Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 47044 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 47044 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1.NOME nato a Genova il 24/07/1981
2.NOME nata a Napoli il 1/08/1997
3.NOMECOGNOME nata a Napoli il 15/09/1955
4.COGNOME NOMECOGNOME nato ad Acerra il 19/07/1990
avverso la sentenza del 15/01/2024 della Corte di appello di Trieste visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso: per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME limitatamente alla valutazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, rigettando nel resto il ricorso; per il rigetto del ricorso proposto da NOME COGNOME per la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME
il difensore di NOME COGNOME NOME COGNOME il 28 novembre 2024 ha depositato le proprie conclusioni scritte in cui contesta gli argomenti della requisitoria del procuratore generale ed insiste per raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Trieste, con la sentenza indicata in epigrafe, ha parzialmente riformato la decisione di condanna emessa il 24 novembre 2021, all’esito del giudizio abbreviato, dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Gorizia ed esclusa l’aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. n. 309 del 1990, ha rideterminato la pena nei confronti di NOME COGNOME in nove anni e quattro mesi di reclusione ed C 38.000 di multa, previa assoluzione per i reati di cui al capo ai) commesso fino ad aprile 2018 e ai capi b), I) e n); di NOME COGNOME in due anni e otto mesi di reclusione ed C 12.000 di multa per il delitto di cessione di cocaina ad NOME COGNOME previa assoluzione dai delitti contestati al capo a) e applicate le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla restante aggravante; di NOME COGNOME in cinque anni di reclusione ed C 22.000 di multa su concorde richiesta delle parti, previa applicazione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate; di NOME COGNOME in due anni e quattro mesi di reclusione ed C 600 di multa qualificato il fatto contestato al capo K ai sensi dell’Art 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, esclusa la contestata recidiva e riconosciute le circostanze attenuanti generiche.
2. Ricorso di NOME COGNOME.
Violazione di legge e vizio di motivazione per mancata applicazione dell’art. 62-bis cod. pen. in quanto la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto che le dichiarazioni rese dall’imputato fossero generiche e solo parzialmente confessorie, sebbene fosse stato assolto in relazione a diversi capi di imputazione, peraltro attribuendo valore a condotte tenute in carcere che non avevano determinato provvedimenti disciplinari.
3. Ricorso di NOME COGNOME.
3.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 516 e 517 cod. proc. pen. in quanto la sentenza impugnata ha condannato la ricorrente per avere ricevuto sulla propria carta postepay un pagamento da parte di COGNOME, fatto diverso da quello contestato di cessione in concorso di sostanza stupefacente.
3.2. Violazione di legge e vizio di motivazione, anche per travisamento della prova, in quanto la sentenza impugnata ha fondato la responsabilità della
ricorrente sulle dichiarazioni di altri coimputati senza argomentare sulla consapevolezza di NOME COGNOME che il denaro ricevuto sulla postepay fosse provento di reato.
3.3. Violazione di legge e vizio di motivazione mancando l’elemento oggettivo e soggettivo del concorso nel reato vista anche l’efficienza causale minima, l’estraneità rispetto alle attività illecite del padre e la mancata conoscenza da parte di NOME COGNOME.
3.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la sentenza impugnata non ha applicato l’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 nonostante l’unicità dell’episodio, l’ indeterminatezza della qualità e quantità dello stupefacente ceduto comunque pari a circa 10 grammi di cocaina alla luce del prezzo corrisposto, il riconoscimento della lieve entità all’imputato COGNOME per il medesimo quantitativo contestato alla ricorrente.
3.5. Violazione di legge in relazione all’art. 379 cod. pen. in quanto la condotta contestata va qualificata nei termini del favoreggiamento reale anche considerata la mancata conoscenza della provenienza illecita del denaro, l’utilizzo di questo per acquisti personali, la mancata attiva partecipazione della ricorrente alle attività del padre.
4. Ricorso di NOME COGNOME.
Vizio di motivazione per mancata applicazione dell’art. 62-bis cod. pen. in quanto la sentenza impugnata non ha tenuto conto delle condizioni mentali dell’imputata per come comprovate dalla perizia disposta dal Tribunale di Napoli che ne dimostra l’incapacità.
5. Ricorso di NOME COGNOME.
5.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la sentenza impugnata ha fondato la responsabilità dell’imputato in base a mere congetture atteso che il ricorrente non ha minacciato o usato violenza nei confronti della persona offesa alla luce delle dichiarazioni di questa, delle trascrizioni della conversazione tra COGNOME e COGNOME, del documento attestante il prelievo nello stesso orario in cui veniva commessa la condotta estorsiva.
Inoltre, non vi è prova del concorso di persone potendo al più ritenersi sussistente la connivenza non punibile.
5.2. Violazione di legge con riferimento al trattamento sanzionatorio in quanto non sono state concesse le pene sostitutive nonostante la rideterminazione della pena ne consentisse l’applicazione e non vi fossero motivi ostativi sotto il profilo oggettivo e soggettivo attesa anche l’incensuratezza dell’imputato e la sua personalità.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini di discussione orale, il Procuratore Generale e il difensore di NOME COGNOME hanno depositato le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME è fondato mentre gli altri sono inammissibili.
2.Ricorso di NOME COGNOME.
L’unico motivo di ricorso, relativo al trattamento sanzionatorio, è generico e non si confronta in alcun modo con la sentenza impugnata.
La Corte di merito, nel negare l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, ha utilizzato una congrua e personalizzata motivazione, immune da vizi logico-giuridici, dando conto delle ragioni giustificative dell’apprezzamento discrezionale in quanto tale non assoggettabile a sindacato di legittimità.
L’esercizio del potere discrezionale è stato fondato dalla sentenza impugnata su precisi indicatori: a) l’elevato spessore criminale di Tripodo, per come evincibile dalle intercettazioni esaminate (pag. 23) dal numero e dalla gravità dei reati commessi nel tempo con applicazione di bene molto elevate; b) la genericità delle dichiarazioni rese, solo parzialmente confessorie, volte a minimizzare il proprio ruolo; c) l’ assenza di utilità del suo contributo ai fini investigativi; d) i rapp della polizia penitenziaria relativi alla sua condotta carceraria; tutti elementi ritenuti prevalenti sull’avere il COGNOME trovato un’attività lavorativa.
D’altra parte, l’orientamento costante di questa Corte è che il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, che nella specie vi sono, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590).
3. Ricorso di NOME COGNOME.
La sentenza impugnata ha ritenuto la responsabilità della ricorrente, figlia di NOME COGNOME – acquirente di importanti quantitativi di sostanza stupefacente -, ridimensionando fortemente la portata della sua originaria posizione al solo concorso, con il padre, nel delitto di cessione di cocaina ad NOME COGNOME.
La prova di detta condotta è stata fondata sull’avvenuto versamento da parte dell’acquirente di droga di somme di denaro sulla carta postepay intestata alla
ricorrente, che peraltro non conosceva, e sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, NOME COGNOME secondo il quale i pagamenti a favore di NOME COGNOME venivano effettuati anche sui conti della figlia.
Il dato di fatto, risultante dalle prove acquisite, è che la ricorrente ha messo a disposizione del padre il proprio conto per ricevere del denaro da parte di uno sconosciuto. Questa condotta, in assenza di altri elementi, non consente di ritenere configurabile né l’elemento oggettivo del delitto contestato, mancando un effettivo apporto causale rispetto alla vendita di sostanza stupefacente commessa dal padre della ricorrente; né l’elemento soggettivo che richiede che l’intestataria del conto avesse la piena consapevolezza che il denaro versatole da COGNOME fosse riferibile ad una cessione di droga.
La Corte di merito ha perciò erroneamente qualificato la condotta di NOME COGNOME nei termini di concorso nel delitto di cessione di stupefacenti commesso dal padre con conseguente assoluzione per non aver commesso il fatto.
Gli altri motivi di ricorso si ritengono assorbiti.
4. Ricorso di NOME COGNOME.
La sentenza impugnata è stata emessa nei confronti di NOME COGNOME ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. a seguito di proposta di concordato in appello, anche sulla pena, con applicazione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti nei termini richiesti dalle parti.
Ne consegue che il ricorso, volto a censurare la mancata prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, è inammissibile in quanto è precluso in questa sede riproporre un punto già investito con il motivo di appello rinunciato.
5. Ricorso di NOME COGNOME.
5.1. Il primo motivo è inammissibile perché reiterativo di censure di merito alle quali la Corte di merito ha fornito adeguata e non illogica risposta.
Alle pagg. 24 e 25, infatti, la sentenza impugnata ha dato conto dello sviluppo della condotta estorsiva commessa dal ricorrente in concorso con COGNOME ai danni di COGNOME che non voleva pagare una fornitura di droga perché di cattiva qualità, avvenuta sia utilizzando il telefono di COGNOME per minacciarlo, sia presentandosi a casa della vittima, come da questa dichiarato, proseguendo negli avvertimenti estorsivi perché i fornitori erano «persone che non scherzavano» e lui stesso era a propria volta minacciato. Non assume, dunque, alcuna valenza il documento, peraltro non depositato alla Corte di appello e solo menzionato nel ricorso, attestante il prelievo di denaro nello stesso orario in cui veniva commessa la condotta estorsiva dal Suarino.
Il provvedimento impugnato ha correttamente qualificato la condotta di COGNOME come concorso nel reato di estorsione per la simultanea presenza, con il coimputato, al momento in cui è stata avanzata la richiesta estorsiva alla persona offesa nel suo appartamento.
Infatti, ai sensi dell’art. 110 cod. pen. il contributo causale del concorrente può manifestarsi attraverso forme differenziate che, nella specie, si sono concretizzate, come argomentato dalla Corte di merito, non solo nell’utilizzo del telefono di COGNOME per rivolgere le minacce a COGNOME e nel raggiungere il correo in casa di questi per spiegargli l’interesse diretto all’azione di recupero del denaro, ma anche spiegandogli di essere a propria volta sottoposto ad un pericolo incombente, così da mostrargli il rischio per la sua incolumità se non avesse corrisposto la somma di denaro richiesta.
5.2. Il secondo motivo, sulla mancata applicazione delle sanzioni sostitutive, è manifestamente infondato.
In assenza di una espressa richiesta avanzata con l’atto di appello, come avvenuto nella specie, la Corte di merito non è tenuta a provvedervi d’ufficio nè motivare in ordine alle ragioni che escludono la sussistenza dei relativi presupposti (Sez. 2, n. 4772 del 05/10/2023, dep. 2024, A., Rv. 285996).
Alla luce degli argomenti che precedono la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla posizione di NOME per non aver commesso il fatto, mentre i ricorsi di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME vanno dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di NOME per non aver commesso il fatto.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME COGNOME LuisaCOGNOME e COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma cli euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
La Consigliera estensora
Così deciso il 5 dicembre 2024
Il Presidente