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Concorso tra reati: domicilio e invasione di edifici

Un individuo viene condannato per violazione di domicilio e invasione di edifici. In Cassazione, lamenta l’incompatibilità tra i due reati. La Corte Suprema rigetta il motivo, chiarendo che sussiste un concorso tra reati, poiché le norme tutelano beni giuridici diversi (la persona e il patrimonio) e richiedono elementi soggettivi differenti. La sentenza viene però annullata limitatamente alla violazione del foglio di via, ritenuto illegittimo perché basato su presupposti fattuali errati.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso tra reati: domicilio e invasione di edifici

Quando l’introduzione abusiva in un’abitazione altrui configura sia il reato di violazione di domicilio sia quello di invasione di edifici? La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, offre un’importante chiarimento sul concorso tra reati in questa specifica materia, distinguendo nettamente i confini delle due fattispecie. Il caso analizzato riguarda un soggetto condannato per essersi introdotto e trattenuto in un appartamento sfitto, forzando la porta d’ingresso.

I Fatti di Causa

L’imputato, insieme ad altri complici, si introduceva forzatamente nell’abitazione di proprietà di una signora, rimanendovi per circa due giorni e utilizzando letti, coperte ed elettrodomestici. Dopo essere stati allontanati a seguito dell’intervento delle forze dell’ordine e del proprietario, i soggetti tentavano nuovamente di accedere all’immobile due giorni dopo, venendo sorpresi mentre cercavano di forzare nuovamente la porta d’ingresso.
Per questi fatti, veniva condannato in primo e secondo grado per i reati di violazione di domicilio (art. 614 c.p.) e invasione di edifici (art. 633 c.p.), sia nella forma consumata (per il primo episodio) che tentata (per il secondo), oltre che per la violazione del foglio di via obbligatorio e con l’aggravante della recidiva.

I Motivi del Ricorso

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basato su quattro motivi principali:
1. Incompatibilità tra i reati: Si sosteneva che dovesse applicarsi solo il reato di invasione di edifici (art. 633 c.p.), poiché l’intento era quello di occupare l’immobile per un tempo prolungato, assorbendo così la violazione di domicilio.
2. Insussistenza del tentativo: Si contestava la configurabilità della forma tentata per il secondo episodio, ritenendo le prove insufficienti.
3. Illegittimità del foglio di via: Si deduceva la nullità del provvedimento amministrativo, in quanto basato sull’erroneo presupposto di numerosi precedenti penali a carico dell’imputato.
4. Errato riconoscimento della recidiva: Si lamentava l’applicazione dell’aggravante della recidiva, considerata sproporzionata rispetto alla gravità dei fatti.

Il concorso tra reati di violazione di domicilio e invasione di edifici

La Corte di Cassazione ha dichiarato infondato il primo motivo, offrendo una lezione chiara sulla distinzione tra le due fattispecie e sulla configurabilità del concorso tra reati. I giudici hanno ribadito che i due delitti tutelano beni giuridici differenti e non sovrapponibili.
– L’art. 614 c.p. (violazione di domicilio) appartiene ai delitti contro la persona e tutela la libertà domiciliare come proiezione spaziale della persona stessa. Richiede il dolo generico, ovvero la coscienza e volontà di introdursi nell’altrui domicilio contro la volontà del titolare.
– L’art. 633 c.p. (invasione di terreni o edifici), invece, è un delitto contro il patrimonio e tutela la relazione di fatto con il bene immobile e la sua destinazione economico-sociale. Richiede il dolo specifico, cioè il fine di occupare l’immobile o di trarne altrimenti profitto.

Poiché le due norme proteggono interessi diversi e presentano elementi strutturali differenti (in particolare sotto il profilo soggettivo), non sussiste un rapporto di specialità ai sensi dell’art. 15 c.p. Di conseguenza, la condotta di chi si introduce illecitamente in un’abitazione (violando l’art. 614 c.p.) con il fine specifico di occuparla stabilmente (integrando l’art. 633 c.p.) commette entrambi i reati, che concorrono tra loro.

