Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 37253 Anno 2025
RITENUTO IN FATTO Penale Sent. Sez. 4 Num. 37253 Anno 2025 Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Venezia, esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. 9 ottobre 1990 e rideterminata in Data Udienza: 10/09/2025
conseguenza la pena, ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di NOME COGNOME, resa il 27 ottobre 2023 dal Tribunale di Verona, per il reato di cui agli artt. 73 d.P.R. 309/90 e 61bis cod. pen.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso il difensore dell’imputato sollevando i cinque motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen:
2.1. Insussistenza del fatto: manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione, non essendovi stata traccia dello stupefacente che le sentenze di merito sostengono essere stato consegnato al gruppo di persone del quale faceva parte l’imputato. Non vi sarebbe prova che il corrispettivo di cui sono stati trovati in possesso COGNOME e COGNOME Ubeda sia stato pagato dal terzetto di cui faceva parte l’imputato e non, invece, da altri acquirenti cui sarebbe stata verosimilmente ceduta altra parte della sostanza. La sentenza impugnata opererebbe anche un travisamento rispetto alla data, in realtà di alcuni giorni successiva rispetto allo scambio, in cui sarebbe stata analizzata la sostanza stupefacente;
2.2. Sulla responsabilità dell’imputato: carenza, illogicità e contraddittorietà con le risultanze istruttorie. La sentenza impugnata non si sarebbe confrontata con le argomentazioni difensive, relative a circostanze di fatto, svolte in sede di appello che la difesa richiama; nonché violazione di legge per avere la sentenza impugnata escluso la configurabilità di una connivenza non punibile;
2.3. Violazione di legge, carenza e contraddittorietà della motivazione per non avere riqualificato il reato nella fattispecie criminosa di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990;
2.4. Violazione di legge con riguardo alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante del reato transnazionale ex art. 61bis cod. pen.;
2.5. Travisamento della prova e violazione di legge con riguardo al diniego della circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.
In data 30 luglio 2025, sono pervenuti motivi aggiunti, a firma del difensore, AVV_NOTAIO, con cui si insiste nelle ragioni del ricorso.
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
In data 30 luglio 2025 sono pervenuti motivi nuovi, a firma del difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, che insiste nelle ragioni già esposte nel ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Quanto ai primi due motivi che investono la responsabilità dell’imputato, giova ricordare che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747). Sono pertanto precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601). L’impugnazione di legittimità non è proponibile quando attiene a censure che – benché formalmente prospettanti una violazione di legge o un vizio di motivazione mirano in realtà a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti o una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178; Sez. 5, n. 46124 del 08/10/2008, COGNOME, Rv. 241997). Alla Corte di cassazione spetta soltanto di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, la congruenza logica e l’adeguatezza della motivazione sul punto (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460), senza alcun potere di rivalutare le circostanze fattuali della vicenda.
Tanto premesso, la motivazione della sentenza impugnata è congrua e non manifestamente illogica, non suscettibile pertanto di sindacato in sede di legittimità. Le doglianze difensive, benché formalmente dirette a denunciare la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione della sentenza impugnata, si esauriscono in realtà in mere contestazioni, nel merito, di alcuni singoli elementi di fatto, costituendo altresì una mera
reiterazione di quelle precedentemente formulate, senza un adeguato confronto del ricorrente con l’apparato argomentativo. Al riguardo, va ricordato il consolidato orientamento della Suprema Corte, secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, COGNOME, Rv. 231708). Né la difesa prospetta una plausibile ricostruzione alternativa dei fatti e, in particolare, non spiega le ragioni degli incontri e dei contatti del COGNOME coi soggetti coinvolti nell’indagine.
