LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Concorso nel reato: la condotta agevolatrice

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto. La Corte ha confermato che la condotta di chi si posiziona strategicamente per coprire un complice durante un furto costituisce a tutti gli effetti un concorso nel reato, in quanto azione che agevola l’esecuzione del delitto. Il ricorso è stato respinto perché mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso nel Reato: Basta la Condotta Agevolatrice per la Complicità?

Il concorso nel reato, disciplinato dall’articolo 110 del codice penale, si verifica quando più persone collaborano alla realizzazione di un illecito. Ma qual è il confine tra una semplice presenza sul luogo del delitto e una partecipazione penalmente rilevante? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come anche una condotta apparentemente passiva, ma finalizzata ad agevolare l’azione del complice, integri pienamente la fattispecie del concorso. Analizziamo insieme il caso.

Il Fatto: Un Furto Tentato in Farmacia

La vicenda giudiziaria ha origine da un tentato furto commesso presso una farmacia. Due individui entravano nell’esercizio commerciale con un piano preciso: mentre uno si occupava di sottrarre materialmente i beni, l’altro aveva il compito di posizionarsi strategicamente vicino al bancone. L’obiettivo di quest’ultimo era duplice: coprire l’azione furtiva del complice e agevolare una rapida fuga comune. L’azione non andava a buon fine, e la vicenda approdava in tribunale.

La Corte d’Appello, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, riqualificava il fatto come furto tentato e condannava l’individuo che aveva agito da ‘palo’ o ‘copertura’ a una pena di due mesi di reclusione e 60 euro di multa, riconoscendo il suo pieno coinvolgimento.

Il Ricorso in Cassazione e la tesi del Concorso nel Reato impossibile

L’imputato, tramite il suo difensore, presentava ricorso alla Corte di Cassazione. La difesa sosteneva principalmente due punti:
1. L’assenza di motivazione sulla configurabilità del concorso nel reato, dato che il coimputato era stato giudicato separatamente e l’esito di quel processo non era stato acquisito.
2. L’erronea applicazione della legge penale, arrivando a ipotizzare un ‘reato impossibile’ ai sensi dell’art. 49 c.p., poiché, a suo dire, la mancanza di prove sul reato principale avrebbe dovuto escludere la possibilità stessa del concorso.

In sostanza, l’imputato cercava di sminuire il proprio ruolo, sostenendo che senza la prova certa del reato commesso dal complice, anche la sua presunta condotta di supporto perdeva ogni rilevanza penale.

La Decisione della Suprema Corte sul Concorso nel Reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando completamente le argomentazioni della difesa. I giudici hanno sottolineato come le doglianze del ricorrente non fossero altro che un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. Il compito della Cassazione, infatti, non è ricostruire i fatti, ma verificare che i giudici di merito abbiano applicato correttamente la legge e motivato in modo logico e congruo le loro decisioni.

Le Motivazioni: Il Ruolo del Complice e la Ricostruzione dei Fatti

Nel merito, la Corte ha ritenuto che i giudici d’appello avessero ricostruito in modo adeguato e logico la dinamica dell’evento. Sulla base delle risultanze processuali, era stato accertato inequivocabilmente il ruolo dell’imputato: egli non era un semplice spettatore, ma un partecipe attivo del piano criminale. La sua condotta, consistente nel posizionarsi vicino al bancone per coprire l’azione del complice e tentare la fuga insieme, è stata correttamente qualificata come una condotta agevolatrice. Questo tipo di comportamento, secondo la giurisprudenza consolidata, è sufficiente per integrare il concorso nel reato, poiché fornisce un contributo causale, anche se minimo, alla realizzazione dell’illecito.

Le Conclusioni: Quando un Atto di Supporto Diventa Reato

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale in materia di concorso nel reato: per essere considerati complici, non è necessario compiere materialmente l’azione tipica del reato (in questo caso, l’impossessamento della cosa mobile altrui). È sufficiente fornire un contributo consapevole che faciliti o renda possibile l’esecuzione del crimine. La decisione conferma che il ruolo di ‘palo’ o di ‘copertura’ non è una condotta di secondaria importanza, ma una vera e propria forma di partecipazione punibile. Di conseguenza, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla cassa delle ammende, ponendo fine alla vicenda.

Stare vicino al bancone per coprire un complice che ruba è considerato concorso nel reato?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, posizionarsi strategicamente per coprire l’azione di un complice è una condotta agevolatrice che integra pienamente la fattispecie del concorso nel reato, in quanto contribuisce all’esecuzione del delitto.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare come sono andati i fatti di un processo?
No, il ricorso per cassazione è inammissibile se si risolve in una richiesta di rivalutazione del materiale probatorio. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la congruità della motivazione, non riesaminare i fatti.

Cosa succede se un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e, se non vi è assenza di colpa, al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati