Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 3884 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 3884 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nato a CATANIA il 15/12/1997
avverso l’ordinanza del 13/08/2024 del TRIBUNALE di CATANIA visti gli atti, il provvedimento impugnato udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME udito il Procuratore generale, NOME COGNOME che si è riportato alla requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
È impugnata l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il Tribunale del Riesame di Catania ha confermato l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, che ha applicato, nei confronti di COGNOME Stefano, la misura della custodia cautelare in carcere in quanto gravemente indiziato dei reati di trasporto (capo 9) e cessione di sostanza
stupefacente (capo 17), aggravati dalla circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis 1. cod.pen.
Il provvedimento impugnato, richiamata la persistente operatività nel territorio di Catania della famiglia mafiosa COGNOME-Ercolano, espressione di Cosa Nostra desumibile da precedenti sentenze passate in giudicato, nel cui contesto mafioso si colloca la condotta contestata al ricorrente, ha confermato il giudizio espresso dal Giudice per le indagini preliminari sulla sussistenza di gravi indizi di reità, rispetto al reato di cessione di sostanza stupefacente (di cui al capo 17).
Il ricorso, presentato dal difensore di fiducia del Platania, articola tre motivi
2.1. Con il primo motivo denuncia vizio di violazione di legge e di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per il reato di cessione di sostanza stupefacente contestato al capo 17). Deduce che il Tribunale si è limitato a considerare il dato della sola presenza del ricorrente in occasione della cessione dello stupefacente a Greco Rosario senza avere motivato in ordine all’effettivo contributo dato all’operazione, come del resto lamentato anche attraverso i motivi di riesame.
La prova del contributo non potrebbe essere ricavata dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME NOME COGNOME in quanto riferite ad attività commesse fino al marzo del 2021. Anche il tenore della relazione di servizio e della C.N.R. avrebbe dovuto fare ravvisare una mera ipotesi di connivenza non punibile, per come definita da questa Corte, avendo il ricorrente tenuto un comportamento meramente passivo ed essendo rimasto estraneo ai termini dell’accordo intercorso fra Strano e Paternò, da un lato, e COGNOME, dall’altro. Peraltro, i ricavi della cessione avrebbero dovuto essere suddivisi con altri soggetti e la presenza del ricorrente non risulta neppure nelle fasi successive all’arresto di COGNOME, quando altri indagati (COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME) hanno discusso sui motivi dell’arresto.
Infine, il fatto che COGNOME abbia chiesto al ricorrente, nel corso della conversazione intercettata, dove avrebbe dovuto “lasciarlo” confermerebbe il dato della presenza casuale del medesimo al momento dell’illecita cessione.
2.2. Con il secondo motivo denuncia vizio di violazione di legge e di motivazione in relazione alla ritenuta circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis 1. cod. pen. Deduce, con richiamo di argomenti giurisprudenziali (Sez. U. n. 8545 del 19/12/2019) che, considerata la natura soggettiva dell’aggravante, il Tribunale avrebbe dovuto specificare gli elementi indiziari dai quali ricavare la consapevolezza dell’indagato di favorire il clan o di avere commesso il delitto
con metodo mafioso: manca il riferimento ad una cassa comune ed anzi la conversazione oggetto di captazione dimostra che il provento della cessione avrebbe dovuto essere distribuito solo fra coloro che partecipavano all’operazione.
2.3. Con il terzo motivo denuncia vizio di violazione di legge e di motivazione in relazione agli artt. 275 commi 3 e 3 bis cod. proc. pen. deducendo l’apparenza della motivazione, considerato il mero riferimento alla gravità del delitto commesso ed alla personalità inclive a delinquere del ricorrente.
Il Procuratore generale si è riportato alla requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
È infondato il primo motivo di ricorso, con il quale è stata dedotta apparenza della motivazione in ordine all’effettiva ricorrenza di indizi di colpevolezza in relazione al delitto di cessione di sostanza stupefacente contestato al capo 17).
