Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 39171 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 39171 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/07/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME del foro di ROMA, anche in sostituzione ex art.102 c.p.p., per delega orale, del codifensore avvocato COGNOME NOME del foro di PARMA in difesa di COGNOME (CODICE_FISCALE), il quale chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 6.7.2023, la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo grado, emessa in sede di rito abbreviato, che aveva dichiarato COGNOME responsabile del reato di cui agli artt. 81 cpv, 110 cod. pen., 73, comma 1, d.P.R. 309/90, in relazione a vari episodi di cessione di sostanza stupefacente (cocaina) commessi negli anni 2010 e 2011.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando – in sintesi, giusta il disposto di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p. – quanto segue.
Violazione di legge, vizio di motivazione e travisamento della prova con riferimento alla collocazione temporale e all’interpretazione delle conversazioni intercettate, stante la mancanza di prova che l’oggetto delle discussioni captate fosse effettivamente sostanza stupefacente, di cui non si è chiarita neppure la natura e la quantità.
II) Violazione di legge e vizio di motivazione, per omessa riqualificazione dei fatti nell’ipotesi di lieve entità di cui al quinto comma dell’art. 73 cit.
III) Mancato bilanciamento in prevalenza delle attenuanti generiche rispetto alla contestata recidiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Il primo motivo sollecita censure di merito al fine di escludere la responsabilità dell’imputato, ma ciò non è consentito nel giudizio di legittimità. Il ricorrente parcellizza il contenuto argomentativo della decisione impugnata, riproponendo la versione difensiva smentita da entrambi i giudici di merito e fondata su una diversa e non consentita lettura del significato dei dialoghi intercettati, che costituisce questione di fatto (cfr. Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01).
Quanto ai travisamenti di prova denunciati, va ricordato che, secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. e), cod. proc. pen. solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777 – 01; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013 – dep. 29/01/2014, COGNOME, Rv. 258438 – 01), il che è assente nell’articolazione della doglianza in esame.
Parimenti va esclusa qualsivoglia violazione di legge da parte dei giudicanti nella valutazione delle prove, atteso che, in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse all motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027 – 04).
Il secondo motivo è privo di pregio, non ricorrendo alcuna violazione di legge in ordine alla qualificazione giuridica dei reati ascritti al prevenuto. ricorrente invoca un principio di diritto affermato in alcune pronunce minoritarie, secondo il quale il medesimo fatto storico non può essere qualificato ai sensi dell’art. 73, comma 1 o 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nei confronti di alcuni concorrenti e contemporaneamente ricondotto nell’ambito dell’art.73, comma 5, nei confronti di altri, stante l’unicità del reato nel quale si concorre, che non può, quindi, atteggiarsi in modo diverso rispetto ai singoli concorrenti (Sez. 4, n. 30233 del 07/07/2021, Rv. 281836 – 01).
3.1. La Corte territoriale ha aderito all’orientamento prevalente, secondo il quale il medesimo fatto storico può essere ascritto ad un imputato ai sensi dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e ad un altro a norma dell’art. 73, comma 5, del medesimo d.P.R., qualora il contesto complessivo nel quale si collochi la condotta, valutato tenendo conto della quantità di stupefacente trattato, nonché dei mezzi, delle modalità e delle circostanze dell’azione, assuma caratteri differenti per ciascun correo (Sez. 3, n. 20234 del 04/02/2022, COGNOME, Rv. 283203; Sez. 3, n. 16598 del 20/02/2020, Rv. 278945; Sez. 6, n. 2157 del 09/11/2018 – dep. 2019, Rv. 274961).
3.2. Tale ultimo orientamento è stato recepito e confermato dalle Sezioni Unite (sent. n. 27727 del 14.12.2023, dep. 2024, Gambacurta), le quali hanno affermato che, in tema di concorso di persone nel reato di cessione di sostanze
stupefacenti, il medesimo fatto storico può configurare, in presenza dei diversi presupposti, nei confronti di un concorrente il reato di cui all’art. 73, comma 1 ovvero comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e nei confronti di altro concorrente il reato di cui all’art. 73, comma 5, del medesimo d.P.R. (Sez. U, n. 27727 del 14/12/2023 – dep. 2024, Rv. 286581 – 01). In proposito, le Sezioni Unite hanno chiarito che, qualora il medesimo fatto, contestato a diversi imputati in concorso tra loro, contenga elementi tali da fare ritenere integrata solo per taluni la fattispecie di cui all’art. 73 comma 5, T.U. stup. e per altri quella di cui all’art. comma 1, T.U. stup., si versa al di fuori di un’ipotesi di concorso nel medesimo reato, essendosi in presenza di due reati diversi legati tra loro da un rapporto di specialità ex art. 15 cod. pen., norma che fa riferimento alla sola specialità unilaterale, poiché le altre tipologie di relazioni tra norme, quali la specialit reciproca o bilaterale, non evidenziano alcun rapporto di “genus” a “speciem” (Sez. U, n. 27727 del 14/12/2023 – dep. 2024, Rv. 286581 – 02).
3.3. Con riferimento al caso concreto, la sentenza distingue le due posizioni dei coimputati, rilevando – non illogicamente – come il ricorrente avesse un ruolo sovraordinato rispetto al collaboratore e come lo COGNOME agisse con modalità operative non sussumibili nell’ipotesi di lieve entità, secondo una ponderata valutazione di merito non sindacabile nella presente sede di legittimità.
Quanto al terzo motivo, è appena il caso di rilevare come il giudizio di bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche con la recidiva costituisca una tipica valutazione di merito, in nessun modo sindacabile in Cassazione qualora congruamente motivato, come nella specie, in cui i giudici territoriali, al riguardo, hanno adeguatamente valorizzato i precedenti a carico e la persistente latitanza del prevenuto.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in data 11 settembre 2024
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