Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 25797 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 25797 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a COSENZA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/02/2024 del TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Catanzaro – quale giudice del riesame – ha confermato l’ordinanza emessa il 07/02/2024 dal GIP presso il Tribunale di Cosenza, con la quale era stata applicata nei confronti di NOME COGNOME, a seguito di arresto in flagranza, la misura cautelare degli arresti domiciliari, in relazione a un capo di imputazione provvisorio ipotizzante il reato previsto dall’art.73, comma 4, T.U. stup., i riferimento alla detenzione di un quantitativo di hashish dal peso complessivo di kg 8,7 (rinvenuto nell’autovettura condotta dall’indagata).
Il giudice procedente, in sede di ordinanza applicativa, ha rilevato che i Carabinieri della Stazione di Cosenza Centro avevano sottoposto a perquisizione la vettura condotta dalla COGNOME – e a bordo del quale s trovava il coindagato NOME COGNOME – rinvenendo nel cofano i panetti di hashish, poi effettuando una perquisizione presso l’abitazione del COGNOME ove avevano rinvenuto l’ulteriore sostanza stupefacente, provvedendo quindi ad arrestare i due indagati nella flagranza del suddetto reato; ritenendo altres contestabile la circostanza aggravante prevista dall’art.80, comma 2, T.U. stup., atteso che dal quantitativo sequestrato erano ricavabili 80.447,6 dosi di hashish.
Il giudice procedente, ritenuti quindi sussistenti i gravi indizi colpevolezza, ha altresì valutato come presenti le esigenze cautelari di cui all’art.274, lett.c), cod.proc.pen., applicando la misura coercitiva suddett senza ausilio di dispositivo elettronico di controllo.
Il giudice del riesame ha quindi preventivamente dato atto della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sulla base delle risultanze del comunicazione di notizia di reato, del verbale di arresto in flagranza, de verbale di perquisizione veicolare e del contestuale sequestro, del verbale di pesatura e dei rilievi tecnici; aggiungendo che la condotta doveva ritenersi ascrivibile nei confronti di entrambi gli indagati anche in considerazione delle modalità di occultamento della sostanza, collocata all’interno del cofano posteriore che dall’esterno era impossibile aprire essendo le buste e gli zain stati posizionati all’interno dell’abitacolo mediante l’abbassamento dei sedil (complessa manovra da ritenersi posta in essere da tutti e due i soggetti arrestati); ritenendo quindi non configurabile un’ipotesi di connivenza non punibile in ordine alla posizione dell’odierna ricorrente.
Il Tribunale ha altresì ritenuto sussistente l’esigenza cautelare previst dall’art.274, lett.c), cod.proc.pen., sulla base delle concrete modalità d fatto ascritto, tali da denotare un agire delittuoso non occasionale
denotante contatti non occasionali con un contesto delinquenziale oltre che del negativo giudizio sulla personalità desumibile dalla predisposizione di artifici atti a celare il possesso della sostanza stupefacente; ritenendo quin come adeguata e proporzionata la misura custodiale applicata.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, tramite il proprio difensore, articolando tre motivi di impugnazione.
2.1 Con il primo motivo ha dedotto – in relazione all’art.606, comma 1, lett.b), ed e), cod.proc.pen. – la violazione degli artt. 125, 192, 273, cod.pen. e 73, comma 4, T.U. stup. nonché la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Ha dedotto che la compresenza della ricorrente all’interno della vettura non escludeva l’ipotesi della connivenza non punibile in mancanza di prova in ordine a una certa e indubitabile condotta attiva collaborativa, rafforzativ o facilitativa dell’altrui proposito criminoso, non assumendo alcuna valenza in tal senso la constatata agitazione di entrambi i passeggeri al momento del controllo.
Con il secondo motivo, ha dedotto – in relazione all’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – la violazione degli artt. 125, 192 e 274, let cod.proc.pen. e la manifesta illogicità della motivazione circa la sussistenza di un concreto e attuale pericolo di recidivanza.
Ha dedotto che le sole modalità e circostanze dell’azione non erano idonee a fondare la suddetta esigenza cautelare, anche in considerazione dello stato di incensuratezza dell’indagata.
Con il terzo motivo ha dedotto – in riferimento all’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – la violazione degli artt. 125, 192 e cod.proc.pen. e la manifesta illogicità della motivazione circa l’adeguatezza e la proporzionalità della misura applicata.
Ha dedotto che – in assenza di elementi pregressi cui ancorare l’effettiva appartenenza dell’indagata a contesti criminali più ampi – difettasse qualsias indicazione circa l’efficacia di un’eventuale misura non detentiva.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il primo motivo, attinente ai gravi indizi di colpevolezza va ritenuto infondato, in quanto il Tribunale ha giustificato la valutazione degli elementi indiziari relativi al concorso nel reato di detenzione di sostanza stupefacent e al ruolo rivestito dalla ricorrente, con motivazione dotata di logic coerenza e linearità argomentativa, che, come tale, si sottrae a censure nella presente sede di legittimità.
