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Concorso spaccio: guida l’auto? Rischio misura cautelare

Un giovane viene sottoposto a obbligo di dimora per concorso in spaccio di cocaina. Sebbene non detenesse la droga, la Cassazione ha confermato la misura cautelare, ritenendo sufficienti indizi la guida dell’auto usata per la cessione, l’aver accompagnato il complice e la sua presenza attiva durante la transazione in una nota zona di spaccio.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in Spaccio: Basta Guidare l’Auto per Rischiare una Misura Cautelare?

La partecipazione a un’attività di spaccio di sostanze stupefacenti può assumere molte forme. Non è necessario essere colui che materialmente cede la droga per essere considerati responsabili. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13406 del 2024, ha ribadito questo principio, confermando una misura cautelare per concorso in spaccio a carico di un giovane che aveva semplicemente guidato l’auto utilizzata per la cessione. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso per capire come la giurisprudenza valuta i ruoli apparentemente secondari in questo tipo di reato.

I Fatti: La Cessione di Droga in Auto

La vicenda ha inizio durante un controllo di polizia notturno. Gli agenti notano un’automobile con a bordo due giovani, ferma in una zona nota per essere un luogo di spaccio. Un terzo individuo si avvicina al veicolo. Al momento dell’intervento delle forze dell’ordine, il passeggero dell’auto viene sorpreso mentre cerca di nascondere un involucro contenente cocaina sotto il sedile.

Il conducente, dal canto suo, non detiene la sostanza, ma viene osservato con il braccio proteso verso l’acquirente. In un primo momento, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) non ritiene sufficienti gli elementi a carico del conducente, applicando una misura cautelare solo al passeggero. Il Pubblico Ministero, però, impugna questa decisione, portando il caso davanti al Tribunale della Libertà.

La Decisione del Tribunale del Riesame e il ricorso in Cassazione

Il Tribunale della Libertà, riesaminando gli atti, ribalta la prima decisione. Ritiene che sussistano i “gravi indizi di colpevolezza” anche a carico del conducente. Sebbene non avesse la droga addosso, diversi elementi indicavano un suo consapevole contributo:
1. Era alla guida della sua auto, usata come luogo per la transazione.
2. Aveva accompagnato il complice da un comune all’altro per l’incontro con l’acquirente.
3. Si era fermato in una zona notoriamente utilizzata per lo spaccio.
4. La sua postura al momento del controllo suggeriva un coinvolgimento attivo.

Di conseguenza, il Tribunale applica al conducente la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel proprio comune di residenza. La difesa del giovane propone quindi ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che la motivazione fosse illogica e basata su mere probabilità piuttosto che su elementi concreti.

Il concorso in spaccio e la valutazione degli indizi

Il cuore della questione legale è il concorso in spaccio. Per essere considerati concorrenti, non è necessario compiere l’azione tipica del reato (la cessione), ma è sufficiente fornire un contributo consapevole e rilevante alla sua realizzazione. Nel caso di specie, la difesa sosteneva che gli indizi fossero deboli e non dimostrassero la consapevolezza del conducente. La Cassazione, tuttavia, ha una visione diversa, focalizzandosi non sui singoli elementi, ma sulla loro valutazione complessiva.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale della Libertà. I giudici hanno chiarito un punto fondamentale: il loro compito non è quello di riesaminare i fatti come un terzo grado di giudizio, ma di verificare che la motivazione del giudice precedente sia logica e non contraddittoria.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse analizzato correttamente e in modo coerente tutti gli elementi indiziari. La concatenazione dei fatti (accompagnare il complice, fermarsi in una zona di spaccio, usare la propria auto, la postura durante la cessione) crea un quadro probatorio che, sebbene non definitivo, raggiunge quella “qualificata probabilità di colpevolezza” richiesta dalla legge per applicare una misura cautelare. Contestare questa ricostruzione, proponendone una alternativa, equivale a chiedere un nuovo giudizio di merito, attività preclusa in sede di legittimità.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza è un monito importante: nel contesto dei reati di droga, anche i ruoli che possono sembrare marginali, come quello dell’autista, vengono considerati contributi attivi al reato. La consapevolezza di partecipare a un’attività illecita può essere desunta da una serie di elementi logici e circostanziali. Non è necessario essere “pizzicati” con la droga in mano per subire gravi conseguenze legali, inclusa la restrizione della libertà personale già in fase di indagine. La valutazione complessiva degli indizi prevale sulla ricerca di una prova diretta per ogni singolo partecipe al reato.

È sufficiente guidare l’auto utilizzata per una cessione di droga per essere considerati complici?
Sì, secondo la sentenza, guidare l’auto può essere un elemento fondamentale per configurare il concorso in spaccio, se inserito in un contesto più ampio che comprende altri indizi, come l’aver accompagnato il correo, essersi fermati in una nota piazza di spaccio e aver tenuto un comportamento che suggerisce un coinvolgimento attivo nella transazione.

Qual è il compito della Corte di Cassazione quando valuta un ricorso contro una misura cautelare?
La Corte di Cassazione non riesamina nel merito i fatti, ma si limita a controllare la legittimità del provvedimento. Verifica cioè che il giudice precedente abbia applicato correttamente la legge e abbia fornito una motivazione logica, congrua e non contraddittoria per giustificare la presenza di gravi indizi di colpevolezza.

Il Tribunale della Libertà, in risposta all’appello del Pubblico Ministero che chiede gli arresti domiciliari, può applicare una misura meno grave?
Sì. La sentenza chiarisce che l’effetto devolutivo dell’impugnazione non obbliga il tribunale a scegliere solo tra l’applicazione o il diniego della misura richiesta. Il giudice può procedere anche all’adozione di altre misure coercitive diverse e meno gravi, come l’obbligo di dimora in luogo degli arresti domiciliari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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