Deve richiamarsi, a tale proposito, il costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte secondo il quale l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. è rilevabile in Cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato: il controllo di legittimità non può riguardare né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal Tribunale, pur investendo formalmente la motivazione (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884; Sez. 3, n. 20575 del 08/03/2016, COGNOME, Rv. 266939; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178; da ultimo v. Sez. 2, n. 7263 del 14/01/2020, Cesarano, non mass.).
1.1. La motivazione del Tribunale non risulta mancante né manifestamente illogica avendo evidenziato gli elementi in base ai quali ha ritenuto non casuale la presenza del ricorrente all’interno dell’autovettura condotta dallo Strano, inferendo dalla conversazione del 15/11/2023 l’apporto di un contributo significativo fornito alla commissione del delitto, e di un coinvolgimento diretto del ricorrente nell’azione delittuosa.
In particolare, il provvedimento impugnato, riportando le fasi salienti dell’operazione, ha fornito una ricostruzione della cessione di 50 grammi di cocaina in favore di NOME COGNOME, effettuata da NOME COGNOME COGNOME (responsabile del gruppo mafioso “della Stazione” della famiglia SantapolaErcolano), con il concorso di NOME COGNOME e del ricorrente ( a bordo dell’autovettura condotta dallo stesso COGNOME) oltre che di COGNOME COGNOME, il quale seguiva l’autovettura, a bordo di uno scooter e privo di casco, con l’incarico di effettuare la materiale consegna. L’attività di intercettazione, e contestuale osservazione e controllo della polizia giudiziaria, – dopo che le autovetture di Strano e del Greco (insieme al Castorina che procedeva a bordo del suo motociclo) venivano viste imboccare una medesima strada- si concludeva con la sottoposizione a controllo di Greco Rosario il quale, al termine di tale operazione, era rinvenuto in possesso di 50 grammi di cocaina. Dal tenore delle conversazioni si rilevava, altresì, che per tale sostanza era stato concordato il pagamento, in due tempi, della somma di euro 1.900,00, che avrebbe dovuto essere devoluta a Privitera NOME Alberto, già responsabile del gruppo della Stazione.
A sostegno della partecipazione del ricorrente sono state, altresì, evidenziate: la presenza del ricorrente nel momento iniziale dell’operazione, quando era seduto accanto al conducente dell’autovettura, NOME COGNOME, mentre gli altri correi discutevano della consegna della droga ad “uno di Vittoria”, con cui intendevano stabilire uno stabile rapporto di affari (pag.3 del provvedimento impugnato); la persistente presenza del ricorrente anche nella fase successiva, quando, sopraggiunto l’acquirente (COGNOME Rosario) a bordo di altra autovettura, rispondeva al disappunto manifestato da COGNOME NOME che li seguiva a bordo di uno scooter (con l’incarico di provvedere alla consegna materiale della sostanza stupefacente), alla vista delle telecamere, rimproverandolo perché non avesse indossato il casco; la collaborazione prestata, nel momento in cui hanno agganciato il veicolo dell’acquirente nel luogo convenuto per la consegna, dando chiaro segnale della loro presenza e indicazioni all’acquirente di seguirli, dopo avere chiesto agli altri se fosse di NOME; l’inverosimiglianza delle dichiarazioni rese, in sede di esame, sulla mancanza di conoscenza (se non di vista) dei soggetti con i quali si
accompagnava (con i quali interloquiva nel corso di tutta la conversazione su dinamiche associative rilevanti per l’associazione con apprezzamenti su NOME COGNOME) e sul fatto di non sapere del loro coinvolgimento nel traffico di stupefacenti; il coinvolgimento del ricorrente anche in altra vicenda concernente il trasporto di sostanze stupefacenti (contestata al capo 9), non inclusa, tuttavia, nella richiesta di riesame.
1.2. La motivazione del provvedimento impugnato è esaustiva e priva di aporie e contraddizioni dal punto di vista del ruolo svolto dal ricorrente e del suo contributo non meramente rafforzativo ma attivo, sia dell’elemento psicologico del reato.
