Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27203 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27203 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 25/06/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
COGNOME n. a Nepi il 18/1/1957
avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma in data 28/2/2025
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc.Gen. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria di replica depositata dai difensori del ricorrente a confutazione delle conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata ordinanza il Tribunale di Roma rigettava l’istanza di riesame formulata nell’interesse di COGNOME Luca avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale che, in data 10/2/2025, aveva applicato nei confronti del medesimo la misura
della custodia cautelare in carcere in quanto indagato per i delitti di estorsione aggravata, anche ai sensi dell’art. 416bis.1 cod.pen., e detenzione e porto in luogo pubblico di un ordigno esplosivo risalente alla seconda guerra mondiale.
Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore del COGNOME, Avv. NOME COGNOME il quale ha dedotto:
2.1 l’erronea applicazione dell’art. 629 cod.pen. e vizio cumulativo della motivazione con riguardo alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod.proc.pen.
Il difensore deduce la manifesta illogicità della motivazione e la mancata risposta alle doglianze difensive contenute nella memoria depositata all’udienza di riesame in quanto il collegio cautelare ha escluso che gli atti intimidatori, materialmente commessi dai coindagati COGNOME NOME e COGNOME NOME, ai danni degli imprenditori COGNOME fossero frutto di un’iniziati autonoma degli stessi sulla base della conversazione intercettata n. 187 del 20/8/2021 tra il COGNOME e NOME COGNOME, dalla quale ha desunto che il ricorrente avrebbe prestato il proprio preventivo consenso alle condotte minatorie del 9 gennaio e 3 giugno 2020. Secondo il difensore l’ordinanza impugnata non ha chiarito, a fronte di un dialogo successivo di oltre un anno e mezzo rispetto agli atti minatori, sulla scorta di quali elementi ha ritenuto che beneplacito del COGNOME sia da riferire all’episodio del 9 gennaio 2020, non essendo sufficiente al fine di ritenere il concorso morale del prevenuto la semplice circostanza che il De Luca nel dialogo captato si fosse espresso al passato (“era stato detto”). Quanto all’avvenuta consegna, dopo il primo episodio estorsivo, del danaro da parte del Tesei a mani dell’indagato, il difensore sostiene che il Tribunale è incorso in errore di diritto, confondendo l’ottenimen dell’ingiusto profitto con l’esercizio della violenza o della minaccia sull’assunto che la nor di cui all’art. 629 cod.pen. sanziona chi esercita violenza o minaccia non anche chi ottiene l’ingiusto profitto; 2.2 il vizio cumulativo della motivazione con riferimento alla riconducibilità degli a estorsivi all’associazione a delinquere e in particolare all’indagato. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il difensore, dopo aver segnalato i plurimi richiami effettuati dall’ordinanza impugnata alla sentenza di questa Corte n. 1850/2025, relativa alla vicenda cautelare che vede il COGNOME indagato per il delitto ex art. 416bis cod.pen., evidenzia che i giudici del riesame hanno ritenuto che la vicenda COGNOME si ponga in linea di continuità con le caratteristiche del sodaliz tratteggiate dal giudice di legittimità nella cennata decisione, travisandone -tuttavia contenuti con riguardo al modus operandi dell’associazione, con particolare riguardo all’assunto secondo cui il clan ricorreva ad atti di violenza esplicitamente riferibili ai componenti solo in caso limitati, anche al fine di evitare indagini e possibili rallentamenti de attività illecite. Ad avviso del ricorrente la vicenda a giudizio si pone in antitesi e n continuità con il modus operandi del prevenuto e degli affilati, atteso l’utilizzo di bombe e
proiettili nelle attività intimidatorie ai danni dei fratelli COGNOME e il Tribunale è in contraddittorietà laddove, dapprima, afferma che i reati contestati ai capi D ed E sono espressione del generale modo d’agire del clan di Aprilia e, successivamente, sostiene che gli atti intimidatori hanno natura eccezionale e che debbono essere ricondotti al COGNOME in quanto gli esecutori materiali non avrebbero potuto agire senza preventiva autorizzazione del clan.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Nella specie il ricorrente fonda i propri rilievi in punto di gravità indiziaria su a stralci motivazionali, incentrati sulla portata dimostrativa dei contenuti dell’intercettazione 626 del 16/8/2021, senza rapportarsi al complesso apparato indiziario posto a fondamento dell’ordinanza impugnata (pag. 21-29), che ha dato conto dei pregressi rapporti di contiguità di Tesei Urbano con il clan capeggiato da NOME COGNOME, della partecipazione del medesimo alle raccolte fondi promosse dal sodalizio per far fronte alle spese legali dei sodali e de trattamento di assoluto favore riservato ai fratelli COGNOME in conseguenza del patto politic mafioso intercorso tra il clan di Aprilia ed esponenti politici locali, nell’affidamento alla Nu
RAGIONE_SOCIALE del servizio di trasporto scolastico nel territorio comunale, giusta determina 634 de 29/11/2019. Il collegio cautelare ha segnalato, sulla base di una corretta e persuasiva ricostruzione delle fonti intercettive, che proprio a seguito dell’affidamento dell’appalto servizi richiamato, pilotato dal COGNOME, che costituiva espressione degli interessi mafiosi seno all’Amministrazione locale, i COGNOME non avevano manifestato la dovuta e tangibile “riconoscenza” nel confronti del sodalizio che li aveva favoriti sicché in data 9/1/2020 la nuova RAGIONE_SOCIALE subiva il primo atto intimidatorio, consistito nell’allocazione di un ordigno esplosiv sul cancello di ingresso alla sede dell’attività, cui faceva seguito nei primi giorni di giu 2020 il rinvenimento nel parcheggio di due proiettili e il 30 giugno seguente l’incendio di due autobus (episodio quest’ultimo non oggetto di contestazione nell’odierno procedimento).
L’ordinanza impugnata ha evidenziato che i COGNOME dopo il primo attentato si erano rivolti ad COGNOME NOME, elemento di spicco della compagine, legato al COGNOME, e a COGNOME, anch’egli esponente del sodalizio, ricevendone assicurazioni circa la vicinanza degli “amici” e rimarcava che dalla conversazione tra l’indagato e COGNOME del 22/2/2020 emerge che, dopo il primo atto intimidatorio, NOME COGNOME aveva incontrato il COGNOME cui aveva consegnato del danaro, che era stato destinato al pagamento delle spese legali del Forniti. Fu lo stesso ricorrente nella richiamata conversazione a narrare all’interlocutore che egli nell’occasione aveva assunto un atteggiamento di sufficienza nei confronti dell’imprenditore, mostrando fastidio per la mancanza di tempestività nella dazione quale segno di riconoscenza per l’appalto ottenuto.
Dalla conversazione del 15/6/2021 tra NOME COGNOME, esponente del sodalizio mafioso e responsabile con il figlio NOME delle condotte intimidatorie, e NOME COGNOME, imprenditore contiguo al sodalizio e in rapporti con i COGNOME, consta che l’associazione -tramite il COGNOME– stav pianificando ulteriori atti intimidatori nei confronti dei fratelli COGNOME e che la ragione di era da rinvenirsi nella mancata manifestazione di una “pronta riconoscenza” nei confronti del clan. In particolare, il COGNOME, dopo aver convenuto con l’interlocutore che NOME COGNOME si era comportato male e aveva mancato di rispetto al COGNOME, a NOME e a “quegli altri” poiché prima di Natale non si era fatto vedere e non gli aveva fatto “prendere un thé”, rammentava (pag. 25) di aver incontrato prima delle festività natalizie NOME COGNOME e l’odierno indagato il quale, facendo riferimento alla mancanza di notizie da parte di NOME COGNOME, aveva affermato stizzito che “i bonus sono finiti”. Il Benvenuti proseguiva asserendo di aver riferit la circostanza al COGNOME, rimproverandogli di andare dagli “amici” solo quanto “ti serve la cortesia”, convenendo con il COGNOME che la p.o. avrebbe dovuto comprendere gli obblighi esistenti verso il clan che gli aveva fatto ottenere l’affidamento del servizio di traspo pubblico.
