Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1282 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1282 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nato in Albania il 27/11/1985
avverso l’ordinanza del 26/6/2024 del Tribunale di Torino
Visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione svoll:a dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto di rigettare il ricorso; udito l’Avv. NOME COGNOME difensore del ricorrente, che chiesto di accogliere il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 26 giugno 2024 il Tribunale di Torino ha confermato il provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cuneo con cui a NOME è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere in relazione a più reati di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90.
Avverso l’anzidetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, che ha dedotto i motivi di seguito indicati.
2.1. Nullità dell’ordinanza applicativa della misura cautelare per violazione dell’art. 292 cod. proc. pen. Tale ordinanza sarebbe stata redatta con la tecnica del copia-incolla e conterrebbe valutazioni stereotipate, affidate a clausole di stile e non autonome. Peraltro, vi sarebbe una mera indicazione grafica delle intercettazioni già richiamate dal Pubblico ministero, senza alcun vaglio critico.
2.2. Erronea applicazione degli artt. 273 cod. proc. pen. e 73 d.P.R. n. 309/90 nonché vizi della motivazione. Il Tribunale della cautela avrebbe ritenuto che l’indagato avesse offerto un contributo morale al fratello ma non avrebbe indicato con il sufficiente grado di certezza, richiesta anche in sede cautelare, quali fossero stati i contributi prestati dal ricorrente per agevolare e rafforzare l’azione del fratello. La motivazione dell’ordinanza sarebbe contraddittoria, perché, per un verso, si è affermato che il ricorrente, all’infuori degli episodi in cui avrebbe accompagnato in auto il fratello, sarebbe comparso solo in talune circostanze e si sarebbe limitato a fornire consigli; per altro verso, l’indagato sarebbe stato descritto come un soggetto con un’esperienza criminale più ampia del fratello e con capacità di riconoscere la purezza della cocaina e di gestire l’attività di intermediazione dello spaccio. Inoltre, il Tribunale avrebbe ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui al capo 2), sulla base dell’interpretazione dell’intercettazione numero 819/2024, ma una lettura attenta e obiettiva della conversazione avrebbe permesso di concludere che l’indagato non aveva effettuato alcuna cessione di stupefacente in favore di NOME COGNOME ma gli aveva solo consegnato del denaro per retribuire l’attività lavorativa. Il Tribunale, inoltre, avrebbe rimarcato che la perquisizione nei locali garage del magazzino della ditta, di cui l’indagato è titolare, aveva consentito di rinvenire sostanza stupefacente, ma, secondo il ricorrente, la consapevolezza di quanto fosse ivi custodito non costituirebbe elemento da cui desumere un concorso nel reato di detenzione di stupefacente. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
L’8 novembre 2024 è pervenuta memoria nell’interesse del ricorrente, con cui si è ribadito che la motivazione dell’ordinanza generica sarebbe apparente e priva di autonoma valutazione rispetto alla richiesta del Pubblico ministero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato.
Il Tribunale ha affermato che l’ordinanza genetica, dopo avere riportato integralmente la richiesta del Pubblico ministero nella parte in cui sono indicati gli elementi investigativi, ossia i dati di fatto che, stante la complessit dell’indagine, è la parte prevalente del provvedimento, ha dedicato anche un paragrafo ai gravi indizi e uno alle esigenze cautelari. In tale parte conclusiva dell’ordinanza, «distinta graficamente, il Giudice per le indagini preliminari ha espresso un’autonoma valutazione sia dei gravi indizi sia delle esigenze cautelari, avendo formulato considerazioni proprie che consentono di ritenere che non abbia recepito acritica mente l’impostazione accusatoria ma abbia seguito un proprio percorso argomentativo».
Alla luce di quanto precede va ricordato che questa Corte ha già avuto modo di affermare che il difetto di originalità linguistica o espositiva del contenuto del provvedimento cautelare, emesso dal giudice per le indagini preliminari, rispetto alla richiesta del pubblico ministero non implica automaticamente la violazione dell’obbligo di autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza. Si è precisato che la redazione dell’ordinanza con la tecnica c.d. della “incorporazione” è legittima quando dal contenuto complessivo del provvedimento emergano la conoscenza degli atti del procedimento e la rielaborazione critica degli elementi sottoposti al vaglio del riesame, giacché la valutazione autonoma non necessariamente comporta la valutazione difforme (Sez. 2, n. 43676 del 7/10/2021, COGNOME, Rv. 282506 – 02).
Nel caso in esame, dalla lettura dell’ordinanza genetica emerge che, dopo aver incorporato la richiesta del Pubblico ministero, il Giudice per le indagini preliminari ha formulato valutazioni autonome per i gravi indizi e per le esigenze cautelari, come comprovato dal fatto che ha tenuto conto di annotazioni dei Carabinieri, successive alla richiesta del Pubblico ministero.
Quanto al secondo motivo, va ricordato che il Tribunale di Torino, dopo avere riportato conversazioni intercorse tra il ricorrente e suo fratello, ha affermato che in alcuni casi vi era stata una partecipazione attiva del ricorrente nell’attività di cessione, avendo accompagnato con la sua auto il fratello, che si era espresso al plurale con frasi del tipo “andiamo a dargliela alla stazione”. Il Tribunale ha rimarcato che il ricorrente è un soggetto che vanta un’esperienza nel settore più ampia di quella del fratello e che il medesimo ripetutamente aveva rimarcato la sua capacità di riconoscere la purezza della cocaina e di gestire l’attività di intermediazione nell’ambito dello spaccio. Proprio in tale veste aveva agevolato l’attività del fratello fornendogli un supporto.
Ne derivava, secondo il Collegio della cautela, che, al di là delle ipotesi di concorso materiale, ossia di quando aveva accompagnato in auto il fratello per incontrarsi con gli acquirenti, il ricorrente aveva concorso moralmente negli altri casi, dal momento che aveva fornito sostegno al fratello, agevolandolo nell’attività e rafforzando il suo proposito criminoso.
Così argomentando, il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi che regolano il concorso di persone nel reato, secondo cui il contributo causale del concorrente morale può manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa (istigazione o determinazione all’esecuzione del delitto, agevolazione alla sua preparazione o consumazione, rafforzamento del proposito criminoso di altro concorrente, mera adesione o autorizzazione o approvazione per rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione di esso) e il giudice di merito ha l’obbligo di motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti (Sez. 2, n. 43067 del 13/10/2021, COGNOME, Rv. 282295 01).
Il Tribunale, infatti,, precisato che il ricorrente aveva concorso, in alcuni casi, materialmente e, in altri, moralmente, ha individuato le forme attraverso cui si era manifestato il contributo dell’indagato, consistito sia nell’avere consegnato con il fratello la sostanza stupefacente sia nell’avere comunque supportato il germano con la sua capacità di riconoscere la purezza della sostanza stupefacente e con la sua esperienza nell’attività di intermediazione nell’ambito dello spaccio.
La motivazione dell’ordinanza appare, quindi, del tutto congrua ed esente da vizi logici e giuridici mentre le doglianze del ricorrente sono tese a ottenere una rivalutazione di elementi già presi adeguatamente in considerazione dai giudici della cautela, senza la prospettazione di dati puntuali, precisi e di immediata valenza esplicativa, tali da dimostrare un’effettiva carenza argomentativa su punti decisivi del gravame.
Non è superfluo rimarcare – avendo il ricorrente censurato l’interpretazione della conversazione n. 819/2024, relativa al reato di cui al capo 2) – che non è possibile operare una reinterpretazione del contenuto delle captazioni acquisite, sulla scorta di quanto prospettato dalla difesa del ricorrente, essendo tale operazione di ermeneutica processuale preclusa alla Corte di cassazione, conformemente al principio di diritto secondo cui, in materia di intercettazioni telefoniche, costituiscono questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato dal giudice di
legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza dell motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784 – 01; Sez. 6, n. 11794 dell’11/02/2013, Melfi, Rv. 254439 01). Profili, questi ultimi, non sussistenti nel caso in esame, non ravvisandosi nel provvedimento impugnato alcuna incongruità valutativa.
La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – non sussistendo ragioni di esonero – della sanzione pecuniaria di euro tremila, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle ammende.
La Cancelleria è onerata degli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 19 novembre 2024.