La Corte territoriale ha affermato la responsabilità dell’imputato sulla base di una valutazione complessiva e coordinata dei plurimi elementi probatori a suo carico. Con motivazione ampia ed articolata, essa ha evidenziato che l’imputato aveva acquistato, in concorso con terzi, 3 kg. di cocaina, appartenenti ad un carico di 385 kg. importato in Italia e stoccato a Catania; previo pagamento, in parte, di un anticipo in contanti a tali COGNOME e COGNOME, emissari di una potente organizzazione criminale messicana. In particolare, ha ricordato che, dopo la consegna dello stupefacente da parte dell’agente sotto copertura agli anzidetti due emissari dell’organizzazione criminale messicana, sono state captate intercettazioni telefoniche che hanno dato conto della trattativa tesa la dislocazione della sostanza e che, in data 22 gennaio 2020, tre persone, tra le quali l’odierno ricorrente, erano in viaggio per Verona al fine di avere la trattativa per l’acquisto della cocaina e che gli operanti, in sede di pedinamento e di osservazione, rilevavano l’arrivo dei tre in Affi, il loro incontro con i due emissari e, al termine dell’incontro medesimo, la successiva ripartenza verso Brescia con alla guida proprio il COGNOME. Ha sottolineato, illustrandone le ragioni, come il dato della consegna emerga pacificamente sia RAGIONE_SOCIALE conversazioni ambientali intercettate che dalla successiva attività di indagine. Ha dunque ritenuto elementi indiziari gravi e del tutto convergenti, nel senso dell’avvenuta consegna di una parte significativa dello stupefacente, la consegna dello stesso ai due emissari, le conversazioni ambientali attestanti l’arrivo dei tre soggetti per trattare l’acquisto della droga; l’incontro tra gli emissari e il terzetto giunto per effettuare l’acquisto; la consegna da parte degli acquirenti di una rilevante somma di denaro e l’assenza dopo l’incontro dello stupefacente nella disponibilità di COGNOME e COGNOME (a dimostrazione del fatto che gli stessi l’avevano ormai ceduta). Anche con riguardo al campionamento e all’accertamento analitico, la sentenza impugnata ha offerto una motivazione del tutto congrua laddove ha affermato che l’indicazione, nel certificato di analisi, come data di campionamento del 23 gennaio 2022 – cioè una data successiva a quella della consegna da parte dell’agente infiltrato – trova evidente spiegazione nella circostanza che il
campionamento venne effettuato dalla stessa RAGIONE_SOCIALE in un momento successivo a quello dell’inoltro presso di essa dello stupefacente; tant’è che nello stesso certificato si specifica come, sul quantitativo trattenuto dal laboratorio (dopo la restituzione del medesimo alla Guardia di Finanza), sia poi stato effettuato il campionamento, che è quindi successivo rispetto a detta restituzione. Allo stesso modo, la Corte di appello ha adeguatamente motivato sulla piena consapevolezza, da parte dell’imputato, della natura dell’incontro, concludendo nel senso di un contributo attivo alla realizzazione del reato da parte dell’odierno ricorrente tale da escludere qualsiasi ipotesi di connivenza. Al riguardo, giova ricordare che la distinzione tra l’ipotesi della connivenza non punibile e il concorso nel delitto, con specifico riguardo alla disciplina degli stupefacenti, va ravvisata nel fatto che, mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso di persone ex art. 110 cod. pen., è invece richiesto un consapevole contributo che può manifestarsi anche in forme che agevolino il proposito criminoso del concorrente, garantendogli una certa sicurezza o, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale poter contare (Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, Abbate, Rv. 280244, in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto correttamente individuato, nei confronti dell’imputato, il dolo del concorso nel reato di cui all’art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in ragione della sua presenza nel veicolo all’interno del quale i complici conversavano di pagamenti di partite di “fumo”, della sua presenza nell’abitazione nella quale i complici effettuavano le cessioni di sostanza stupefacente, e del suo arresto a seguito del rinvenimento di cocaina a bordo del veicolo, da lui condotto, sul quale viaggiava assieme ad un complice). Si è altresì affermato che, in tema di detenzione di sostanze stupefacenti, integra la connivenza non punibile una condotta meramente passiva, consistente nell’assistenza inerte, inidonea ad apportare un contributo causale alla realizzazione dell’illecito, di cui pur si conosca la sussistenza, mentre ricorre il concorso nel reato nel caso in cui si offra un consapevole apporto morale o materiale – all’altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente (Sez. 3, n. 41055 del 22/09/2015, Rapushi, Rv. 265167, in fattispecie in cui la Corte ha escluso che fosse sufficiente per configurare il concorso nella detenzione di sostanza stupefacente l’accertamento di un rapporto di coabitazione nell’appartamento in cui la droga era custodita, non ravvisando a carico del convivente alcun obbligo giuridico di impedire l’evento ex art. 40 cod. pen.).
