Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46365 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46365 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 29/03/1983
avverso la sentenza del 02/11/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 02/11/2023 la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Napoli, Sez. St. Marano, del 20/06/2013, che aveva condannato NOME COGNOME per i reati di cui agli artt. 171 -ter r.d. 633/1941 e 648 cod. pen., dichiarava l’estinzione del primo reato per intervenuta prescrizione e irrogava per il secondo reato la pena di mesi 6 di reclusione ed euro 300 di multa.
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando, con un primo motivo, violazione di legge in riferimento all’articolo 648 cod. pen. (ritenendo sussistere un rapporto di continenza tra i due reati, che non potevano essere contestati insieme), e, con un secondo motivo, violazione di legge in riferimento all’articolo 133 cod. pen., censurando l’eccessivo rigore sanzionatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Secondo la stessa giurisprudenza citata dal ricorrente, sarebbe il reato di ricettazione che conterrebbe il delitto di cui all’articolo 171 -ter r.d. 633/1971, la cui estinzione per prescrizione non crea quindi alcun problema circa la possibilità di procedere per il più grave delitto, che ipoteticamente lo conterrebbe.
Il Collegio evidenzia peraltro che la più recente giurisprudenza ha sostenuto (Sez. 3, n. 16153 del 09/01/2019, COGNOME, Rv. 275400 – 01) che sussiste concorso tra il reato di ricettazione e quello di cui all’art. 171 -ter della legge 22 aprile 1941, n. 633 e succ. mod. nel caso in cui l’agente, oltre ad acquistare videocassette e musicassette contraffatte, le detenga a fine di commercializzazione, come occorso nel caso di specie.
Il motivo è quindi manifestamente infondato sotto entrambi i profili evidenziati.
3. Il secondo motivo è del pari manifestamente infondato.
Come evidenziato dalla sentenza appellata, la pena è stata applicata in misura molto prossima al minimo edittale e così ritenuta equa in relazione alla personalità negativa dell’imputato, quale emergente dal casellario giudiziale, con ciò ottemperando all’onere di motivazione indicato da questa Corte (Sez. U, n.
12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869-01, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243 – 01).
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 18 ottobre 2024.