Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35670 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35670 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMENOME NOME in Lacco Ameno il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/10/2024 della Corte di appello di Napoli
Visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia di NOME COGNOME, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza emessa in data 9 novembre 2022 dal Tribunale di Napoli- Sezione distaccata di Ischia- con cui NOME COGNOME veniva ritenuto responsabile
unitamente ad NOME COGNOME del reato di resistenza e di oltraggio a pubblico ufficiale e condanNOME alla pena ritenuta di giustizia.
2.Avverso la sentenza indicata, NOME COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia, ha proposto ricorso affidato a due motivi con cui ha dedotto:
-violazione di legge, in relazione all’art. 522 cod. proc. pen, per avere la Corte di appello ritenuto l’imputato responsabile del reato di resistenza a pubblico ufficiale fbenchè nella formulazione della contestazione l’organo di accusa avesse descritto compiutamente e dettagliatamente solo le condotte realizzate dal coimputato NOME COGNOME. Il Giudice di appello – oltre ad avere ritenuto il COGNOME responsabile del reato ai sensi dell’art. 110 cod. pen. sotto forma di contributo morale in assenza di contestazione – aveva anche offerto una ricostruzione della vicenda per cui è processo in netto contrasto con quella offerta dal Tribunàle i che aveva invece riferito al COGNOME le condotte aggressive ai danni dell’Agente della Polizia Municipale contestate al solo coimputato COGNOME; -violazione di legge, in relazione all’art. 341 bis cod. pen., per avere la Corte di appello ritenuto che l’accusa rivolta all’Agente di Polizia Municipale di “non sapere
svolgere il proprio lavoro” avesse valore offensivo, piuttosto che di mera critica.
Il giudizio di disvalore dell’operato del pubblico ufficiale non integrerebbe la condotta di oltraggio.
RILEVATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va rigettato.
Con il primo motivo, il difensore censura la sentenza impugnata sotto il profilo della violazione del principio della necessaria correlazione tra accusa e sentenza per essere la condotta criminis sub A) esclusivamente ascritta al coimputato NOME COGNOME. La censura, nello specifico, si incentra sulla assenza di contestazione quanto al ruolo concorsuale (sub specie di concorso morale) riconosciuto all’imputato nella sentenza di appello, peraltro in contrasto con il ruolo di diretto aggressore ascrittogli in prime cure e addebitato invece dall’organo di accusa al solo coimputato NOME COGNOME.
2.1. E’ bene premettere che, essendo il principio di correlazione tra contestazione e sentenza funzionale alla salvaguardia del diritto di difesa dell’imputato, esso risulta violato quando il fatto ritenuto nella decisione si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneità, ovvero quando il capo d’imputazione non contiene l’indicazione degli elementi costitutivi del reato ritenuto in sentenza né consente di ricavarli in via induttiva (ex multis, Sez. 6, n.
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35120 del 13/06/2003, Conversano, Rv. 226654; Sez. 6, n. 17799 del 06/02/2014, M., Rv. 260156; Sez. 6, n.10140 del 18/02/2015, COGNOME e altro, Rv. 262802; Sez. 2, n 10989 del 28/02/2023, G. Pagano, Rv 284427).
La giurisprudenza di legittimità ha, altresì, precisato che la verifica della necessaria correlazione non solo impone di considerare il fatto descritto in imputazione, ma anche di considerare tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell’imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione. Pertanto, là dove l’imputato abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione, non sarà ipotizzabile alcuna lesione del diritto difesa ed alcuna nullità (ex multis, Sez. 6, n. 47527 del 13/11/2013, COGNOME e altri, Rv. 257278).
2.2. Nel caso in esame, la Corte di merito – nel ritenere la responsabilità per il reato di resistenza in capo all’imputato, a titolo di concorso morale, per avere spalleggiato la condotta di violenta opposizione all’azione del Pubblico Ufficiale del coimputato NOME COGNOME – non è incorsa nella dedotta violazione di legge. Ed invero, per quanto il dato testuale della contestazione ascriva al solo NOME COGNOME la condotta aggressiva e miNOMEria ai danni dell’Agente di Polizia (intervenuto per elevare i verbali di contravvenzione a carico dei motociclisti in divieto di sosta), nell’incipit della contestazione l’organo di accusa ha richiamato le norme sul concorso di persone nel reato ex art. 110 cod. pen. e, in ragione di ciò, ha ascritto a entrambi gli imputati, presenti sul /ocus commissi delicti, le condotte “miNOMErie e aggressive” realizzate ai danni dei Pubblici Ufficiali.
Ciò consente di concludere per la sussistenza della contestazione del reato di resistenza a pubblico ufficiale anche a carico del COGNOME.
2.3. Peraltro, i Giudici di appello, nella ricostruzione fattuale della vicenda, nemmeno contestata, hanno rilevato che l’episodio si svolgeva sul lungomare nei pressi del lido gestito da COGNOME e da COGNOME e che i due imputati, intuita l’intenzione degli Agenti della Polizia Municipale di multare i clienti del lido, erano prontamente intervenuti. Il COGNOME aveva assunto una condotta arrogante, miNOMEria ed aggressiva, mentre il COGNOME, affiancandolo e rimanendo sul posto, lo aveva spalleggiato ed in tal modo offerto un contributo di tipo morale.
Una tale ricostruzione, avvenuta sulla base delle relazioni di servizio e della CNR acquisita al fascicolo del dibattimento con l’accordo delle parti e quindi sulla base di atti conosciuti all’imputato, consente di escludere in nuce la paventata violazione del diritto di difesa, alla stregua dei principi di diritto richiamati in ordine alla necessità di considerare- ai fini della necessaria verifica della correlazione tra accusa e sentenza- anche le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell’imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione.
E’ parimenti infondato anche il secondo motivo di ricorso con cui si censura la valutazione oltraggiosa della frase proferita dal COGNOME.
Ai fini di tale valutazione questa Suprema Corte ha chiarito che, per definire oltraggiosa un’espressione, non si possa prescindere dal contesto in cui la frase è pronunziata. Il valore semantico astrattamente assegNOME ai termini impiegati non ha sempre carattere decisivo, potendo la parola assumere o perdere carattere spregiativo a seconda del contesto e anche in rapporto alle personalità dell’offeso e dell’offensore. Occorre, dunque, valutarne l’adeguatezza rispetto alla valenza di quel fatto specifico, considerando altresì che anche l’esercizio del diritto di critica, a causa dell’avvenimento da criticarsi, può richiedere parole tali da ingenerare turbamento e mortificazione (ex multis, Sez. 6, n.9102 del 18/09/1997, Rv 208615).
3.1. Ebbene, nel caso in esame, stando alla ricostruzione fattuale della vicenda, l’espressione proferita dal COGNOME all’indirizzo dell’Agente COGNOME si colloca in un contesto di ferma opposizione all’agire legittimo e doveroso del Pubblico Ufficiale, particolarmente aggressivo sia per i toni utilizzati che per le azioni compiute.
Pertanto, in un contesto in cui- come quello ricostruito in sentenza – il mancato rispetto nei confronti del Pubblico Ufficiale, nello svolgimento della propria attività istituzionale, è stato pubblicamente esterNOME con comportamenti di chiara valenza aggressiva, non è ipotizzabile sul piano della logica una lettura delle parole proferite dal COGNOME in chiave di mera critica.
La valutazione espressa dai Giudici di merito è, pertanto, ineccepibile sul piano della logica e come tale non censurabile in questa sede.
Al rigetto del ricorso segue ex art. 616 cod. proc. pen. – la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, 25/09/2025