Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 27466 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 27466 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
D. N. GLYPH I,
nato al GLYPH omissis
avverso la sentenza del 18/09/2023 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
2022 che aveva affermato la penale responsabilità di D. N. e 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 4 marzo
RAGIONE_SOCIALE per i reati di lesioni personali aggravate e minaccia grave e del solo
per un ulteriore delitto di minaccia aggravata e,
D. N.
applicate le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti e ritenuta la continuazione tra i reati, li aveva condannati alla pena ritenuta di
giustizia ed al risarcimento del danno in favore della persona offesa costituitasi parte civile.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso GLYPH N.D. GLYPH , a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento ed articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la mancanza o insufficienza della motivazione.
Sostiene che la motivazione sarebbe apodittica, lacunosa e fondata su una ricostruzione fattuale priva di riscontri probatori e comunque inidonea a fornire risposta alle censure formulate con l’atto di appello.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta un’errata qualificazione giuridica del fatto e una conseguente violazione di legge.
Più specificamente, il ricorrente sostiene, quanto al reato di lesione personale di cui al capo Al), che i giudici del merito avrebbero desunto una sua partecipazione morale all’aggressione attuata dalla S.M. ai danni di sua moglie dalla sua mera presenza fisica nel luogo ove l’aggressione era stata attuata, non avendo egli fornito alcun contributo morale o materiale alla commissione dei reati per cui si procede, realizzati dalla sola S.M. di sua esclusiva iniziativa.
Dall’istruttoria dibattimentale, evidenzia il ricorrente, emerge che egli non ha fatto sorgere o alimentato alcun proposito criminoso e che, al contrario, appena avvedutosi di quanto stava accadendo, si è attivato per porre fine allo scontro tra le due donne.
Quanto al capo B), il ricorrente sostiene che i giudici del merito non avrebbero tenuto in alcun conto l’attività difensiva, che, attraverso l’esame dei testi, aveva dimostrato l’insussistenza del reato.
Quanto all’impegno della persona offesa di rimettere la querela, il ricorrente sostiene che ad esso andava attribuito rilievo e che avrebbe dovuto essere dichiarata l’estinzione dei reati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Deve osservarsi che il motivo di ricorso è estremamente generico, atteso che non indica a quali censure formulate con l’atto di appello non sarebbe stata fornita risposta.
Neppure nel ricorso vengono spiegate le ragioni per le quali le motivazioni della sentenza di appello sarebbero illogiche, contraddittorie o insufficienti.
Il ricorso è pure manifestamente infondato laddove si sostiene che la
motivazione sarebbe mancante, poiché dalla lettura della sentenza di secondo grado è possibile comprendere l’iter logico-giuridico che ha condotto alla decisione.
Il secondo motivo è manifestamente infondato laddove il ricorrente afferma che i giudici del merito avrebbero violato la legge penale nel ritenere sussistente la sua partecipazione ai delitti commessi da RAGIONE_SOCIALE SRAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE sebbene egli non avesse fornito alcun contributo morale o materiale alla loro realizzazione.
Nella sentenza di appello si evidenzia che, secondo quanto dichiarato dalla vittima, l’odierno ricorrente ha agevolato S.M. , mentre la stessa aggrediva la persona offesa, bloccando uno dei figli ed impedendogli di prestarle soccorso, in tal modo rafforzando anche il proposito criminoso della S.M.
Il ricorrente, laddove con il ricorso sostiene che dall’istruttoria non emergerebbe che abbia tenuto tale condotta, invoca una rivalutazione del materiale istruttorio che non è consentita in questa sede di legittimità.
Il secondo motivo è, invece, infondato laddove si sostiene che dalla scrittura privata prodotta dal ricorrente emergerebbe la volontà concreta ed attuale della persona offesa di rimettere la querela, anziché l’impegno a rimettere la querela con una successiva manifestazione di volontà.
Questa Corte di cassazione ha più volte affermato che la remissione tacita extraprocessuale della querela può configurarsi solamente quando il querelante abbia compiuto fatti incompatibili con la volontà di chiedere l’accertamento della responsabilità penale del colpevole in ordine a fatti penalmente rilevanti, che hanno formato oggetto dell’istanza di punizione. Tali fatti devono essere univoci sì da potersi desumere con chiarezza la indicata incompatibilità (Sez. 5, n. 26634 del 27/04/2004, COGNOME, Rv. 229867; Sez. 6, n. 689 del 22/10/1999, dep. 2000, COGNOME, Rv. 215318).
Più specificamente, questa Corte di cassazione ha affermato il principio, che questo Collegio ritiene di dover condividere e confermare, secondo il quale l’impegno, assunto in sede civile, all’atto della separazione personale, da parte del coniuge querelante, di rimettere la querela, non equivale a volontà definitiva valida in sede penale e non può, pertanto, essere considerato come manifestazione di volontà tacita di remissione (Sez. F, n. 34501 del 21/08/2008, COGNOME, Rv. 240669). Trattasi, infatti, di impegno con il quale la persona offesa si vincola a rimettere la querela con un successivo atto di manifestazione di volontà.
Ne deriva che, nel caso di specie, non risultando che la persona offesa abbia
mai dato attuazione all’impegno assunto con la scrittura prodotta dall’odierno ricorrente, i reati per i quali si procede sono tuttora procedibili.
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs. n. 196/03 in quanto imposto dalla
legge.
Così deciso il 08/04/2024.