Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34163 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 3   Num. 34163  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
UBALDA COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a XXXXXXX il XXXXXXXXXX
inoltre:
Parte Civile avverso la sentenza del 10/10/2024 della Corte d’appello di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per la parte civile, l’AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso;
udito, per il ricorrente, l’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 10 ottobre 2024, la Corte d’appello di Catania ha confermato la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catania del 31 maggio 2022, che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato la penale responsabilità
di COGNOME per il reato di cui agli artt. 81 cpv., 572, primo e terzo comma cod. pen. 609bis e 609ter , primo comma, n. 5quater ), cod. pen., e gli aveva irrogato la pena di sei anni di reclusione, applicata la diminuente per il rito.
Secondo quanto ricostruito dai Giudici di merito, COGNOME: a) avrebbe maltrattato la convivente, COGNOME, percuotendola abitualmente con schiaffi e pugni, causandole lesioni personali consistite in lividi ed ematomi, intimorendola anche mediante la distruzione di suppellettili e mobili, umiliandola e denigrandola con frasi ingiuriose, condizionandone la vita di relazione, con manifestazioni ossessive di gelosia, e costringendola piø volte a subire atti sessuali, con condotte commesse da ottobre 2019 fino al 23 agosto 2020 (capo 1); b) con piø azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, avrebbe costretto la convivente a compiere e subire atti sessuali, mediante rapporti anali e l’introduzione di svariati oggetti sia che vagina che nell’ano, con condotte commesse da ottobre 2019 fino al 23 agosto 2020 (capo 2).
Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di
Catania COGNOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, articolando
tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia vizio di motivazione, anche per travisamento della prova, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., avuto riguardo al giudizio di attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa e violazione di legge, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen., in riferimento al delitto di violenza sessuale.
Si deduce che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto credibile il narrato della persona offesa. Si rappresenta, in particolare, che l’affermazione relativa all’esistenza di uno stato di succubanza nei confronti del compagno, tale da impedirle di gestire le intemperanze di lui, rimarcata nella sentenza impugnata, risulta smentita dalle stesse dichiarazioni della persona offesa. Piø precisamente, si segnala che la conclusione in ordine all’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa in proposito Ł erronea, specie in considerazione di due elementi: a) la difformità tra le risposte rese dalla donna in sede d’esame nell’ambito del procedimento penale n. 9668/2020 R.G.N.R., laddove ella aveva affermato di aver permesso all’imputato di stare presso la propria abitazione perchØ le «faceva pena», e quanto dichiarato dalla stessa in sede di sommarie informazioni del 14 settembre 2020, allorchØ aveva detto che l’attuale ricorrente, approfittando dello stato emozionale di lei, l’avrebbe «costretta a stare con lui»; b) l’affermazione della medesima denunciante, resa sempre in sede di sommarie informazioni del 14 settembre 2020, di essersi recata «spesso» a casa dell’imputato «per stare insieme a lui», chiaramente dimostrativa dell’esistenza di una relazione voluta da entrambi.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., in ordine al giudizio di attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa e violazione di legge, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen., in relazione al delitto di maltrattamenti.
In riferimento a tale motivo di ricorso la difesa rinvia integralmente alle argomentazioni sviluppate in relazione al primo motivo.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia contraddittorietà della motivazione per travisamento della prova, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) , nonchØ violazione di legge, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen., in riferimento alla mancata applicazione della disciplina del concorso apparente di norme di cui all’art. 15 cod. pen. tra i due reati.
Si deduce che erroneamente la Corte d’appello ha escluso l’assorbimento del delitto di maltrattamenti di cui al capo 1) nel delitto di violenza sessuale contestato al capo 2). Si rappresenta che tutte le condotte offensive, minacciose, denigratorie e violente poste in essere dall’imputato sono state strumentali ad ottenere prestazioni sessuali da parte della persona offesa, come risulta dalla descrizione dei fatti resa da quest’ultima, ed erroneamente negato dalla Corte d’appello a causa del travisamento delle relative dichiarazioni. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
Diverse da quelle consentite in sede di legittimità, e comunque prive di specificità, sono le censure esposte nei primi due motivi di ricorso, i quali contestano entrambi il giudizio della sentenza impugnata laddove afferma l’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, sottolineando l’omessa considerazione delle contraddizioni, presenti nelle deposizioni della donna, sulle ragioni per cui ella avrebbe accettato la permanenza dell’imputato presso la sua abitazione, nonchØ sulla volontaria adesione alla relazione.
2.1. Ai fini dell’esame delle censure indicate, Ł utile dare indicazione dei criteri
metodologici cui il Collegio deve attenersi, in considerazione della consolidata e condivisa elaborazione della giurisprudenza in materia.
