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Concorso reato emissione fatture: la Cassazione chiarisce

Un imprenditore, condannato per concorso nel reato di emissione fatture false (art. 8, D.Lgs. 74/2000) per aver istigato un’altra società a emettere un documento fittizio a favore della propria, ha visto respinto il suo ricorso in Cassazione. La difesa sosteneva che la semplice registrazione contabile della fattura (“avvalimento”) attivasse la clausola di non punibilità dell’art. 9, escludendo il concorso. La Suprema Corte ha rigettato questa tesi, chiarendo che la norma si applica solo in caso di “utilizzazione” della fattura in dichiarazione fiscale, non per il semplice avvalimento. La condanna per il concorso reato emissione fatture è stata quindi confermata, mentre la sentenza è stata annullata con rinvio solo per la rideterminazione della pena, giudicata immotivata.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso Reato Emissione Fatture: la Cassazione sulla clausola di non punibilità

La disciplina dei reati tributari, e in particolare quella relativa alle fatture per operazioni inesistenti, presenta complesse questioni interpretative. Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale: i limiti di applicabilità della clausola di non punibilità per chi si avvale di fatture false, specialmente quando è accusato di concorso reato emissione fatture. La pronuncia chiarisce la fondamentale differenza tra “avvalersi” di una fattura e “utilizzarla” ai fini fiscali, con importanti conseguenze sulla responsabilità penale.

I Fatti del Caso: L’Emissione della Fattura Inesistente

La vicenda giudiziaria riguarda un imprenditore, legale rappresentante di una società, condannato in via definitiva per il reato di cui all’art. 8 del D.Lgs. 74/2000. L’accusa non era quella di aver materialmente emesso il documento, bensì di aver agito come concorrente morale. In pratica, aveva istigato il gestore di un’altra società a emettere una fattura per operazioni inesistenti, per un importo di circa 305.000 euro, a beneficio della propria azienda.

Successivamente, l’imprenditore aveva presentato un’istanza di revisione della condanna, basata su nuovi documenti contabili (registri IVA) che, a suo dire, provavano come la sua società avesse immediatamente registrato la fattura in contabilità, “avvalendosene”.

La Tesi Difensiva e la Clausola di Non Punibilità

La difesa sosteneva che tale “avvalimento” fosse sufficiente a far scattare la clausola di non punibilità prevista dall’art. 9, lett. b), del D.Lgs. 74/2000. Questa norma stabilisce che chi si avvale di fatture per operazioni inesistenti non è punibile a titolo di concorso nel reato di emissione (art. 8). Secondo l’imprenditore, la semplice registrazione contabile integrava la fattispecie dell'”avvalimento”, escludendo quindi la sua responsabilità per il concorso reato emissione fatture.

L’argomentazione difensiva mirava a dimostrare che l’intento del legislatore fosse quello di punire l’utilizzatore finale della fattura (tramite il reato di dichiarazione fraudolenta, art. 2) e l’emittente (art. 8), evitando una doppia sanzione per la stessa condotta.

L’Analisi della Cassazione sul Concorso Reato Emissione Fatture

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa interpretazione, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato una distinzione netta e fondamentale:

Avvalimento vs. Utilizzazione

L'”avvalimento”, descritto nell’art. 2 come la registrazione della fattura nelle scritture contabili o la sua detenzione a fini di prova, è una condotta prodromica, una modalità preparatoria. Non costituisce, di per sé, l’elemento costitutivo del reato di dichiarazione fraudolenta.

L'”utilizzazione”, invece, è l’atto con cui si commette il reato di cui all’art. 2, ovvero l’indicazione degli elementi passivi fittizi nella dichiarazione dei redditi o IVA.

La clausola di non punibilità dell’art. 9, secondo la Corte, si riferisce inequivocabilmente all'”utilizzatore”, cioè a colui che porta a compimento il disegno fraudolento inserendo la fattura in dichiarazione. Non si applica a chi si limita a registrarla senza poi utilizzarla.

