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Concorso tra reati: ricettazione e diritto d’autore

Un individuo, condannato per ricettazione di supporti audiovisivi contraffatti, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che tale reato dovesse essere assorbito da quello, meno grave e ormai prescritto, di violazione del diritto d’autore. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che in questi casi si configura un concorso tra reati, specialmente se i beni sono destinati alla vendita. La sentenza è stata quindi confermata, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso tra Reati: Quando la Ricettazione si Aggiunge alla Violazione del Diritto d’Autore

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 46365 del 2024, è tornata a pronunciarsi sul delicato rapporto tra il reato di ricettazione (art. 648 c.p.) e quello di violazione del diritto d’autore (art. 171-ter L. 633/1941). La decisione chiarisce un punto fondamentale: in presenza di determinate condizioni, si può configurare un concorso tra reati, portando a una condanna per entrambe le fattispecie. Analizziamo insieme questo caso per capire le motivazioni e le implicazioni di tale principio.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di Napoli nei confronti di un soggetto per due distinti reati: violazione della legge sul diritto d’autore e ricettazione. L’imputato era stato trovato in possesso di videocassette e musicassette contraffatte, destinate alla vendita.

In appello, la Corte territoriale aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado. Pur confermando la responsabilità dell’imputato, aveva dichiarato l’estinzione del reato di violazione del diritto d’autore per intervenuta prescrizione. Tuttavia, aveva confermato la condanna per il reato di ricettazione, irrogando una pena di 6 mesi di reclusione e 300 euro di multa.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, basandosi su due motivi principali:
1. Errata applicazione dell’art. 648 c.p.: Secondo la difesa, tra i due reati contestati sussisteva un rapporto di continenza. In pratica, il reato di violazione del diritto d’autore avrebbe dovuto ‘contenere’ e assorbire quello di ricettazione, impedendo una contestazione autonoma per quest’ultimo.
2. Eccessiva severità della pena: L’imputato lamentava un rigore sanzionatorio sproporzionato, in violazione dei criteri di cui all’art. 133 c.p.

L’Analisi della Cassazione sul concorso tra reati

La Suprema Corte ha respinto entrambi i motivi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile.

Per quanto riguarda il primo punto, i giudici hanno smontato la tesi difensiva su due fronti. In primo luogo, hanno sottolineato che, semmai, sarebbe il reato più grave (la ricettazione) a contenere quello meno grave (la violazione del diritto d’autore). Di conseguenza, l’estinzione per prescrizione del reato minore non crea alcun ostacolo a procedere per quello maggiore.

In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, la Corte ha richiamato un orientamento giurisprudenziale più recente e consolidato. Secondo tale indirizzo, sussiste un concorso tra reati (e non un assorbimento) quando l’agente non si limita ad acquistare materiale contraffatto, ma lo detiene con il fine specifico di commercializzarlo. Le due condotte, acquisto e detenzione a scopo di vendita, integrano autonomamente le due diverse fattispecie di reato.

La Valutazione della Pena

Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato infondato. La Corte ha osservato che la pena inflitta era molto vicina al minimo edittale previsto dalla legge. I giudici di merito l’avevano ritenuta equa tenendo conto della personalità negativa dell’imputato, come emerso dal suo casellario giudiziale. La motivazione, seppur sintetica, è stata considerata sufficiente a giustificare la decisione, rispettando l’onere motivazionale richiesto dalla legge.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Cassazione si fonda su principi giuridici chiari. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni proposte erano palesemente prive di fondamento giuridico. La Corte ha riaffermato il principio del concorso tra reati di ricettazione e violazione del diritto d’autore nel caso specifico della detenzione di materiale contraffatto a scopo di vendita. Ha inoltre ribadito che la valutazione della congruità della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e, se adeguatamente motivata (anche con il richiamo a elementi come il casellario giudiziale), non è sindacabile in sede di legittimità, specialmente se la sanzione è prossima al minimo legale.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio: chi acquista e detiene prodotti contraffatti con l’intenzione di rivenderli rischia una doppia imputazione per ricettazione e per violazione del diritto d’autore. La prescrizione di uno dei due reati non salva automaticamente dall’altro. Inoltre, la pronuncia conferma che contestare la misura della pena in Cassazione è un’operazione complessa, destinata all’insuccesso se la sanzione è vicina al minimo e giustificata da elementi concreti. La declaratoria di inammissibilità comporta, come in questo caso, la condanna al pagamento non solo delle spese processuali, ma anche di una consistente somma alla Cassa delle ammende.

È possibile essere condannati sia per ricettazione che per violazione del diritto d’autore per lo stesso fatto?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che sussiste un concorso tra i due reati quando un soggetto, oltre ad acquistare materiale contraffatto (come videocassette e musicassette), lo detiene con il fine di commercializzarlo.

Se il reato di violazione del diritto d’autore è prescritto, si può essere comunque processati per ricettazione?
Sì. Secondo la sentenza, l’estinzione per prescrizione del reato meno grave (violazione del diritto d’autore) non impedisce di procedere per il reato più grave (ricettazione), che ipoteticamente lo conterrebbe.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La persona che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata a 3.000 euro, a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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