Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12637 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12637 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a ERCOLANO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a ERCOLANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/07/2023 della Corte d’appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria di replica inviata a mezzo pec il 20 febbraio 2024 dall’AVV_NOTAIO, nell’interesse dell’imputato NOME, che ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Napoli, con la sentenza impugnata in questa sede, ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME dal Tribunale di Napoli il 22 novembre 2016, in ordine ai reati di
partecipazione ad associazione per delinquere ed usura, dichiarando l’estinzione per prescrizione del reato di cui all’art. 416 cod. pen., contestato al COGNOME, riducendo le pene a lui inflitte con concessione delle circostanze attenuanti generiche, e confermando il giudizio di responsabilità per tutti i reati di usura contestati ad entrambi gli imputati.
Ha proposto ricorso la difesa dell’imputato COGNOME NOME deducendo, con il primo motivo, violazione di legge, in relazione agli artt. 192 cod. proc. pen., 644, comma 1, 3, 5 n. 4, cod. pen., e vizio della motivazione, perché carente e manifestamente illogica, con riguardo ai capi della decisione riguardanti i reati contestati ai capi 2), 5), 6), 9).
La sentenza impugnata, così come quella di primo gi -ado, non avevano giustificato con idonea motivazione la dimostrazione della consapevolezza del ricorrente in ordine sia alla destinazione delle somme a lui richieste da COGNOME NOME, per eseguire operazioni di finanziamento, sia al carattere usurario delle pattuizioni stipulate dal NOME con i singoli soggetti cui erogava i finanziamenti.
Errata, inoltre, era la valutazione degli indizi raccolti, in violazione della regola ex art. 192 cod. proc. pen.; le sentenze definitive acquisite, che riguardavano la posizione degli esecutori materiali delle condotte di usura, non contenevano alcun elemento fattuale o logico utile per dimostrare il concorso in quelle condotte del ricorrente; allo stesso modo, le dichiarazioni delle persone offese e le intercettazioni indicate nelle decisioni non fornivano alcun valido dato probatorio al riguardo (come già apprezzato dal Tribunale del riesame nella fase cautelare).
Lamentava rispetto a ciascun capo d’imputazione la mancata risposta alle censure formulate con l’atto di appello, considerata l’esistenza di effettivi rapporti commerciali tra il COGNOME ed il COGNOME, che giustificavano i movimenti di assegni e denaro tra i due operatori commerciali (capo 2), nonché il difetto di correlazione tra le ipotizzate operazioni di erogazione di denaro contante e l’emissione di assegni da parte del ricorrente, in favore di altri soggetti (capo 5), oltre al ricorso a motivazioni in contrasto con i principi regolatori della valutazione della prova (capi 6 e 9).
2.1. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge, in relazione agli artt. 62 bis, 132, 133, 644 cod. pen., e vizio della motivazione in punto di trattamento sanzionatorio, quanto all’immotivato diniego delle circostanze attenuanti generiche e alla commisurazione della pena.
Ha proposto ricorso la difesa dell’imputato COGNOME NOME deducendo, con il primo motivo, violazione di legge, in relazione agli artt. 43, 110 e 644 cod. pen., e vizio di motivazione quanto al profilo della prova del concorso nel reato di usura
di cui al capo 3); il ricorrente era pacificamente un dipendente del COGNOME, autore delle condotte usurarie, e la prova del suo coinvolgimento era stata desunta esclusivamente da attività – contatti telefonici, interlocuzioni con le persone offese, attività materiali – certamente ricomprese nelle mansioni del rapporto di lavoro; la sentenza non aveva tenuto conto delle dichiarazioni delle persone offese che avevano confermato l’estraneità del Co2:zolino alle vicende usurarie; mancava del tutto la prova dell’accordo tra il ricorrente ed il COGNOME per la programmazione ed esecuzione delle operazioni di finanziamento a tassi di usura.
3.1. Con il secondo motivo si deducono analoghe violazioni in relazione al reato di cui al capo 6).
3.2. Con il terzo motivo si deducono analoghe violazioni in relazione al reato di cui al capo 7) nonché la violazione degli artt. 495, comma 2, cod. proc. pen., 111 Cost. e 6, § 3, lett. d) CEDU, per la mancata escussione in dibattimento del testimone persona offesa “NOMENOME, identificato nel corso del giudizio; la sentenza aveva ritenuto immotivatamente che l’esame del teste fosse superfluo; aveva fondato il giudizio di responsabilità adottando una motivazione del tutto svincolata rispetto all’effettivo tenore delle intercettazioni.
