Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 6832 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 6832 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME n. Settat (Marocco) 08/05/2002 (CUI 05GGLHN) avverso la sentenza n. 523/24 della Corte di appello di Trieste del 20/03/2024
letta la requisitoria scritta del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Trieste ha ribadito la affermazione di responsabilità, pronunciata in primo grado, di NOME COGNOME per concorso nella detenzione e nel trasporto di 358,6 grammi di cocaina (artt. 110 cod. pen. e 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990), confermando la pena irrogata dal primo giudice nella misura di due anni e otto mesi di reclusione e 12.000,00 euro di multa.
Attraverso il suo difensore, l’imputata ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, formulando tre motivi di censura.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza di un’ipotesi di concorso nel reato punibile ai sensi dell’art. 110 cod. pen., atteso che la condotta tenuta – consistita nell’essere stata presente nel luogo di consegna della sostanza stupefacente al concorrente NOME – non ha contribuito alla realizzazione dell’evento, non integrando, perciò, alcuna forma di concorso morale ma una mera connivenza non punibile.
2.2. Violazione di legge in relazione alla mancata applicazione dell’art. 114 cod. pen., per avere al più fornito un contributo del tutto marginale al trasporto della sostanza stupefacente.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata riqualificazione del fatto ai sensi del comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, non avendo i giudici di merito tenuto conto, tra le circostanze dell’azione, del comportamento specifico dell’imputata e del coefficiente psicologico rispetto alla fattispecie criminosa posta in essere.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
La ricorrente è stata condannata, sia in primo che in secondo grado, poiché ritenuta concorrente nella detezione e nel trasporto da Bergamo, luogo di approvvigionamento, a Trieste, luogo di programmata cessione al dettaglio, di gr. 358,6 di cocaina sequestrati sotto forma di sassi da sottoporre a raffinazione e taglio, del valore prudenziale (secondo la Corte di appello) di circa 20.000,00
euro (35.000,00 secondo il G.i.p.), reato commesso in concorso con il compagno NOMECOGNOME che ha definito il giudizio a suo carico con patteggiamento.
Tanto premesso, tutti i motivi di ricorso debbono ritenersi infondati.
2.1. Con riferimento al primo, costituente il cuore dell’impugnazione e che riguarda il tema del discrimine tra concorso penalmente rilevante e connivenza non punibile, la Corte di appello ha correttamente ribadito che fungere da copertura per il trasporto dello stupefacente non costituisce mera connivenza, ma concorso pieno nel reato, dal momento che l’imputata ha anche ammesso di essere stata consapevole del motivo del viaggio a Bergamo.
Con tale statuizione i giudici di appello hanno fatto corretto governo dei principi stabiliti da questa Corte di legittimità nell’affermare che la distinzione tra l’ipotesi della connivenza non punibile e il concorso nel delitto, con specifico riguardo alla disciplina degli stupefacenti, va ravvisata nel fatto che, mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso di persone ex art. 110 cod. pen., è invece richiesto un consapevole contributo che può manifestarsi anche in forme che agevolino il proposito criminoso del concorrente, garantendogli una certa sicurezza o, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale poter contare (v. per tutte perché più recente Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, COGNOME, Rv. 280244).
Il principio va ovviamente declinato in relazione alla fattispecie considerata, ma l’accento posto dai giudici di merito sulla funzione di copertura svolta dalla ricorrente nell’accompagnare il compagno nel luogo di presa in consegna della sostanza stupefacente, così da fornire l’apparenza di un viaggio di routine di una coppia legata da relazione affettiva, non appare affatto illogico e come tale non è suscettibile di critica sul piano argomentativo.
2.2. Dalle considerazioni ora svolte deriva che parimenti congrua e insuscettibile di critica deve ritenersi la determinazione della Corte di merito di ribadire il mancato riconoscimento dell’attenuante, peraltro facoltativa, di cui all’art. 114 cod. pen.
La cd. copertura così assicurata al concorrente nel reato, almeno in termini astratti dacché è verosimile che entrambi fossero già oggetto di indagini anche mediante operazioni tecniche di intercettazione e/o captazione, non integrava affatto un apporto marginale alla condotta tipica (di trasporto), ma, come anticipato, avrebbe dovuto conferire un aspetto di normalità ad un momento topico del disegno criminale, come quello rappresentato dall’approvvigionamento della sostanza drogante necessaria per avviare i traffici al minuto.
2.3. Palesemente infondato è, invece, il terzo motivo di doglianza.
A prescindere dal rilievo negativo correttamente conferito al dato ponderale della sostanza stupefacente co-detenuta (gr. 358,6 di cocaina), gli altri indici
in base ai quali, stando alla difesa della ricorrente, avrebbe dovuto condursi la valutazione circa la ricorrenza del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 sono stati debitamente presi in considerazione, sebbene con esito negativo, da parte dai giudici di merito.
Comportamento specifico dell’imputata e atteggiamento psicologico rispetto alla fattispecie sono stati, infatti, gli elementi che hanno indotto la Corte di appello a ribadirne la responsabilità a titolo di concorso e a negarle un ruolo di minima importanza nella consumazione dell’illecito, sicché sarebbe stato, invero, contraddittorio valorizzare questi stessi elementi al fine di ravvisare nella sua condotta un fatto di lieve entità.
Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, 9 gennaio 2025