Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22909 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22909 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/05/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME NOME MarioCOGNOME nato a Ciserano il 05/10/1957 avverso l’ordinanza emessa il 23/12/2024 dal Tribunale di Bergamo visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria dei difensori del ricorrente, avv. NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME che hanno concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 23/12/2024, il Tribunale di Bergamo ha parzialmente accolto l’appello proposto, ai sensi dell’art. 322-bis cod. proc. pen., nell’interess di COGNOME NOME COGNOME avverso il provvedimento emesso dal Tribunale dibattimentale di Bergamo, all’udienza del 07/11/2024, in relazione all’istanza di revoca del sequestro preventivo del profitto del reato di cui all’art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000, contestato in concorso al CATTANEO al capo X) della rubrica, e a
quella di riduzione del sequestro all’importo di Euro 55.000, individuato dal G.i.p. in sede di applicazione della misura reale per l’ulteriore reato di corruzione, contestato al CATTANEO al capo XXXI): istanza, quest’ultima, determinata dal fatto che gli operanti eseguito il sequestro fino alla concorrenza di un importo maggiore).
In particolare, il Tribunale ha rigettato l’istanza di revoca e – preso atto dell nullità del provvedimento per omessa pronuncia sulla ulteriore richiesta – ha disposto la trasmissione al Giudice dibattimentale per l’ulteriore corso.
Ricorre per cassazione il COGNOME a mezzo dei propri difensori, deducendo:
2.1. Violazione di legge con riferimento alla ritenuta applicabilità anche al concorrente extraneus dell’aggravante di cui all’art. 13-bis, comma 3, d.lgs. n. 74 del 2000. Si censura l’ordinanza sia per non aver considerato il rilievo difensivo secondo cui l’aggravante, per come contestata, era da riferirsi al solo professionista COGNOME NOME, sia per essersi limitata a rendere una motivazione “del tutto identica” a quella del primo giudice, dando luogo ad un’ipotesi di motivazione apparente. Si censura poi l’inconferenza dei riferimenti giurisprudenziali contenuti nell’ordinanza impugnata, relativi alla diversa aggravante di cui all’art. 61 n. 11 cod. pen. e contenenti principi non applicabili alla fattispecie in esame, in cui il COGNOME non possedeva alcuna competenza in materia fiscale, né aveva contribuito alla elaborazione o commercializzazione dei modelli di evasione fiscale.
2.2. Violazione di legge in relazione al mantenimento del sequestro a fini di confisca per equivalente. Si censura l’assunto del Tribunale secondo cui non potrebbe porsi in discussione il fumus, dopo l’emissione del decreto di rinvio a giudizio, alla luce sia della deposizione dell’operante COGNOME che aveva riferito sull’inesistenza di rapporti tra il ricorrente ed il COGNOME, sia dell mancanza di prove – anche a voler condividere la tesi della natura mista dell’aggravante – in ordine alla conoscenza o alla conoscibilità per colpa dell’aggravante medesima da parte del COGNOME, al quale neppure era stata contestata l’ipotesi associativa.
2.3. Violazione di legge con riferimento alla omessa motivazione circa la sussistenza del periculum in mora. Si censura la mancanza di analisi sul presupposto in questione.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, per la manifesta infondatezza delle censure prospettate.
Con memoria tempestivamente tramessa unitamente ad alcuni allegati, la difesa del COGNOME replica alle argomentazioni del P.G., osservando da un lato
che i precedenti citati nella requisitoria risultavano in realtà favorevoli alla t difensiva di insussistenza dell’aggravante sul piano oggettivo, e – d’altro lato ribadendo la sussistenza del potere-dovere del giudicante, in sede cautelare, di verifica del fumus e del periculum anche dopo l’emissione del decreto di rinvio a giudizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Per ciò che riguarda il primo ordine di doglianze, è opportuno prendere le mosse dal consolidato insegnamento di questa Suprema Corte, secondo cui «il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice» (Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608 – 01).
In tale condivisibile prospettiva ermeneutica, ritiene il Collegio che la motivazione del Tribunale sia del tutto immune da censure deducibili in questa sede.
Lungi dal risultare apparente, il percorso argomentativo sviluppato nell’ordinanza esprime una piena adesione alle valutazioni del Tribunale procedente, da un lato sottolineando che l’espressione “con l’aggravante per COGNOME“, utilizzata nell’imputazione formulata a carico del COGNOME in concorso con altri, doveva intendersi funzionale ad individuare quale coimputato rivestisse la particolare qualifica rilevante ai sensi dell’art. 13-bis d.lgs. n. 74 2000: non certo ad escludere l’applicabilità dell’aggravante ai concorrenti, del resto esplicitamente richiamata nel capo di accusa anche quanto alla disposizione di legge violata.
Del resto, tale impostazione appare del tutto in linea con l’indirizzo interpretativo secondo cui «in tema di reati tributari, l’aggravante prevista dall’art. 13-bis, comma 3, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, in presenza del necessario coefficiente di colpevolezza, si estende ai concorrenti diversi dal professionista o dall’intermediario finanziario o bancario, trattandosi di circostanza a matrice mista, oggettiva e soggettiva, che riguarda una condotta commessa “attraverso” l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale, causalmente ricollegate al fatto tipico, e che, comunque, agevola la commissione del reato»
(Sez. 3, n. 23335 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. 281589 –
08. In senso conforme, cfr. Sez.
5, n. 4957 del 17/12/2021, dep. 2022, COGNOME).
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Il Tribunale ha escluso, in presenza di una rituale contestazione dell’aggravante e alla luce dello stato del procedimento (giunto alla fase
dibattimentale, dopo l’emissione del decreto che dispone il giudizio), di poter porre questioni sulla concreta configurabilità dell’aggravante medesima. Tali conclusioni
– che evidentemente escludono la possibilità di instaurare un “processo parallelo”
in ambito cautelare sulla configurabilità di un’aggravante, che nella prospettiva del ricorrente dovrebbe essere esclusa sulla sola scorta della deposizione di un teste
– appaiono del tutto in linea con il consolidato indirizzo interpretativo di questa
Suprema Corte secondo cui «in tema di riesame del provvedimento che dispone il sequestro preventivo, l’emissione del decreto di rinvio a giudizio o del decreto che
dispone il giudizio immediato preclude la proponibilità della questione relativa alla sussistenza del
fumus commissi delicti, essendovi, in tali casi, una preventiva
verifica giurisdizionale sulla consistenza del fondamento dell’accusa» (Sez. 3, n.
35715 del 17/09/2020, COGNOME, Rv. 280694 – 03. In senso analogo, da ultimo, cfr. Sez. 3, n. 13521 del 07/04/2025, Piacentino, alla quale si rimanda per le altre conformi citazioni giurisprudenziali).
Ad analoghe conclusioni di inammissibilità deve pervenirsi anche con riferimento alla residua censura.
Coglie infatti nel segno il rilievo, contenuto nella requisitoria del Procuratore Generale, in ordine al fatto che, con l’atto di appello, non erano state devolute censure concernenti la ritenuta persistenza del periculum in mora: tale circostanza assume un rilievo dirimente, precludendo la disamina delle censure dedotte sul punto in questa sede.
Le considerazioni fin qui svolte impongono una declaratoria di inammissibilità del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 16 maggio 2025 Il Consigli GLYPH estensore
Il Presidente