Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18863 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18863 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PORTICI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/10/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME:INUTILLO COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che venga dichiarata l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso, con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 30 ottobre 2023, ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale della stessa città del 19 aprile 2022, dichiarando non doversi procedere nei confronti dell’COGNOME NOME, per quanto qui di interesse, con riferimento al delitto di usura consumato nell’anno 2010, per prescrizione, rideterminando la pena e confermando nel resto la pronuncia impugnata per il delitto ascritto (art. 81, 110, 644 cod. pen.).
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, per mezzo del suo difensore, deducendo due motivi di ricorso, che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. GLYPH Violazione di legge e vizio della motivazione per manifesta illogicità, oltre che per travisamento della prova (con particolare riferimento alle dichiarazioni della persona offesa che non aveva mai parlato di una partecipazione dell’COGNOME al patto usurario), quanto alla affermata ricorrenza del delitto contestato, nonché quanto alla mancata riqualificazione dello stesso ai sensi dell’art. 378 cod. pen.
2.2. GLYPH Violazione di legge in relazione alla mancata riqualificazione del fatto imputato ai sensi dell’art. 378 cod. pen.; il ricorrente non aveva partecipato alla pattuizione usuraria, né aveva assunto posizioni di garanzia rispetto al credito; la sua presenza in sede di recupero credito al momento del recupero del creditoita -poteva al massimo essere considerata una ipotesi di favoreggiamento personale.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi non consentiti e manifestamente infondati.
4.1. GLYPH Il primo motivo di ricorso non è consentito, oltre che manifestamente infondato. La stessa formulazione del motivo evidenzia come la difesa si sia limitata a prospettare una lettura alternativa del merito non consentita in questa sede, senza effettivo confronto con la motivazione della Corte di appello, in presenza tra l’altro di una c.d. doppia conforme (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del
24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01). In tal senso, in presenza tra l’altro di un motivo del tutto reiterativo, occorre sottolineare come la Corte di appello abbia compiutamente e approfonditamente considerato le risultanze istruttorie, con una motivazione che ha valorizzato, come correttamente osservato dal Procuratore generale nella propria requisitoria, la piena consapevolezza da parte del ricorrente quanto alla circostanza che il COGNOME prestava denaro ad interessi usurari ed aveva, proprio in considerazione di tale c:onsapevolezza, svolto un’attività di mediazione tra usuraio e usurato, cercando di aiutare il creditore a recuperare le somme erogate e non restituite, così dimostrando di non essersi limitato ad agevolare il recupero del credito per poi disinteressarsi dello sviluppo della vicenda, mentre si era positivamente attivato anche recandosi presso l’abitazione del debitore a pretendere dai prossimi congiunti la restituzione di quanto dovuto, con comportamento oggettivamente inequivoco ed ampiamente valorizzato dalla Corte di appello. É stato, dunque, correttamente applicato il principio di diritto, che qui si intende ribadire, secondo il quale, ricorre il delitto di usura anche per colui che interviene in momento successivo alla formazione del patto usurario, atteso che la fattispecie incriminatrice appartiene al novero dei reati a condotta frazionata o a consumazione prolungata, atteso che i pagamenti effettuati dalla persona offesa in esecuzione del patto usurario compongono il fatto lesivo penalmente rilevante, di cui segnano il momento consumativo sostanziale, e non sono qualificabili come “post factum” non punibile della illecita pattuizione (Sez. 2, n. 3776 del 16/12/2008, COGNOME, Rv. 242473; Sez. 2, n. 7208 del 06/12/2012, COGNOME, Rv. 254947; Sez. 5, n. 42489 del 24/06/2014, COGNOME, Rv. 262308-01; Sez. 1, n. 17029 del 12/12/2022, C., Rv. 284402-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4.2. Il secondo motivo non è consentito. tema della riqualificazione giuridica in favoreggiamento personale non era stato in alcun modo introdotto in sede di appello con i motivi introdotti dalla difesa; deve, conseguentemente, essere rilevata la interruzione della catena devolutiva sul punto.
All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 3 aprile 2024.