Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6859 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6859 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Matera il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/08/2023 del Tribunale di Bari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore genera NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibili del ricorso;
udito per l’imputato l’AVV_NOTAIO, che ha concluso riportandos al ricorso e chiedendo l’annullamento, con rinvio o senza rinvio, provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 24/08/2023, il Tribunale di Bari rigettava l’istanza di riesame, proposta nell’interesse di COGNOME NOME, avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari in data 7/8/2023, con la era stata applicata al predetto la misura cautelare dell’obbligo di dimora in relazione al reato di cui agli artt. 110 cod.pen. e 73 d.P.R. n. 309/1990 (cessione a fini di spaccio di sostanza stupefacente del tipo eroina e cocaina).
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, articolando tre motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione degli artt. 273-292 cod.proc.pen., 110 cod.pen. e vizio di motivazione, lamentando che il Tribunale del riesame aveva ritenuto sussistente la gravità indiziaria del contestato reato con motivazione carente, contraddittoria e fondata su illogica ed errata lettura degli atti di indagine; risultava, al contrario, che il COGNOME non era un concorrente nel reato ma un mero accompagnatore della coimputata COGNOME NOME, reale acquirente ed utilizzatrice della sostanza stupefacente.
Con il secondo motivo deduce violazione degli artt. 273-292 cod.proc.pen., 110 cod.pen., 73 d.P.R. n. 309/1990 e vizio di motivazione, lamentando che Tribunale del riesame aveva ritenuto sussistente la gravità indiziaria del contestato reato con motivazione carente, contraddittoria e fondata su illogica ed errata lettura degli atti di indagine; risultava, al contrario, solo la mera disponibilità COGNOME ad accompagnare l’acquirente della sostanza stupefacente dal proprio spacciatore, circostanza inidonea a dimostrare l’implementazione del proposito criminoso.
Con il terzo motivo deduce violazione dell’artt. 274 cod.proc.pen. e vizio di motivazione, lamentando che il Tribunale del riesame aveva ritenuto sussistente le esigenze cautelari di cui alla lettera c) della predetta norma, limitandosi a richiamare i precedenti specifici e una condotta di evasione, senza considerare, quale elemento che incideva sulla valutazione del carattere di attualità del pericolo di recidivanza, la circostanza che si era trattato di un unico episodio avente ad oggetto modici quantitativi di sostanza stupefacente, al più ricevuti per soddisfare il proprio bisogno personale, e risalente al 28.06.2020.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
La difesa del ricorrente ha chiesto la trattazione orale del ricorso. Il Pg ha depositato memoria ex art. 611 cod.proc.pen., nella quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi due motivi di ricorso, che si trattano congiuntamente perc entrambi afferenti alla valutazione della gravità indiziaria, sono manifestame infondati.
Va premesso che la giurisprudenza di questa Corte si è da tempo consolidata nell’affermare che in tema di misure cautelari personali, per gravi indiz colpevolezza ai sensi dell’art. 273 cod.proc.pen., devono intendersi tutti qu elementi a carico, di natura logica o rappresentativa che – contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova valgono, di per sè, a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indaga tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la fu acquisizione di ulteriori elementi, saranno idoneì a dimostrare tale responsabil fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. U, n. 1 del 21/04/1995, COGNOME ed altro, Rv. 202002; Sez. 2, n. 28865 de 14/06/2013, Rv.256657; Sez.2, n.12851 del 07/12/2017, dep.20/03/2018, Rv.272687).
La valutazione allo stato degli atti in ordine alla “colpevolezza” dell’inda per essere idonea ad integrare il presupposto per l’adozione di un provvediment de libertate, deve, quindi, condurre non all’unica ricostruzione dei fatti che induca al di là di ogni ragionevole dubbio, ad uno scrutinio di responsabilità dell’inco ma è necessario e sufficiente che permetta un apprezzamento in termini prognostici che, come tale, è ontologicamente compatibile con possibil ricostruzioni alternative, anche se fondate sugli stessi elementi.
La valutazione della “prova” in sede cautelare rispetto a quella nel giudizio cognizione si contraddistingue non in base alla differente intrinseca capac dimostrativa del materiale acquisito, ma proprio per l’aspetto di provvisorietà compendio indiziario che, in una prospettiva di evoluzione dinamica, potrà esse arricchito (Sez.1, n 13980 del 13/02/2015, Rv. 262300 – 01).
