Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 24109 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 24109 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nata a Napoli il 14/05/1981 COGNOME NOME nato a Mugnano di Napoli l ’11/01/2006 avverso l’ordinanza del 10/02/2025 del Tribunale di Napoli
Udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME;
Il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5 e 611, comma 1bis e ss. cod. proc. pen.
La Sostituta Procuratore generale NOME COGNOME con requisitoria scritta tempestivamente depositata concludeva per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e , relativamente alla posizione di NOME COGNOME per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al capo a2).
I difensori di NOME COGNOME Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, con memoria, concludevano per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale per il riesame di Napoli respingeva la richiesta di riesame nei confronti dell’ordinanza che aveva applicato a NOME COGNOME la misura della custodia in carcere ed a NOME COGNOME la misura degli arresti domiciliari.
Venivano riconosciuti i gravi indizi di colpevolezza a carico di NOME COGNOME per plurime condotte di reimpiego ed autoriciclaggio, e di NOME COGNOME per il concorso nel reato di usura ai danni di NOME COGNOME di cu al capo a2).
Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di NOME COGNOME che hanno dedotto:
2.1. violazione di legge (artt. 274 e 275 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione: la posizione della ricorrente sarebbe stata illegittimamente parificata, quanto alla adeguatezza della misura, a quella del marito NOME COGNOME gravemente indiziato del reato di cui all’art. 416 -bis cod. pen., e non sarebbe stata adeguatamente considerata la possibilità che il pericolo cautelare potesse essere contenuto dalla meno grave misura cautelare degli arresti domiciliari con controllo elettronico, da applicare fuori regione.
I difensori di COGNOME Rosario, con autonomo ricorso hanno dedotto:
3.1. violazione di legge (art. 273 cod. proc. pen., 644, cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza: il ricorrente non avrebbe concorso nell’usura tenuto conto che non aveva portato a termine l’incarico di riscossione affidatogl i dal padre e non aveva partecipato alla pattuizione; poiché l’usura contestata si sarebbe consumata con la pattuizione, il tentativo di riscossione configurerebbe una condotta riconducibile al favoreggiamento reale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1 Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME non supera la soglia di ammissibilità in quanto si risolve nella richiesta di rivalutazione della capacità dimostrativa degli elementi di prova, non consentita in sede di legittimità
Il Tribunale nel provvedimento impugnato ha espresso sul punto una motivazione che non si presta ad alcuna censura, in quanto non presenta alcuna frattura logica né alcuna discrasia tra le valutazioni effettuate e gli elementi sulla base dei quali si è ritenuto che la
custodia cautelare in carcere fosse l’unica misura adeguata a contenere il pericolo di reiterazione rilevato.
In piena aderenza con il contenuto delle fonti di prova raccolte è stato rilevato che NOME COGNOME aveva mostrato la sua trasgressiva personalità nella collaborazione continua e costante offerta al marito nella gestione del suo ruolo di capo del sodalizio criminale affiliato alla camorra, anche durante la sua protratta detenzione.
La COGNOME aveva svolto tale ruolo fino ad epoca recentissima, nonostante la consapevolezza delle indagini in corso, il che aveva consentito al Tribunale di riconoscere la sua rilevante ed attuale pericolosità e di ritenere sussistente il relativo pericolo di reiterazione di condotte criminose della stessa specie di quelle per cui si procede.
L’unica misura idonea a contenere tale pericolo è stata legittimamente individuata nella custodia in carcere: la adeguatezza della misura imposta deriva dalla emersione della stretta attività di collaborazione della ricorrente con il marito NOME COGNOME indagato per associazione mafiosa. Gli arresti domiciliari con controllo elettronico -secondo la ineccepibile valutazione del Tribunale – non avrebbero consentito il contenimento del l’allarmante e d attuale pericolo di reiterazione (pag. 91 dell ‘ordinanza impugnata).
Si tratta di una motivazione che non si presta ad alcuna censura in questa sede.
2.Il ricorso p roposto nell’interesse di NOME COGNOME è, invece, infondato.
2.1. Il Collegio intende ribadire la giurisprudenza secondo cui risponde del delitto di concorso in usura – reato a condotta frazionata o a consumazione prolungata -, il soggetto che, in un momento successivo alla formazione del patto usurario, ricevuto l’incarico di recuperare il credito, riesce ad ottenerne il pagamento, laddove invece, se il recupero non avviene, l’incaricato risponde del reato di favoreggiamento personale o, nell’ipotesi di violenza o minaccia nei confronti del debitore, di estorsione, atteso che in tali casi il momento consumativo dell’usura rimane quello originario della pattuizione (Sez. 5, n. 42849 del 24/06/2014, COGNOME, Rv. 262308 -01; Sez. 2, n. 41045 del 13/10/2005, COGNOME, Rv. 232698 – 01).