L’ordinanza impugnata richiamava, inoltre, la conversazione tra NOME COGNOME e suo figlio NOME, n. 626 del 16/8/2021, dalla quale risulta che gli stessi erano stati esecutori material degli attentati in danno della p.o., e la successiva, n. 187 del 20/8/2021, tra NOME COGNOME, NOME COGNOME e l’associato COGNOME, intercettata presso il INDIRIZZO, luogo di incontro degli appartenenti al sodalizio, in cui alla comunicazione di NOME COGNOME che il figlio NOME avrebbe voluto continuare nelle intimidazioni nei confronti del COGNOME, l’indagato rispondeva ” lì è sta detto che potete fare come vi pare”, ribadendo poco dopo ” così ti ridico…e già te lo avevo detto pure. .secondo me si può procedere”.
A fronte dell’articolata trama giustificativa dell’ordinanza impugnata che ha dettagliatamente inserito le azioni estorsive contestate nell’ambito del programma associativo del clan COGNOME, di cui COGNOME era elemento di spicco, segnalando la figura di associato dell’autore materiale NOME COGNOME ed evidenziando il movente delle condotte, di interesse associativo, anche alla luce della destinazione data alla somma conferita dal COGNOME all’indagato dopo il primo attentato, la difesa concentra le proprie obiezioni sulla sola lettu dell’intercettazione in data 20/8/2021, omettendo il confronto critico con il complesso delle risultanze valorizzate dal Collegio cautelare, incorrendo per tal via in genericità della censura e deducendo un’insussistente pretermissione delle doglianze difensive che sono state debitamente riassunte alle pagg.1-3 e disattese con argomenti puntuali ed esaustivi.
2.1 Destituita di pregio è la censura svolta nel primo motivo sub 1b). Il difensore assume che la ricezione del danaro versato dal Tesei da parte dell’indagato prova esclusivamente che il De Luca abbia tratto vantaggio dal reato ma non il concorso morale del prevenuto nella consumazione dell’illecito. La tesi contrasta con la ricostruzione fattuale dei giudici cautela che, con motivazione esente da criticità giustificative, hanno ritenuto che le condotte estorsive poste in essere nei confronti dei fratelli Tesei fossero espressione degli interessi associativi quanto intese a “sollecitare” mediante l’utilizzo del metodo proprio della compagine mafiosa la” riconoscenza” degli imprenditori per il conseguimento dell’appalto del servizio di trasporto pubblico scolastico nella città d’Aprilia e fossero state, pertanto, assentite dal COGNOME in vest di organizzatore e dirigente del sodalizio. Il coinvolgimento quale autore materiale di NOME COGNOME, membro del clan, conforta le conclusioni dell’ordinanza impugnata e decisiva smentita alla tesi che gli atti intimidatori costituiscano un’autonoma iniziativa dei COGNOME provien dall’interlocuzione tra il predetto NOME COGNOME e il COGNOME in ordine alla prosecuzion dell’attività estorsiva ai danni delle pp.00., dovendosi ritenere che, al di là dei testuali rich a un pregresso assenso già prestato, la richiesta formulata dall’intraneo COGNOME risponda ad una generale e consueta modalità organizzativa della compagine che rende attendibile la preventiva condivisione dell’indagato delle condotte contestate. Né può omettersi di rilevare in via logica che non risulta che il COGNOME si sia in alcun modo doluto con il sodale COGNOME
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dell’attuazione di iniziative delittuose non concordate mentre le fonti scrutinate conclamano il risentimento nutrito dall’indagato nei confronti delle pp.00. per la mancanza di tangibili segn di riconoscenza nei confronti del sodalizio a seguito dell’affidamento dell’appalto comunale.
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato. Il difensore deduce il travisamento dei contenuti della sentenza n. 1850/2025 di questa Corte con riguardo al modus operandi del sodalizio. Ritiene il Collegio che non possa configurarsi il travisamento della prova in relazione ai “contenuti” della sentenza di legittimità richiamata dal provvedimento impugnato in quanto il vizio, secondo la prospettazione difensiva, investe le valutazioni effettuate in quella sede punto pertinenza e congruità della motivazione rassegnata dal giudice del riesame. In particolare, nel passaggio riportato a pag. 7 del ricorso la sentenza si è soffermata sulla valutazione effettuata dal collegio del riesame in relazione al capo 2 della rubrica provvisoria escludendo l’illogicità della motivazione rassegnata dai giudici del merito ma con tutta evidenza le affermazioni in detto contesto effettuate non rivestono valore di prova in senso tecnico circa i caratteri e le connotazioni dell’associazione investigata.