Ed è stato precisato che, ai fini dell’applicazione delle misure cautelari, dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 63 del 2001, è ancora sufficient requisito della sola gravità degli indizi, posto che l’art. 273, comma primo cod.proc.pen. (introdotto dalla legge citata) richiama espressamente il terzo quarto comma dell’art. 192, ma non il secondo comma che prescrive la valutazione della precisione e della concordanza, accanto alla gravità, degli indizi: ne cons che essi, in sede di giudizio de libertate, non vanno valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall’art. 192, comma secondo, cod. pen.- che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli i come si desume dall’art. 273, comma primo bis, cod. proc. pen., che richiama i
· commi terzo e quarto dell’art. 192 cod. proc. pen., ma non il comma secondo dello stesso articolo che richiede una particolare qualificazione degli indizi (Sez.4, n.37878 del 06/07/2007, Rv.237475; Sez.5, n.36079 del 05/06/2012,Rv.253511; Sez.6, n.7793 del 05/02/2013, Rv.255053; Sez.4, n.18589 del 14/02/2013, Rv.255928; Sez.2, n.26764 del 15/03/2013, Rv.256731; Sez.4, n.22345 del 15/05/2014, Rv.261963; Sez.4, n.53369 del 09/11/2016, Rv.268683; Sez.4, n.6660 del 24/01/2017, Rv.269179; Sez.2, n.22968 del 08/03/2017, Rv.270172).
Va, poi, evidenziato che il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti relativi all’applicazione di misure cautelari personali è ammissibile soltanto se denunci la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando proponga censure che riguardano la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 5, n. 46124 del 8/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997; Sez.6, n. 11194 del 8/03/2012, Lupo, Rv. 252178; Sez.6, n.49153 del 12/11/2015, Rv.265244).
La funzione di legittimità è, quindi, limitata alla verifica della adeguatezza del ragionamento e della valutazione adottata nel provvedimento sottoposto al suo esame, che deve manifestare con chiarezza ed esaustività quale argomentazione critica lo abbia sorretto nel pervenire alla ricostruzione dei fatti, tenendo conto di tutti gli elementi, sia contro che a favore del soggetto sottoposto al suo esame (Sez.6, n 40609 del 01/10/2008, Rv.241214; Sez.6, n. 18190 del 04/04/2012, Rv.253006; Sez.6,n. 27928 del 14/06/2013, Rv.256262).
Nella specie, il Tribunale riteneva sussistente la gravità indiziaria in ordine al reato contestato al ricorrente (concorso nell’acquisto di sostanza stupefacente del tipo eroina e cocaina), evidenziando, che le risultanze probatorie (conversazioni telefoniche intercettate) comprovavano il fattivo contributo del COGNOME nella cessione di sostanza stupefacente, materialmente intervenuta tra le coindagate COGNOME NOME, quale acquirente, e COGNOME NOME, quale cedente: il COGNOME, accompagnava la COGNOME COGNOME, su espressa e pressante richiesta telefonica della stessa che aveva necessità di raggiungere rapidamente il luogo ove avveniva, poi, la consegna dello stupefacente (in Altamura nei pressi del supermercato RAGIONE_SOCIALE), così agevolandone la condotta criminosa; la destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente acquistata dalla Di COGNOME veniva desunta dalla circostanza, emergente dal contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate, che la predetta era attiva nel traffico di sostanze stupefacenti e si riforniva abitualmente dal coindagato COGNOME NOME (capace di movimentare quantitativi pari a centinaia di grammi di sostanza stupefacente), e, in assenza del predetto, dalla moglie dello stesso, la coindagata COGNOME NOME, nonchè dal fatto che ella risultava
anche gravemente indiziata per il reato di cui all’art. art. 74 d. P.R. 309/1990 e per numerosi episodi di cessione di sostanza stupefacente (pp. 2,3,4,5 dell’ordinanza impugnata).
Nessun pregio, conseguentemente, rivestono le deduzioni difensive volte a ricondurre alla connivenza la condotta dell’indagato per essersi limitato costui ad accompagnare la Di COGNOME senza aver spacciato alcunchè: essendo, infatti, in contestazione il concorso nell’acquisto, e non già nella cessione, di sostanze stupefacenti, l’aver accompagnato la donna nel luogo in cui si è perfezionato l’acquisto nella piena consapevolezza della finalità criminosa perseguita integra a piena titolo la condotta attiva e il correlato contributo causale apportato, idoneo ad escludere il comportamento passivo posto alla base dell’eccepita connivenza.
La valutazione, sorretta da articolata, congrua e non manifestamente illogica motivazione, è insindacabile in fatto ed è corretta in diritto.
Va ricordato che, secondo il consolidato insegnamento di questa Suprema Corte, ai fini della configurazione del concorso di persone nel reato, il contributo concorsuale assume rilevanza non solo quando abbia efficacia causale, ponendosi come condizione dell’evento lesivo, ma anche quando assuma la forma di un contributo agevolatore, e cioè quando il reato, senza la condotta di agevolazione, sarebbe ugualmente commesso, ma con maggiori incertezze di riuscita o difficoltà. Ne deriva che, a tal fine, è sufficiente che la condotta di partecipazione si manifesti in un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti, e che il partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzione del reato poiché in forza del rapporto associativo diventano sue anche le condotte degli altri concorrenti (Sez.6,n.36818 del 22/05/2012,Rv.253347; Sez.4,n.4383 del 10/12/2013,dep. 30/01/2014, Rv.258185; Sez.4, n.24895 del 22/05/2007, Rv.236853; Sez.1, n.5631 del 17/01/2008, Rv.238648).