Secondo tale orientamento «in tema di usura, qualora alla promessa segua mediante la rateizzazione degli interessi convenuti – la dazione effettiva di essi, questa non costituisce un post factum penalmente non punibile, ma fa parte a pieno titolo del fatto lesivo penalmente rilevante e segna, mediante la concreta e reiterata esecuzione dell’originaria pattuizione usuraria, il momento consumativo “sostanziale” del reato, realizzandosi, così, una situazione non necessariamente assimilabile alla categoria del reato eventualmente permanente, ma configurabile secondo il duplice e alternativo schema della fattispecie tipica del reato, che pure mantiene intatta la sua natura unitaria e istantanea, ovvero con riferimento alla struttura dei delitti cosiddetti a condotta frazionata o a consumazione prolungata. Aderendo allo schema giuridico dell’usura intesa appunto
quale delitto a consumazione prolungata o – come sostiene autorevole dottrina – a condotta frazionata, ne deriva che effettivamente colui il quale riceve l’incarico di recuperare il credito usurario e riesce ad ottenerne il pagamento concorre nel reato punito dall’articolo 644 cod.pen., in quanto con la sua azione volontaria fornisce un contributo causale alla verificazione dell’elemento oggettivo di quel delitto. Tuttavia ben diversa è la situazione nell’ipotesi in cui colui il quale ha ricevuto l’incarico da parte dell’usuraio di recuperare il credito non riesca a ottenerne il pagamento. In tal caso, infatti, il momento consumativo del reato di usura resta quello originario della pattuizione, anteriore alla data dell’incarico: e dunque a tale delitto non può concorrere il “mero esattore” scelto in epoca successiva» (in motivazione, Sez. 2, n. 41045 del 13/10/2005, cit).
Si ribadisce cioè che il reato di usura rientra nel novero dei reati a condotta frazionata o a consumazione prolungata perché i pagamenti effettuati dalla persona offesa in esecuzione del patto usurario compongono il fatto lesivo penalmente rilevante, di cui segnano il momento consumativo sostanziale, e non sono qualificabili come post factum non punibile dell’illecita pattuizione (tra le altre: Sez. 2, n. 35878 del 23/09/2020, Bianchi, Rv. 280313 -01; Sez. 2, n. 33871 del 02/07/2010, COGNOME, Rv. 248132 – 01).
Pertanto:
-se l’usura è un reato a consumazione prolungata che può essere consumato sia con la mera ‘ pattuizione ‘ degli interessi usurari (anche in assenza di effettivo pagamento degli stessi) sia con il successivo pagamento di tali interessi (in una o più soluzioni);
e se il pagamento -quando si verifica ‘consuma’ esso stesso il reato, prolungando la condotta usuraia,
deve ritenersi che l’esattore incaricato di riscuotere un rateo del ‘ debito ‘ usurario, quando siano ‘già’ state pagate altre somme in esecuzione del patto, non sia un semplice ‘favoreggiatore’ reale, ma un ‘ concorrente ‘ nell ‘ usura in corso di progressiva consumazione.
L’esattore può dunque definirsi un mero ‘ favoreggiatore reale ‘ solo nel caso in cui l’usura si consumi con un patto a cui non segua alcun pagamento, sicché l’azione esattiva non andata a buon fine -tenuto conto della pregressa (definitiva) consumazione del reato si configura come un post factum inquadrabile nella fattispecie del favoreggiamento reale.
Se invece alla pattuizione usuraia abbia fatto seguito l ‘ effettiva riscossione di alcune somme , l’esattore impegnato nella esazione di uno dei ratei concorre nella consumazione di un segmento del l’usura ; in tal caso, essendo andata a buon fine la riscossione delle prime somme oggetto della pattuizione illecita, l’usura deve considerarsi in corso di progressiva consumazione.
In conclusione si ritiene che (a) l’esattore chiamato a riscuotere per la prima volta la somma relativa al ‘debito’ usura rio che non ne ottenga il pagamento sia imputabile di favoreggiamento reale, essendo il reato già definitivamente consumato con la pattuizione,
cui non fa seguito alcuna riscossione, (b) l’esattore che si impegni nella riscossione della somma pattuita e che ne ottenga il pagamento sia imputabile di usura dato che, quando la riscossione segue al patto, l’usura si configura come reato a consumazione prolungata, (c) l’esattore che dopo che alcune rate del ‘debito’ usura rio siano state riscosse, si impegni nell’esazione di una di esse e non ne ottenga il pagamento sia imputabile di usura dato che interviene quando l’usura è in corso di progressiva co nsumazione.
2.2. Applicando tali linee ermeneutiche al caso in esame deve rilevarsi come l’usura ai danni del COGNOME prevedesse pagamenti mensili e che il pagamento, quando NOME COGNOME era stato incaricato della riscossione era già avvenuto in parte (pag. 52 del provvedimento impugnato) , sicché l’usura era già ‘ in corso di consumazione ‘.
Pertanto il ricorrente, prestandosi a svolgere il ruolo di esattore, deve ritersi concorrente nel reato e non mero favoreggiatore reale anche se l’azione esattiva affidatagli non era andata a buon fine.
In conclusione si rigetta il ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali e si dichiara inammissibile il ricorso proposto da COGNOME NOME che si condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibile il ricorso proposto da COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il giorno 4 giugno 2025.