Innanzitutto, va evidenziato che, in tema di analisi della prova testimoniale, la valutazione dell’attendibilità della persona offesa dal reato Ł questione di fatto, non censurabile in sede di legittimità, salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sullo id quod plerumque accidit , ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità (cfr., ex multis , Sez. 4, 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609 – 01, e Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575 – 01, ma anche Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623 – 01).
Va poi aggiunto che, ai fini dell’affermazione della responsabilità penale, le dichiarazioni della persona offesa non debbono essere corroborate da riscontri estrinseci, essendo sufficiente una approfondita verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto (cfr., per tutte, Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, COGNOME, Rv. 253214 – 01, e Sez. 4, n. 410 del 09/11/2021, dep. 2022, Aramu, Rv. 282558 – 01). E che, qualora risulti ‘opportuna’ l’acquisizione di riscontri estrinseci, questi possono consistere in qualsiasi elemento idoneo a escludere l’intento calunniatorio del dichiarante, non dovendo risolversi in autonome prove del fatto, nØ assistere ogni segmento della narrazione (Sez. 5, n. 21135 del 26/03/2019, S., Rv. 275312 – 01).
Sotto altro profilo, poi, occorre considerare che eccede dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità Ł circoscritto, ex art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., alla sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (cfr. Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, COGNOME, Rv. 284556 – 01, e Sez. 6, n. 5334 del 1993, COGNOME, Rv. 194203 – 01).
NØ dà luogo al vizio di travisamento della prova la scelta, ad opera del giudice, di un’interpretazione delle dichiarazioni testimoniali, giustificata peraltro da massime di esperienza, in luogo di altra e diversa interpretazione (Sez. 3, n. 46451 del 07/10/2009, Carella, Rv. 245611 – 01). Del resto, per la configurabilità del vizio di travisamento della prova dichiarativa, occorre che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della dichiarazione e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori da questi commessi nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (così, per tutte, Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, COGNOME, Rv. 272406 – 01).
2.2. Ciò posto, la sentenza impugnata spiega in maniera analitica perchØ le dichiarazioni della persona offesa sono da ritenersi attendibili, tanto dal punto di vista soggettivo quanto da quello oggettivo.
La sentenza impugnata indubbiamente pone a fondamento della decisione il dato secondo cui la persona offesa «viveva uno stato di succubanza tale da non riuscire a gestire
le intemperanze del suo compagno che, oltre a tradursi in azioni fisiche connotate dalla violenza e dalla prevaricazione, venivano irrobustite dalla minaccia che l’imputato perpetrava nei confronti della donna, di privarla dei suoi figli per mezzo degli assistenti sociali oltre che dei millantati rapporti con poliziotti, magistrati e forze dell’ordine».
Ma offre precise indicazioni delle ragioni in forza delle quali ritiene che le dichiarazioni della persona offesa, sulla cui base tale «stato di succubanza» Ł stato accertato, siano intrinsecamente credibili e pienamente coerenti con il materiale istruttorio.
Osserva infatti che la donna: 1) ha denunciato il fatto solo perchØ soccorsa dai Carabinieri intervenuti a seguito di segnalazione del suo ex-compagno e della figlia; 2) nel corso della sua deposizione, resa nell’immediatezza, ha ricostruito gli accadimenti evidenzianti condotte maltrattanti, soprusi fisici e violenze sessuali, senza però esporre circostanze volte ad aggravare la posizione dell’imputato; 3) ha spiegato di essere rimasta passiva ed accomodante rispetto alle pretese dell’imputato per il timore di perdere i propri figli; 4) ha puntualmente dato conto anche dei giochi erotici intrattenuti con l’imputato, e dell’assunzione di sostanze droganti in tali occasioni.
Rileva inoltre che: a) lo stato di sofferenza e costrizione della persona offesa Ł stato segnalato per la prima volta alle Forze dell’Ordine non dalla stessa, ma dall’ex-compagno della donna e dalla figlia; b) le condotte maltrattanti ed i soprusi sono circostanze confermate sia da due ex-compagni della donna, sia dalla madre, la quale ha anche dato puntuale indicazioni di episodi espressivi della gelosia morbosa dell’imputato nei confronti della figlia; c) la descrizione resa dall’imputato dei suoi rapporti con la donna in termini di meri giochi erotici o giochi di ruolo Ł rimasta mera affermazione dello stesso.
2.3. Sulla base dei principi giuridici applicabili e degli elementi esposti, la sentenza impugnata risulta immune da vizi.
Invero, il giudizio in ordine all’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa sia in relazione ai fatti di violenza sessuale, sia con riguardo ai fatti sussumibili nella fattispecie di maltrattamenti in famiglia, Ł espresso sulla base di una pluralità di elementi precisi e congrui rispetto alla conclusione.