Le altre questioni: recidiva e foglio di via

La Corte ha ritenuto inammissibile il motivo sul tentativo, in quanto volto a una nuova valutazione dei fatti di merito. Ha invece ritenuto infondato quello sulla recidiva, affermando che il riconoscimento delle attenuanti generiche non è incompatibile con l’applicazione della recidiva, essendo frutto di valutazioni autonome e distinte da parte del giudice.

Di particolare interesse è l’accoglimento del motivo relativo alla violazione del foglio di via. La Cassazione ha stabilito che il giudice penale ha il potere di disapplicare il provvedimento amministrativo se questo è palesemente illegittimo. Nel caso di specie, il foglio di via era stato emesso sulla base dell’erroneo presupposto che l’imputato avesse numerosi precedenti penali, mentre ne risultava solo uno. Tale vizio di travisamento dei fatti ne ha determinato l’illegittimità, portando all’annullamento della relativa condanna.

Le motivazioni

La decisione della Suprema Corte si fonda su una rigorosa analisi strutturale delle fattispecie incriminatrici. La motivazione centrale per affermare il concorso tra reati risiede nella radicale diversità del bene giuridico protetto. La libertà e la pace domestica, tutelate dall’art. 614 c.p., non coincidono con il diritto di proprietà o il possesso del bene immobile, protetti dall’art. 633 c.p. Questa distinzione impedisce di considerare una norma come speciale rispetto all’altra. La Corte ha chiarito che l’introduzione invito domino configura la violazione di domicilio, mentre la finalità di occupazione stabile integra l’ulteriore e distinto reato di invasione di edifici. Per quanto riguarda l’annullamento della condanna per la violazione del foglio di via, la Corte ha sottolineato il principio del sindacato di legittimità del giudice penale sugli atti amministrativi che costituiscono il presupposto del reato. Un provvedimento basato su presupposti di fatto palesemente errati e non veritieri è viziato da eccesso di potere e deve essere disapplicato.

Le conclusioni

La sentenza in esame consolida un importante principio giurisprudenziale: entrare abusivamente in una casa per occuparla non è un reato unico, ma integra un concorso tra reati. Gli operatori del diritto e i cittadini devono essere consapevoli che tali condotte comportano una doppia responsabilità penale. Inoltre, la pronuncia riafferma il ruolo del giudice penale come garante della legalità, anche rispetto ad atti amministrativi che, sebbene formalmente validi, siano sostanzialmente viziati da palesi errori di valutazione da parte della Pubblica Amministrazione. La decisione finale è stata quindi l’annullamento parziale della sentenza, limitatamente al reato di violazione del foglio di via, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio su quel punto, e il rigetto del ricorso nel resto.

I reati di violazione di domicilio e di invasione di edifici possono essere contestati insieme per lo stesso fatto?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che è configurabile un concorso tra reati, poiché le due norme incriminatrici non sono in rapporto di specialità tra loro.

Perché i due reati non si escludono a vicenda?
Perché tutelano beni giuridici diversi: la violazione di domicilio (art. 614 c.p.) protegge la libertà e la sfera personale all’interno del domicilio, mentre l’invasione di edifici (art. 633 c.p.) protegge il patrimonio e il pacifico godimento di un bene immobile. Inoltre, richiedono elementi psicologici differenti (dolo generico per il primo, dolo specifico per il secondo).

Un foglio di via obbligatorio basato su presupposti di fatto errati è legittimo?
No. La Corte ha stabilito che un provvedimento amministrativo, come il foglio di via, basato su un presupposto di fatto palesemente erroneo (in questo caso, l’esistenza di numerosi precedenti penali inesistenti) è illegittimo e deve essere disapplicato dal giudice penale, con conseguente annullamento della condanna per la sua violazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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