Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7438 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7438 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/06/2023 del TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Bologna, Sezione per il riesame, con ordinanza del 9 giugno 2023, ha respinto il riesame presentato da NOME avverso l’ordinanza, del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna del 27 maggio 2023, che aveva applicato nei suoi confronti la misura cautelare della custodia cautelare in carcere relativamente al reato di cui all’art. 73 T.U. stup., in concorso con altri indagati (Commesso il 25 maggio 2023).
Ricorre in cassazione l’indagato deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
1. Con i primi due/motivi di ricorso il ricorrente denuncia violazione di legge (art.41, 43, 56, 110 e 378 cod. pen.; art. 272, 273, 274 e 275 cod. pen.) e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, sulla sussistenza dei gravi indizi di col pevolezza .
Il ricorrente al momento dell’arrivo della P.G. “ebbe a fischiare” e si dava alla fuga unitamente agli altri indagati. Egli era seduto in disparte su una panchina e non partecipava attivamente alla cessione della droga. Per il Tribunale del riesame il fischio (evidentemente effettuato per allertare gli altri dell’arrivo della P.G., per l’ordinanza impugnata) e la fuga sarebbero elementi per ritenere un concorso del ricorrente nella cessione degli oltre 2 kg di cocaina. Il Tribunale evidenzia anche la sussistenza di un pregresso accordo tra il ricorrente e gli altri indagati.
Tuttavia, NOME COGNOME ha chiarito nel suo interrogatorio che ha fischiato e si è dato alla fuga solo per paura, in maniera autonoma dal resto degli indagati. Il ricorrente si trovava nel parco
pubblico per sue esigenze, non per commettere il reato in accertamento.
2. Vizio della motivazione e violazione di legge (art. 274 cod. proc. pen.) relativamente alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e all’applicazione della custodia cautelare in carcere.
Il Tribunale del riesame ha motivato apparentemente sulla concretezza e attualità delle esigenze cautelari, nonché sull’adeguatezza della misura cautelare della custodia in carcere.
Il ricorrente risulta incensurato e le condizioni soggettive del coindagato NOME (gravato da gravi precedenti penali) non potevano valutarsi per la sussistenza del pericolo di reiterazione dei reati da parte di NOME COGNOME. Le due posizioni devono restare distinte, con la conseguenza che nei confronti del ricorrente non potevano affermarsi in,slici di allarme cautelare concreti ed attuali tali da applicare la massima misura restrittiva.
Ha COGNOME chiesto, COGNOME pertanto, COGNOME l’annullamento COGNOME dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso risulta inammissibile.
Sul punto dei gravi indizi di colpevolezza l’ordinanza impugnata rileva, con motivazione immune da vizi logici, la ricorrenza di elementi a carico dell’indagato, evidenziando con esaustiva motivazione come l’imputato rendeva confessione al momento dell’interrogatorio (quantomeno di aver fischiato e di aver tentato la fuga al momento dell’arrivo della P.G. Inoltre, l’ordinanza impugnata (unitamente a quella genetica) riscontra come il reato risulta consumato in quanto la droga passava dai venditori agli acquirenti; il comportamento del ricorrente non può
COGNOME
ritenersi di semplice favoreggiamento ma di concorso effettivo alla compravendita, in quanto egli – che fungeva da vedetta – avvisava i coindagati con un fischio e contestualmente si dava alla fuga unitamente a tutti i responsabili. L’ordinanza valuta in maniera adeguata, con accertamenti di merito insindacabili in questa sede, il comportamento del ricorrente (che con un fischio avvisava gli altri dell’arrivo della P.G.); considera, inoltre, anche il verbale di arresto (che indicava, nella prima parte, il ricorrente facente parte del gruppo che acquistava la droga, mentre nella seconda parte del verbale si indicava il ricorrente “seduto poco in disparte che fungeva da vedetta”) e in considerazione della stessa ammissione dell’indagato rileva che NOME COGNOME deve ritenersi il soggetto che seduto in disparte avvisava i coindagati con un fischio.
3. 1. In tema di misure cautelari personali, quando sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame riguardo alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il controllo di legittimità è limitato, in relazione alla peculiare natura del giudizio e ai limiti che ad esso ineriscono, all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le altre, Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, COGNOME, Rv. 199391; · Sez. 1, n. 1496 del 11/03/1998, dep. 04/07/1998, COGNOME, Rv. 211027; Sez. 1, n. 6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Alberti, Rv. 215331). Il detto limite del sindacato di legittimità in ordine alla gravità degli indizi riguarda anche il quadro delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice della cautela valutare “in concreto” la sussistenza delle stesse e rendere un’adeguata e logica motivazione (Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, dep. 14/03/1998, COGNOME, Rv. 210019).
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3. 2. COGNOME Dall’analisi della motivazione non si rinvengono carenze motivazionali e la tesi prospettata dal ricorrente (ho fischiato per paura e mi sono dato alla fuga in maniera autonoma), peraltro molto genericamente e con argomentazioni in fatto, si pone in termini di censura di merito senza critiche specifiche di legittimità al provvedimento impugnato.
4. Sulle esigenze cautelari l’ordinanza risulta adeguatamente motivata, senza contraddizioni e senza manifeste illogicità in considerazione delle concrete modalità dei fatti in accertamento, in particolare per la sussistenza di elementi che fanno ritenere il ricorrente dedito in maniera professionale e non episodica o occasionale allo smercio di stupefacenti, in quanto senza fissa dimora e senza fonti di reddito lecite.
Infatti, «Il nuovo testo dell’art. 274, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen., risultante dalle modifiche apportate dalla legge n. 47 del 2015, se non consente di desumere il pericolo di fuga e di recidiva esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per il quale si procede, non osta alla considerazione, ai fini cautelari, della concreta condotta perpetrata e delle circostanze che la connotano, in quanto la modalità della condotta e le circostanze di fatto in presenza delle quali essa si è svolta restano concreti elementi di valutazione imprescindibili per effettuare una prognosi di probabile ricaduta del soggetto nella commissione di ulteriori reati» (Sez. 5, n. 49038 del 14/06/2017 – dep. 25/10/2017, COGNOME, Rv. 27152201; vedi anche Sez. 1, n. 37839 del 02/03/2016 – dep. 12/09/2016, COGNOME, Rv. 26779801).
Il Tribunale del riesame, poi, evidenzia i precedenti del coindagato NOME non certo per desumere da essi la pericolosità del ricorrente, ma per individuare un contesto criminale di elevato spessore (sia per la quantità di stupefacente trattato, sia per la pericolosità di alcuni componenti).
Sull’adeguatezza della misura cautelare l’ordinanza risulta motivata, senza contraddizioni e senza manifeste illogicità rilevando come l’unica misura idonea risulta quella della custodia cautelare in
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carcere poiché l’intensità e attualità delle esigenze cautelari rende una misura meno afflittiva inidonea a limitare alla radice il pericolo di contatto o di avvicinamento con gli ambienti dello spaccio. Gli arresti domiciliari, del resto, no sono stati neanche richiesti al Tribunale del riesame, che comunque li ha considerati impraticabili per la situazione abitativa (senza fissa dimora).
Su questi aspetti il ricorso non si confronta reiterando, genericamente, le motivazioni del riesame.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di € 3.000,00, e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 15/11/2023