Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4532 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4532  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CAGLIARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/06/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
 Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna del 18 settembre 2019, emessa a seguito di giudizio abbreviato, con cui COGNOME NOME era stata condannata alla pena complessiva di anni due e mesi sette di reclusione ed euro 13.340 di multa in relazione ai reati di cui agli artt. 81 cod. pen. e 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990.
 L’imputata, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso tale sentenza per violazione degli artt. 516, 521, 604 e 522 cod. proc. pen. e vizio di motivazione quanto alla sussistenza della condotta materiale e dell’elemento soggettivo del reato contestato.
Si deduce che la Corte territoriale ha ricostruito la condotta materiale e l’elemento soggettivo del reato in termini totalmente difformi rispetto alla sentenza di primo grado, avendo infatti ritenuto che la droga sequestrata potesse essere stata detenuta anche da COGNOME NOME e che, pertanto, la responsabilità della COGNOME doveva essere comunque riconosciuta a titolo di concorso.
3.  Il ricorso è inammissibile.
I giudici di merito hanno valutato in termini logici il materiale probatorio, sottolineando le plurime ragioni in base alle quali hanno ritenuto la droga nella disponibilità della COGNOME, evidenziando al riguardo che la sostanza era stata rinvenuta nella sua abitazione, suddivisa in dosi e in presenza di materiale per il confezionamento e per la pesatura.
L’ulteriore specificazione dell’eventualità del concorso nel reato unitamente al COGNOME – formulata peraltro solo in via subordinata – è stata dovuta alla necessità di confutare la diversa ricostruzione dei fatti operata dalla medesima ricorrente.
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ragioni di esonero – al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 17 gennaio 2024.