3.3. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge, in relazione all’art. 379 cod. pen., e vizio di motivazione per l’omessa diversa qualificazione dei fatti contestati, inquadrabili nella fattispecie del favoreggiamento reale.
3.4. Con il quinto motivo si deduce vizio di motivazione, perché assente, in relazione alla censura riguardante la richiesta di esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 644, comma 5, n. 3, cod. pen. in totale difetto di prova della consapevolezza da parte del ricorrente dello stato di bisogno delle persone offese dei reati di cui ai capi 6) e 7).
3.5. Con il sesto motivo si deduce vizio della motivazione, del tutto assente, in relazione alla richiesta declaratoria di prescrizione dei reati di cui ai capi 3), 6 e 7).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME è parzialmente fondato.
1.1. Il primo ordine di rilievi articolato con il primo motivo di ricorso relativamente al difetto di motivazione circa la consapevolezza del ricorrente sulla destinazione delle somme erogate al NOME e sul carattere usurario delle operazioni eseguite dal COGNOME con i mezzi finanziari proc:urati dal NOME, è reiterativo e generico, poiché non considera il contesto complessivo dei dati probatori considerati; in presenza di una doppia conforme, va rilevato che entrambe le sentenze di merito, secondo una lettura priva della denunciata
manifesta illogicità, escludono per le ricorrenti modalità delle operazioni realizzate, per il contesto cronologico rispetto alle contestuali richieste dei soggetti vittime di usura, per l’assenza di riferimenti nei dialoghi tra il ricorrente e il COGNOME richiami ad operazioni commerciali concluse tra loro, la possibilità di individuare una ricostruzione logica differente degli episodi considerati; dal che discende la dimostrazione del consapevole concorso da parte del ricorrente nelle operazioni di prestito a condizioni usurarie, avendo contezza il ricorrente delle somme richieste e delle scadenze dei titoli offerti in garanzia dalle persone offese.
Per tali ragioni, passando ad esaminare le censure dirette nei confronti della motivazione adottata per ciascuna delle imputazioni, per l’episodio descritto al capo 2) la Corte ha messo in rilievo la specificità e il contenuto dei dialoghi intercettati, rapportati all’operazione avente pacifico carattere usurario, considerando anche la tesi difensiva e smentendola attraverso l’esame della portata delle conversazioni intercettate, rispetto all’ipotesi del pagamento di un’effettiva operazione commerciale; la sentenza ha evidenziato come la vicenda si caratterizzava per un’immediata disponibilità del ricorrente, su indicazioni del COGNOME, a procurare somme di denaro, nonché successivamente due assegni circolari, con ripetuti richiami alla necessità di disporre di somme liquide di denaro, senza alcun richiamo al pagamento di fatture emesse dal COGNOME per operazioni commerciali tra lui ed il COGNOME; analogamente per il reato di cui al capo 6) la decisione ha evidenziato la corrispondenza tra un’operazione di prelievo di denaro contante eseguita dal COGNOME nella giornata in cui fu consegnato il denaro alla vittima di usura, e il richiamo nelle intercettazioni della stessa giornata alla necessità di contattare il COGNOME mentre si stava pianificando l’operazione di consegna del denaro, senza che dall’istruttoria dibattimentale sia emersa una differente causale a giustificazione del prelievo e della consegna del denaro da parte del COGNOME (il che non integra alcuna violazione delle regole sull’onere probatorio, come lamentato dal ricorrente, ma pone in luce l’assenza di alcun ragionevole dubbio sulla destinazione del denaro); identica successione di eventi, contatti telefonici e operazioni di prelievo presso istituti di credito è stata rilevat per l’episodio oggetto del capo 9), con l’ulteriore dato di conversazioni intercettate che riguardavano il confronto tra il NOME ed il COGNOME su conteggi e verifiche in ordine a somme da corrispondere a terzi; rispetto a queste valutazioni la censura che riguarda il difetto di corrispondenza tra la somma procurata dal NOME, rispetto all’importo globale del prestito usurario erogato, non è idonea a demolire l’impianto argomentativo della decisione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
A diverse conclusioni deve giungersi, invece, cori riferimento alle considerazioni svolte dal ricorrente in ordine alla motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il delitto contestato al capo 5).