Ciò detto sui principi operanti in materia, la Corte territoriale ha efficacemente confutato la tesi difensiva, avendo rilevato che il COGNOME era alla guida dell’auto ed era consapevole della natura dell’incontro, per avervi personalmente partecipato. Al riguardo, il teste COGNOME aveva espressamente riferito che i cinque soggetti si trovavano assieme al bar ed erano usciti parimenti assieme. L’affermazione dell’originario coimputato COGNOME non è stata ritenuta credibile, in quanto anch’egli protestava la propria innocenza. In sostanza, la sentenza impugnata ha dato puntualmente conto di
come il ruolo svolto dal COGNOME nella vicenda, pertanto, si configurasse pienamente in termini di concorso. Ne segue la manifesta infondatezza della doglianza con cui si invoca la connivenza non punibile.
Parimenti si dica con riguardo al terzo motivo di ricorso, con cui si lamenta la mancata riqualificazione del reato nella fattispecie criminosa prevista dall’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990. La Corte di merito ha analiticamente valutato tutti i parametri richiamati espressamente dall’art. 73, comma 5, T.U. Stup., sia di quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia di quelli attinenti all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità RAGIONE_SOCIALE sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), escludendo con motivazione immune da censure l’ipotesi della lieve entità. Al riguardo, essa ha valorizzato l’acquisizione, unitamente ai correi, di un quantitativo di cocaina del valore di euro trentacinquemila, avvenuta mediante la cooperazione con un’organizzazione operante a livello transnazionale, nonché il notevole apporto fornito al gruppo mediante la personale conduzione dell’auto adoperata per partecipare all’incontro e per poi fare rientro. Per tali ragioni, con motivazione non manifestamente illogica, la sentenza impugnata ha reputato che i reati in questione siano espressione di un’attività organizzata in modo professionale e non rudimentale di spaccio di stupefacenti, connotata da gravità.
Quanto alla contestata e ritenuta aggravante della transnazionalità, prevista dall’art. 61bis cod. pen., giova ricordare che, ai fini della sua configurabilità, è necessario che alla consumazione del reato transnazionale contribuisca consapevolmente un gruppo criminale organizzato, che sussiste in presenza della stabilità dei rapporti fra gli adepti, di un’organizzazione seppur minimale, della non occasionalità o estemporaneità della stessa e della finalizzazione alla realizzazione anche di un solo reato e al conseguimento di un vantaggio finanziario o comunque materiale. (Sez. 4, n. 3398 del 14/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285702 – 02). In conformità a detto principio, la Corte distrettuale ha congruamente riconosciuto l’aggravante de qua tenuto conto della piena consapevolezza dell’imputato della possibilità di acquistare il campione grazie all’intermediazione di NOME COGNOME, emissario dell’organizzazione criminale, persona di fiducia di COGNOME, capo dell’organizzazione criminale, con il quale il COGNOME aveva avuto contatti diretti. Il quarto motivo di ricorso è, pertanto, manifestamente infondato.
Quanto al diniego della circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen., occorre rammentare che, secondo il consolidato orientamento di questa Suprema Corte in tema di concorso di persone nel reato, ai fini dell’integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione di cui all’art. 114 cod. pen., non è sufficiente una minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto è necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve rispetto
all’evento da risultare trascurabile nell’economia generale dell’iter criminoso (Sez. 4, n. 49364 del 19/07/2018, P., Rv. 274037, relativa a fattispecie in cui la RAGIONE_SOCIALE.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza della Corte d’appello che aveva escluso l’attenuante per il conducente di una vettura, al cui interno era stata ritrovata sostanza stupefacente, ritenuto responsabile in concorso con il passeggero – che si era attribuito l’esclusivo possesso della stessa – considerando determinante il contributo al trasporto, in quanto il passeggero non era titolare di patente di guida). Si è altresì precisato che la valutazione, anche implicita, RAGIONE_SOCIALE condotte concorsuali non si traduce in una vera e propria comparazione fra di esse finalizzata a stabilire quale tra i correi abbia in misura maggiore o minore contribuito alla realizzazione dell’impresa criminosa (Sez. 3, n. 9844 del 17/11/2015, dep. 09/03/2016, Barbato, Rv. 266461, inerente a fattispecie in cui non è stato ritenuto minimo il contributo concorsuale nel traffico internazionale di sostanza stupefacente, consistito nel collaborare alla ricerca e al reperimento di uno dei corrieri indispensabili per l’importazione della droga).
Tanto premesso, nel caso di specie, i Giudici dell’appello, hanno sottolineato, con motivazione congrua ed adeguata, come, dalla valutazione logica e coordinata RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie, più sopra richiamate, sia emersa la piena partecipazione del COGNOME al reato contestato. Il quinto motivo è, pertanto, manifestamente infondato.
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso il 10 settembre 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME