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Concorso morale e disastro: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di disastro ambientale. L’indagato, principale acquirente di tonnellate di oloturie pescate illegalmente, è stato ritenuto responsabile di concorso morale. Secondo la Corte, il suo ruolo non era passivo, ma di istigatore, avendo garantito un canale di commercializzazione sicuro e continuo che ha rafforzato il proposito criminoso dei pescatori, contribuendo così direttamente al danno ambientale. La decisione conferma che chi alimenta la domanda di prodotti illegali può essere ritenuto corresponsabile del reato presupposto.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso Morale nel Disastro Ambientale: L’Acquirente è Responsabile?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 831/2025, affronta un tema cruciale: fino a che punto l’acquirente di prodotti di provenienza illecita può essere ritenuto responsabile del reato commesso da chi glieli fornisce? Il caso in esame riguarda un disastro ambientale causato dalla pesca abusiva di oloturie (cetrioli di mare) e chiarisce i confini del concorso morale in reati di grave impatto ecologico.

I Fatti del Caso

Un’indagine ha portato alla luce un’intensa attività di pesca illegale di tonnellate di oloturie, specie marina protetta, con conseguente grave danno alla biodiversità e all’ecosistema marino. Al vertice della catena commerciale, secondo l’accusa, vi era un imprenditore che, insieme al figlio, rappresentava il principale canale di acquisto e successiva esportazione del prodotto. A seguito delle indagini, il GIP del Tribunale ha disposto la custodia cautelare in carcere per l’imprenditore, ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza per il reato di disastro ambientale in concorso.

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso, sostenendo che il suo ruolo fosse semplicemente quello di un acquirente e che non vi fosse prova di un suo contributo diretto all’attività di pesca abusiva. Secondo la tesi difensiva, i pescatori agivano in autonomia e avrebbero continuato la loro attività illecita anche senza il suo intervento.

La Decisione della Corte di Cassazione sul concorso morale

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto l’impianto accusatorio e la validità della misura cautelare. La Corte ha stabilito che il ruolo dell’indagato non è stato quello di un mero acquirente passivo, ma quello di un vero e proprio istigatore e garante dell’operazione criminale.

Analisi del ruolo dell’acquirente

La Cassazione ha evidenziato come le intercettazioni e le dichiarazioni raccolte dimostrassero che l’attività di pesca illegale su vasta scala era iniziata proprio a fronte della specifica e continua richiesta dell’indagato. Egli non solo acquistava il prodotto, ma incitava attivamente i fornitori a intensificare la pesca, garantendo l’acquisto di quantità sempre maggiori a prezzi profittevoli. Questo comportamento ha creato un canale di smaltimento sicuro e costante, elemento che ha rafforzato il proposito delittuoso dei pescatori e ha reso economicamente sostenibile un’operazione altrimenti più rischiosa e meno redditizia.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nella qualificazione giuridica della condotta dell’imprenditore come concorso morale. La Corte ha richiamato consolidati principi giurisprudenziali per spiegare che il contributo concorsuale non deve essere necessariamente materiale. Anche un contributo puramente psichico, che si manifesta nel rafforzare la volontà criminale altrui, è sufficiente a integrare il concorso nel reato.

Nel caso di specie, la promessa di acquistare l’intero prodotto pescato illegalmente e la continua richiesta di aumentare i quantitativi hanno rappresentato un fattore causale determinante per la consumazione del disastro ambientale. Senza questo sbocco commerciale garantito, l’attività di pesca non avrebbe raggiunto le dimensioni devastanti che ha avuto. La Corte ha sottolineato che, a seguito di un sequestro di un carico di oloturie, l’attività di pesca si era drasticamente ridotta, a riprova del ruolo centrale e insostituibile degli acquirenti.

Inoltre, la Corte ha rigettato le censure relative alla mancanza del pericolo di reiterazione del reato. Nonostante un sequestro precedente, le indagini hanno dimostrato che gli indagati avevano cercato ‘un altro posto garbato per continuare a lavorare’, mantenendo i contatti con importatori e pescatori e riorganizzando le attività illecite. Questo, unito alla loro ‘spregiudicatezza e avidità’, ha reso la custodia in carcere l’unica misura idonea a prevenire la commissione di ulteriori reati.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio di fondamentale importanza: nella lotta ai crimini, inclusi quelli ambientali, la responsabilità non è solo di chi compie materialmente l’atto illecito, ma si estende a tutti gli anelli della catena che lo rendono possibile e profittevole. L’acquirente che, con le sue richieste e garanzie, alimenta un mercato illegale, non è un semplice cliente, ma un concorrente morale nel reato. La sua condotta contribuisce a creare e sostenere le condizioni che portano alla commissione del crimine, rendendolo pienamente corresponsabile delle sue conseguenze. Questa pronuncia costituisce un monito severo per chiunque pensi di poter trarre profitto da attività illecite senza sporcarsi direttamente le mani.

Quando un acquirente di merce illegale risponde di concorso morale nel reato commesso dai venditori?
Secondo la Corte, l’acquirente risponde di concorso morale quando il suo ruolo non è passivo, ma contribuisce a determinare o a rafforzare il proposito criminoso degli esecutori materiali. Ciò avviene quando, come nel caso di specie, l’acquirente garantisce un canale di smaltimento sicuro e continuo per i prodotti illeciti, incitando attivamente ad aumentare la produzione e assicurando l’acquisto, diventando così un fattore causale del reato stesso.

Perché la Corte ha ritenuto attuale il pericolo di reiterazione del reato?
La Corte ha ritenuto il pericolo concreto e attuale sulla base della spregiudicatezza e della pervicacia criminale degli indagati. Nonostante un precedente sequestro, essi avevano continuato a mantenere i rapporti con importatori e pescatori, cercando attivamente nuovi modi per proseguire l’attività illecita. Elementi come intercettazioni e un successivo sequestro hanno dimostrato la loro intenzione di riorganizzare il commercio illegale, giustificando la misura della custodia in carcere.

È sufficiente che l’acquirente non partecipi materialmente alla pesca illegale per escludere la sua responsabilità per disastro ambientale?
No, non è sufficiente. La sentenza chiarisce che la responsabilità penale per concorso in un reato non richiede una partecipazione materiale. È sufficiente un contributo psichico, come l’istigazione o il rafforzamento della volontà altrui. Garantire l’acquisto sistematico del pescato illegale è stato considerato un contributo causale decisivo al disastro ambientale, integrando così il concorso morale nel reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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