Il Tribunale prima, e la Corte d’appello poi, hanno ritenuto che il concorso del ricorrente, nell’operazione di finanziamento a tasso di usura per la somma di C 10.850 consegnata alla persona offesa, fosse dimostrato dall’emissione di un assegno dell’importo di C 12.550 tratto su uno dei conti correnti riferibili al NOME; ma la sentenza non si è confrontata con la specifica deduzione dell’appellante, ora richiamata dal ricorrente, riferita agli esiti delle indagini bancarie che nel periodo oggetto di contestazione attestavano l’emissione di assegni bancari da parte della società del ricorrente a favore di una società, quali acconti per fatture emesse e indicate negli estremi (società diversa da quella con cui operava il RAGIONE_SOCIALE), senza individuazione di operazioni di prelievo di somme in contanti; circostanza potenzialmente rilevante nell’escludere la responsabilità dell’imputato, mentre l’affermazione della sentenza impugnata dell’avvenuta esecuzione del prelievo è rimasta allo stato indimostrata.
Tale carenza motivazionale impone l’annullamento della sentenza nella parte realtiva al giudizio espresso sull’imputazione di cui al capo 5) con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli che dovrà esaminare nuovamente il motivo di impugnazione così come articolato, confrontandosi con i dati documentali indicati dall’appellante.
1.2. Il secondo motivo, poiché dipendente dalle valutazioni in punto di responsabilità, per effetto della parziale pronuncia di annullamento deve ritenersi assorbito.
Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME è inammissibile.
2.1. I primi tre motivi del ricorso, aventi contenuto del tutto analogo, oltre ad essere generici nell’indicazione delle ragioni di critica, sono tutti manifestamente infondati.
Il ricorrente, in primo luogo, non si confronta con il tenore complessivo della decisione, dovendosi considerare come indice significativo della condotta di compartecipazione il giudizio espresso, pur se incidentalmente dalla Corte territoriale, circa il contenuto dei dati probatori relativi alla condotta partecipazione all’associazione a delinquere (reato dichiarato prescritto) che attestavano lo stabile inserimento del ricorrente nell’organizzazione, ricoprendo lo stesso la veste di “alter ego” del datore di lavoro, con capacità di mantenere personalmente i contatti con le persone offese, trattando le condizioni per le erogazioni dei prestiti, provvedendo materialmente ai necessari prelievi in banca e alle consegne del denaro oggetto delle erogazioni (v. espressamente sul punto la sentenza di primo grado, pag. 41 e quella d’appello, pag.17).
In questo complessivo contesto, la decisione ha poi collocato i dati specifici che hanno riguardato ciascuna imputazione, analizzando il contenuto delle
intercettazioni e la posizione di volta in volta assunta dal ricorrente (per il capo 2), pagg. 17-19; per il capo 6), pag. 20; per il capo 7), pag. 22, ove viene superata anche la questione dell’omesso esame della persona offesa, compiutamente identificata solo nel corso dell’istruttoria dibattimentale, con motivazione congrua rispetto alla generica deduzione dell’appellante, che non aveva neppure offerto elementi per attestare l’assoluta necessità di un tale esame).
2.2. Il quarto motivo di ricorso è assolutamente generico, oltre ad essere logicamente smentito dal dimostrato concorso nel reato, che esclude l’applicabilità dell’art. 379 cod. pen. in forza della clausola di riserva ivi prevista.
2.3. Il quinto motivo di ricorso è manifestamente infondato, poiché la lamentata carenza di motivazione riguarda i capi di accusa 6) e 7) in cui la circostanza aggravante contestata è unicamente quella dell’art. 644, comma 5, n. 4 cod. pen., mentre non è stata contestata l’aggravante dello stato di bisogno.
2.4. Il sesto motivo di ricorso è generico, nonché manifestamente infondato.
In relazione ai reati contestati, per effetto delle aggravanti ex art. 644, comma 5, cod. pen., il termine massimo di prescrizione è pari ad anni 18 e mesi 9, termine che pacificamente non è ancora decorso considerata la commissione dei reati nell’anno 2007; la manifestamente infondatezza della richiesta formulata in grado di appello esclude che l’omessa motivazione sul punto possa costituire causa di annullamento della sentenza impugnata (Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, COGNOME, Rv. 277281 – 01; Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, Liberti, Rv. 276745 – 01).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nell determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al reato di cui al capo 5), con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli; dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29/2/2024