A fronte del percorso argomentativo esposto dalla Corte d’appello per giungere al risultato probatorio, i rilievi specificamente formulati nel ricorso per denunciare il giudizio di attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa non evidenziano travisamenti della prova, bensì, diversamente, costituiscono indicazioni per una diversa interpretazione del materiale istruttorio, operazione non consentita in sede di legittimità.
I rilievi, infatti, riguardano: a) la difformità tra le risposte rese dalla donna in sede d’esame nell’ambito del procedimento penale n. 9668/2020 R.G.N.R., laddove ella aveva affermato di aver permesso all’imputato di stare presso la propria abitazione perchØ le «faceva pena», e quanto dichiarato dalla stessa in sede di sommarie informazioni del 14 settembre 2020, allorchØ aveva detto che l’attuale ricorrente, approfittando dello stato emozionale di lei, l’avrebbe «costretta a stare con lui»; b) la mancata valutazione dell’affermazione della medesima denunciante, resa sempre in sede di sommarie informazioni del 14 settembre 2020, di essersi recata «spesso» a casa dell’imputato «per stare insieme a lui», chiaramente dimostrativa dell’esistenza di una relazione voluta da entrambi.
Si tratta, in effetti, di rilievi che attengono a circostanze riferite a singole parti delle dichiarazioni della persona offesa in una prospettiva atomistica, e che non si confrontano con il complessivo quadro degli elementi valutati dalla Corte d’appello, nonchØ, in precedenza, e allo stesso modo, dal Giudice di primo grado.
Prive di specificità sono le censure formulate nel terzo motivo di ricorso, le quali contestano la mancata applicazione della disciplina del concorso apparente di norme, deducendo che il reato di maltrattamenti avrebbe dovuto essere assorbito in quello di violenza sessuale, in quanto tutte le condotte offensive, minacciose, denigratorie e violente poste in essere dall’imputato sono state strumentali ad ottenere prestazioni sessuali da parte della persona offesa, come erroneamente negato dalla Corte d’appello e come invece dichiarato dalla vittima.
Le affermazioni contenute nel ricorso, secondo cui le dichiarazioni della persona offesa rappresenterebbero come le condotte dell’imputato sarebbero state dirette tutte ad ottenere prestazioni sessuali, risultano meramente enunciate, ma non documentate.
Del resto, chiarissime sono le indicazioni rese dalla persona offesa e riportate per esteso nella sentenza di primo grado in ordine alle ragioni ed alle occasioni delle condotte maltrattanti. Secondo queste dichiarazioni (sia quelle rese in sede di denuncia il 23 agosto 2000, sia quelle rese il 14 settembre 2000), moltissime delle condotte maltrattanti sono state realizzate, ad esempio, anche solo per ragioni di esasperata gelosia. Si può aggiungere che queste indicazioni sulla causale delle condotte maltrattanti trovano pure precise conferme ‘estrinseche’ nella sentenza di primo grado: ad esempio, il G.u.p. riporta le dichiarazioni del primo ex-compagno della persona offesa, il quale ha riferito di aver personalmente assistito ad una violenta aggressione fisica realizzata dall’imputato in danno della donna in occasione della morte del padre della stessa.
Escluso il travisamento della prova denunciata, e ritenuta perciò correttamente accertata la riferibilità delle condotte maltrattanti anche a ragioni diverse da quella di ottenere rapporti sessuali, deve negarsi che, nella specie, si sia verificato l’assorbimento o il concorso apparente tra le fattispecie di violenza sessuale e di maltrattamenti in famiglia.
Costituisce infatti principio assolutamente consolidato in giurisprudenza, e non contestato nel ricorso, quello secondo cui, il delitto di maltrattamenti Ł assorbito da quello di violenza sessuale soltanto quando vi Ł piena coincidenza tra le condotte, nel senso che gli atti lesivi siano finalizzati esclusivamente alla realizzazione della violenza sessuale e siano strumentali alla stessa, mentre vi Ł concorso tra i due reati in caso di autonomia anche parziale delle condotte, comprendenti anche atti ripetuti di percosse gratuite e ingiurie non circoscritte alla violenza o alla minaccia strumentale necessaria alla realizzazione della violenza (cfr. per tutte, Sez. 3, n. 35700 del 23/09/2020, C., Rv. 280818 – 01, e Sez. 3, n. 40663 del 23/09/2015, dep. 2016, Z., Rv. 267595 – 01).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchØ – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della cassa delle ammende, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti, nonchØ, ancora, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Catania con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato. 
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello stato, nella misura che sara’ liquidata dalla corte di appello di catania con separato decreto di pagamento ai
sensi degli artt. 82 e 83 d.p.r. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello stato. Così Ł deciso, 10/09/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME NOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.