stanza dell’indagato o l’essersi la persona offesa trattenuta con l’indagato nella stanza di quest’ultimo, senza la presenza di altri, appaiono – a fronte della pluralità di significati che possono assumere ambigue e non univocamente deponenti per un inquadramento della vicenda in termini di richiesta concussiva formulata dall’indagato nei confronti della persona offesa.
Va aggiunto che anche riguardo alla redazione della seconda scrittura privata, che sarebbe stata imposta alla persona offesa, la motivazione del provvedimento impugnato risulta inadeguata, non chiarendo le ragioni per cui la paternità di tale scrittura, come rimarcato dal Giudice per le indagini preliminari, dovese essere attribuita all’unico soggetto che non appariva trarre alcun beneficio fiscale dal versamento di buona parte del prezzo in nero.
In presenza di siffatte criticità motivazionali si impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Potenza competente ai sensi dell’art. 310, comma 2, cod. proc. pen..
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Potenza competente ai sensi dell’art. 310, comma 2, cod. proc. pen.
Così deciso il 7 ottobre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il