Il Tribunale, con argomentazioni non censurabili in questa sede, ha dedotto la gravità indiziaria circa il concorso nel reato sulla base del condizione di conducente del mezzo – rilevando che sulla base degli accertamenti di polizia giudiziaria la ricorrente e il convivente NOME COGNOME erano soliti viaggiare sulla stessa auto – sulla scorta delle particol modalità di occultamento dell’interno del veicolo e del rinvenimento di ulteriore sostanza nell’abitazione comune dei due indagati
Si tratta di elementi che, valutati nel loro dato complessivo e prescindendo dalla lettura parcellizzata che ne ha offerto la difesa, appaiono del tutto congrui al fine di sostenere il giudizio di gravità indiziaria rela alla condotta di concorso nella detenzione della sostanza stupefacente e che, al contempo, rendono logico escludere che si verta in una fattispecie di mera connivenza non punibile; ritenendosi quindi il giudizio del Tribunale come pienamente coerente con il disposto dell’art.273, comma 1, cod.proc.pen..
A tale proposito, va ricordato che la distinzione tra l’ipotesi del connivenza non punibile e il concorso nel delitto, con specifico riguardo alla disciplina degli stupefacenti, va ravvisata nel fatto che, mentre la prim postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso di persone perfezionato ai sensi dell’art. 110 cod. pen., è invece richiesto un consapevole contributo che può manifestarsi anche in forme che agevolino il proposito criminoso del concorrente, garantendogli una certa sicurezza o, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale poter contare (Sez.3, n.34895 del 16/7/2015, COGNOME, RV. 264454; fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l’affermazione di responsabilità a titolo concorso del titolare dell’abitazione che aveva offerto ospitalità al detentor dello stupefacente, consentendogli l’uso di una cantina per custodire la droga e che, al momento della perquisizione, aveva tentato di occultare le chiavi dell’autovettura all’interno della quale erano custodite le chiavi del predetta cantina; Sez.4, n.34754 del 20/11/2020, Abbate, RV. 280244-02; fattispecie in cui la Corte ha ritenuto correttamente individuato, nei confront dell’imputato, il dolo del concorso nel reato di cui all’art. 73, T.U. Stup., ragione della sua presenza nel veicolo all’interno del quale i complici conversavano di pagamenti di partite di “fumo”, della sua presenza
nell’abitazione nella quale i complici effettuavano le cessioni di sostanz stupefacente, e del suo arresto a seguito del rinvenimento di cocaina a bordo del veicolo, da lui condotto, sul quale viaggiava assieme ad un complice).
Coerente con i principi sopra esposti – anche parametrati ai limiti di cognizione propri del giudizio cautelare – è quindi la conclusione in base alla quale è stata esclusa la sussistenza della connivenza non punibile sulla scorta del dato rappresentato dalla comprovata disponibilità del veicolo al cui interno è stato rinvenuto lo stupefacente e sulla base della complessiva connotazione della condotta tenuta, in riferimento particolare alle modalità di occultamento dello stupefacente.
Il motivo inerente alla sussistenza delle esigenze cautelari inammissibile in quanto del tutto aspecifico e omissivo dell’onere di necessario raffronto con le motivazioni spese dal Tribunale.
Ciò in quanto la difesa si è, di fatto, limitata a dedurre lo stato incensuratezza dell’indagata senza confrontarsi effettivamente con la motivazione adottata dal Tribunale, il quale ha desunto la correttezza della prognosi di recidiva sulla scorta delle concrete modalità e della gravità del fatto; ricordando, su tale aspetto, che ai fini della configurabil dell’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione dei reati, prevista dall’ 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., gli elementi per una valutazione di pericolosità dell’indagato possono trarsi anche soltanto da comportamenti o atti concreti da questi tenuti (Sez. 3, n. 36330 del 07/06/2019, Monteleone, Rv. 277613).
Inammissibile, in quanto aspecifico, è anche il motivo di ricorso inerente alla scelta della misura cautelare.
Sul punto, va ricordato che l’apprezzamento della pericolosità dell’indagato sottoposto alla misura coercitiva è un giudizio riservato a giudice di merito, incensurabile nel giudizio di legittimità, se congruamente e logicamente motivato (Sez. 3, n. 7268 del 24/01/2019, Spinelli, Rv. 275851).
Nel caso di specie, la scelta della misura coercitiva – contrariamente alla prospettazione della ricorrente – è stato congruamente motivata, con valutazione non illogica, sulla base della sola idoneità di una misura custodiale ad allontanare la ricorrente dal contesto delinquenziale di riferimento, la cui esistenza è stata adeguatamente desunta sulla scorta dell’ingente quantitativo di sostanza detenuta.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», la ricorrente va condannata al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 22 maggio 2024 Il C sigliere estensore Il Presidente/
,