La doglianza difensiva con la quale si prospetta una diversa qualificazione della condotta contestata in termini di connivenza non punibile non tiene conto dell’insegnamento di questa Corte secondo cui la distinzione tra l’ipotesi della connivenza non punibile e il concorso nel delitto, con specifico riguardo alla disciplina degli stupefacenti, va ravvisata nel fatto che, mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso di persone ex art. 110 cod. pen., è invece richiesto un consapevole contributo che può manifestarsi anche in forme che agevolino il proposito criminoso del concorrente, garantendogli una certa sicurezza o, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale poter contare (Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, Rv. 280244; Sez. 3, n. 41055 del 22/09/2015, Rv. 265167).
Naturalmente spetta al giudice del merito indicare il rapporto di causalità efficiente tra l’attività incentivante del concorso morale e quella posta in essere dall’autore materiale del reato, in quanto la semplice presenza inattiva non può costituire concorso morale e, nel caso in esame, si ribadisce, il provvedimento impugnato ha fornito ampia motivazione, non suscettibile di rivalutazione in questa sede, sulla sussistenza di elementi indicativi di un contributo partecipativo del ricorrente alla condotta delittuosa altrui. Non appare decisiva, peraltro, la deduzione difensiva in ordine alla mancanza di elementi da cui desumere la partecipazione del ricorrente anche alla fase iniziale dell’operazione- concernente il momento ideativo ed il raggiungimento dell’accordo con l’acquirente oltre che la individuazione dei criteri di ripartizione del ricavato- dato che, in tema di stupefacenti, il momento consumativo delle condotte descritte nell’art 73 D.P.R. 309/90 si protrae fino all’ultimo della sequenza (dalla promessa d’acquisto, all’accordo, alla cessione) e, ove ad una delle condotte della sequenza partecipi un soggetto che non aveva preso parte alla condotta antecedente, non per questo egli sarà estraneo al concorso nel reato quando risulti che abbia preso parte ad una frazione significativa dell’unitario delitto contestato che, ove giunga al momento della cessione,
assorbe in sé il previo accordo (si veda Sez. 3 n. 33415 del 19/05/2023, Rv. 284984, secondo la quale, in tema di stupefacenti, il delitto di cessione può perfezionarsi, in conformità alle modalità realizzative del reato progressivo, in forma contratta, al momento dell’accordo tra cedente e cessionario, nel caso in cui ad esso non segua la dazione, e in forma ordinaria, con la materiale consegna della sostanza, nel caso in cui intervenga la “traditio”, nella quale è assorbito, perdendo la propria autonomia, il previo accordo).
È manifestamente infondata la doglianza articolata con il secondo motivo di ricorso concernente l’omessa motivazione in punto di configurabilità della aggravante della agevolazione mafiosa.
La difesa omette, invero, di confrontarsi con la motivazione del provvedimento impugnato dalla quale emerge che il ricorrente- oltre ad interfacciarsi con COGNOME e con COGNOME NOME (“u picciriddu”) rispetto alla gestione di dinamiche operative interne al sodalizio ed inerenti aspetti fondamentali- ha proceduto al compimento di azioni criminose a diretto vantaggio della organizzazione criminale, come nel caso concreto contestato, in cui il soggetto si è prestato a collaborare con COGNOME Daniele, per la buona riuscita dell’operazione posta in essere a vantaggio dell’intero gruppo.
È manifestamente infondato il terzo motivo di ricorso con cui si censura l’ordinanza in punto di adeguatezza della misura cautelare adottata, sul presupposto della non eccessiva gravità dei fatti e invocandosi la possibilità di contenimento delle esigenze cautelari anche con la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Il provvedimento impugnato ha fornito, sul punto, in uno con l’ordinanza genetica, una motivazione coerente ed adeguata, evidenziando elementi concreti, ricavati dalle modalità comportamentali della condotta, che danno sostegno alla presunzione di adeguatezza della misura cautelare applicata.
Il fulcro della decisione è stato ancorato alla ritenuta sussistenza del pericolo di recidiva per il forte radicamento sul territorio dell’organizzazione criminale alla quale il ricorrente è risultato contiguo ed ai rapporti privilegiati in essere tra il medesimo ed altri esponenti mafiosi di rilievo del sodalizio , oltre che alla sussistenza di una precedente dedizione ai medesimi tipi di reati.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
6
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 07/11/2024.