La Condotta Autonoma del Concorrente

Inoltre, la Corte ha evidenziato che la condanna dell’imprenditore non derivava da un’automatica estensione di responsabilità dall’utilizzo della fattura, ma da una condotta autonoma e precedente: l’istigazione. Le prove processuali avevano dimostrato che era stato proprio lui a “chiedere l’emissione di fatture” e a predisporre il contratto fittizio sottostante. Questo comportamento integra pienamente il concorso morale nel reato di emissione, un fatto distinto e separato dal successivo (e in questo caso mai avvenuto) utilizzo in dichiarazione.

Annullamento con Rinvio sulla Determinazione della Pena

Pur confermando la colpevolezza, la Cassazione ha accolto il terzo motivo di ricorso, relativo al trattamento sanzionatorio. In un precedente grado di giudizio, l’imputato era stato assolto da un’altra accusa (ex art. 2 D.Lgs. 74/2000), originariamente considerata la più grave. Nel rideterminare la pena per il reato residuo (il concorso nell’emissione ex art. 8), la Corte d’Appello aveva fissato una pena base identica a quella del reato più grave, senza fornire una motivazione congrua e autonoma. Si era limitata a fare riferimento all’entità di un’evasione relativa a un reato per cui era intervenuta assoluzione, il che è stato ritenuto illogico e viziato. Per questa ragione, la sentenza è stata annullata limitatamente a questo punto, con rinvio a un’altra sezione della Corte d’Appello per una nuova e motivata quantificazione della pena.

Le motivazioni

La ratio della decisione risiede nella necessità di interpretare le norme in modo coerente e sistematico. L’art. 9 del D.Lgs. 74/2000 è una norma eccezionale che deroga ai principi generali sul concorso di persone nel reato. La sua funzione è evitare che l’utilizzatore di una fattura falsa, già punito per la dichiarazione fraudolenta (art. 2), risponda anche per concorso nel reato dell’emittente (art. 8). Tuttavia, questa esclusione opera solo quando il ciclo dell’illecito si completa con la dichiarazione. Se, come nel caso di specie, la condotta si ferma prima, o se la responsabilità per il concorso deriva da un’azione autonoma di istigazione, la clausola di non punibilità non può trovare applicazione. Equiparare il mero “avvalimento” contabile all'”utilizzazione” fiscale creerebbe un’ingiustificata area di impunità per condotte che sono comunque offensive per gli interessi dell’Erario.

Le conclusioni

La sentenza consolida un importante principio in materia di reati fiscali: ai fini della clausola di non punibilità per il concorso reato emissione fatture, non è sufficiente la semplice registrazione contabile del documento fittizio. È necessario che questo venga effettivamente utilizzato in una dichiarazione fiscale. La condotta di chi istiga o commissiona attivamente l’emissione di una fattura falsa costituisce un titolo autonomo di responsabilità per concorso, che prescinde dall’uso successivo del documento. Infine, la pronuncia ribadisce il dovere del giudice di motivare in modo specifico e logico la quantificazione della pena, senza ancorarla a parametri relativi a reati per i quali l’imputato è stato assolto.

La semplice registrazione di una fattura falsa in contabilità esclude la punibilità per concorso nella sua emissione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la clausola di non punibilità dell’art. 9 D.Lgs. 74/2000 si applica solo a chi “utilizza” la fattura in dichiarazione, non a chi semplicemente se ne “avvale” registrandola. Il concorso nel reato di emissione (ad esempio, istigando chi la emette) è una condotta autonoma e punibile a prescindere dall’uso successivo.

Cos’è il “concorso morale” nel reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti?
Si ha concorso morale quando un soggetto, pur non emettendo materialmente la fattura, istiga o determina un altro a commettere il reato. Nel caso di specie, l’imprenditore è stato condannato perché ha chiesto attivamente al gestore di un’altra società di emettere la fattura falsa a beneficio della propria azienda.

Perché la Cassazione ha annullato la sentenza pur confermando la condanna per il reato?
La Cassazione ha confermato la responsabilità penale per il reato di concorso in emissione di fattura falsa, ma ha annullato la sentenza con rinvio limitatamente al calcolo della pena. La Corte d’Appello aveva determinato la pena in modo illogico, basandola su quella di un reato più grave per cui l’imputato era stato assolto, senza fornire una motivazione congrua e autonoma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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