A fronte di un siffatto adeguato e corretto percorso argomentativo, le censure proposte si appalesano manifestamente infondate ed orientate a sollecitare in fatto una rivalutazione delle risultanze probatorie, preclusa in sede di legittimità.
Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Va ricordato come, con l’intervento riformatore operato con legge 16 aprile 2015 n. 47, il legislatore abbia prescritto che, ai fini della sussistenza dell’esigenza di natura special-preventiva, il pericolo di reiterazione del reato non debba essere più soltanto “concreto” ma anche “attuale” al momento in cui si procede all’adozione della misura cautelare, e come non possa desumersi “dalla gravità del titolo di reato per il quale si procede”, in linea con i principi già, peraltro, espress da questa Corte in subiecta materia (Sez. 5, n. 35265 del 12/03/2013, Rv.255763;
Sez. 4, 11/06/2015, Rv. 263871; Sez. 6, 26/11/2014, Rv. 261670; Sez. 5, n. 35265 del 12/03/2013; Sez. 2, n. 49453 del 08/10/2013, Rv. 257974; Sez. 4, n. 34271, Rv. 237240, secondo cui in tema di esigenza cautelare costituita dal pericolo di reiterazione di reati della stessa indole, prevista dall’art. 274 c.p.p., lett. c), la pericolosità sociale dell’indagato deve risultare congiuntamente dalle specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla sua personalità; Sez. 6, 26/11/2014, Alessi, Rv. 261670; Sez. 4, 11/06/2015, Rv. 263871, secondo cui i pericula libertatis, oltre che concreti dovessero essere anche “attuali”, cioè sussistenti al momento in cui la misura veniva ad essere applicata; Sez. 2, n. 49453 del 08/10/2013, Rv. 257974; Sez. 4, n. 34271 del 03/07/2007, Rv. 237240, secondo cui l’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione criminosa non possono desumersi dalla tipologia astratta di reato o dalla sua ipotetica gravità).
Il Tribunale ha ritenuto la sussistenza del pericolo di reiterazione criminosa, non limitandosi ad evocare la gravità del titolo di reato ma rimarcando anche le modiliità della condotta (“si è dimostrato immediatamente ed incondizionatamente disponibile a contribuire al carico di sostanza stupefacente accettando senza aictí:a esitazione i rischi sul piano della libertà personale”.. “era pienamente a conoscenza delle dinamiche criminali sottese alla richiesta della RAGIONE_SOCIALE COGNOME“) ed i precedenti penali specifici, elementi dimostrativi di una particolare e concreta propensione alla commissione di reati in materia di stupefacenti; ha anche evidenziato come i predetti elementi, dimostrativi di una personalità negativa del prevenuto, risultavano elementi preponderanti ai fini della valutazione di sussistenza del pericolo di reiterazione rispetto alla distanza temporale dagli accad i menti.
I Giudici di merito, quindi, hanno valorizzato ampiamente il concreto pericolo di rec:idivanza esponendo, con congrue ed esaustive argomentazioni, le ragioni giustificative della valutazione sul quadro cautelare.
Del pari congrua e logica è la motivazione fondante la valutazione relativa all’attualità delle esigenze cautelari.
Invero, l’attualità deve essere intesa non come imminenza del pericolo di commissione di ulteriori reati, ma come prognosi di commissioni di delitti analoghi, fonnta su elementi concreti – e non congetturali – rivelatori di una continuità ed effettività del pericolo di reiterazione, attualizzata al momento della adozione della misura, nel senso che l’analisi della personalità e delle concrete condizioni di vita dell’indagato deve indurre a ritenere probabile una ricaduta nel delitto “prossima” – anche se non specificamente individuata, nè tanto meno imminente – all’epoca in cui la misura viene applicata (Sez.2, n.47619 del 19/10/2016, Rv.268508; Sez.6, n.9894 del 16/02/2016, Rv.266421; Sez.2, n.18745 del 14/04/2016,
Rv.266749; Sez.2, n.53645 del 08/09/2016, Rv.268977; Sez.5, n.33004 del 03/05/2017, Rv.271216).
‘ordinanza impugnata ha pienamente osservato i criteri direttivi ora indicati, perché in essa la valutazione è stata eseguita richiamando la valorizzazione di un complesso di emergenze coerentemente rappresentate, in particolare le specifiche modalità di realizzazione della condotta delittuosa, il contesto in cui il reato si era realizzato, la personalità negativa dell’imputato, elementi tutti idonei a rendere non solo concreto ma anche attuale il pericolo di recidivanza.
‘Sorretta da congrua e logica motivazione è, infine, anche la valutazione di adeguatezza della misura cautelare dell’obbligo di dimora, basata coerentemente sugli elementi fattuali già rappresentati e sul rilievo dell’unicità dell’episodio criminoso.
Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 09/01/2024