Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21076 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21076 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 28/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PACECO il 07/06/1955
avverso la sentenza del 16/05/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che, con sentenza del 16 maggio 2024, la Corte di appello di Palermo, ha confermato la sentenza di primo grado, che aveva condannato COGNOME Salvatore per il reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, del d.P.R. n. 309 del 199 per detenzione, a fini di spaccio, in concorso con altro soggetto, di divers kilogrammi di marijuana e possesso di materiali destinati alla coltivazione;
che, avverso la sentenza, l’imputato ha proposto, tramite il difensroe, ricorso per cassazione;
che, con un primo motivo, si censurano la violazione dell’art. 110, cod. pen, e vizi della motivazione, in relazione al mancato riconoscimento dell’estraneità del ricorrente al fatto, in quanto l’atteggiamento di quest’ultimo risultava di mer connivenza, insufficiente ad integrare gli estremi del concorso, neppure nella forma dell’agevolazione, essendosi limitato al mero commento della condotta illecita altrui; commento dal quale i giudici del merito hanno erroneamente dedotto l’agevolazione della criminosa;
che, in secondo luogo, si censura la violazione dell’art. 114, cod. pen, per il mancato riconoscimento della circostanza attenuante ivi prevista, non essendosi tenuto conto che la condotta del ricorrente era consistita soltanto nell’accompagnare il coimputato ad Enna, che avrebbe agito a prescindere dalla condotta del ricorrente, tenuto conto che la vettura, all’interno della quale sono stati rinvenuti gli stupefacenti, risultava già contenere al proprio interno sostanze, prima che ad essa potesse avvicinarsi il ricorrente.
Considerato che i motivi di cui sopra non sono consentiti in sede di legittimità, perché riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici di merito e non scanditi da specifica critica de argomentazioni a base della sentenza impugnata e, inoltre, volti a prefigurare una rivalutazione o alternativa rilettura delle fonti probatorie estranee al sindacato legittimità e avulsi da pertinente individuazione di specifici travisamenti emergenze processuali valorizzati dai giudici di merito, nonché manifestamente infondati perché inerenti ad asseriti difetti o contraddittorietà o palesi illog della motivazione non emergenti dal provvedimento impugnato;
che, con riguardo al primo motivo, il giudice del merito ha comunque dedotto, in modo del tutto ragionevole, lo stabile inserimento dell’imputato in un’organizzazione finalizzata alla produzione e allo spaccio di marijuana, basandosi su un ricco compendio probatorio, derivante dall’attività di pedinamento della p.g., che metteva in luce i suoi rapporti con gli altri membri dell’organizzazione, l partecipazione dello stesso alle attività di trasporto e la piena conoscenza del contenuto del furgone che conteneva lo stupefacente;
che, come ben evidenziato dai giudici di merito, le intercettazioni ambientali e telefoniche rivelavano chiaramente la conoscenza dell’attività di traffico da parte
del ricorrente e lo stupore per non essere stato arrestato dopo il sequestro delle sostanze;
che, con riguardo al secondo motivo, il giudice del merito ha correttamente ritenuto significativo il contegno dell’imputato, in quanto stabilmente inserito
un’attività organizzata per produzione e trasporto di ingenti quantitativi marijuana in zone diverse della Sicilia, anche ben distanti dal luogo di produzione;
che, tenuto conto della sentenza del 13 giugno 2000, n. 86, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere
che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima
consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa
delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 marzo 2025
COGNOME Il Presidente
Il Consigliere estensore