L’ordinanza impugnata ha riportato parte della sentenza n. 1850 al pari di ampi stralci dell’ordinanza di riesame relativa al reato associativo mafioso ascritto anche al COGNOME allo scopo di una migliore contestualizzazione della vicenda a giudizio senza, tuttavia, abdicare all’onere di rendere compiuta motivazione circa i presupposti fondanti il trattamento cautelare per gli addebiti mossi nell’odierno procedimento. Nella specie, pertanto, osta alla possibilità di ravvisare il vizio denunziato l’insuperabile rilievo relativo al fatto che i dati che il dif assume male interpretati non hanno natura probatoria ma concernono apprezzamenti dei giudici di legittimità circa la tenuta logica della motivazione censurata.
3.1 La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il vizio di “contraddittori processuale” (o “travisamento della prova”) circoscrive la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacific distorsione e deve avere ad oggetto circostanze definite e non opinabili, tali da evidenziare la palese difformità tra il senso intrinseco della prova e quello tratto dal giudice, conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori da questi commessi nella valutazione del significato probatorio (Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272406 – 01). Va, inoltre, richiamato il costante insegnamento di questa Corte secondo cui il vizio di contraddittorietà della motivazione è solo quello che si traduce in un’incompatibilità logica d un passo della decisione con altro passo della stessa o con atti indicati nel motivo di gravame che appartengano necessariamente al medesimo processo e non anche quello che si risolva in una incompatibilità con una diversa decisione, assunta in altra sede processuale (Sez. 3, n. 4803 del 18/12/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287429 – 01; n. 13678 del 20/01/2022,
Rv. 283034- 01; Sez. 5, n. 34643 del 08/05/2008, Rv. 240996-01) e ribadito che l’acquisizione agli atti del procedimento, ai sensi dell’art. 238-bis cod. proc. pen., di sentenz
divenute irrevocabili non comporta, per il giudice di tale procedimento, alcun automatismo nel recepimento e nell’utilizzazione, a fini decisori, dei fatti e dei relativi giudizi contenu
passaggi argomentativi della motivazione delle suddette sentenze, dovendosi, al contrario, ritenere che quel giudice conservi integra l’autonomia e la libertà delle operazioni logiche di
accertamento e formulazione di giudizio a lui istituzionalmente riservate (Sez. 4, n. 10103 del
01/02/2023, De, Rv. 284130 – 01).
3.2 Deve conclusivamente osservarsi che la determinazione del clan, soprattutto nel periodo di detenzione del COGNOME, di garantire la “pace sociale” (pag. 19) nella gestione de
territorio controllato, evitando il ricorso ad azioni di violenza esplicite se non in eccezionali, a differenza di quanto opina la difesa, non si pone in contrasto con la realizzazione
delle condotte estorsive ai danni del Tesei, le quali per quanto gravi e allarmanti, appaiono nelle modalità operative ispirate ad una qualche cautela, stante l’utilizzo a fini minatori di
residuato bellico appoggiato al cancello della ditta dei fratelli COGNOME e il rilascio di due proi nel parcheggio, condotte che integrano un messaggio mafioso inequivoco ma nella sostanza figurato e trasversale, peraltro destinato a soggetti contigui.
La difesa offre, dunque, una lettura della vicenda processuale che non si rapporta in termini puntuali al percorso argomentativo dell’ordinanza impugnata ed appare fondata su una valutazione parziale e frammentata degli esiti investigativi, insuscettibile di superare preliminare vaglio d’ammissibilità dell’impugnazione.
4.Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguenti statuizioni ex art. 616 cod.proc.pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94,commalter,disp.att.cod.proc.pen.
Così deciso in Roma, 25 giugno 2025
La Consigliera estensore
La Presidente