Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3700 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3700 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TILBURG (OLANDA) il 25/11/1970
avverso la sentenza del 28/03/2024 della CORTE APPELLO di CAGLIARI, Sez. 1^ penale visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al vizio di motivazione in ordine alla compartecipazione del ricorrente nel delitto estorsivo.
Ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli articoli 610, comma 5, e 611, comma 1-bis e seguenti del codice di procedura penale.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari del 28/03/2024, con cui l’imputato, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Cagliari, è stato assolto dal reato di violazione della legge stupefacenti (capo 19) e rideterminata la pena riguardo al delitto di concorso in estorsione aggravata dalle persone riunite (capo 5).
La difesa affida il ricorso a due motivi, con i quali deduce:
2.1. Vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il delitto di estorsione, con particolare riguardo a diversi temi che la difesa aveva specificamente dedotto con l’atto di appello e che si sostiene che la Corte territoriale abbia pretermesso o trascurato.
In particolare, le doglianze attengono: a) alla riconducibilità al ricorrente, ai fini di identificazione, degli appellativi “COGNOME, COGNOME ed COGNOME“, in assenz dell’indicazione di alcun elemento di prova che si riferissero alla stessa persona, anziché a soggetti differenti; b) all’omessa valutazione del contenuto di un’intercettazione che smentiva che il soprannome COGNOME si riferisse al ricorrente; c) ai rilievi mossi in ordine alla testimonianza del maresciallo COGNOME, alla quale il Tribunale aveva attribuito particolare rilievo ai fini della condanna del ricorrente nei traffici di droga e della corrispondenza dei nomignoli sopra indicati. Peraltro, si lamenta che la Corte d’appello abbia trascurato il contenuto della deposizione del teste nella parte in cui escludeva qualsiasi ruolo del COGNOME nell’estorsione; d) alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Si lamenta che la Corte di merito, a fronte dell’assoluzione dal reato di violazione della legge stupefacenti (sulla cui gravità il primo giudice aveva fondato il diniego), abbia finito per operare una non consentita traslazione sull’ulteriore reato per cui è stata confermata la sentenza, attribuendo al fatto connotati di gravità che non erano stati assentiti dal Tribunale, non tenendo conto della modestia della minaccia estorsiva e della circostanza che l’imputato era incensurato.
2.2. Vizio di motivazione in ordine al concorso del ricorrente nel delitto estorsivo. Se il ricorrente non può essere indicato come autore dell’invio e della cessione della partita di droga di cui al capo 19), essendone stato assolto, nonché quale organizzatore e partecipe dell’associazione finalizzata al traffico di droga di cui al capo 2), essendo stato già prosciolto per tale reato dallo stesso Tribunale, il coinvolgimento quale autore morale non poteva certo basarsi sull’argomento
speso dalla Corte territoriale che il reato di estorsione è stato commesso “al fine di ottenere il saldo di un partita di droga” e sulla finalità dallo stesso perseguita.
Il Pubblico ministero, nella persona del sostituto P.G. NOME COGNOME con requisitoria del 12 dicembre 2024, ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al vizio di motivazione in ordine alla compartecipazione del ricorrente nel delitto estorsivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato quanto al secondo motivo.
Il primo motivo è manifestamente in(ondato. La sentenza impugnata, infatti, ha specificamente indicato una pluralità di elementi aventi carattere individualizzante che consentono di riferire al ricorrente il soprannome di COGNOME e/o di “R” (corrispondente alla lettera iniziale del suo nome) per come emerso dal contenuto delle intercettazioni (v. pag. 4). La circostanza che anche ad altri soggetti possano essere riferibili tali appellativi resta, dunque, un profilo di merito avente carattere alternativo, per certi versi anche di tipo ipotetico (si pensi alla censura che involge il riferimento del COGNOME al NOME mentre si trova a bordo del traghetto sulla linea Porto Torres – Genova), ma non sufficiente a determinare un vizio di motivazione o di travisamento nel provvedimento impugnato.
Al riguardo, va, infatti, ribadito che l’ obbligo di motivazione del giudice dell’impugnazione non richiede necessariamente che egli fornisca specifica ed espressa risposta a ciascuna delle singole argomentazioni, osservazioni o rilievi contenuti nell’atto d’impugnazione, se il suo discorso giustificativo indica le ragioni poste a fondamento della decisione e dimostra di aver tenuto presenti i fatti decisivi ai fini del giudizio, sicché, quando ricorre tale condizione, le argomentazioni addotte a sostegno dell’appello, ed incompatibili con le motivazioni contenute nella sentenza, devono ritenersi, anche implicitamente, esaminate e disattese dal giudice, con conseguente esclusione della configurabilità del vizio di mancanza di motivazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, Ca vrtmi, RV. 277593; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260841).
Carente, invece, per come anche evidenziato dal P.G. nella requisitoria, è la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui attribuisce all’imputato il ruolo di mandante dell’episodio estorsivo in quanto colui che era interessato ad acquisire il possesso dell’immobile.
La Corte d’appello, a fronte di specifica doglianza della difesa e di assoluzione del ricorrente dagli altri reati in materia di stupefacenti ascrittigli, omette motivare in ordine alla condotta di concorso morale ex art. 110 cod. pen. che sarebbe al ricorrente ascrivibile.
Invero, venuta meno la sua responsabilità per il delitto di cui all’art. 73 D.P.R. n. 309/90, dal quale avrebbe avuto origine il debito oggetto di estorsione, e per il delitto di cui all’art. 74 D.P.R. n. 309/90, che giustificava l’impartizione dell’ordin di estorcere l’immobile al debitore da parte del COGNOME nella sua qualità di capo dell’associazione, i giudici d’appello avrebbero dovuto motivare esplicitamente e diversamente rispetto al provvedimento di primo grado circa il contenuto del concorso morale del COGNOME al quale si attribuisce la veste di istigatore.
L’estorsione, infatti, non può più essere giustificata dalla finalità di ottenere i saldo di una partita di droga da parte del ricorrente, essendo tale affermazione contraddittoria rispetto alla riconosciuta estraneità dell’imputato al narcotraffico.
La circostanza che il contributo causale del concorrente morale possa manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa (istigazione o determinazione all’esecuzione del delitto, agevolazione alla sua preparazione o consumazione, rafforzamento del proposito criminoso di altro concorrente, mera adesione o autorizzazione o approvazione per rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione di esso) non esime il giudice di merito dall’obbligo di motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli alt concorrenti (Sez. 2, n. 43067 del 13/10/2021, COGNOME, Rv. 282295 – 01).
La sentenza va, pertanto, annullata con rinvio per un’analisi più approfondita della responsabilità del ricorrente in ordine al reato di estorsione.
4. In conseguenza dell’accoglimento del ricorso deve disporsi, ai sensi dell’art. 130, comma 1, cod. proc. pen. in quanto si tratta di errore che non determina alcuna nullità, la correzione del giorno di nascita dell’imputato erroneamente indicato nell’intestazione della sentenza impugnata il giorno 24 novembre 1970, essendo invece costui nato il giorno 25 novembre 1970, per come precisato in atti e nell’intestazione della sentenza di primo grado.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari.
Dispone correggersi la data di nascita del ricorrente che è quella del 25.11.1970. Manda la Cancelleria per gli adempimenti di competenza. Così deciso, il 16 gennaio 2025.